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Autore: MaTiSsE    17/04/2012    5 recensioni
Nell'anno reale 421 il re Misticus muore improvvisamente lasciando il suo regno - il regno di Union - privo di un erede. La sua terra, un tempo prospera e felice quindi, si trasforma in un campo di battaglia allorché due famiglie rivali cominciano a contendersi il trono: la stirpe dei Malaleuca, cui era affidata la gestione dell'esercito nel vecchio regno, e quella dell'Edera, da sempre consiglieri del re. La guerra dura cinque anni e termina il giorno in cui gli Intoccabili – i vecchi sacerdoti - decidono di dividere il regno principale in due regni più piccoli, affidati uno ai Malaleuca e l'altro agli Edera e separati da Terra di Mezzo ossia la terra dei medesimi sacerdoti. Una tregua apparente s'instaura tra i due popoli fino al giorno in cui il secondogenito dei Malaleuca, Ioannes, non decide di rapire Crysalis, promessa sposa del principe ereditario di Edera…
Genere: Dark, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Under Cover Of  Darkness
*** 


 

 


 
Anno reale 421


 

La stanza era in penombra: le tende erano state tutte sistematicamente accostate poiché il sovrano non tollerava molto la luce. Soltanto l’ultima finestra verso est – quella che dava sul giardino – lasciava filtrare qualche raggio di quel sole ormai prossimo al tramonto: il re diceva che il profumo dei fiori che saliva dal basso l’aiutava a sentirsi meglio ma ormai non gli credeva più nessuno.
Lo sapevano tutti, sudditi e cortigiani, che il buon Misticus fosse ormai prossimo alla morte.
Tuttavia era ancora il legittimo signore di Union, l’uomo cui nessuno avrebbe potuto disobbedire. E si trattava anche del miglior sovrano che quella terra prospera avesse mai conosciuto cosicché tutti facevano a gara pur di regalargli un ultimo istante di felicità. Quando avesse detto addio alla vita in molti l’avrebbero pianto.
 
“Koral…”
La voce del re giunse in un sussurro alle orecchie del suo servo più fedele. Infine, si trasformò in un rantolo angoscioso e Koral tremò.
“Mio signore!”
Si affrettò a raggiungerlo al capezzale e,  scostando il pesante baldacchino, ne afferrò la mano protesa verso di lui.
“Non sforzatevi, vi supplico!”
“Koral” rispose il re “che io mi sforzi oppure no, la mia sorte è già segnata. Non cambierebbe alcunché: al massimo, potrei morire con qualche minuto di anticipo…”
Koral premette il dorso della mano sulla bocca per reprimere un singhiozzo: aveva otto anni quando Misticus venne al mondo. L’aveva visto crescere e si era comportato con lui come un fratello maggiore, provando nei suoi riguardi un affetto sincero, oltre che un profondo rispetto. In veste di primo scudiero e fiduciario del re non l’aveva mai abbandonato: l’idea che ora fosse Misticus ad abbandonare lui e il suo regno, l’idea che potesse dire addio alla vita così giovane insomma…gli causava un profondo dolore in petto, come una ferita al cuore che difficilmente avrebbe potuto rimarginarsi. Non riusciva a figurare la sua esistenza senza la parola buona del proprio sovrano, senza quegli sguardi pensierosi, senza la sua voce mentre gli chiedeva di sellare il cavallo e prepararsi per la caccia.
Era tutto troppo difficile da accettare.
 
“Mio buon re, non dite così…”
“E cosa dovrei dire allora, Koral? Non prendiamoci in giro, lo sai meglio di me che…” il respiro strozzato lo costrinse ad interrompersi. Tossì forte mentre l’uomo gli allungava prontamente dell’acqua fresca.
“Gra-grazie…”
“Sire, dovete riposarvi.”
“Non adesso…Koral. Ho una missione per te e non puoi rifiutarti.”
Koral lo guardò allibito: in cinquant’anni di vita non gli aveva mai detto no, non era neanche possibile per lui pensare di contravvenire a un ordine o desiderio del re. Perché dunque si era preoccupato di ribadirgli un simile concetto? Avrebbe dovuto sapere che Koral avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui!
 
“Mio signore…non c’è neanche bisogno di dirlo. Ogni vostro desiderio sarà esaudito.”
Misticus annuì impercettibilmente prima di indicare, con mano tremante, lo scrittoio dall’altro lato della stanza.
“Prendi la chiave che porto al collo, Koral. Ti servirà per…” prese un lungo respiro prima di tornare a parlare“…aprire il primo cassetto. Quello sulla sinistra.”
Koral ubbidì prontamente. Sfilò la chiave al sovrano e si affrettò a raggiungere lo scrittoio.
“Sire, qui non c’è nulla… Cosa devo fare? ” mormorò dopo poco, perplesso.
“C’è un doppio fondo, Koral. Sollevalo.”
 
