Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: MoonClaire    17/04/2012    0 recensioni
La paura a volte domina la vita di una donna, finchè non arriva quel barlume di speranza...
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
PARTE 1
 
Paura…
L’ho fatto arrabbiare ancora. Evidentemente la lezione non l’ho imparata. Sono fatta così, non mi piace il modo in cui mi tratta.
Non mi crede mai all’altezza, mi sminuisce e mi tratta male.
Con lui sono in trappola. Lavoro da poco ed il mio misero stipendio non mi permette di vivere da sola e mantenere la mia bimba di appena due anni.
Devo farlo per lei. Devo sopportare per lei.
Lei non è in trappola.
A lei non manca niente, ma invece quando io gli chiedo qualcosa, la risposta è sempre una. No.
C’è la mia mamma che mi fa felice però… lei nel suo piccolo tenta di non farmi mancare nulla. La mia mamma tanto sfortunata, forse più di me…
Lo faccio arrabbiare e quando non sa più cosa dire o quando è in torto ha solo una cosa da fare.
Sono chiusa in bagno e posso solo piangere in silenzio.
Non voglio farmi sentire da lui. Dargli la soddisfazione che è riuscito a farmi male, sarebbe quello che lo farebbe gioire…
Già…
Lui è in torto, ma non chiede mai scusa. Non impara la lezione e crede sempre nel mio perdono.
Ma io non lo perdono…
Non l’ho perdonato nemmeno la prima volta in cui mi ha spinto per terra.
Non l’ho perdonato nemmeno quando mi ha preso il braccio e me lo ha storto dietro la schiena.
Fino ad oggi, almeno, i segni non si vedevano.
Mi osservo allo specchio.
Il braccio inizia a gonfiarsi e intravedo il livido violaceo.
Mi ha spinto contro la porta della sala. La bimba lo vede e piangendo scappa al piano di sotto a riferire il tutto alla nonna.
Ma loro non le credono… il loro è un figlio perfetto. Sarebbe sempre mia la colpa, quindi che senso ha cercare un aiuto?
Se mi spingeva ancora più forte, la maniglia mi avrebbe senz’altro rotto il braccio. Apro l’acqua fredda e metto il polso sotto il getto ghiacciato.
Posso solo piangere e pensare…
Ma anche se la colpa fosse mia, che diritto ha lui di difendersi usando le mani?
Lui è più forte, è inutile tentarsi di difendersi, pSethabilmente mi farebbe ancora più male.
Basta vestiti, basta scarpe, basta tutto… devo risparmiare per potermene andare via e vivere serena.
Non voglio più avere paura di parlare o di chiedere.
Non voglio più avere paura. Punto.
Qualcuno tenta di aprire la porta del bagno.
“Mamma?”.
Sorrido. Lei è la mia vita.
Le apro la porta e l’unica cosa che può fare è abbracciarmi.
“Ti difendo io dal papà…”.
La tengo stretta tra le mie braccia e chiudo gli occhi. Anche io dicevo le stesse cose alla mia mamma. Mi svegliavo al mattino nel mio lettino e vedevo mio padre che la picchiava. Ero piccola, ma certi ricordi non spariscono mai. Forse, ricordi così, sono gli unici che rimarranno scolpiti per sempre nella memoria di una persona. Lo odiavo e, tutt’ora, anche se ha smesso di picchiarla da molto tempo, non riesco a perdonarlo totalmente.
Sarà anche per lei così?
Crescerà facendo affidamento solo su di me?
“Perché piangi mamma?” e anche lei inizia a piangere con me.
Dovrei farmi vedere forte e sorriderle, no?
Ci provo, ma le lacrime continuano a sgorgare dai miei occhi.
“Sono solo felice di averti al mio fianco…”.
E’ vero… lei mi dà tutta la forza di cui ho bisogno. La sua carezza, il suo abbraccio disperato, mi danno il coraggio di uscire da quel bagno e continuare a vivere la mia vita.
“Andiamo a nanna adesso, è tardi…”.
Insieme ci laviamo i dentini, le manine e facciamo la pipì.
Esco in silenzio dal bagno. Non voglio farmi sentire da lui.
