Caspita ragazze, quanti commenti
^_^
Allora andiamo con
ordine.
Mixky: grazie
di cuore e non scusarti di nulla.
Stella: grazie
ancora.
Truelena: Sono
arrossita per le tue recensioni che mi hanno fatto immensamente piacere. Sono
felice che tu abbia colto tante sfumature o scoperto nuovi punti di vista sulle
vicende dei libri. Quanto ai sospetti di Severus su Sirius, beh, tieni conto che
Piton ha particolari motivi di sfiducia verso Sirius. Il Sirius che ha
conosciuto Piton è uno capace, già a quindici anni, di uccidere (con lui ci
prova, col famoso “scherzetto”) ed è anche capace di passare sopra agli amici
(se Piton non fosse stato salvato da James quella volta Remus si sarebbe
ritrovato a diventare un assassino).
Per il tag non importa,
succede.
Akire: Tu mi
vizi! Che goduria tutte le tue recensioni! Non so se Severus amasse davvero
Lily, ma ho la mia visione di un loro ipotetico “amore” e quanto a Harry non si
può proprio dire che, pur avendo difficoltà a relazionarsi con lui, Severus non
sia sempre stato lì a salvarlo da ogni catastrofe. Sono anche felice di aver
saputo portare la tua attenzione su Silente, sui suoi pensieri, sul suo modo di
agire. Silente non è facile da gestire, sembra così semplice ed invece è un
personaggio complessissimo. Chiederà a Piton un sacrificio immenso, ma sa quel
che fa ed ha le sue ragioni, del cuore oltre che per la causa. Del resto,
appunto, spesso la cosa giusta non è né facile né indolore da fare. A volte
bisogna stringere sul serio i denti, anche in frangenti assai meno drammatici di
quelli del racconto. Quanto a quel che Severus si permette di pensare, anche se
mai lo direbbe, grazie davvero, non sai come mi fanno contenta le tue
considerazioni. Chissà forse i suoi discorsi su Narcissa colpiscono al cuore per
l’accenno a sua madre. Io penso che c’entri anche Lucius però. Severus è una
spia di Silente, ma ha sempre fatto in modo di tenere Lucius al riparo e ora,
grazie al fatto che proprio lui ha mandato l’Ordine al Ministero, il suo amico è
in prigione e Draco rischia la vita. Credo che anche questo faccia la sua parte.
Per il resto temo che davvero Severus non abbia futuro, non voglia averlo,
specialmente dopo il 6° libro. Chissà che farà J.K.R.. Speriamo bene
;)
Francesca e Kagome (non ho ricevuto la mail, per favore rinviala, ora sono
curiosa da matti) grazie anche a voi, ho visto solo ora che, non so come,
pubblicando sono svaniti nel nulla i ringraziamenti per voi due.
Scusatemi.
E siccome con questo capitolo si
conclude il racconto voglio ringraziare tutti coloro che l’hanno letto, sia qui
sia sul Sotterraneo e tutti quelli che l’hanno
votato.
Grazie ancora a tutti e, come sempre,
buona lettura.
Nykyo
2.
“Severus, ti prego… “.[1]
Correva.
Severus Piton correva
come non gli accadeva più da una vita e i muscoli delle gambe gli rinfacciavano
quella mancanza d’abitudine, gemendo provati sotto il morso feroce della fatica
cui li stava sottoponendo.
Correva e gli sembrava di
avere di nuovo undici anni, quando era appena arrivato a scuola e Hogwarts era
ancora un immenso dedalo di corridoi in cui era fin troppo facile perdere
l’orientamento. Bastava distrarsi, mentre una scala cambiava di posto, e un
corridoio buio si sostituiva ad un altro, allontanandoti dalla tua
meta.
Correva senza badare a
nulla, se non a quel che poteva essergli di ostacolo o di inciampo, e gli pareva
che, invece, mentre lui accelerava, tutto all’intorno rallentasse, fin quasi a
fermarsi, come se il tempo volesse intrappolarlo e bloccarlo per sempre;
pietrificarlo come una delle tante statue che ingombravano i
corridoi.
Correva maledicendo se
stesso per non essere riuscito a farsi dire da Draco come e quando intendeva
agire; detestando con ferocia l’Oscuro Signore che non lo aveva messo al
corrente dei propri piani.
