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Autore: intacte    18/04/2012    2 recensioni
è incredibile quanto le coincidenze e i colpi di cuore rendano le persone fragili, perfettamente non in grado di rendersi artefici delle proprie azioni. È quello che Dongwoon si ritrova a sperimentare quando una mail raggiunge Mei domandandole di rientrare quanto prima possibile a Londra per assistere ad un “affare di famiglia” di cui la ragazza non ha fatto parola con nessuno. È un inverno fine e morbido in cui la neve cade silenziosa da poterti togliere l’udito, in cui una confessione a se stessi è più rigida del freddo pungente che si accoccola sotto le dita quando si è fuori casa.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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On the top:  è incredibile quanto le coincidenze e i colpi di cuore rendano le persone fragili, perfettamente non in grado di rendersi artefici delle proprie azioni. È quello che Dongwoon si ritrova a sperimentare quando una mail raggiunge Mei domandandole di rientrare quanto prima possibile a Londra per assistere ad un “affare di famiglia” di cui la ragazza non ha fatto parola con nessuno. È un inverno fine e morbido in cui la neve cade silenziosa da poterti togliere l’udito, in cui una confessione a se stessi è più rigida del freddo pungente che si accoccola sotto le dita quando si è fuori casa.

PUBBLICITY CORNER: LEGGETE “E IO CHE NON VOLEVO NEMMENO INCONTRARTI” DI ANGIECHAN95 è_é ALTRIMENTI NON CAPITE UNA MAZZA DI QUELLO CHE HO SCRITTO QUI *O*!
 
I suoi profondi occhi scuri erano puntati sul riflesso della finestra. Avrebbe avuto i contorni della persona più intelligente e segreta sulla terra mentre il suo sguardo cercava tranquillamente nel giardino, aspettando di vederla, ma nel profondo avvertiva la sensazione di sentirsi colpevole e non poteva fare altro che pensare a quanto fosse stupido. Lasciarla andare. Dongwoon cominciò improvvisamente a pensare ed avvertire chiaramente che le sarebbe mancata più di quanto avesse potuto sostenere.
Il suo umore era andato peggiorando con l’avanzare dei giorni, fino a quando la data della partenza non era sembrata stringarsi in ogni suo nervo fino a diventare un insostenibile conto alla rovescia in cui faresti di tutto per rimettere i fogli con le date al calendario, invece di toglierli. Intrattabile più del solito, completamente arrogato al diritto di passare lunghi pomeriggi in solitudine – a cellulare incredibilmente spento a cui nemmeno la più insistente crisi isteriche di Hyuna avrebbe potuto fare fronte, oramai non contava più le ore in cui era rimasto a farsi domande a rendersi conto da solo di cose che poi smentiva in sospiri lunghi e corrucciati. Fino a quel momento.
La neve cadeva in fiocchi finissimi di cui sembrava quasi poter scorgere il disegno imperscrutabile dei cristalli portandosi dietro le ultime stille del rifiuto del maknae di voler credere che quella sensazione potesse essere reale. Il tempo passava ma lui continuava a sapere di conoscere quella frizzante e stramba ragazza a malapena e che tutto quel affrangersi gli  sembrava provenire da una ragione impossibile, una che nemmeno aveva mai preso seriamente in considerazione. Eppure tornava a farglisi viva tutte le volte che le voci intorno a lui  si affievolivano, che aveva tempo per dare ascolto solamente al modo in cui il cuore cominciava a battergli freneticamente se solo se la figurava davanti alla soglia del dormitorio con le valige, pronta a dare il saluto a tutti. Oltre quello diventava un incubo in cui il più delle volte la sua rabbia prendeva talmente tanto il sopravvento da non riuscire a dare ulteriori passi a quel figurarsi come sarebbe stato quel giorno. Non riusciva ad immaginare i saluti. Non riusciva ad immaginare nemmeno l’eventuale punta di amarezza dipinta sul volto di tutti. Ma quello che non riusciva ad immaginare di più su tutte le altre cose era ciò che avrebbe detto lui, il modo in cui avrebbe affrontato quello che sapeva essere un addio, non un arrivederci.  Un dolore improvviso lo risucchiò dal vortice bianco in cui non riusciva a collocare più immagini e digrignò i denti irritato nel rendersi conto che per il nervosismo aveva continuato a mangiarsi l’unghia del pollice fino a ritrovarsi a sanguinare dalla pelle sottile del dito, un pizzicore fastidioso che lo indusse a sbottare qualcosa fra i denti e a sentire la frustrazione di quella folle centrifuga di pensieri farsi indesiderabilmente spazio in ogni suo legame con la realtà.
Si negava che una sconosciuta avrebbe potuto mancarle e il peggio era il desiderio di volersi addirittura negare l’idea che non stesse facendo altro che pensarci, pensare a come sarebbero stati i giorni senza averla intorno, pensare al fatto che inevitabilmente anche se non era già successo stava cominciando ad avvertire il vuoto della sua assenza ancora prima che questa venisse ad affacciarsi alla ripresa della loro normale vita di tutti i giorni.  Della sua vita.  Un sentimento così forte che non sapeva nemmeno spiegarselo, qualcosa che non aveva provato o non provava nemmeno quando si trattava di pensare di allontanare Hyuna dai suoi affetti.