In questi momenti vivo come un’ombra. Perché doveva capitare a me?
Sono giovane, solare e affronto la vita con il sorriso.
Sono sola, ma nonostante tutto tento di sorridere.
“Buonanotte mamma…”
No, non sono sola.
Lei è la mia vita ed io sono la sua.
“Buonanotte amore mio”. Le bacio la fronte e le accendo la lucina. “Dormi bene…” e socchiudo la porta.
“Non piangere mamma” sussurra.
Riapro la porta e le faccio un sorriso. In penombra non può vedere le mie lacrime. Mi sorride anche lei e si gira con il pancino in giù.
Resto ferma a guardarla. Tento di stare attaccata il più possibile al mio piccolo paradiso.
Ma tornare nell’inferno è inevitabile.
E’ possibile vivere all’inferno ed amare il Diavolo?
Lo amo sì, anche molto… ma questo non influenza la mia decisione. Voglio andarmene lontano da lui con la mia vita, quella che riposa serenamente nel suo lettino.
Voglio smettere di avere paura e voglio poter sorridere per davvero.
Basta indossare maschere, devo poter essere me stessa.
Basta tremare ogni volta che si va incontro ad una discussione…
Ora, non mi parlerà più per giorni, dopotutto, la colpa è mia.
Mi avvicino al mio letto e mi cambio. Indosso un pigiama a maniche corte. Non coprirà il livido.
Forse lui lo vedrà.
Spero che lui lo veda.
Ma non cambierà.
Lui avrà sempre ragione.
Provo ad addormentarmi per tentare di sfuggire all’incubo. Mi piace sognare e fuggire dalla realtà, perché so che quando mi risveglierò avrò solamente la mia piccola.
Ma io avrò sempre paura.
 
PARTE 2
 
Mimi sentì il cellulare suonare all’impazzata dall’ingresso del laboratorio. Scusandosi con il capo, velocemente rispose.
“Sono io. Guarda che il tuo stronzo di un marito si è dimenticato di andare a recuperare Lily all’asilo. Mi hanno telefonato visto che tu, né lui avete risposto!” tuonò Jake.
Sospirando scosse la testa. “Mi spiace Jake, ti chiedo scusa. Avrei dovuto controllare che si ricordasse di andarla a prendere, ma sono talmente piena di lavoro che mi è sfuggito di mente. Credevo non dimenticasse una cosa simile…”.
“Dovresti conoscerlo bene anche tu ormai. Fa niente dai, la porto a prendere il gelato e poi ti aspettiamo al parco…”.
“Sei un tesoro!” sussurrò grata.
Aspettò una risposta da Jake, ma sentì solamente un pesante respiro seguito da un debole “A dopo…” ed il ragazzo terminò la telefonata.
“Mi scusi Signor Attilio, mi dia solo un momento” e con il cuore in gola, compose il numero di Seth.
Erano passati due giorni da quella paurosa, quanto triste, serata, e Mimi non gli aveva ancora rivolto la parola. Cercandolo nelle ultime telefonate, avviò la comunicazione e restò in attesa.
Dovette provare tre volte prima di sentirlo dall’altra parte della linea.
“E Lily scusa?” sbottò lei coprendosi la fronte con una mano.
Dopo un attimo di silenzio, Seth borbottò “Mi sono dimenticato, è uscito un impegno all’ultimo minuto, io e Louis siamo dovuti partire all’improvviso”.
“Che vuol dire?” domandò lei incredula.
Era partito e non aveva avuto neanche la buona educazione di avvisare né lei, né Jake, il suo migliore amico.
“Ci senti o no? Non ci sarò stasera, forse, se riesco, torniamo domani pomeriggio…” replicò Seth acido.
“Non scomodarti ad avvertire qualcuno, per non lasciare Lily in mezzo ad una strada…”.
“Bhe, sei tu sua madre, potresti muoverti e fare qualche cosa in più!”.
Morsicandosi il labbro, tentò di controllarsi, per non fargli sentire quanto le sue parole cattive fossero riuscite a ferirla.
