Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |      
Autore: yeahbuddie    18/04/2012    5 recensioni
E' la mia ennesima fan fiction sui One Direction, sì, ma questa è un po' diversa dalle altre perché la scrivo ispirandomi ad un film, cioè Lemonade Mouth. Non so, spero vi piaccia e fine. uu
Genere: Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Harry sbatté la portiera della macchina, affrettandosi verso l’entrata della scuola seguito da una madre piuttosto occupata. Non che fosse cosa nuova, ma si aspettava che almeno il suo primo giorno nella nuova scuola, lasciasse da parte il suo stupido lavoro. Ma forse pretendeva troppo.
«Harry, cos’è tutta questa fretta? Aspettami!» Urlò la madre avvicinandosi, poggiando una mano sulla spalla del figlio, che si guardò attorno scocciato.
«Prima entro, prima puoi tornare al tuo lavoro, no?»
La signora Styles sospirò, sistemandosi la borsa sulla spalla.
«Tesoro, puoi smetterla di trattarmi così, per favore?» Chiese lei con tono quasi implorante.
In risposta, il figlio mugugnò qualcosa di incomprensibile, voltandosi di nuovo verso l’entrata.
La signora Styles ci mise un po’ a raggiungere il suo passo, ma in poco tempo arrivarono davanti all’ufficio del preside, dove li accolse una donna di mezza età, con dei capelli più simili ad una spugna che ad altro, e con delle guance così piene da poterci nascondere dentro almeno la metà della sua scorta di Haribo, che teneva segretamente chiusa in un cassetto della sua stanza.
«Benvenuto alla Mesa High School, signor Styles.» Lo accolse subito il preside, facendo capolino da una porta spessa e di legno antico, allargando le braccia come se fosse il diavolo che accoglie a braccia aperte un peccatore.
Harry si guardò intorno, buttandosi poi di peso su una delle due poltrone davanti alla scrivania – di legno antico anche quella – mentre la madre si sedette delicatamente sull’altra, come se avesse paura di romperla. Il preside, invece, si sedette comodamente sul bordo della sua scrivania, accavallando le gambe mostrando un sorriso fintissimo.
«Per prima cosa,» continuò l’uomo di fronte ad Harry, cancellando immediatamente quel sorriso falso. «Dovrebbe sapere che qui alla Mesa abbiamo regole molto, molto rigide. E sto parlando del suo abbigliamento, signor Styles.»
Harry aveva smesso di ascoltarlo ancor prima che iniziasse a parlare, ma gli sguardi della madre e del preside fissi sul suo abbigliamento, lo fecero tornare al presente.
Si guardò per un attimo la maglietta, e senza dare mostra della rabbia che stava provando in quel momento, fissò gli occhi verdi in quelli azzurri dell’uomo di fronte a lui, guardandolo con più calma possibile.
«Non c’è la libertà di espressione in questa scuola?» Chiese un po’ acido, stirandosi la maglietta con le mani in modo che la stampa su di essa fosse più visibile.
C’era scritto un “no alla scuola” a caratteri cubitali, ma Harry proprio non capiva cosa c’era che non andasse. In fondo, qualunque essere vivente sulla faccia della terra odiava quel posto. Che fosse un alunno, un insegnante o perfino il preside, non importava. Era sicuro che anche la madre la odiasse.
Quella situazione lo fece imbestialire come non mai. Non solo doveva cominciare la scuola un mese dopo che era iniziata, facendolo così essere “il nuovo studente”, ma per di più non poteva neanche vestirsi come voleva.
«Signor.. Harry, in questa scuola c’è libertà di espressione finché si rispetta le regole.»
Rispose il preside con tutta calma, nonostante Harry riuscisse a vedergli un piccolo fuoco accenderglisi nelle iridi azzurre. Il preside si passò una mano tra i capelli biondi tinti, sorridendo così tanto da rischiare quasi una paralisi facciale, mentre la signora Styles si tolse la giacca che aveva fino a poco prima, donandola al figlio, che la ignorò. «Sta scherzando.» Disse il riccio con tono secco, sfidando il preside.
«No, io non scher..» continuò l’uomo, che venne subito interrotto dalla signora Styles.
