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Autore: kiss88    17/04/2012    1 recensioni
Dal testo:
Un sorriso.
Il più bel sorriso che aveva mai visto in tutta la sua vita. Due file di denti bianchissimi e delle labbra carnose di un rosa intenso, accompagnavano quegli occhi blu.
Per non farsi mancare niente decise di guardare anche il resto: i suoi capelli erano corti, di un castano chiaro quasi biondo e gli ricadevano disordinati sulla fronte. La sua carnagione poi…sembrava il risultato di lotte con il sole in cui lui, sicuramente aveva avuto la meglio.
Era perfetto, per un attimo si dimenticò di tutto, del suo sogno, dei ragazzi che non voleva nella sua vita e della macchina che aveva appena tamponato.
Oddio la macchina!
Il ragazzo angelo era il proprietario della macchina. Ma come aveva fatto a non accorgersene prima?
Era stata così impegnata a scusarsi e mortificarsi per avergli tamponato la macchina che non aveva avuto neanche il coraggio di alzare la testa per guardarlo.
Cercando di rimanere indifferente a tutta quella perfezione, fece per liberarsi dalla stretta del ragazzo che ancora la teneva stretta, intuendo le sue intenzioni lui la lasciò andare. Per un attimo, non appena quella stretta intorno a lei venne meno, si sentì come privata di qualcosa...
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Non siamo noi che troviamo l’amore, ma è lui che trova noi.

Questa è la prima storia che pubblico in questa sezione, sono un po’ spaventata all’idea. Spero comunque che vi piaccia e che se avrete voglia, me lo farete sapere.

 Buona Lettura.

Sara

 

Capitolo 1

 

 

Aveva sempre adorato l’estate.

Sin da quando era piccola quella era sempre stata la sua stagione preferita in assoluto. Non l’adorava solo per le cose per cui tutti amano l’estate: le giornate più lunghe, le ferie, le gite al mare e la tintarella. Certo, non disdegnava niente di tutto quello che quel periodo meraviglioso aveva da offrirle, anzi, era ben felice di poter sfoggiare la sua abbronzatura in giro per la città ma, la cosa che lei più adorava dell’estate era il paesaggio cittadino in estate.

Deserto.

Adorava quella calma e quel silenzio che essa portava con se. La maggior parte degli abitanti partiva verso dei luoghi meravigliosi che lei a malapena poteva guardare in cartolina a cercare un po’ di refrigerio, lasciando così la città vuota. Vuota, quello era il termine giusto da usare, ma per lei quel vuoto era la cosa più bella del mondo, durante quei periodi era come se Cagliari diventasse un’altra città, le sembrava quasi di trovarsi dentro un film western i cui protagonisti in cerca dell’oro si imbattevano in una città fantasma. Adorava tutto questo.

C’era anche un’altra cosa che la faceva andare in brodo di giuggiole: il traffico. Non c’era traffico. Ovviamente lei non lavorava ne il sabato ne la domenica che erano gli unici giorni in cui il traffico non le avrebbe permesso di tornare a casa prima di un’ora dalla sua uscita di lavoro, semmai avesse lavorato in quei due giorni.

Per fortuna non era così.

buongiorno da radio kiss kiss, anche per oggi la situazione meteo non cambia, si prevedono cieli limpidi e sereni per il resto della giornata in tutta Italia, con temperature al di sopra delle norma in Sicilia, Calabria e Sardegna. Anche per il pomeriggio la situazione rimarrà invariata. Grazie per l’ascolto, il prossimo aggiornamento alle ore 14.00

-          -

Pensò Ginevra cambiando finalmente stazione, cercando tra i vari canali radio qualcosa che la risvegliasse un po’ dal leggero torpore che non l’aveva ancora abbandonata da quando si era alzata quella mattina. Erano le otto e quaranta e lei aveva dormito si e no quattro ore, non era una ragazza poco seria, solitamente quando doveva andare a lavoro il giorno dopo non rincasava all’alba, ma la notte precedente non aveva proprio potuto farne a meno.