Faceva di tutto in casa, aveva raramente un momento di riposo, ma a non gli bastava mai niente…
Senza aggiungere altro, terminò la chiamata.
Ritornare concentrata sugli orologi fu difficile e fu più che grata vedendo tutte le lancette del laboratorio scoccare sulle cinque e mezza.
Salutando e lanciando il grembiule sull’attaccapanni, si fiondò, poco educatamente, fuori dalla porta.
Salendo in macchina corse da Jake e Lily, che probabilmente stavano ancora giovando al parco.
Jake… caro amico Jake.
Lei e Jake avevano sempre abitato nello stesso palazzo ed avendo solo un paio di anni di differenza, stringere amicizia, anzi, una forte amicizia, fu la cosa più semplice del mondo.
Erano compatibili. Insieme stavano bene e capitava spesso e volentieri di riuscire a bilanciarsi.
Lui era alto, aveva i capelli neri e gli occhi altrettanto scuri. Il viso era ben scolpito, gli zigomi alti e le labbra piene.
Anche da lontano, lo avrebbe riconosciuto su mille. Lui che non la abbandonava mai, lui che stava al suo fianco in ogni momento.
Lui che era l’unico a sapere cosa le comportava litigare Seth.
“Zio Jake, pizza!” esultò Lily scendendo dallo scivolo.
Alzando gli occhi sull’amico, Mimi scosse la testa, ma prima che potesse rimproverarlo, la interruppe.
“No no! Non vi sto viziando… tu sei stanca morta, Lily è super attiva, il marito bastardo non c’è, quindi vengo io a farti compagnia! Mangiamo la pizza, mettiamo a nanna lo gnomo ed io e te parliamo un po’!” e notando gli occhi scuri sul livido, Mimi abbassò il braccio. “Non ci posso credere…” sussurrò con rabbia Jake scuotendo la testa “Io lo ammazzo!”.
“Jake!” lo rimproverò “Non metterti ai suoi livelli!”.
“E tu che sopporti ancora Mimi, come puoi permettergli di comportarsi in questo modo? E se un giorno mettesse le mani su Lily? Mi deludi quando fai così. Ti ho sempre creduto forte, in grado di affrontare la vita da sola, ma non ti riconosco più… Non devi essere succube di lui, non devi permettergli di fare quello che fa!” si guardò intorno, per evitare di far cadere lo sguardo ancora su quello scempio.
“Lo sai che non ho scelta. Sto facendo tutto per Lily… lei gli vuole bene e anche lui a modo suo… Certo, Jake” si affrettò ad aggiungere quando lo vide alzare gli occhi al cielo “E’ un po’ severo e non esce mai dalle righe, ma le vuole bene...”. Sforzandosi di sorridere, Mimi salutò la bambina che si arrampicava ancora una volta sull’enorme scivolo giallo.
Non sentendo alcuna risposta dall’amico, si girò verso di lui.
La osservava fin troppo seriamente. Era arrabbiato, anzi, era furioso con lei, gli si leggeva in faccia.
Non le piaceva farlo arrabbiare. Jake faceva di tutto per lei, lo aveva sempre fatto, non era giusto ripagarlo sempre così.
Avvicinandosi fino a ricoprire la minima distanza che li separava, il ragazzo si chinò verso di lei. “A dire la verità, la scelta, la speranza l’hai sempre avuta; sia prima che te lo presentassi, sia dopo… Hai scelto la strada sbagliata Mimi, ed è giusto tentare di tornare indietro per prendere la via buona…”.
Si allontanò, ma alzando una mano e senza girarsi in sua direzione urlò “Arrivo alle sette con la pizza!”. Voltandosi verso di lei dopo qualche passo, le sorrise e facendole l’occhiolino si avviò alla sua macchina.
Forse, dopotutto, non si era arrabbiato come, giustamente, avrebbe dovuto fare.
 
PARTE 3
Luce
 
Guardo mentre mangia la sua pizza e lo studio mentre gioca con Lily.
E’ così che dovrebbe essere.
Dovrei essere in grado di ridere e scherzare come faccio sempre quando sono con lui.
La strada sbagliata…
Sì, sapevo di averla presa nel momento in cui dissi di no a Jake.
