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Autore: rainandteardrops    16/04/2012    6 recensioni
La musica può essere un'ancora di salvezza, un porto sicuro, un posto in cui rifugiarsi quando tutto il mondo che ci circonda sembra un mostro pronto a divorarci e a risucchiarci nelle tenebre.
"La musica è l'arcobaleno dopo un temporale, una coperta calda dopo una notte passata al freddo, una lucina accogliente in una stanza buia, un abbraccio confortante dopo aver versato un fiume di lacrime, il perdono dopo un errore, un sorriso che ti consola, il ghiaccio su una ferita bruciante, il silenzio nel caos più assoluto.
La musica riempie le nostre mancanze, soddisfa i nostri bisogni, ci aiuta a superare gli ostacoli.
Ho quindici anni, e credetemi quando dico che la musica, la vostra musica, mi tiene in vita."
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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How to save a life.
 
 
“Chi non ascolta musica vive male, o non vive affatto. 
La musica può essere un'ancora di salvezza, un porto sicuro, un posto in cui rifugiarsi quando tutto il mondo che ci circonda sembra un mostro pronto a divorarci e a risucchiarci nelle tenebre.
La musica è l'arcobaleno dopo un temporale, una coperta calda dopo una notte passata al freddo, una lucina accogliente in una stanza buia, un abbraccio confortante dopo aver versato un fiume di lacrime, il perdono dopo un errore, un sorriso che ti consola, il ghiaccio su una ferita bruciante, il silenzio nel caos più assoluto.
La musica riempie le nostre mancanze, soddisfa i nostri bisogni, ci aiuta a superare gli ostacoli.
Ho quindici anni, e credetemi quando dico che la musica, la vostra musica, mi tiene in vita.
Tutto è cominciato un normale pomeriggio di Dicembre. 
Ricordo benissimo le parole del medico, come se le avesse pronunciate da poche ore o persino da pochi minuti, e ricordo anche l'espressione che aveva assunto il mio viso dopo averle metabolizzate e il battito del mio cuore accelerare all'improvviso.
Mia madre accanto a me non era riuscita a trattenere le lacrime. Forse nella sua mente compariva sempre la stessa domanda: 'Perché mia figlia?'
E ad essere sincera, per un po' di tempo, quella domanda aveva assillato anche me. Perché io? Perché, a soli quindici anni, dovevo combattere una battaglia che probabilmente mi avrebbe annientata? 
Non avevo chiesto sfide, non avevo chiesto di mettere alla prova la mia forza e la mia determinazione, ma a quel punto ero obbligata a battermi per conquistare la mia vita.
Ricordo anche di non aver chiesto al dottore quanto mi restava da vivere: non volevo trascorrere ogni singolo giorno su un precipizio, sapendo che un dato giorno sarei caduta giù; non volevo che la mia esistenza fosse programmata più di quanto non lo fosse già. 
Nella mia testa tutto si spegneva. Tutti i desideri, tutti i piani per il futuro, tutti i sorrisi, tutti i colori sparivano, e automaticamente, il cervello faceva una rapida selezione di quelli che sarebbero stati i sogni più facilmente realizzabili. 
A scuola era un incubo. 
I miei capelli cadevano, ciocca dopo ciocca, e i miei compagni mi trattavano come il caso pietoso del momento. Ogni mia azione, anche la più stupida o la più sbagliata, veniva giustificata dato il mio stato di salute. Tutti mi chiedevano come stavo, senza mai considerare la persona che avevano davanti una semplice quindicenne, una quindicenne come tutte le altre.