Koral annuì, tastando il fondo del cassetto: alla fine, sfilò il pugnale che teneva conservato nella cintola e lo utilizzò per far leva sul pannello di legno fin quando quest’ultimo non si sollevò come previsto dal sovrano. Inizialmente Koral non notò nulla: l’oscurità incalzante dell’ambiente intorno a lui non consentiva alla vista di lavorare al meglio. Tuttavia, tornò a tastare il fondo e soltanto allora la sua mano scoprì quel piccolo tesoro che vi era celato: lo raccolse nel palmo e l’osservò con cautela e attenzione, riducendo, nello sforzo, gli occhi a due fessure.
Si trattava di un medaglione. Un medaglione d’argento e d’acciaio, lavorato a motivi floreali tanto precisi da risaltare netti persino nel buio di quella camera. Grande quanto l’intero palmo e discretamente pesante: doveva valere molti, molti denari.
 
Un rantolo proveniente dal letto costrinse Koral a tornare sui suoi passi, verso il re.
“Maestà, come…?”
“Shh!” il re gl’impose il silenzio. “Lascia parlare me, adesso. Questa è la mia eredità, Koral. So di per certo che il regno, alla mia morte, sarà conteso da molti e questo forse decreterà la sua fine. Ma c’è qualcosa che non può essere distrutto e quel qualcosa è adesso conservato nelle tue mani. Non per sempre, tuttavia: ti chiedo di consegnarlo il prima possibile alla persona che ne è legittima proprietaria.”
Koral non comprese ma, allo stesso tempo, non fece domande: se il re considerava qualcuno degno di indossare un gioiello proveniente dal forziere reale, allora ciò era giusto e lui non avrebbe protestato.
“Ditemi di chi si tratta: penserò a consegnarlo direttamente.”
“Adesso ti dirò tutto, Koral. Ti svelerò il luogo dove avverrà la consegna, l’ora esatta e il nome della persona in questione. Ma prima di tutto, devi promettermi una cosa.”
“Tutto ciò che desiderate, sire.”
Misticus rise appena e poi tornò a tossire.
“La tua affermazione è un’arma a doppio taglio.”
“Non vi capisco, mio signore. Ma sono qui per servirvi e non mi rifiuterò.”
“Neanche se ti chiedessi in cambio la vita?”
 
Koral lo guardò scettico.
“Darei la mia vita per il mio sovrano.”
 
Misticus alzò la mano tremante sul capo di Koral e questi si abbassò emozionato per ricevere la benedizione. Era sempre stato un ottimo servo.
“Sei il miglior scudiero che avessero mai potuto assegnarmi, Koral. Dunque, io ti chiederò adesso qualcosa di molto, molto triste. Ma bada bene, per quanto orribile possa risultarti hai promesso di assecondarmi.”
“Sì, mio sire.”
“Bene. Poiché non deve esservi alcun uomo a questo mondo che conosca l’identità della persona cui verrà consegnato questo medaglione, io oggi ti chiedo, mio servo fedele, di assolvere al tuo compito e dopo…toglierti la vita. Cosicché nessuno possa mai estorcerti in alcun modo il nome della creatura cui sarà affidato questo gioiello.”
 
Koral ascoltò ogni singola parola, con attenzione e senza fiatare. Soltanto alla fine, quando la voce del re si affievolì sino a mutarsi in un sussurro greve, rabbrividì.
Il re gli stava chiedendo – o forse ordinando? – di togliersi la vita.
 