Anche in quel momento avevo avuto paura. Ma non lo stesso tipo di paura. Non volevo perderlo. Volevo tenermi il Jake che conoscevo.
Lui era innamorato di me. Lo era da tanto tempo.
O almeno era quello che mi aveva detto quella sera in camera sua, io seduta sul suo letto a gambe incrociate e lui sulla sedia della scrivania.
Se chiudo gli occhi, riesco ancora a rivederlo.
Era imbarazzato e nervoso. Mi faceva tenerezza…
Si era avvicinato e posando i gomiti sulle ginocchia, si era sporto in avanti per prendermi le mani.
Non mi aveva mai toccato così, non mi aveva mai guardato in quel modo.
“Sono innamorato di te…” aveva sussurrato accarezzandomi la pelle.
Non aveva aggiunto altro. Mi aveva sorriso e poi aveva alzato una mano e se la era portata alle labbra, per baciarmela.
“Scegli me” e sorridendomi si era alzato per accendere la televisione.
Ma non avevo scelto lui. Avevo scelto il suo migliore amico.
Da quel momento, poi tutto era cambiato. Era rimasto sempre il mio Jake, ma allo stesso tempo era il mio Jake con il cuore spezzato. Il mio Jake che si era costruito una corazza intorno al cuore, che era diventato acido, scettico e introverso.
Aveva anche fatto da testimone alle mie nozze.
Ma quanto ero stata bastarda e senza sentimenti in quel momento?
Però lui mi aveva detto di sì. Jake diceva sempre di sì.
Lo guardo in questo momento e mi chiedo come ha potuto sopportare tutto questo. Ha le spalle larghe, è vero, ma come è riuscito a sopravvivere senza far trasparire il proprio dolore?
Sono questi i momenti in cui mi pento della mia decisione. Avrei potuto… no… avrei dovuto scegliere lui.
E non l’ho fatto solo per un fatto di codardia. Non volevo che le cose tra di noi cambiassero.
Ma non sarebbero cambiate e me ne accorgo solo ora.
Con lui sarebbe migliorato tutto. Con lui avrei riso e avrei sperato.
Con Jake sarei riuscita ad essere chi volevo ed a dire cosa volevo dire! Non avrei tremato quando avremmo litigato, ma, probabilmente, ci saremmo lanciati l’uno nelle braccia dell’altra per far pace a modo nostro…
Dopotutto, non era questo che era già accaduto?
Avevamo litigato e quella volta pensai seriamente di averlo perso. Non lo avrei più avuto con me, ma avevo sbagliato ancora una volta.
Era tornato ed aveva cambiato la mia vita…
 
“Dorme…” annunciò Jake tornando in cucina. “Dov’è la mia anguria?”.
Emergendo dal fiume di pensieri, Mimi sorrise. “Dopo aver mangiato la mia pizza, la tua e quella di Lily, hai ancora il coraggio di chiedere da mangiare?”
Alzando un sopracciglio scuro, ammiccò sorridente “Perché tu diresti di no all’anguria?” domandò.
“Non è quello che ho detto, però dovresti controllarti Jake!” borbottò lei tentando di rimproverarlo.
“Sono comunque in forma, faccio sport e quando riesco vado in palestra… ho solo bisogno di nutrire il mio bel corpo!” tentò di vantarsi ridendo.
Prendendo il coltello ed il tagliere, recuperò l’anguria dal frigorifero. Ma quando stava tentando di rientrare nella concentrazione di poco prima, Jake parlò seriamente ed a seguito delle sue parole, sorpresa e scossa si tagliò la mano.
Non si aspettòper nulla quando, avvicinandosi, la colse alla sprovvista dicendole sottovoce “Incredibile come ogni giorno che passi, Lily mi assomigli sempre di più…”.
Mimi deglutì lentamente “Non… non ho idea di cosa tu voglia dire Jake”. Balbettava, forse si sarebbe tradita. Anzi, sicuramente non lo avrebbe mai convinto del contrario.