«Avanti, Harry, copri la maglietta.» Ordinò al figlio quasi pregandolo, porgendogli di nuovo la sua giacca, che stavolta afferrò.
Se la infilò, e mentre il preside ricominciava con la sua tirata sulle regole, Harry cominciò a vagare per la stanza con lo sguardo, finché i suoi occhi verdi non si fissarono su dei piccoli schermi dietro la scrivania, che mostravano rispettivamente i corridoi, i bagni e l’entrata della scuola.
In quest’ultima inquadratura, c’erano due ragazzi non molto più grandi di Harry, che cercavano di svignarsela da scuola prima dell’inizio delle lezioni. I due, attenti a non essere colti nel fallo, si guardavano intorno insistentemente controllando che non ci fosse nessuno nei paraggi, ma non avevano contato le telecamere nascoste.
O forse, non sapevano nemmeno della loro esistenza.
Il signor Figgins, cessò di parlare quando si accorse che lo sguardo di Harry era fisso su quei piccoli schermi, che si voltò a guardare non appena il riccio sorrise.
«Non c’erano delle regole, qui?» Chiese quest’ultimo con tono spavaldo, mentre il signor Figgins stoppò l’inquadratura con un piccolo telecomando, premendo il tasto dello zoom per vedere i due colpevoli. Dava le spalle ad Harry, ma il riccio, nonostante conoscesse quell’uomo da poco più di dieci minuti, sapeva benissimo che le sue spalle rigide e le mani serrate, erano segno di un uomo che l’ultima cosa che voleva era cogliere in fragrante due studenti che cercavano di marinare la scuola, specialmente in un incontro con un nuovo allievo accompagnato da un genitore.
Il preside si voltò di scatto, scuro in volto, afferrando un telefono sulla sua scrivania e portandoselo all’orecchio. «All’entrata, subito.» Disse con tono severo a chiunque fosse dall’altra parte della cornetta.
Harry rise sotto i baffi, sperando però che non avesse mandato una specie di accalappiacani a riprendere quei due studenti. Almeno lo sperava per loro.
 
 
«Papà, sono in ritardo.» Disse per la millesima volta Zayn, mentre il padre continuò col suo discorso sulla scuola, tenendo il figlio per un braccio.
«Devi parlare con i professori per avere quei crediti extra, ti serviranno per il college.»
«Ti ho detto che lo farò,» rispose di nuovo il moro, liberandosi finalmente della cintura di sicurezza.
«Adesso lasciami andare o farò tardi, il che vorrà dire niente crediti.»
L’aver usato quella stupida scusa, permise a Zayn di sgattaiolare fuori dall’auto prima che il signor Malik ricominciasse col suo discorso.
Si voltò, chiudendo lo sportello e sporgendosi verso il padre che lo chiamava. «Oggi.. aspetta, cos’è quello?» Il padre si bloccò, fissando l’orecchio del figlio e indicandolo con un dito. Zayn si portò subito una mano all’orecchio, sorridendo distrattamente.
«Niente, è il grasso della moto.» Rispose farfugliando, alzando una mano in segno di saluto e allontanandosi il più possibile e in più fretta dall’auto.
Si toccò il buco sull’orecchio destro, notando solo in quel momento che aveva scordato di togliere l’orecchino che aveva fatto un anno prima. Incredibile come era riuscito a nasconderlo ai genitori in un anno e venire poi beccato solo per via dei discorsi inutili del padre che lo avevano distratto talmente tanto da scordare una cosa fondamentale come quella. Non che non potesse vestirsi come voleva, ma quel “come voleva”, in casa sua aveva dei limiti, in quanto i suoi genitori rispettavano le regole della sua religione e volevano che il figlio intraprendesse la stessa strada. Cosa che invece, lui non voleva fare.
«Hey, amico.» Lo salutò Drake, suo migliore amico fin dall’infanzia.
«Come va?» Buttò lì Zayn, allungando una mano verso quella dell’amico in gesto di saluto.
«Alla grande.. pensavo di non entrare stamattina.» Rispose Drake facendogli l'occhiolino.
Zayn sbuffò, sistemandosi lo zaino su una spalla.
«Magari, se me lo avessi detto ieri sera, avrei benissimo evitato di venire fin qui!» Si lamentò poi, guardandosi intorno con aria circospetta. «Se ci beccano e i miei mi fanno il culo, sappi che io lo farò a te.»