Era il compleanno della sua migliore amica Miriam che compiva 25 anni. Loro due erano amiche praticamente da sempre, si conoscevano dalla culla e avevano fatto tutto insieme: il loro primo bacio, la loro prima vela alle scuole superiori ,la prima uscita in discoteca e persino le malattie, si erano sempre ammalate insieme. Avevano sempre vissuto in simbiosi fino alla fine delle superiori quando davanti a loro si era aperta la strada della maturità. Avevano deciso di fare tutto insieme, sempre, solo che con il tempo avevano capito che i loro rispettivi sogni erano diversi, ed ognuna aveva diritto di perseguire il suo. Così Miriam era partita a Parma, il suo più grande sogno era quello di studiare scienze dell’investigazione  ed entrare poi nel reparto speciale dei R.I.S. di Parma. E ce l’aveva fatta. Ginevra invece era rimasta in Sardegna, nella sua città, a cui era legata più di ogni altra cosa al mondo e nonostante continuasse a lamentarsi delle poche opportunità lavorative, non avrebbe mai abbandonato la sua terra. A lei sangue e delitti non interessavano, anzi, la sola presenza del sangue le creava giramenti di testa e conati di vomito, perciò non poteva proprio immaginare la sua vita in mezzo ad esso.

Così si erano separate, Ginevra aveva preso la laurea in scienze della comunicazione  restando nella sua città e Miriam si era trasferita a Parma. Erano trascorsi già sette anni.

Nonostante vivessero lontane però, la loro amicizia non aveva subito neanche una scalfittura, e appena si presentava l’occasione prendevano un aereo e si vedevano.

Come era successo la notte precedente. Miriam aveva preso un giorno di ferie ed era arrivata all’aereoporto di Elmas con il primo volo disponibile. Miriam era una persona estremamente disordinata e ritardataria, spesso e volentieri bisognava ricordarle le cose, ma quando si trattava di tornare in Sardegna non c’erano stati mai problemi. Se il primo volo del mattino era alle cinque, lei era capacissima di prendere quel volo e lasciare a tutti gli altri il divertimento di andare a prenderla alle sei all’aereoporto.

Per fortuna che quella volta non era stato così.

Miriam era arrivata con il volo delle dieci e trenta, avevano trascorso insieme tutta la giornata e anche gran parte della notte, fino a quando quest’ultima non aveva ripreso l’aereo che l’avrebbe riportata lontana da lei, a Parma.

Avevano trascorso una giornata meravigliosa insieme, il tempo per loro era poco, ma lo sapevano sfruttare al meglio parlando di tutte le cose che succedevano nelle loro rispettive vite nei periodi in cui non si vedevano.

Il loro discorso preferito ovviamente era sempre lo stesso: ragazzi. Potevano girare e rigirare, affrontare i discorsi più disparati, ma tutto poi si riduceva  a parlare di loro, e Ginevra ultimamente era veramente sofferente riguardo l’argomento.

Non aveva avuto molte storie, aveva baciato molti ragazzi quando era adolescente, ma non era mai andata più in la del bacio. Era stata a letto solo con due persone in tutta la sua vita: uno era stato il suo primo ragazzo  o almeno questa era la versione ufficiale che dava alle persone troppo indiscrete che glielo chiedevano; in realtà ci era andata a letto quando era troppo piccola per capire la differenza tra amore e presa in giro, così lui si era preso la sua verginità e anche molta della sua autostima, visto che lui l’aveva tradita dopo poco tempo. L’altra sua storia importante invece era durata la bellezza di cinque anni; amava Alessandro da sempre, aveva cercato per anni di farlo innamorare di lei in tutti i modi possibili che esistono: aveva fatto il ruolo dell’amica, della consigliera, della compagna di sesso, ma tutto questo non era servito praticamente a niente, lui non aveva ceduto, certo diceva di volerle bene e di star bene con lei – per via del sesso- però non si sbilanciava mai. Così quando lei si era arresa e si preparava a girare pagina, lui si era fatto avanti dichiarandole il suo amore.

Così si erano messi insieme.

La loro era una storia bellissima, si completavano in tutto: carattere, idee, problemi, sesso. Funzionavano come un ingranaggio perfettamente oleato, le loro parti erano talmente saldate tra di loro che alla fine, non avevano più un identità individuale, non esisteva più Ginevra, esisteva Ginevra solo se la si abbinava al nome di Alessandro. E questo non andava bene.

Così si erano lasciati di comune accordo quasi un anno prima.

