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Autore: My Pride    18/04/2012    5 recensioni
~ Raccolta di flash fiction e one-shot incentrate sulle coppie ZoSan e RuNami ♥
» 58. Tequila Sunrise
«Mi stai facendo passare per il cattivo ragazzo, cuoco».
«Ricorda, marimo: non esistono uomini cattivi.... se sono cucinati bene»

[ Quarta classificata al contest «Rapido e indolore» indetto da Ro-chan { 23 } ]
[ Quinta classificata al contest «Flash Fiction Istantanee» indetto da Dark Aeris { 6 } ]
[ Seconda classificata al contest «Il mondo dei Peanuts» indetto da Dark Aeris { 26 } ]
[ Seconda classificata al contest «Due cuori e...» indetto da Frandra e Silyia_Shio { 24 } ]
[ Seconda classificata al contest «Scrivimi una raccolta» indetto da visbs88 { 29/32/33/34 } ]
[ Terza classificata al contest «Say it with Disney!» indetto da Lady Nazzumi e valutato da Dark Aeris { 23 } ]
[ Prima classificata e vincitrice del Premio Christmas Spirit al contest «All I want for Christmas is you» indetto da Frandra { 29 } ]
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Mugiwara, Roronoa Zoro, Sanji | Coppie: Franky/Nico Robin, Rufy/Nami, Sanji/Zoro
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Do one, melt one, love one'
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Woods, spiders and a stupid hilarious cook The One Hundred Prompt Project
[ Edit dell'14/06/2012 ]

Titolo: Woods, spiders and a stupid hilarious cook
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: One-shot
[ 3488 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Roronoa Zoro ; Sanji Black-Leg [ ZoSan ]
Genere: Generale ; Vagamente Sentimentale; Vagamente Ironico
Rating: Giallo
Avvertimenti: 
Shounen ai ; Linguaggio a tratti un po’ colorito ; Slice of Life ; Assurdità sparse ; What if?
Celestial Sunshine 10&Lode: #10. Sud
Prompt: 8° Argomento: Stagioni Autunno


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.

    Andare a prendere la legna per il fuoco era la cosa più normale che si sarebbe potuta fare, in una foresta. Altrettanto normale era imbattersi in qualche animaletto che si attardava prima di rientrare alla propria tana o, se proprio si voleva essere pignoli, in qualche piccola cavalletta che sbucava di tanto in tanto dagli angoli più disparati e friniva prima di scomparire nuovamente nella boscaglia, lasciando dietro di sé solo qualche pianta smossa. Non propriamente normale, invece, era ritrovarsi con un braccio letteralmente confiscato da uno stupido cuoco, che, da quando si erano allontanati entrambi dall’accampamento, non aveva smesso per un solo attimo di controllare i dintorni per timore che qualche “bestia feroce”, altresì detta insetto, potesse saltargli addosso all’improvviso e addirittura divorarlo. Quando ci si metteva, quel damerino idiota era ben più che esagerato, e di ciò Zoro ne era sempre stato assolutamente sicuro.
    Sotto diretto ordine di Nami, che aveva minacciato di quadruplicare i suoi debiti se non si fosse dato una mossa, lo spadaccino era stato costretto ad accompagnare quell’idiota d’un cuoco nella foresta, così da raccattare abbastanza legna per accendere il fuoco. Ovviamente la sua proposta di restare sulla nave era stata bellamente ignorata dalla navigatrice, ed era specialmente a causa della ragazza se adesso si trovava in un punto imprecisato del bosco, lontano chissà quanti chilometri dal punto di ritrovo e come unica compagnia un cuoco che soffriva di attacchi di panico ogni qual volta vedeva un dannatissimo insetto. Peggio di così non poteva andare, no?
    «Zoro», sentì squittire d’un tratto Sanji, e poco ci mancò che gli strappasse il braccio dalla spalla, dato il modo in cui aveva avvinghiato le mani intorno ad esso e l’aveva tirato, conficcandogli le unghie nella carne. «C’è qualcosa che si muove, laggiù!» e con un rapido cenno del capo indicò alla sua destra, facendo sbuffare sonoramente il povero Vice Capitano. Andava ancora tutto alla grande, secondo i suoi canoni, ma quella fobia del cuoco stava cominciando a dargli sui nervi.