Drake sorrise in risposta, incamminandosi allegramente come se fossero su una spiaggia circondati da belle ragazze, anziché nel piazzale della scuola intenti a scappare.
Gli studenti attorno a loro non facevano caso alla loro presenza, o forse è meglio dire che volevano ignorarli, sapendo già quel che cercavano di fare. Zayn e Drake facevano parte del gruppo più popolare della scuola, perciò chiunque sapeva che mettersi contro anche solo uno di loro, voleva dire mettersi contro tutti.
“Un passo e ci siamo, poi basterà correre fino a..” Zayn non fece in tempo a terminare i suoi pensieri, che una presa salda lo fermò per la spalla, facendo lo stesso col suo migliore amico. Entrambi si voltarono lentamente, sperando che qualche bella ragazza li stesse cercando per avere il loro numero, ma quel – o meglio, chi – che si ritrovarono davanti, tutto era meno che una bella ragazza.
«Dove credete di andare voi due?» Chiese Francis con la sua solita voce squillante.
I ragazzi girarono i tacchi, e sapendo già quel che li aspettava, non fecero resistenza e seguirono la donna in vice presidenza.
Zayn diede un colpo di gomito nell’anca di Drake, il quale rispose minacciandolo con lo sguardo mentre si dirigevano verso il patibolo: la punizione. Perché sarebbero senz’altro stati puniti, e nonostante Zayn avesse di meglio da fare che passare un pomeriggio a togliere le gomme da sotto i banchi nell’aula punizione, decise di non protestare evitando così di raddoppiare i suoi guai. In fondo era la prima volta che infrangeva le regole, che avrebbe mai potuto capitargli?
«Due ore in detenzione.» Annunciò Francis sedendosi dietro l’ampio bancone una volta arrivati in vice presidenza. Non perse tempo a firmare i moduli che avrebbero dovuto consegnare al professore di turno in detenzione, ma quando la donna ne compilò solo uno, consegnandolo a Zayn, il moro si rabbuiò.
«Perché lo da solo a me? Non viene punito anche lui?» Chiese indicando un Drake annoiato.
«No, io ho gli allenamenti di calcio, sai, oggi abbiamo una partita importante» rispose quest’ultimo, infilandosi le mani nei jeans.
«Non posso mancare per una stupida punizione.» Continuò poi.
Zayn si infuriò così tanto che le vene del collo quasi gli scoppiarono, ma decise per il bene della sua vita sociale di non protestare, accettando di malgrado la punizione. Tuttavia, trovava ingiusto il comportamento di tutti in quella scuola, che continuavano a privilegiare certi studenti, come nel caso di Drake. Cos’avevano in più degli altri, in fondo? Niente, un bel niente. Ma ovviamente le cose non sarebbero mai cambiate alla Mesa.
 
 
«Niall.» La signora Horan chiamò il nome del figlio per almeno dieci volte, non ricevendo però nessuna risposta. «Niall!» Urlò stavolta, voltandosi verso i sedili posteriori sui quali il biondo se ne stava sdraiato comodamente a leggere una qualche rivista di musica. Il ragazzo continuò a non sentirla, troppo preso dall’articolo che riguardava delle nuove band in circolazione e dalla musica che gli palpitava nelle orecchie.
Infuriata, la signora Horan si tolse la cintura, riuscendo così a voltarsi completamente verso il figlio, togliendogli di mano la rivista mentre il marito accostava la macchina.
«Niall, tesoro.» Disse con tono gentile mentre Niall si tolse definitivamente le cuffie dalle orecchie, alzandosi e mettendosi seduto. «Allora, sei eccitato?!» Chiese allegra una volta aver ricevuto la completa attenzione del figlio.
«Eccitato per cosa?» Domandò il biondo con sguardo perso.
«Per le selezioni, sciocchino!» Esclamò la signora Horan sorridendo, sistemandosi un ciuffo di capelli ramati dietro l’orecchio.
«Ah, già, le selezioni.» Rispose Niall appena sceso dalle nuvole. Mise su un finto sorriso, alzando entrambi i pollici mentre disse un «non vedo l’ora» con fin troppo poco entusiasmo, che però i genitori non notarono.