Ombra più scura tra le
ombre che si stagliavano sulle antiche pietre di Hogwarts e sui polverosi
arazzi, il mago bruno correva, pregando di avere ancora tempo. Di avere ancora
una scelta.
Man mano che si
avvicinava all’imbocco della Torre di Astronomia il sonoro caos della battaglia
in corso si faceva più nitido, rimbombandogli nelle
orecchie.
Sfrecciò accanto ai
combattenti senza fermarsi, mentre una rabbia sorda gli invadeva la mente ed il
petto.
Loro possono combattere,
lottare a testa alta, a viso aperto, mostrando al mondo intero chi
sono.
Lui no, non gli era
consentito. Lui poteva solo sperare che non fosse troppo
tardi.
Non era concesso alla
spia perfetta di issare il cuore sul bavero e farne il proprio
stendardo.
Per un istante fu
realmente tentato di restare e dare man forte all’Ordine e a quello sparuto
gruppo di ragazzini che mostravano un immenso coraggio. Restare e morire
battendosi, confidando che Draco non avrebbe comunque commesso i suoi stessi
errori.
Lanciarsi nella battaglia
e attendere che il maleficio di un Mangiamorte o l’infrangersi del Voto gli
spegnessero per sempre l’angoscia nel petto.
Non poteva. Albus era lì,
sicuramente in cima alla Torre, non poteva che essere lì dove era apparso il
Marchio, forse ancora vivo e lui doveva assolutamente
raggiungerlo.
Per questo passò oltre,
senza rallentare, impedendosi anche di controllare se qualcuno dei suoi era
caduto, osservando soltanto, con la coda dell’occhio che Draco Malfoy non fosse
tra loro.
Imboccò svelto la
barriera stregata creata da uno dei Mangiamorte, senza nemmeno accorgersi della
sua esistenza, finchè non sentì l’aria fremere intorno al corpo, mentre
l’attraversava.
Il Marchio – pensò.
Il maledetto,
dannatissimo Marchio che si portava addosso da una vita; doveva essere quello la
chiave d’accesso alle scale.
Per una volta ringraziò
con tutto se stesso di possederlo. Arrivare tanto vicino a Silente e Draco e non
poterli raggiungere sarebbe stato terribile,
inaccettabile.
Ma l’idea dei servitori
dell’Oscuro Signore che insozzavano con i loro passi di morte i consunti
pavimenti di Hogwarts lo riempiva di nausea e
disgusto.
Il pensiero del Marchio
Nero alto nel cielo della scuola, verde contro il nero della notte, a
risplendere con le sue sinistre orbite vuote era orribile e
blasfemo.
Un sacrilegio che non
avrebbe mai voluto trovarsi sotto gli occhi.
Hogwarts, l’intoccabile.
Hogwarts: imprendibile bastione in cui un intero mondo confidava, in cui lui
aveva sempre confidato. Hogwarts e Silente.
Raptor aveva condotto
l’Oscuro Signore stesso all’interno di quelle mura millenarie; Barty Crouch Jr.
le aveva contaminate per un anno intero. Ma ora era diverso, era
peggio.
Quel simbolo svettante
nel buio era un grido di trionfo di Voldemort e gli feriva le orecchie,
lacerandogli le viscere.
Cosa hai fatto, Draco?
Come hai potuto infliggere al luogo che ti ha fatto da seconda casa per anni un
simile oltraggio?
Non doveva pensarci, o
sarebbe impazzito.
Varcò l’entrata della
Torre talmente in fretta da darsi eccessivo slancio, quindi colpì violentemente
la curva parete di pietra con la spalla ed un gomito. Il dolore, però, lo
raggiunse solo tre gradini più avanti. Era troppo teso per riuscire a sentirlo
davvero.
Imprecò mentalmente,
mentre rischiava di inciampare quasi ad ogni passo e s’impose di
calmarsi.
Cosa vuoi fare?
Precipitarti lì in questo stato? Arrivare lassù sconvolto, senza un briciolo di
padronanza di te? Cosa otterresti?
Maledizione, calmati! Non
fare il bambino!
Eppure, non era mai stato
tanto difficile domare la propria mente ed il
cuore.