“Non sono stupido” sussurrò prendendo l’asciugamano e la mano della ragazza quasi contemporaneamente. Mettendola sotto il getto di acqua fredda, Mimi si ritrovò ad osservarlo da vicino. Aveva la fronte corrugata e sembrava pensieroso. “Non sono un gran genio in faccende femminili, ma ero abbastanza bravo con la matematica e… non mi ci è voluto molto per fare due più due quando hai detto che aspettavi un bambino…”.
Prendendo lo strofinaccio, lo arrotolò e lo fasciò intorno alla ferita “Non è un taglio profondo, non penso che ti servano i punti”. Ma non la lasciò andare. “Avresti dovuto dirmelo” aggiunse poi sottovoce. “Anche se avevi dubbi su chi potesse essere il padre…”.
Deglutì lentamente e restò a fissare la grossa mano di Jake che ricopriva la sua. Doveva almeno provare a mentire. Non voleva ancora passare per quella senza cuore.
Ma la interruppe ancora prima di parlare. “E’ successo una volta sola tra di noi, ma questo non vuol dire che io non mi sia portato quella notte nella mente fino ad ora. Ho creduto che finalmente avremmo avuto una possibilità, ma poi, la mattina dopo, hai deciso di tornare da lui per perdonarlo, per dargli un’altra occasione. Dicevi che era stato un incidente e non lo avrebbe più fatto, ma quello stronzo ha continuato a metterti le mani addosso…”.
Fece un passo ed il suo corpo sovrastò quello della ragazza, che dovette alzare lievemente la testa per guardarlo in viso.
Quel viso così bello e quegli occhi così pieni di tormento.
Valutò bene le parole da dirgli, ma poi, stanca con le bugie sospirò.
“Non ho mai avuto dubbi Jake. Lo sapevo chi era dal principio, ma avevo paura… Non volevo che reagisse bruscamente e mi facesse ancora male…”.
Jake trattenne il respiro e Mimi con lui.
Scuotendo la testa, il ragazzo si portò la mano fasciata di lei dietro al collo e fece un altro passo in sua direzione, eliminando ogni distanza.
“Ogni singola notte immaginavo come sarebbe stato avervi avuto con me. Ogni giorno mi sono tormentato per tentare di capire il perché tu non me lo avessi mai detto. Per nove mesi ho creduto di averti persa per sempre e poi… quando è nata, non ho capito più niente. L’ho vista e ho creduto di essere pazzo…”.
“Mi dispiace…” sussurrò Mimi e inconsciamente lo strinse anche con l’altro braccio.
“Non riuscivo a chiudere gli occhi. Vi vedevo, ti rivedevo quella notte insieme a me e poi… poi vedevo lei. Aveva i miei capelli, i miei occhi… e la vedevo tra le braccia di un padre che non ero io…”.
Non sapeva cosa dire. Mimi credeva di conoscerlo, ma invece si era sbagliata.
Questo lato di Jake non lo aveva mai visto.
Era stato burlone, divertente, stupido, romantico e passionale. Incosciente, presuntuoso e sarcastico nei giorni peggiori, ma non lo aveva mai visto così uomo. Così adulto.
Jake era cresciuto, era maturato e voleva prendersi le sue responsabilità. Voleva amarla come avrebbe dovuto essere amata.
Così, non disse niente.
“Verrete via con me domani mattina…”.
Le mani di Jake trovarono con naturalezza il loro posto sul corpo di Mimi. Scivolarono, calde, sotto la canottiera bianca e le accarezzarono la schiena, stringendola a lui.
La portò vicino e chinando la testa lievemente, la baciò, ancora una volta, dopo tre anni.
Vacillando sotto l’intensità di quel bacio, Mimì si sorresse tenendosi stretta a quelle spalle forti che si vedevano chiaramente da sotto la maglietta senza maniche grigia.
Non aveva più dubbi, come non li aveva avuti in precedenza, quando si era accorta di esserne innamorata.
 
PARTE 4
                
Carezze, parole sussurrate.
Così diverso, eppure tanto simile a quella prima volta.
Ma non abbiamo fretta, il bisogno fisico, questa volta, ha solo bisogno di calma, di attenzioni.
Non deve essere violento come quella volta.