Quella sfera di pensieri si dissipò tanto all’improvviso da lasciarlo completamente interdetto quando la vide comparire esattamente nell’ultimo punto in cui la stava cercando.
Si era seduta sul dondolo del giardino con una certa pigrizia, l’aria assente per chissà quale pensiero ma al contempo spensierata e tranquilla: i piedi puntati sul vialetto innevato l’aiutavano a spingersi quietamente avanti e indietro, come quando dondoli sull’altalena senza realmente intenzione di impegnarti più di tanto. La raggiunse dopo aver fatto le scale che dalla parte superiore del dormitorio portavano direttamente di sotto cercando di celare l’aspettativa della sua fretta come meglio poteva, evitando prontamente  lo sguardo preoccupato e mesto dei compagni che aveva incrociato nei corridoi.
Solo Kikwang aveva cercato di fermarlo per dirgli qualcosa, qualcosa che prontamente non aveva voluto sentire. « Dongwoon ho una notizia » aveva detto « Sì? Beh può aspettare. » era stato il modo in cui se ne era liberato rapidamente lasciando l’altro interdetto a guardargli le spalle fino a quando non era scomparso oltre la finestra scorrevole per inoltrarsi a sua volta in giardino.
Mei si era girata aveva cominciato a guardarlo mentre con passo marziale si era diretto verso di lei sul dondolo, scostandosi come se l’avesse presa una timidezza o un’incertezza improvvisa: che aveva fatto di male stavolta? Dalla distanza Dongwoon non le sembrava più gioviale del solito e non poté fare a meno di domandarsi se non avesse sbagliato qualcosa. Quando l’altro se ne accorse sembrò ingentilirsi almeno nei movimenti fino a raggiungerla.
La nevicata della notte prima aveva fatto il suo dovere: la coltre bianca posatasi ovunque faceva sembrare che le nuvole fossero cadute direttamente dal cielo e l’azzurro limpido e pulito del cielo sopra di loro era una buona prova di quella morbida metafora. I passi del ragazzo scricchiolavano quando calpestava la neve, esattamente come si sentiva da lontano quando qualche mucchietto poggiato sui rami più bassi di alberi e cespugli scivolava ad unirsi al manto che sembrava aver inghiottito l’indelicatezza di ogni cosa.
« Posso ? » chiese indicando il posto accanto a lei.
Gli occhi di Mei lo guardarono interrogativamente e alla fine fece cenno con la mano giusto accanto a lei « Prego » L’altro sedette con un sospiro lungo e la guardò per una manciata di istanti prima di voltarsi e fissare il suolo, senza dire niente.
Il nervosismo che lo aveva colto prima si ripresentò funesto e inimmaginabile. Fu come se potesse avvertire chiaramente il miscuglio di sentimenti che avvertiva quando stava da solo farglisi inevitabilmente spazio nello stomaco fino a lasciarlo privo di parole e indeciso sul da farsi, su quale delle sue sensazioni fare appello per poter cominciare il discorso che voleva farle. Il discorso. Non sapeva quando aveva intavolato con se stesso la decisione di farle un discorso. Era una cosa piuttosto improvvisa perfino per lui stesso.

« Mei sent.. » «  volevi dirmi qualc.. » ….