La verità era che aveva
paura ed era furioso, soprattutto con se stesso. Erano anni che non assaporava
più la paura, anni che non temeva più niente.
Ora, aveva un immenso
terrore di non arrivare in tempo o di non riuscire comunque a fare
qualcosa.
Fare cosa? Cosa devo
fare? Dimmelo, Albus, forza. Cosa?
I suoi desideri
combattevano una battaglia non meno feroce e cruciale di quella che si svolgeva
sotto di lui. Lottavano contro la razionalità, contro le mille ragioni del
vecchio, contro la causa e, soprattutto, contro la richiesta paterna di un uomo
che credeva in lui e teneva a lui al punto da affidargli la propria
morte.
E le scale non smettevano
più di arrampicarsi verso l’alto in una buia sinuosa spirale senza fine, mentre
il tempo correva inesorabile.
Rifletti. Pensa con
lucidità.
Con lucidità,
Merlino!
Se rifletti riuscirai a
calmarti. Devi essere freddo quando arriverai
lassù.
Per prima cosa era ancora
vivo, segno che il Voto estortogli dalle lacrime di Narcissa e dal suo ruolo di
spia non era ancora spezzato.
Un’ovvia deduzione che
non lo rassicurava affatto e non lo portava a
nulla.
Era vivo, ma cosa
implicava il fatto che il suo cuore batteva ancora, pompando troppo svelto il
sangue in circolo per tutto il corpo?
Che anche Silente era
ancora sano e salvo e che quindi c’era ancora
tempo?
Oppure solo che sbagliavi
su Draco. Che ti sei illuso che il ragazzo fosse migliore di te e, invece,
contro ogni previsione, ha portato a termine la sua missione e Albus è
morto.
Morto per mano di uno dei
suoi allievi, per mano di colui che voleva a ogni costo salvare, magari sotto
gli occhi irridenti dei servi di Voldemort.
Una scossa gelida gli
trafisse la spina dorsale.
No, questo no. No, no,
non così.
Avrebbe preferito
bruciare anche l’ultimo brandello liso della propria anima piuttosto che leggere
negli occhi ancora sbarrati del Preside l’orrore e il dolore di essersene andato
fallendo, con il cuore gonfio di rimpianti.
I gradini scorrevano più
veloci sotto i suoi piedi, mentre accelerava ancora e, finalmente, fu in cima,
dinnanzi alla porticina della Torre, incorniciata da uno spigoloso arco a sesto
acuto, scolpito nella pietra secoli e secoli
addietro.
Avrebbe voluto
spalancarla con forza, senza preoccuparsi di contenere la sua furia, anche se
quella fosse finita fuori dai cardini a causa dell’eccessiva
foga.
Invece, si fermò e rimase
immobile per un lungo istante; i pugni ed i denti serrati, lottando contro i
muscoli del proprio viso e contro il tremore del
corpo.
Si fermò, e incanalò la
rabbia solo contro se stesso, violentandosi per costringersi a calare ancora una
volta la maschera sul volto affilato.
Una maschera fatta di
niente, eppure poteva sentirla perfettamente premere sugli zigomi e sulle labbra
e instillare sotto la pelle il velenoso dolore del gelo, modellando il suo
viso.
Una maschera inesistente,
a differenza di quella di lucido argento che indossava al cospetto dell’Oscuro
Signore, ma ancor più impenetrabile e tragica.
Il fatto di essere
riuscito a indossarla lo ferì e lo calmò insieme.
Ora poteva aprire la
piccola porta dai battenti borchiati di ferro e andare incontro al destino,
qualunque cosa lo attendesse oltre il vetusto strato di legno
tarlato.
Sfoderò la bacchetta e
spinse l’anta, mettendoci comunque molta più energia di quanto non avrebbe
voluto.
L’uscio si spalancò e,
anche se ancora non poteva saperlo, e ringraziò il cielo nel vedere Silente
ancora vivo, il suo tempo finì in quell’istante.
Ora poteva solo scegliere
e morire, qualunque cosa avesse deciso di fare.
Lasciare che la sua vita
si spegnesse a causa del Voto o uccidere il proprio
cuore.