    «Siamo in un bosco, ricciolo», sbottò infine, cercando di far presa sul suo stoico auto-controllo nel tentativo di non alterarsi come avrebbe voluto. Avrebbero altrimenti perso ancora più tempo e, nella foga della disputa che sarebbe di sicuro sorta, avrebbe abbandonato tutta la legna raccolta solo per tagliare a fettine quell’idiota. «È normale che ci sia roba che si muove. Sarà qualche animale».
    «E se invece è un altro di quegli orribili mostri ad otto zampe?»
    «Basterà schiacciarlo, accidenti a te. Grande e grosso e hai paura di qualche ragnetto?» rimbrottò, guadagnandoci un calcio allo stinco e contornando poi l’esclamazione di dolore che gli sfuggì con una colorita imprecazione.
    «Mi fanno schifo, marimo di merda, la cosa ti crea qualche problema?!» sibilò di rimando Sanji, stritolandogli l’avambraccio con entrambe le mani. Non aveva fatto altro che far schizzare lo sguardo a destra e a manca, persino in basso ai suoi piedi, come se volesse controllare che sotto le foglie secche che stavano calpestando non vi fosse nascosto qualche insetto o chissà quale altra povera bestiola.
    Ad ogni fruscio, che fosse esso proveniente dall’erba umida o dalla cappa di fogliame sopra di loro, osservava freneticamente i dintorni, drizzando le orecchie come avrebbe fatto una volpe braccata dai cani. E lo spadaccino, purtroppo, non riusciva proprio a comprendere come un uomo come lui potesse avere il terrore degli insetti. L’aveva visto combattere senza timore sin da quando si era unito alla ciurma, sbaragliando un avversario dopo l’altro, però, quando si trattava di ragni, bruchi, millepiedi o quant’altro, diventava peggio di una donnicciola o, in senso ancor più ristretto, proprio come Nami, anche lei facilmente impressionabile se l’argomento erano degli insetti. Bah, non li avrebbe mai capiti.
    «Stammi bene a sentire, cuoco di merda», decise di prendere in mano le redini della situazione e di scrollarselo una volta per tutte di dosso, liberando il proprio braccio dalla sua presa ferrea con suo certo disappunto. Si allontanò poi da lui quel tanto che bastava per riuscire ad osservarlo senza il timore che potesse riacciuffarlo, atteggiando il viso ad un’espressione seria e contrariata. «Siamo in questa foresta solo per prendere della legna, il massimo che potrai trovare sarà qualche stupido insettino che non ci penserà due volte a filarsela non appena ci vedrà. Sono stato chiaro?»
    Per quanto avesse fatto un rapido cenno d’assenso con il capo, Sanji non parve per niente convinto di quelle parole. Difatti si ritrovò a borbottare «E se invece non è come dici?», guadagnandoci dallo spadaccino l’ennesimo sbuffo della giornata.
    «Beh, tanto non può andare peggio di così, no?» rimbeccò, convincendo persino se stesso ad alta voce con il pensiero che aveva espresso pocanzi. Però, prima ancora che potesse far cenno al cuoco di darsi una mossa e di riprendere il cammino - i tronchi che aveva, in fondo, non si sarebbero di certo consegnati da soli e, dato che li portava soltanto lui perché il caro mister perfezione non aveva intenzione di rovinare le sue preziose mani, avrebbe volentieri preferito darsi una mossa -, vide lo sguardo di Sanji ingigantirsi dalla paura e le labbra tremare leggermente, balbettando qualcosa che sul momento non capì mentre continuava ad indicare freneticamente qualcosa dietro di lui.