Niall odiava dover partecipare a quelle stupide selezioni, odiava sentirle nominare, odiava parlarne ma soprattutto odiava il calcio, con tutto se stesso. Da quando Greg, suo fratello maggiore, era partito per il college prima dell’estate, i signori Horan non avevano fatto altro che ossessionare il figlio minore con le selezioni per la squadra di calcio, sperando che seguisse le orme del fratello diventando un gran calciatore. A Niall però non piaceva sudare correndo su un prato intento a calciare una stupida palla, piuttosto preferiva sudare saltando per la sua stanza con in mano la sua chitarra, strimpellando qualche canzone di qualche band del momento.
Ma fino a quel momento, non aveva mai avuto il coraggio di affrontare i genitori e dirgli che quello del calcio non era il suo sogno, ma il loro, così si costringeva ad affrontarli tutti i giorni sorridendo falsamente e interessandosi ai loro discorsi ogni qual volta riguardavano quello stupido sport.
«E’ meglio che vada, o arriverò tardi alle selezioni.» Sorrise, scendendo dalla macchina così in fretta che i genitori non fecero in tempo a pronunciare il suo nome.
Niall sbuffò, attraversando la strada con in mano il pallone del fratello, che i genitori gli avevano gentilmente chiesto di donare al fratello minore. Se avesse potuto, Niall avrebbe tirato fuori tutte le penne dal suo zaino e le avrebbe conficcate una per una nel cuoio della palla, ma si trattenne pensando a quanto i genitori lo avrebbero tartassato di domande su come avesse ‘bucato’ il pallone porta fortuna del fratello.
Stringendo la palla sotto un braccio, Niall si diresse verso il campo da calcio sul retro della scuola, respirando profondamente prima di buttarsi a capofitto in un campo pieno di sudore e studenti aggressivi, quali i più popolari della scuola.
Non appena il biondo avvistò Tyler e Drake, capitano e vice capitano della squadra di calcio, cambiò direzione, camminando a passo svelto verso gli spogliatoi, consapevole che quel che lo aspettava di lì a poco, non era certo il Paradiso.
 
 
“Solo dieci scale e poi ci sei”, pensò Liam correndo su per le scale del secondo piano, diretto all’aula di storia. Quella mattina, per colpa della stupida fidanzata del padre, aveva fatto tardi, il che non era di certo un punto a suo favore dato che aveva una relazione di storia da consegnare alla prima ora.
Melanie, la fidanzata del padre, si era svegliata presto quella mattina, in quanto era il suo primo giorno all’università, così Liam non aveva calcolato il tempo che avrebbe perso aspettando il suo turno al bagno, svegliandosi quindi alla solita ora: le 7,30am.
Non gli ci voleva mai molto per prepararsi, aveva sempre i vestiti in ordine nell’armadio, perciò anche se li avesse scelti ad occhi chiusi, sarebbe stato presentabile lo stesso. Per i capelli invece gli bastava una spruzzata di lacca per tenerli dritti, ma per colpa di Melanie, quella mattina aveva dovuto arrangiarsi.
Odiava Melanie con tutto se stesso, e non solo perché aveva preso il posto di sua madre, che se n’era andata parecchi anni prima lasciando il padre con due figli piccoli, ma perché ormai sembrava girare tutto intorno a lei. Almeno, per Liam era così.
Aveva notato un recente cambiamento nel padre, ma nonostante fosse felice con una nuova donna al suo fianco, Liam non riusciva ad essere contento per lui. Non gli piaceva Melanie, per niente. Era anche troppo giovane per suo padre, che aveva quasi il doppio dei suoi anni. Non che l’età fosse così un problema, ma anche se avessero avuto la stessa età, Liam avrebbe sicuramente trovato qualche altro difetto a quella donna.
Spalancò la porta della sua classe entrandoci dentro quasi con un balzo, prendendo finalmente aria mentre si avvicinava al suo banco.
«Appena in tempo, Liam.» Enunciò il professor Green, guardando il ragazzo da dietro la montatura spessa dei suoi occhiali. Non appena Liam si sedette, il professore tornò ad ascoltare la relazione della studentessa accanto a lui, mentre il ragazzo cominciò a tirare fuori dalla cartellina la sua relazione.