Comprese più che mai che
non gli restava nient’altro da fare, mentre lasciava correre rapido lo sguardo
sul quadro agghiacciante che aveva dinnanzi, illuminato dal verde odioso
bagliore del Marchio.
Un primo tuffo al cuore,
quando vide in che condizioni era ridotto il
vecchio.
Non era solo la
maledizione dell’anello di Gaunt, doveva essere accaduto di peggio. Un altro
Horcrux? Sapeva che Silente sarebbe stato via quella notte. Albus aveva trovato
l’Horcrux e, nel distruggerlo, era andato incontro a qualcosa che l’aveva
ulteriormente indebolito?
Cosa hai fatto, Albus?
Cosa ancora, per rendere la tua vita sempre più incerta e inchiodarmi ai tuoi
desideri?
Poi sollievo, nello
scorgere il tremore di Draco, nel leggergli vergogna ed esitazione sul viso
imberbe.
Draco era sempre in
bilico, ma non era ancora caduto.
Poi, di nuovo un battito
mancato, nella sua cassa toracica, e altri a seguire con disperato impeto,
mentre si rendeva conto di quale masnada di sadici animali Draco aveva avuto
l’indegno ardire di portare dentro la scuola.
Assassini senza scrupoli
e bestie feroci, come Fenrir Greyback che gioiva e godeva del sapore acre del
sangue. Liberi, in un castello pieno di ragazzini indifesi che non avevano mai
avuto nemmeno la più pallida idea di cosa fosse realmente
l’orrore.
Non devono restare qui,
non posso lasciarli liberi di uccidere e devastare ogni cosa. Deve esserci un
modo per allontanarli da Hogwarts.
Infine, l’ultima scheggia
di consapevolezza a dilaniargli il petto, dove il cuore, perfettamente celato,
era ormai impazzito: due scope abbandonate sul pavimento a tratti sconnesso
della Torre.
Due, non
una.
Potter.
Lì, vicino a lui, in
mezzo a quel cenacolo di morte, il figlio di Lily si era cacciato nell’ennesimo
enorme pericolo.
Silente doveva avergli
impedito di commettere una delle sue solite ardimentose sciocchezze, ma Potter
era lì, da qualche parte, magari nascosto sotto il Mantello dell’invisibilità
che era stato di suo padre e che il Preside si ostinava, nonostante avessero più
volte discusso al riguardo, a fargli tenere.
Non bastavano tre vite in
gioco su questa dannata terrazza, Albus? Non finirà
mai?
Pensieri angosciosi che
erano durati solo lo spazio di pochi battiti di ciglia, susseguendosi rapidi
come saette, mentre le iridi dure e nerissime del mago bruno percorrevano veloci
ogni volto e ogni angolo della terrazza.
Aprì la mente, anche se
sapeva che non ce n’era bisogno, perché era nudo, come sempre, sotto gli occhi
del vecchio. La aprì con selvaggia disperazione, conscio che nessun altro, oltre
a Silente, era in grado di leggerla.
Albus,
no.
No, non chiedermelo
ancora una volta, non posso, non ce la faccio.
“Abbiamo un problema,
Piton” – la voce di Amycus segnò lo scadere delle sue speranze, riconducendolo
ad una scelta straziante e impossibile – “Il ragazzo non sembra in grado…
”[2] .
No, Draco non era in
grado, non voleva esserlo e in una situazione diversa lui ne avrebbe esultato,
colmo d’orgoglio per il proprio pupillo. Ora, però, l’esitazione del giovane
Malfoy, la salvezza di quell’anima cui teneva tanto, condannavano lui, se il
vecchio avesse ancora preteso di vederlo sopravvivere al
Voto.
Draco non è in grado,
Albus, ma io? Perché doveri esserlo io? Ti prego, no, Albus,
no.
Un pensiero gettato
dentro gli occhi azzurri del preside in un istante,
vanamente.
“Severus” – il suo nome
pronunciato con dolcezza, con un tono accorato e quasi di supplica, gli gelò il
sangue nelle vene.
No, Albus, no, basta!
Lasciami andare. Lascia che sia io a morire, abbi
pietà.