Aveva sofferto come un cane per la fine della storia, si era ritrovata di punto in bianco a fare affidamento  solo su se stessa, a prendere le decisioni da sola, senza più un supporto o una mano alla quale aggrapparsi nei momenti di difficoltà.

Aveva dovuto ricominciare a vivere o forse aveva rimesso in play quella vita che aveva stoppato da tempo.

Con Alessandro i rapporti erano rimasti buoni perlomeno all’inizio: si vedevano e si sentivano molto spesso, come se quasi la storia tra loro non fosse mai terminata, ma con il passare dei mesi le uscite e i caffè si erano ridotti notevolmente, quasi erano diventati inesistenti negli ultimi tempi. Lui aveva trovato un’altra ragazza, un’altra vita e un’altra strada.

Lei no.

Dopo Alessandro non c’era stato nessun altro, neanche occasionalmente. Certo i pretendenti non mancavano ma di ragazzi nella sua vita, non ne dovevano entrare più fino a quando non avesse realizzato il suo sogno: lavorare nel mondo dell’editoria.

Perciò ora, a distanza di anni, si ritrovava sola, con una migliore amica lontana chilometri e una situazione sentimentale inesistente.

Era con questi pensieri nella testa che non si accorse che ma macchina davanti alla sua frenò di colpo, così all’improvviso, il rumore sordo di vetri rotti e di lamiere accartocciate la fecero destare dai suoi pensieri.

-          Dio mio!

Disse urlando per lo spavento improvviso. Si guardò attentamente, esaminandosi braccia e gambe per scoprire se avesse qualcosa di rotto, non pensò al dolore, perché sapeva che probabilmente l’adrenalina che stava circolando dentro di lei in quel momento non le avrebbe fatto sentire dolore neanche se si fosse rotta un braccio. Per fortuna non era stato così, accertandosi un’ ultima volta del suo stato, si slacciò la cintura e scese dalla  macchina per verificare l’entità reale del danno che aveva provocato all’auto davanti alla sua.

-          Ma dico sei impazzita? Ma si può sapere dove cavolo stavi guardando per non renderti conto che c’erano delle macchine ferme al semaforo?

Era il proprietario della macchina che aveva appena tamponato, e non sembrava per nulla contento, anzi, era furioso.

-          Io…ecco…mi scusi davvero- riuscì a dire Ginevra guardando i terra con l’espressione più mortificata che il suo stato d’animo le consentiva do provare.

-          Mi scusi? Sai cosa me faccio delle tue scuse? Ma ti rendi conto di quello che hai fatto?ho ritirato la macchina una settimana fa e tu me l’hai distrutta, ti rendi conto di quanto ti costerà tutto questo?

Lo sapeva. Cavolo se lo sapeva. Ma non c’era bisogno di urlare a squarciagola aggredendola verbalmente. Si era resa subito conto che la macchina ce aveva tamponato era un BMW cabrio nuovo di zecca, ma non aveva un così grosso danno come il proprietario diceva, piuttosto, la sua Smart, comprata con le borse di studio dell’università, era messa molto peggio e non ci sarebbe stato nessuno che le avrebbe risarcito nulla. D’altronde la colpa era la sua!

-          Le risarcirò tutto, non si preoccupi- disse ancora più mortificata- mi faccia prendere il C.I.D. dalla macchina, penserà a tutto la mia assicurazione.

-          Bene-  Gli sentì dire nel frattempo che lei si allontanava.

Prese tremando il foglio e una penna dalla macchina, ma non appena si riavviò verso il proprietario iroso della macchina che aveva tamponato, sentì la testa girarle vorticosamente e le gambe smettere di reggere tutto il suo corpo. Vide l’asfalto farsi sempre più vicino e chiuse gli occhi preparandosi all’impatto con il suolo che però non arrivò mai.

-          Ehi tutto bene?

Disse una voce al suo orecchio. Per un attimo non riuscì a rispondere, si sentiva debole ma in un certo senso serena. Alla seconda chiamata di quella voce familiare riuscì ad aprire di nuovo gli occhi e quello che vide le fece desiderare per un attimo di fermare il tempo.

Due occhi blu intenso contornati da delle ciglia lunghissime, la scrutavano profondamente, erano di un blu così profondo che sembravano catturarle l’anima. Era ancora svenuta o aveva le allucinazioni?

-          Se svieni così in mezzo alla strada mi fai pensare che tu voglia trovare una scappatoia per non risarcirmi il danno-

Un sorriso.