Mi guarda con quegli occhi così scuri, arrossisce e per la prima volta stasera rivedo il Jake ragazzo. La notte di quello sguardo, lava via i sensi di colpa.
Non mi interessava se al piano di sotto, i miei suoceri, avevano intuito cosa stesse succedendo.
Pazienza, io non avrei più avuto paura, adesso avevo lui con me, completamene e su ogni livello. Lo avevo sempre avuto al mio fianco.
Mi sfiora e mi sveste lentamente.
In camera entra la luce della luna dalla finestra. Il profumo d’estate inonda la stanza.
Lo vedo anche attraverso il buio, e lui mi guarda, mi osserva e si concentra a seguire con lo sguardo la sua mano che lascia tracce bollenti sul mio corpo.
Incontra i miei occhi e sorride.
E’ bello, è tremendamente bello.
Passa le lunghe dita nei miei capelli e mi osserva estasiato.
Come avevo fatto a reprimere tutti i miei sentimenti per lui?
Come avevano potuto passarmi inosservati i suoi sguardi?
Erano sempre stati così. Ero sempre stata il suo sole, ma io non l’avevo mai visto veramente.
E non era stata solo la paura, era stata stupidaggine. Ero offuscata da Seth…
Ma adesso non lo sarei più stata.
Adesso ero lì, con lui…
“Sei agitata…” sussurra alzando una mano, molto tremante aggiungerei, e mi sistema dei capelli che mi sono ricaduti sul viso.
Rido di cuore…
E lui ride con me, vedendo il motivo di tanta ilarità. “ Sì… parlo per me…”. Mi prende ancora il viso tra le mani, mi bacia.
E poi succede tutto con naturalezza. Finisce di spogliarmi, mi bacia, mi guarda, mi fa sentire importante.
Mi accorgo che per lui lo sono, lo siamo, e questo mi basta.
I suoi occhi sono dilatati dal desiderio, abbassa lo sguardo, mi sorride come solo lui sa fare e poi mi bacia una spalla. Respira il profumo della mia pelle, le sue grandi mani mi accarezzano, mi sfiorano.
E’ tutto magico.
Ogni gesto, ogni parola, ogni sospiro.
Poi, mentre la luna continua a filtrare da quello spiraglio di tenda, aspettiamo che i nostri corpi spossati tornino in vita e lui, per la prima volta, mi sussurra “Ti amo…”.
Il mio cuore si ferma, non ho paura. Sono felice, amo qualcuno e sono ricambiata pienamente.
Non ho paura di parlare con lui e accarezzandogli il petto, gli ripeto quelle parole che probabilmente aspetta tanto quanto le aspettavo io.
Mi sto addormentando sotto le sue carezze, poi si allontana.
Lo trattengo con la mano e lui mi dice che va a cercare le valigie.
Avrebbe preparato tutto lui.
Avevamo tempo. Potevo dormire, riposare e lui avrebbe vegliato su di noi.
Sognare poteva fare giustizia a quello che avevo appena vissuto con lui? Così sprofondai in un rilassante sonno senza sogni.
Sapevo che al mio risveglio, avrei vissuto la favola. Potevo rinchiudere gli incubi in un angolo della mia mente e, forse, mi avrebbero fatto visita di notte, prima o poi.
Non avrei più avuto paura. Avrei amato liberamente.
 
Era mezzogiorno, e i due ragazzi osservavano le quattro valigie, i cinque scatoloni e i tre sacchi neri pieni delle loro cose.
Sarebbero andate via. Andate da chi le desiderava.
“E’ stata dura…” borbottò Jake abbracciandola da dietro.
“Cosa faccio se dimentico qualcosa?”.
“Guarda… hai svuotato la casa, dubito tu abbia lasciato indietro qualcosa…” la ammonì lui ridendo.
“E il mio papà?” chiese Lily strattonando lievemente i bermuda neri che il ragazzo indossava.
Jake si abbassò, livellandosi alla bimba e le sorrise. “Magari, potrai avere due papà, che ne dici?”.
Lily corrugò le sopracciglia poi gli sorrise. “Sarai tu un papà?”