Una risposta muta la sua,
poi si fece avanti e spinse Draco dietro di sè, rudemente, mentre la maschera
sul suo volto rischiava di incrinarsi mostrando la rabbia e il dolore che lo
dilaniavano. L’odio e il disgusto che provava per se stesso, all’idea di
obbedire al vecchio, di accordargli ciò che Silente gli chiedeva da
tempo.
Questo posso
concedertelo, Albus: la salvezza di Draco, solo questo. Il resto no, è orribile,
fa troppo male.
Mi odio al solo pensiero
di poterlo fare, è disgustoso e mostruoso,
inaccettabile.
“Severus… ti prego… ”
[3] – parole mai udite prima sulle labbra del vecchio, perché Albus
non era il tipo da supplicare. Troppo orgoglioso solitamente per
farlo.
Eppure, l’aveva detto
davvero – “Severus… ti prego… ” – e poi aveva spalancato la mente a Piton, senza
pietà – Non deludermi, ragazzo mio, fa ciò che è giusto. Vivi, ti
prego, per la causa e per me. Vivi per me!
Il mago bruno alzò la
bacchetta e la puntò contro Silente, mentre il cuore gli si serrava in una morsa
feroce, uccidendolo eppure lasciandolo dolorosamente in
vita.
Come vorrei poterti
odiare, Albus, come vorrei poterti infliggere il dolore della
delusione.
Invece, non possedeva
nemmeno più lacrime, solo odio e ribrezzo per l’assassino che non avrebbe mai
cessato di essere e un affetto troppo grande per chi aveva sempre confidato in
lui.
“Avada Kedavra!” – disse,
mentre quei sentimenti affioravano sui suoi duri lineamenti, e il lampo verde
dell’Incantesimo senza Perdono rischiarò l’oscurità che presto l’avrebbe
risucchiato.
Il maleficio colpì
Silente in pieno petto, spezzando l’ultima supplica della sua mente – Perdonami, figliolo,
perdonami.
Un’invocazione perduta
nella notte. Inutile, perché Severus Piton aveva già assolto il suo mentore,
anche se non avrebbe mai smesso di condannare se
stesso.
Rimase come pietrificato
dal suo stesso gesto, desiderando solo di poter gridare il suo lutto e il
raccapriccio e il dolore per quel che aveva appena dovuto compiere per dovere,
lealtà e amore.
Sapeva di non poter
lasciare che le sue labbra si schiudessero, perché ormai non gli era più dato di
abbassare le maschera, doveva fingere, dinnanzi agli odiati emissari dell’Oscuro
Signore; mentire anche col proprio viso, intrappolato nel suo ruolo di spia,
finchè non fosse giunta la resa dei conti.
Non poteva che recitare,
o il sacrificio di Silente sarebbe stato vano e lui non avrebbe mai potuto
sopportarlo.
Così, l’urlo di orrore
non uscì mai dalla bocca di Piton;
silenzioso e immobile, fu costretto a guardare Silente scagliato in aria: per un istante
parve restare sospeso sotto il teschio lucente, e poi cadde
lentamente all’indietro, oltre le merlature, come un’enorme bambola di pezza, e
scomparve.
FINE
N.B.: L’intera frase, da “l’urlo di orrore” a “e
scomparve” è presa da HP6; pag. 539, ma io, nel voler descrivere un altro punto
di vista differente rispetto a quello solito di Harry Potter, mi sono permessa
di cambiare il nome Harry in Piton (cosa che ho appositamente evidenziato usando
il corsivo).
[1] Nell’intero capitolo mi sono permessa
di giocare con le esatte parole di J.K.Rowling, per descrivere ciò che lei non
ci ha detto su Piton nel sesto libro: i suoi pensieri e la sua angoscia
profonda. Se alcune frasi sono prese interamente e letteralmente da Harry Potter
e il Principe Mezzosangue, in altri casi il lettore potrà provare la vaga
sensazione di aver già letto questo o quel termine nel libro della Rowling (ad
esempio, si vedano l’odio e il disgusto cui accenna Piton nei propri pensieri).
Il lettore si tranquillizzi, la cosa non è
casuale.
[2] Le parole tra virgolette (pronunciate
da Amycus) sono tratte alla lettera da HP6; pag.
539.
[3] Sempre da HP6; pag. 539, come anche il
modo dolce in cui Silente chiama “Severus” poche righe più
su.