E certo, di fronte ad una simile richiesta, il fedele servitore forse avrebbe dovuto fuggire da quella stanza a gambe levate. Sarebbe stata la scelta più giusta e razionale.
Tuttavia, Koral era un uomo coraggioso.
Un uomo cui avevano insegnato, sin da bambino, a non tradire mai la fiducia del proprio sovrano. Un uomo cui avevano insegnato a vivere in funzione del medesimo.
Misticus gli stava chiedendo, in definitiva, di morire con lui e per lui. Tutto sommato gli stava affidando un incarico importante a testimonianza dell’enorme fiducia che provava nei suoi riguardi e…sì, si trattava di un onore fin troppo grande. Non avrebbe dovuto temere la morte, il valoroso Koral. Non se questa dipendeva dalla volontà del suo sovrano.
Oltretutto, cosa gli sarebbe rimasto dopo che Misticus fosse deceduto? Un regno in rovina? Koral non voleva assistere alla guerra per il potere che di lì a poco avrebbe trasformato Union in una terra di sangue e devastazione: voleva ricordarlo come un reame incontaminato, dai colori tenui e i profumi fruttati. Voleva serbare per sempre nella sua mente l’immagine del sole al tramonto sulla pianura verdeggiante, mentre i cavalieri si esercitavano sul fiume in previsione di una guerra che non sarebbe mai avvenuta e le donne chiacchieravano sporgendosi sulla riva per lavare gli indumenti di famiglia in acque limpide.
Desiderava morire, il povero Koral, rimembrando le melodie aggraziate suonate dai clavicembali durante i ricevimenti a palazzo o riportando alla memoria le risate delle belle cortigiane.
In questo modo desiderava morire e per farlo avrebbe dovuto dire addio alla vita prima ancora di Misticus, di quel suo sovrano che lasciava un regno senza eredi.
Era questa la sua unica possibilità.
 
“Lo farò, sire” disse allora dimenticando quell’accenno di paura e il tremolio che ne aveva scosso le membra poco prima.
“Dici sul serio? Accetti l’idea del suicidio?”
“Sì, mio signore. Ve l’ho detto: ogni vostro desiderio è un ordine.”
“Oh, Koral!”
Il sovrano tentò di alzarsi per ringraziarlo ma le poche forze l’abbandonarono quasi subito: il suo fedele servo riuscì ad afferrarlo prima che ricadesse tramortito sui guanciali.
“Maestà! Vi supplico di non agitarvi!”
“Sono proprio un pessimo paziente, è vero?” tentò di sorridere. Finì soltanto col tossire vistosamente.
“Un pessimo paziente…ma un grande re, Misticus.”
“Confidi troppo in me.”
“Parlo per esperienza diretta. Union piangerà la vostra assenza. Ma ora ditemi cosa devo fare sire e io vi ubbidirò.”
 
Misticus annuì.
“Hai fretta di morire, Koral?”
“Credo di non riuscire a sopportare l’idea di questo regno privato della vostra presenza.”
“D’accordo. Ma non morire prima di me.”
Koral sorrise.
“No, mio signore.”
“Bene. E adesso avvicinati, Koral: ti dirò il luogo e l’ora.”
 
L’uomo ubbidì e si sporse verso il sovrano, l’orecchio teso per afferrare ogni sillaba di quelle frasi smorzate e appena sussurrate, che gl’indicavano la via. Lì, dove avrebbe consegnato il prezioso gioiello, tra le mani di una creatura misteriosa che nessun altro avrebbe mai dovuto conoscere.
Si chiese quali immani segreti avesse custodito quel medaglione e quali intrighi fossero celati nel cuore della persona che avrebbe incontrato di lì a poco. Ma quando comprese di essere parte medesima del segreto si sentì nuovamente rinfrancato, se non lusingato, e l’idea di quella morte imminente non lo toccò più.
 
Annotò nella sua mente tutte le informazioni fornite dal re e chiamò gli altri inservienti, affinché badassero al sovrano mentre lui era via.
Montò a cavallo del suo destriero nero in tutta fretta e nessuno seppe dove fosse diretto. Tornò soltanto in tarda serata, giusto in tempo per dare l’ultimo saluto al re morente e fargli sapere che la sua missione era stata portata a termine favorevolmente.
 
Il buon Misticus morì quella notte stessa, nel terzo giorno del terzo mese dell’anno reale 421.
Il mattino successivo una servetta ritrovò il corpo privo di vita di Koral adagiato tra morbide coltri, nel proprio letto e nella propria stanza. Aveva bevuto una fialetta di origine misteriosa e così aveva deciso di morire: a poche ore di distanza dal suo amato sovrano.
 








 
Anno Indutias 436
 

 


L’eco della porta che si richiudeva alle sue spalle.
Il calore di un raggio di sole che filtrava dalla feritoia posta in alto, lungo il muro di mattoni grezzi.
Delle voci lontane, indistinte.
E sete, tanta sete: la sua gola era in fiamme e la lingua, rasposa, seguitava a sbattere sotto il palato.
Crysalis mugugnò rigirandosi in quella scomoda brandina sulla quale qualcuno l’aveva adagiata poco garbatamente: qualche filo di paglia volò nell’aria sino a toccare il pavimento grigio e sconnesso e lei sospirò. Sapeva dove si trovava: era una di quelle tipiche giovani fortunate che non fanno mai sogni illusori. Aveva dormito, certo, o forse perso soltanto conoscenza. Ma neanche per un istante aveva sognato la sua casa e le sue sorelle, la mamma intenta al cucito o il papà di ritorno da una battuta di caccia: si era svegliata completamente consapevole di essere stata fatta prigioniera e non pianse neppure per un istante, ripensandoci. Dopotutto, se l’era cercata: se non si fosse spinta sino al bosco di confine tra Terra di Mezzo e il Regno della Malaleuca nessuno l’avrebbe tramortita né legata come un capretto con lacci grezzi e ruvidi. Si diede della stupida poiché la sua irrefrenabile curiosità l’aveva sottratta persino alla protezione degli Intoccabili: adesso era in mano ai suoi nemici e nessuno avrebbe potuto salvarla.
 