Si riscoprirono entrambi a guardarsi inalterati nello stupore che li aveva colti nel lasciarsi sopraffare dall’aver cominciato il discorso praticamente insieme in quella sorta di nervosismo che aveva fatto protrarre il silenzio per chissà quanti minuti. Lo sguardo di lui incrociò quello di lei e attese prima di aprire la bocca un’ennesima volta, come se temesse che potesse succedere di nuovo. Alla fine, lei fece un gesto qualsiasi per dare voce a chissà che altro ma lui si rese conto di essere stato più veloce e, soprattutto, più istintivo verso la serie di gesti che aveva programmato:
Mei si ritrovò ad affrontare  le sue braccia intorno al busto  e la morbidezza della sua guancia accoccolata contro la parte superiore del torace dell’altro, il calore del corpo di Dongwoon avvolgerla come fino a poco prima l’aveva avvolta il clima rigido intorno a loro. Allo stesso modo lui non poté non avvertire come la piccola figura dell’altra, tra e sue braccia, completasse una sensazione che si era ritrovato ad immaginare di lontano più di una volta, ma a non percepire mai vivida come in quel momento. Anche perché non faceva parte delle sue fantasticherie dell’ultimo periodo: quel momento era vero ed era per loro.
Sentì l’altra prendere un respiro profondo e la bloccò sul nascere, prima che qualsiasi parola potesse spiazzare il senso di adeguatezza che aveva trovato in quel momento.
« Mi mancherai. » sospirò socchiudendo gli occhi come se fosse stata la cosa più difficile da articolare in tutta la sua vita « Mi mancherai e non so se sarò in grado di dirtelo quando sarà il momento, quindi volevo dirtelo adesso. Volevo che lo sapessi anche se è troppo presto. »
Mia arrossì sbarrando gli occhi come se qualcuno avesse deciso di tenerle le palpebre su con due stuzzicadenti e soffiò qualcosa di ineccepibile stringendosi involontariamente nell’abbraccio in cui l’aveva chiusa l’altro. Ma non rispose, lasciò tempo a se stessa per deglutire appena e cercare il modo, le parole, più adatte. Il nodo che aveva alla gola era forse paragonabile a quello con cui stava combattendo Dongwoon per dire qualche altra cosa, ma non le uscì praticamente niente e a lui lo stesso. In definitiva non seppe nemmeno lei quanti minuti fossero passate prima che trovasse il coraggio di rispondergli.
« Dongwoon » fece una lunga pausa, aggrappando le mani ai suoi avambracci per tirarsi leggermente su e sollevare gli occhi in sua direzione.  « … volevi farmelo sapere anche se è troppo presto perché .. » o cielo era così difficile da dire.  « perché sai che non torno più in Inghilterra, vero? »

Gli occhi del più grande si abbassarono sul viso di lei per qualche istante e sentì la forza del suo abbraccio venire meno, ma non la lasciò andare, fece finta di dissimulare il tremore dell’ondata di perplessità che lo colse alla sprovvista poco dopo in un semplice brivido e sospirò, non più spavaldo come aveva cercato di essere in quel momento.  Evidentemente, comunque, la ragazza comprese subito che effettivamente no: scacciando Kikwang poco prima Dongwoon si era tolto l’onere di sapere che il suo rientro a casa era stato posticipato ancora.

« Ovviamente. » disse comunque, lasciandola andare poco dopo, distogliendo lo sguardo per non affrontare il suo a metà tra il perplesso e il divertito. « Siamo un gruppo quindi le cose che succedono le sappiamo tutti subito, no? questo genere di cose. »

Mei lo guardò sollevando un sopracciglio e gli fece eco « questo genere di cose, sì » lasciando che il silenzio imbarazzante di poco prima calasse nuovamente. Almeno fino a quando non fu lei a prendere coraggio e spostare lo sguardo, accuratamente lontano dalla finestra da cui era uscito l’altro visto che ogni tanto qualche muso curioso sembrava fare capolino e tornare a nascondersi dietro l’anta facendo finta che per un pelo non fossero stati scoperti a spiare.  Se avesse considerato anche loro probabilmente non avrebbe mai detto « Anche tu mi mancherai, anche se è troppo presto per dirselo. Il più grande si umettò il labbro voltandosi, cercando accuratamente di non voltarsi in sua direzione per nascondere il sorriso che comunque si fece spuntare sulle labbra. Senza contare che così facendo, però, fu lui a scorgere il gruppetto di teste che si ritirava al sicuro fingendo di non essere stati visti per l’ennesima volta.
 
Era stato imbarazzante come poche cose nella sua intera esistenza ma, mentre rimaneva accanto a lei prendendo un lungo sospiro affinché l’atmosfera tesa si dissipasse almeno un poco, non poté fare a meno di pensare che, una volta tanto, ne era valsa la pena.

Liberarsi di qualcosa, rendersi conto di qualche altra, ne era valsa maledettamente la pena.


At the bottom: questa piccola spin-off mi è venuta in mente una sera in cui ho scoperto (o ri/scoperto) per caso The Snows They Melt The Soonest di Cara Dillon. Solitamente la musica è l’unica cosa che mi invoglia a scrivere, quindi non posso fare a meno di pensare che se non ci fosse musica la mia vita sarebbe completamente priva di parole. Un bel problema.  In realtà non sono stata io a scegliere le immagini di questa composizione breve e nemmeno le parole. L’ha fatto la Dillon prima e Tablo poi. Quindi mi levo subito il merito.
 
   
 
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