Il più bel sorriso che aveva mai visto in tutta la sua vita. Due file di denti bianchissimi e delle labbra carnose di un rosa intenso, accompagnavano quegli occhi blu.

Per non farsi mancare niente decise di guardare anche il resto: i suoi capelli erano corti, di un castano chiaro quasi biondo e gli ricadevano disordinati sulla fronte. La sua carnagione poi…sembrava il risultato di lotte con il sole in cui lui, sicuramente aveva avuto la meglio.

Era perfetto, per un attimo si dimenticò di tutto, del suo sogno, dei ragazzi  che non voleva nella sua vita e della macchina che aveva appena tamponato.

Oddio la macchina!

Il ragazzo angelo era il proprietario della macchina. Ma come aveva fatto a non accorgersene prima?

Era stata così impegnata a scusarsi e mortificarsi per avergli tamponato la macchina che non aveva avuto neanche il coraggio di alzare la testa per guardarlo.

Cercando di rimanere indifferente a tutta quella perfezione, fece per liberarsi dalla stretta del ragazzo che ancora la teneva stretta, intuendo le sue intenzioni lui la lasciò andare. Per un attimo, non appena quella stretta intorno a lei venne meno, si sentì come privata di qualcosa, forse era ancora debole o forse, quel ragazzo era semplicemente bellissimo.

Cercò di tornare alla realtà e provando a non guardarlo più negli occhi decise di sbrigare tutta la faccenda in modo da non dover fare i conti con i suoi ormoni impazziti. Prese il foglio in mano e non appena si girò verso il cofano della macchina per iniziare a compilarlo, sentì che quest’ultimo si smaterializzava magicamente dalle sue mani.

-          Ehi ma che diavolo fai?

Nella sua vita, le cose che odiava erano poche, si potevano addirittura contare sulle dita di una mano, e lui con un solo gesto era riuscito a scoprirne una. Odiava chi le strappava le cose dalle mani. Era, oltre che una mancanza totale di rispetto, un modo trasmettere alla persona alla quale stracci la cosa, un modo per esprimerle che non la reputi in grado di fare una determinata cosa oppure, peggio ancora, totale indifferenza per quella persona. Aveva sempre odiato quel gesto, sin da quando andava alle elementari ed i suoi compagni di scuola cercavano di portarle via il gioco che portava da casa per giocare durante la ricreazione. Una volta, un suo compagno alle medie le aveva preso dalle mani la palla durante una partita di pallavolo perché a detta sua, lei non era in grado di tirare un servizio decente; non solo non gli aveva dato la palla, ma gliel’aveva addirittura tirata in faccia durante la partita facendo passare il tutto come un incidente dovuto al fatto che lei “non era in grado di tirare un servizio”, ed ora lui, il ragazzo angelo sbruffone le aveva appena dichiarato guerra senza rendersene conto.

-          Lo faccio io, tu potresti imbrogliare su come si è svolto il tamponamento e poi, ho un appuntamento urgente e non voglio rischiare di fare notte.

Ma come… Come si permetteva?

-          Senti, - disse riprendendosi il foglio- non ti permettere mai più di strapparmi le cose dalle mani. Uno, non mi conosci, perciò non provare a fare delle supposizioni sulla mia onestà o meno perché non ne sai veramente niente; due, se avevi così fretta di andare al tuo appuntamento, non avresti dovuto fare la scenata da mercato del pesce che hai fatto quando sei uscito dalla macchina, perché, in caso non lo avessi capito, distruggerti la macchina era l’ultimo dei miei pensieri stamattina, perciò, se adesso mi fai il favore di stare zitto un attimo, compilerò solo la parte con i miei dati e poi il resto lo farai tu a casa tua o quando vorrai.

Non protestò. Non disse una sola parola fino a quando consegnandogli il foglio e tornando verso la sua macchina con un nervoso in corpo che nemmeno lei credeva di poter provare, lui la salutò.

-          Allora ciao….Ginevra.

-          Addio.

Disse lei partendo con la macchina e dirigendosi a lavoro.

Quel giorno, ci sarebbe stata la prima selezione per i nuovi assistenti, e lei, dopo una giornata così, non vedeva l’ora di sapere chi erano i canditati per il posto sotto al suo.

 

 

  
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