Ormai ero etichettata come 'quella malata di cancro'.
Ormai, avevo dimenticato persino il suono della mia risata.
Sento ancora scorrere sul mio viso le lacrime che versavo ogni notte, il cuscino bagnato sotto la guancia, la visuale offuscata dal pianto, le urla soffocate, un macigno sul petto che ogni giorno mi portava sempre più giù. 
Stavo annegando, e non riuscivo a intravedere una mano che mi afferrasse forte e mi riportasse a galla.
Ogni giorno le mie aspettative diminuivano insieme alla mia voglia di vivere. A che serve battersi se il tuo destino è giù segnato?
Le mie ferite non potevano essere guarite, o almeno era quello che pensavo.
E poi arrivò quel giorno, il giorno in cui tutto mi sembrò più chiaro. Tutto trovò il suo posto nel mio mondo disordinato.
Erano le due di notte. I miei genitori dormivano e io ero distesa sul mio letto, senza la minima intenzione di chiudere gli occhi. Le mie ore di sonno si erano ridotte all'esiguo numero di tre, a causa degli incubi che ogni volta mi facevano svegliare di soprassalto.
Come al solito, guardavo il soffitto della mia camera con le mani intrecciate dietro la nuca, cercando di non dar peso al fatto che non sentissi più i capelli tra le dita. 
Il mio Ipod era pieno zeppo di nuove canzoni, e in quel momento era attiva la riproduzione casuale. 
Le mie labbra cominciavano già a tremare, gli occhi a punzecchiare, e sentivo chiaramente la mia vita appesa ad un sottile filo di cotone. 
Poi sentii quella musica, e nell'istante in cui le mie orecchie captarono il suono meraviglioso delle vostre voci che si mescolavano insieme perfettamente, percepii il cotone trasformarsi in acciaio.
Presi ad ascoltare con attenzione le parole, e posso affermare con convinzione che mi sentii bella anche se non avevo più i miei capelli, anche se avevo delle occhiaie spaventose, anche se il mio viso era pallidissimo. Mi sentii bella anche se per tutto quel tempo non mi ero mai considerata tale.
Ascoltai altre vostre canzoni, e la mia vista non fu più in bianco e nero. 
Quelle voci erano state capaci di entrarmi dentro e di farmi vibrare l'anima, che fino a quel momento era rimasta immobile e impassibile. Il mio corpo si riempiva di nuova vita, i sorrisi ricomparvero, e la fiducia in me stessa ritornò all'improvviso e inaspettatamente.
Ora vedo il bicchiere mezzo pieno, convinta che la vostra musica sia una terapia migliore delle chemio. Mi basta avere un paio di cuffie per sorridere.
E anche se so che la battaglia è ancora lunga, e che il nemico non è ancora stato sconfitto, ho imparato ad apprezzare ogni singolo giorno.
Ogni ora, ogni minuto, ogni secondo è un regalo, e posso arricchirlo con quelle melodie che sono le vostre canzoni. 
Mi sento forte più che mai, la mia volontà è più dura di una roccia, e so che non annegherò, non se ho dieci mani che mi afferrano e mi riportano a riva ogni volta, anche solo per tre minuti.
Il tasto 'play' è il mio migliore amico, i vostri sorrisi sono i miei, e dentro sto urlando. Sono pronta a vedere la luce, perché so che ci sarete voi a tenermi in piedi. Non cadrò.
 Il cancro non può sconfiggermi.
 