«Liam Payne,» annunciò il professor Green, incrociando le braccia dietro la schiena. «Tocca a lei.»
«Arrivo subito.» Disse Liam, tirando fuori tutti i fogli dalla sua cartellina blu.
“Merda, merda, merda!” pensò non appena si accorse che quella non era la sua cartellina, ma di Melanie. Maledicendo mentalmente la donna, pensò a mille modi in cui potersela cavare con la relazione, mentre pian piano voltava tutti i fogli per controllare che quelli di Melanie non si fossero semplicemente mischiati ai suoi.
Ovviamente, non era così, ed al secondo richiamo del professore, Liam si mise una mano tra i capelli, borbottando qualcosa di incomprensibile mentre qualcuno bussò alla porta. «Mi scusi» disse una donna titubante, «ho preso per sbaglio la cartellina di un suo alunno..»
Subito Liam alzò la testa verso la donna sulla porta, che lo guardava con un sorriso di scuse stampato sulla faccia. Al diavolo lei e le sue scuse, pensò Liam alzandosi di botto dalla sedia, allungandosi verso Melanie per riprendersi la sua cartellina.
«Signora Payne, mi scusi ma..» Il professor Green si avvicinò alla donna sorridendole, mentre si sistemava gli occhiali sul naso, ma Liam lo interruppe all’istante.
«Signora Payne? Sta scherzando?!» Sbottò alzando le mani al cielo. «Lei non è mia madre, è stupido per caso?! Ma andiamo..»
Stavolta fu il professore ad interrompere Liam, fulminandolo con uno sguardo così minaccioso da far paura a Crudelia de Mon. Nessuno aveva mai visto il professor Green arrabbiato, forse per il semplice fatto che nessuno prima d’ora l’avesse mai insultato, ma comunque a Liam non fece né caldo né freddo.
Se fosse rimasto in classe a presentare la sua relazione, sarebbe sicuramente stata un fiasco per via del casino che aveva causato Melanie, mentre se fosse finito in punizione, beh..
«In. Detenzione.» Ordinò il professore scandendo bene le parole, salutando poi la donna ancora sulla porta, prima di dirigersi verso la sua vecchia cattedra e firmare un modulo che consegnò poi a Liam, su cui c’era scritto a caratteri cubitali ‘detenzione’.
“Perfetto”, pensò il ragazzo buttandosi di peso sulla sedia, passandosi poi una mano tra i capelli spettinati. Aveva sempre pensato che Melanie non portasse niente di buono, e quella punizione ne era l’esempio. Liam non era mai stato punito per niente, in quanto era sempre stato uno studente modello e un figlio perfetto, perciò, si ritrovò a maledire mentalmente Melanie per la seconda volta nel giro di un’ora.
 
 
“E tu chi diavolo sei?” “Sono Kick-Ass, e sono qui per prendervi a calci..”
Louis interruppe la sua lettura non appena sentì delle voci provenire dal corridoio, cercando il più possibile di non fare alcun rumore e venire così beccato a marinare le lezioni. Non era la prima volta che lo faceva, ma non lo faceva così spesso da essere un esperto in materia, perciò quando non voleva frequentare qualche lezione, usava chiudersi nello sgabuzzino del bidello in fondo al corridoio, ben sapendo che nessuno ci entrava mai.
Quel giorno doveva affrontare due ore di trigonometria, una di educazione fisica e poi altre tre ore, suddivise tra algebra e storia, e di certo non voleva morire per noia, così si era deciso a saltare le lezioni non appena aveva messo piede nel cortile della scuola, dove nessuno aveva fatto caso a lui, come ormai era d’abitudine.
Louis non era di certo tra i popolari della scuola, ma non era neanche tra gli sfigati. La sua posizione sociale in quella scuola era abbastanza triste a dirla tutta, così a lui piaceva definirsi un ragazzo normale, con degli interessi normali e dei voti normali, ma senza amici.
Non che gli importasse il fatto di non avere mai nessuno con cui parlare di ragazze, o di calcio, o di musica, ma ormai ci aveva fatto l’abitudine a stare da solo. Nessuno gli rivolgeva mai la parola se non per chiedergli di spostarsi, ma a lui non dava fastidio.