 
“E’ qui la prigioniera?” domandò una voce profonda proveniente dal corridoio oltre la sua celletta. Le arrivò netta e distinta nonostante gli spazi che si frapponevano fra lei ed i suoi visitatori.
Crysalis tenne pronto l’udito ma tornò a fingere di dormire: non voleva parlare con nessuno.
“Nella cella venticinque, padre.” rispose un’altra voce più giovane ma ugualmente possente.
Una voce che risultava già conosciuta: forse apparteneva al suo aguzzino?
 
Qualcuno infilò le chiavi nella toppa e la pesante porta della sua cella cigolò arrugginita sui cardini mentre gli ospiti facevano il proprio ingresso nella angusta stanzetta. Crysalis strinse di più gli occhi e finse di non vedere.
 
“E’ lei dunque? La primogenita dell’Amamelide?”
“E’ lei.”
“Ne sei certo?”
“Ha lo stemma appuntato sul vestito, padre.”
“Bene.”
 
La voce dell’uomo assunse un tono compiaciuto e a Crysalis venne voglia di piazzargli un pugno nello stomaco. Si trattenne, ovviamente: con la corporatura esile che si ritrovava al massimo gli avrebbe procurato un po’ di solletico. Era risaputo che gli uomini di Malaleuca fossero tutti molto forti e vigorosi.
“Non sarà mica morta, Ioannes?”
“No, padre. L’ho colpita forte ma ho fatto attenzione e respirava quando l’ho portata via.”
“Meglio sarà per te se la promessa sposa del principe del Regno d’Edera sarà ancora viva: questo potrebbe designarti futuro sovrano dei Malaleuca, immagino tu lo sappia.”
Crysalis non udì la risposta del giovane – Ioannes, l’aveva chiamato suo padre – tuttavia se lo immaginò prostrarsi in un inchino mentre pensava al suo ridente futuro. Dal canto proprio seguitò a starsene a pancia in giù, il viso nascosto dalla chioma di capelli castani, fingendo di dormire. E non per paura ma soltanto perché lei con quella gente – con la Stirpe della Malaleuca – non avrebbe mai voluto né dovuto avere a che fare. Erano indegni della sua parola.
Però non riuscì a trattenere la rabbia quando percepì i passi di uno dei due uomini farsi più vicini. Una mano rude le scostò i capelli con poca grazia e tentò di scuoterla in maniera poco gentile.
“Cosa fai, Ioannes?”
“Sto cercando di capire se questa ragazzina sia ancora viva come presuppongo, padre. Queste donne dell’Edera sono creature sorprendentemente gracili.”
“Certo che lo sono. Non hanno nulla in comune con le nostre giovani, Ioannes! Si procurano lividi soltanto sfiorandole con le dita…”
 
Crysalis sentì Ioannes ridere a pochi centimetri da lei e fremette: nessuno avrebbe mai dovuto concedersi il diritto di prendersi gioco delle donne del Regno di Edera. Nessuno conosceva il loro coraggio, il vigore e la pazienza con cui avevano sopportato anni di guerra e soprusi, di fame e di stenti. Nessuno era a parte della loro immensa ricchezza d’animo e del cuore valoroso con cui aveva accettato la morte dei propri compagni, padri, amici.
Nessuno avrebbe dovuto parlare a quel modo delle donne di Edera, men che meno di lei che di tali donne era la rappresentante in quanto promessa sposa del principe ereditario.
Suo padre le aveva insegnato a difendersi, a rispondere alle provocazioni e tenere alto l’onore della famiglia: non si sarebbe mostrata da meno anche in quell’occasione.
Cosicché non si tenne oltre e spalancò gli occhi mentre tale Ioannes la ispezionava come fosse stata un animale in gabbia. Gli puntò le iridi blu in faccia – le più belle iridi blu di tutto il regno dell’Edera – e soltanto per un istante lo vide fremere impercettibilmente. Sorrise appena: conosceva il potere dei suoi occhi.
“Ci vuole ben altro per spedire all’altro mondo una donna del regno d’Edera, straniero. E portami rispetto: io sono Crysalis della stirpe dell’Amamelide, promessa sposa del principe ereditario e futura regina della casata dell’Edera.”
 