Era piccola, ma era tanto intuitiva. Mimi si morsicò il labbro per non piangere. Vederli insieme, per la prima volta da padre e figlia, era quel sogno che si era tenuta nascosta nel cuore per tanto tempo.
Jake sorrise alla bambina e la prese in braccio.
Solo un cieco non avrebbe visto la somiglianza. Come aveva potuto pensare di passarla liscia con questa storia?
Jake portò la macchina in giardino e Lily, mentre i due ragazzi caricavano la macchina, andò a salutare i nonni.
“Dove andate?” chiese turbata Rose. “Seth non c’è!” e guardò con occhi accusatori Jake.
“Siamo stanche entrambe di sopportare passivamente, Rose… E’ la cosa migliore per tutti. Seth non ci vuole, forse non ci ha mai voluto come avrebbe dovuto, e noi non meritiamo questo…”.
Increduli e senza parole, i due lasciano tornare la bambina nelle braccia di sua mamma.
E proprio mentre Jake le fissava la sicura del seggiolino, il cancello si riaprì.
“Calmati, ci sono io…” la rassicurò lui.
Entrambi videro la confusione dipingersi sul viso di Seth. “Che succede?” chiese osservando il SUV di Jake ormai straripante.
“Cosa credi di fare?” domandò più a Jake che a Mimi.
“Mi riprendo ciò che è mio!” replicò il ragazzo facendo un passo in direzione di quello che non sarebbe più stato suo amico.
“Tuo?” rise Seth sarcastico “La puttanella puoi prendertela, sapevo che se la faceva con te, ma la bambina la lasci qui…”.
Jake si avvicinò ancora di più. “Te lo ripeto, Seth. Mi riprendo tutto” e con enfasi sottolineò la parola “quello che è mio. Non hai mai avuto niente. Sì… forse Lily ti chiama papà, ma non è tua, non lo è mai stata… guardala bene e vedrai…”.
Lo sguardo di Seth si spostò furioso su Mimi. Si mosse in sua direzione, ma Jake lo anticipò.
“Non ci provare… Ti ammazzo se il solo pensiero ti sfiora, chiaro? Non tollereremo più. Lei è così buona Seth, dovresti saperlo, ma io… io non lo sono altrettanto. Ti distruggo se ti avvicini ancora a lei, a noi tre…” e inchiodandolo con lo sguardo furioso, Mimi notò Seth allontanarsi impercettibilmente.
“Non me ne faccio niente di due bastar” ma non riuscì a finire la frase. Jake, senza scomporsi minimamente, gli aveva tirato un pugno in pieno viso, causando un fiotto di sangue inondargli i denti.
“Spostati”.
Girandosi su sé stesso dopo averlo intimato a togliersi dai piedi, Jake ritornò alla guida della propria auto, sorridendo a Mimi che aveva iniziato a tremare di paura. “Andiamo a casa…” le sussurrò.
La guardò sedersi in macchina e con un ultimo, sprezzante sguardo verso Seth, la imitò.
In retro marcia uscì dal cancello e nessuno dei due guardò verso la casa che racchiudeva tanti ricordi così tristi.
Era libera.
Mimi tirò giù il finestrino e respirò a fondo, chiudendo gli occhi.
“Sono libera…” sussurrò.
Jake sorrise. “Bhe… tecnicamente saresti insieme a me…” precisò e rise quando Mimi gli tirò una pacca sul braccio. “Andiamo a casa” ripeté poi guardando sia lei, che la piccola nello specchietto retrovisore.
“Già… casa…” e per la prima volta, avrebbe potuto chiamarla così.
 
Paura…
Che cos’è la paura?
Incubi, sotto qualsiasi forma e dimensione.
Il mio si era dissolto.
Ora, tutto cambierà. Non tremerò più per un litigio. Non sarò l’unica luce per Lily.
Insieme, avremmo potuto farcela serenamente. Insieme, io e la mia piccola, avremmo potuto essere felici.
E più importante di tutto, insieme, avevamo trovato il nostro cammino. La strada questa volta era giusta.
Ed io non avrei più avuto paura.
 
 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: MoonClaire