Al contrario, pensava che meno fosse stato al centro dell’attenzione, meglio era per lui. Aveva visto come venivano trattati ogni giorno gli sfigati della scuola, e lui di certo non voleva farne parte. Non voleva essere deriso e preso in giro da tutti per come si vestiva o per come parlava, né tantomeno per i suoi gusti in fatto di musica o di cinema. Sapeva che tutti in quella scuola guardavano solo l’aspetto fisico, e soprattutto la “classe sociale”, cosa di cui Louis non aveva neanche mai sentito parlare.
Perso tra i suoi pensieri, sfogliò lentamente le pagine del suo fumetto, mentre se ne stava seduto su una vecchia sedia in quello stanzino poco illuminato. Beh, era sempre meglio quello che sei ore di noia mortale.
Poco dopo, aprì lo zaino, tirandone fuori uno di quei succhi che vendevano in piccoli cartoncini quadrati, con la cannuccia attaccata, e tentando malamente di tirar fuori la cannuccia dalla carta con una mano sola, mentre con l’altra teneva il segno alla pagina a cui era arrivato, diede una gomitata sulla porta massiccia – possibile che fosse tutto di legno massiccio lì dentro? – facendo così cadere la cannuccia (senza carta) a terra.
Imprecò a bassa voce, chinandosi per raccogliere la cannuccia mentre con l’altra mano teneva ancora il segno nel fumetto, quando la porta si aprì poco, lasciando trapassare un braccio che si allungava porgendo a Louis un foglio. Era piccolo, e anche su quello c’era scritto a caratteri cubitali “detenzione”, con aggiunta “ha marinato le lezioni giocando a nascondino in uno sgabuzzino.. ps: ho fatto anche rima” nel sottorigo.
Louis lo afferrò di malavoglia, facendo così ricadere la cannuccia e perdendo definitivamente il segno del fumetto. Non appena la porta si richiuse, guardò con aria affranta il libricino chiuso sulle sue gambe, mormorando un “perfetto” prima di alzarsi e dirigersi verso l’aula detenzione, meglio conosciuta col nome di scantinato.
 

 

***

Ehilà e.e sì, so che ho altre.. quattro (?) fan fiction ancora, ma ora spiego uu martedì scorso ho visto per la prima volta su Disney Channel un film a dir poco meraviglioso, Lemonade Mouth, e me ne sono innamorata nel vero senso della parola çç due giorni dopo sono andata a comprare il dvd e l’ho visto e rivisto tutti i giorni (lo riguarderò anche oggi sodfhdoghdsof) e boh, mi è venuta subito in mente sta fan fiction, completamente ispirata al film (che poi in realtà è preso da un libro, che ovviamente in italiano non c’è çç). La trama praticamente è la stessa, solo che qui i protagonisti sono i One Direction, poi beh le canzoni saranno le loro ovviamente, non quelle del film, e le storie dei ragazzi saranno un po’ (non tanto) diverse da quelle del film. Alcuni personaggi, come ad esempio il preside caga cazzi, sono uguali a quelli del film, perché capitemi, ho iniziato a scrivere sto capitolo un’ora fa (sono le 2) e non ho fantasia per creare personaggi al momento çç poi boh magari cambierò qualcuno, ma per ora il preside resterà come quel cretino del film e.è non voglio annoiarvi oltre, per cui vi dico le ultime due cose: - se non avete visto Lemonade Mouth, FATELO. Veramente, credo sia il film più bello che la Disney abbia mai fatto. La colonna sonora poi è meravigliosa çwç - posso chiedervi una mini recensione? çç mi basta anche solo che mi diciate se vi piace o no, così mi faccio un’idea se continuarla o no, perché se non piace a nessuno la finisco qui e fine, ma siccome mi piace l’idea spero piaccia anche a voi sdfosdhfodsghd okay ciao uu
Ps: scusatemi gli errori di battitura che sicuramente non saranno pochi, ma capitemi, è l’orario uu e sinceramente ho problemi di vista, per cui scusatemi, oltretutto è la prima fan fiction che scrivo senza scrivere dal punto di vista del protagonista, per cui spero di spiegarmi bene D:
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: yeahbuddie