Si alzò a sedere elegantemente mentre pronunciava quelle parole, guardando l’uomo dall’alto in basso: aveva folti e lunghi capelli neri, occhi scuri e profondi e le labbra atteggiate in una smorfia crudele. Ma la voce tradiva un’età  non troppo avanzata e certamente doveva essere più giovane di quanto il suo aspetto selvaggio e la cicatrice all’altezza del sopracciglio lasciassero intendere. Lui ricambiò con un’occhiata poco amichevole e l’espressione disgustata di chi abbia a che fare con un esserino inutile; Crysalis era convinta che l’avrebbe schiaffeggiata – dimenticando che si trattasse di una donna – tanto era evidente la tensione tra loro due: certamente le sue parole gli avevano procurato un enorme fastidio.
 
“Le donne d’Edera sono anche terribilmente sfacciate.” rispose infine l’uomo più adulto, quasi ridacchiando. Crysalis si voltò per guardarlo nello stesso momento: la sua espressione beffarda le diede il voltastomaco.
“Sei tu la straniera nella nostra terra, bella Crysalis e sei anche la nostra prigioniera. Questo ti dà diritto ad una sola cosa: il silenzio. Che ti piaccia o no. Andiamo adesso Ioannes, lasciamo da sola la nostra prigioniera: il buio e la fame le faranno schiarire le idee.”
 
Ioannes guardò suo padre con l’espressione ammirata di un suddito, piuttosto che con l’aria accondiscendente di un figlio: per un attimo, nella mente di Crysalis, il signore dei Malaleuca apparve come una specie di capobranco cui si doveva esclusivamente rispetto ed obbedienza e niente amore.
E allora ripensò alla stirpe dell’Edera e al legame di infinita dolcezza che, viceversa, univa il suo promesso sposo Blanes al padre: il loro ricordo le strinse il cuore, lasciandole intendere quanto già le mancasse la propria casa. In definitiva, le bastarono pochi minuti per comprendere quanto tutto fosse diverso in quel luogo rispetto a ciò cui era stata abituata sin dall’infanzia.
 
In ogni caso, prima di uscire da quella cella, il giovane Ioannes tornò a rivolgerle uno sguardo sprezzante, così intenso e scuro da costringerla a rabbrividire. Non lo diede a intendere, tuttavia, anzi: ricambiò senza esitare, neppure per un istante.
 
“Quando avrai fame, piccola sfacciata” aggiunse prima di chiudere la pesante porta alle sue spalle “potrai mangiare i topi che girano in questa cella. Sono certo che li troverai appetitosi”
Crysalis udì la risata dell’uomo più adulto, già avanti di qualche passo rispetto al giovane, amplificarsi nel lugubre corridoio oltre la cella. Si affievolì fino perdersi del tutto  quando la porta tornò a chiudersi in un tonfo sordo.
 
Fuori alla feritoia un corvo gracchiò.
Crysalis era tornata ad essere sola, ma sveglia e cosciente ora e per questo più isolata e triste di prima.
Una lacrima cercò di fuoriuscire, pungendole all’angolo dell’occhio ma si trattenne. Nel medesimo istante rabbrividì e non seppe dire se di paura o per il freddo che cominciava a torturarla ora che il sole era scomparso dall’altra parte del cielo.
 
“No, non lo farò. Non piangerò padre mio e mia cara madre. Sarò forte, ve lo prometto, e troverò il modo per uscire di qui. Non sarò mai una prigioniera dei Malaleuca né una loro serva: lo prometto sul mio onore e sull’onore della casata dell’Edera. Piuttosto mi toglierò la vita con le mie stesse mani.” sussurrò prima di tornare a stendersi sul suo scomodo giaciglio.
 
 
Una lunga notte l’attendeva: la prima notte da reclusa nel regno nemico.
Il regno dei Malaleuca.
 


 
 
 
 


*
 
 
Buonasera a tutti =)
Non ho molto da dire se non che è la prima volta che mi cimento in un fantasy. Spero di avervi incuriosito J
Credo che l’introduzione offra una buona panoramica sull’intera vicenda…Per tutto il resto vi basterà leggera la storia per avere chiaro ogni segreto! ;)
Ringrazio sin da ora chi vorrà leggere e lasciare il proprio parere.
 
A presto
Matisse
 
PS: il titolo della storia è ripreso dall’omonima canzone degli Strokes.
   
 
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