Grazie, One Direction. 
Lisa.”
 
Quelle parole si ripetevano nella mia mente come un disco rotto, mentre ero in fila per aspettare di vedere i loro sorrisi dal vivo. Tenevo in mano quella lettera come se fosse la cosa più importante del mondo. 
I miei incubi erano mutati in sogni da quando li conoscevo, e volevo che loro lo sapessero; volevo che sapessero che in un piccolo angolo di pianeta c'era una ragazza che era stata salvata grazie alla loro musica. 
A piccoli passi mi avvicinavo a loro. Riuscivo a sentire le loro voci nel caos tremendo che creavano le altre fans. C'era chi piangeva, chi urlava i loro nomi, chi semplicemente, in silenzio, cercava di intravederli al di là delle ragazze che erano di fronte a loro per avere un autografo sul cd, proprio come me.
Tremavo da capo a piedi. Non credevo fosse possibile ritrovarmi a pochi metri da loro e avere la possibilità di ringraziarli. Insomma, quello non era proprio stato scelto come uno dei desideri realizzabili, eppure ero lì, con il cuore a mille, in attesa che i loro sguardi incontrassero i miei occhi.
Le mie mani stringevano la lettera quasi a volerla strappare. Speravo di non svenire e di riuscire almeno ad allungare una mano verso uno di loro per consegnarla. 
Erano quasi davanti a me, era quasi il mio turno.
Alla fine, dopo qualche altro minuto, la ragazza che avevo davanti a me si spostò, e potei vedere i capelli biondi di Niall. Gli passai il cd, anche se mi sentivo senza forze.
Avevo il cuore in gola e le gambe molli. 
Lui alzò lo sguardo verso di me, e appena mi vide sorrise. Un sorriso bellissimo, splendente, caldo. “Ciao!”, mi disse, cogliendomi di sorpresa per aver pronunciato una parola in italiano. 
I muscoli del mio viso si rilassarono e riuscii a sollevare le labbra all'insù. Non sembrava interessato al fatto che non avessi i capelli, o che il mio viso stava andando a fuoco.
Passò il cd a Liam, che si trovava accanto a lui, e io seguii il movimento. 
All'improvviso mi ricordai della lettera, e cercai frettolosamente di rimetterla a posto, dato che l'avevo completamente stropicciata a causa dell'ansia. Passai il foglio al ragazzo dai capelli corti che mi stava di fronte, e provai a sorridere anche a lui, ma ero sull'orlo delle lacrime. Lui lo afferrò e lo ripose in uno scatolone ai piedi della sua sedia. “Leggila, Liam. Per favore”, farfugliai, ma probabilmente non mi sentì.
Non potevo crederci. Era tutto così assurdo, e stava avvenendo troppo in fretta. Inoltre, non avevo il controllo delle mie azioni. Ero sicura che una volta finito tutto non avrei ricordato cosa avevo detto e cosa avevo fatto.
“Ciao bella!”, esclamò Liam, e a quel punto il battito del mio cuore raggiunse dei livelli altissimi. Faceva quasi male. Erano lì. Le cinque persone che mi avevano tirata fuori dal buio erano lì.
Mi scappò una lacrima, ma alla fine riuscii a sorridergli come non avevo mai fatto prima. 
Zayn mi disse la stessa frase, e mi sentii bene. Era bello sapere che per loro ero una fan come tutte le altre, nulla di più, nulla di meno.
Forse le cose stavano davvero per cambiare.
Giunta davanti a Louis, mi chiesi qual era la visione che stava avendo di me. Ero rossa in viso, con un'espressione da idiota e gli occhi lucidi.
Mi aspettai un'altra delle frasi standard in italiano che mi avevano detto gli altri tre, e mi colse di sorpresa quando, con il suo perfetto accento inglese, mi disse che amava il mio sorriso.
Per la prima volta nella mia vita, mi sentii bella senza aver ascoltato 'What Makes You Beautiful'.
Arrivata ad Harry, tutto ciò che volevo dire si bloccò nella mia mente. Non appena i suoi occhi verdi incrociarono i miei, sentii una sorta di uragano nello stomaco. Mi salutò con un tipico 'Ciao' e un sorriso che avrebbe potuto scacciare le nuvole. “Posso abbracciarti?”, fu il mio vomito di parole. Non riuscivo a credere di averlo chiesto. Appena mi fece un cenno della testa, mi resi conto che stavo davvero per stringere tra le braccia Harry Styles, anche se per qualche secondo. 
Desiderai scavalcare il tavolo che ci divideva, ma tutto quello che potevo fare era sporgermi in avanti. Portai una mano dietro la sua schiena, e l'altra tra i suoi capelli. 
Per tre secondi esatti, mi sentii in paradiso. Non c'era più passato, né futuro. Niente drammi, niente lacrime. 
“Sei bellissima”, mi sussurrò all'orecchio.
 
 
Aprii lentamente gli occhi, ancora assonnata. Il display della mia sveglia segnava le sei e trenta del mattino. 
Era mia abitudine svegliarmi così presto per vedere l'alba. Non sapevo quale sarebbe stata l'ultima, e non volevo perdermi il primo raggio di sole di un nuovo giorno.
Il mio sguardo cadde sui poster dei One Direction che tappezzavano le pareti della mia camera, e sorrisi. Da quando li avevo incontrati, tutto ciò che ero capace di sognare era il momento in cui avevo constatato che erano davvero reali. 
Non sapevo se la mia lettera era stata letta. Tutto ciò di cui ero certa era che mi tenevano in vita davvero. 
Erano passati tre mesi dalla diagnosi della mia malattia ed ero ancora lì, nel letto della mia camera, a guardare la luce entrare fioca dalla finestra. Pian piano, quei ragazzi mi aiutavano a sentirmi invincibile.
 
 
La musica può salvare la vita delle persone. Gli One Direction salvano la mia ogni giorno.
  
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