    Zoro non poté evitarsi di sollevare un sopracciglio, a quel fare. E adesso che diavolo gli prendeva? Seguì con uno sbuffo la linea invisibile del dito del cuoco, immaginando di trovare chissà quale insignificante insettino che sarebbe stato costretto a scacciare per far sì che il suo compagno si desse una calmata. Quando il suo sguardo incontrò dapprima una grossa zampa pelosa, però, e in seguito dei cheliceri mostruosi e una miriade di occhietti famelici che lo fissavano, il Vice Capitano dovette rimangiarsi le parole precedentemente espresse. Ovviamente poteva andare peggio. Maledettamente peggio. Perché, accidenti, un conto era qualche stupido bruco o qualche millepiedi... un altro un ragno grottesco alto tre metri e mezzo che avrebbe potuto intrappolarli nella sua tela e maciullarli in un attimo con quella sua fottuta bocca a serramanico. Portò dunque una mano alle else delle proprie katane per estrarle in fretta e fare a pezzi quell’insetto, ma quello stupido ragno parve comprendere le sue intenzioni, poiché sollevò i grossi pedipalpi come in procinto di afferrarlo e gli sputò contro una palla di ragnatela, bloccando le armi al proprio posto e lasciando interdetto lo spadaccino. Beh, quello non se l’era decisamente aspettato.
    «Ohi, cuoco», esordì Zoro con calma disarmante e glaciale mentre indietreggiava piano, gli occhi ancora fissi su quelli del ragno, che lo sfidava con la sua mole gigantesca. «Corri più veloce che puoi, dannazione!» esclamò poi, dandosela a gambe levate come il suo compagno, che non se l’era fatto ripetere due volte e se l’era filata immediatamente. Che razza di umiliazione. Scappare come due conigli dinanzi ad uno stupido insetto. Appena liberate le sue preziose spade da quella schifezza appiccicosa, l’avrebbe tagliato a fettine se si fosse ripresentato sulla loro strada, parola sua.
    Ovviamente persino il tempo parve essere malevolo con entrambi, in quel determinato frangente. Mentre correvano a perdifiato nella foresta, schivando i rami degli alberi più bassi che si paravano dinanzi ai loro occhi e calpestando con scricchiolii come di ossa le foglie disperse sul terreno ad ogni passo, cominciò a piovere a dirotto, e le gocce li investirono come se si fosse trattato di una vera e propria secchiata d’acqua gelida.
    L’unica cosa positiva di quell’improvviso acquazzone autunnale, almeno, fu che tuoni, lampi e pioggia parvero demoralizzare quel ragno mostruoso, che si ritirò fra la boscaglia con un suono simile ad un ruggito. In tutti quei viaggi non avevano mai visto insetti così, di questo lo spadaccino ne era più che sicuro. Nemmeno a Jaya aveva trovato bestiacce di quel tipo, e sì che erano persino stati all’isola nel cielo, dove le stranezze erano all’ordine del giorno. Forse non avrebbe più dovuto stupirsi di niente, a ben pensarci.
    Dopo quelle che parvero interminabili ore trascorse a scarpinare con foga sotto la pioggia battente, riuscirono finalmente a trovare rifugio in una grotta stretta e bassa, scossi dai brividi e bagnati fino al midollo come pulcini. Il primo ad ingegnarsi in fretta fu Zoro, che, trovando due pietre abbastanza asciutte per sfregarle fra loro, gettò la catasta di legno che si era portato dietro nel bel mezzo della caverna, cercando di far prendere ad essa fuoco sotto lo sguardo alquanto scettico di Sanji. Non gli sembrava che quei tronchi fossero molto utili, umidi com’erano, e difatti il Vice Capitano impiegò più tempo del previsto per riuscire a creare anche solo una misera fiammella, che si spense qualche istante dopo senza remore.
    «Sai, forse preferisco essere mangiato da quel coso schifoso, piuttosto che morire congelato qui dentro, marimo», ironizzò il cuoco, ignorando volutamente l’occhiataccia che gli venne lanciata dallo spadaccino prima che tornasse a riconcentrarsi sul proprio lavoro.
    «Vai a cercarlo, allora, scommetto che diventerete ottimi amici», lo schernì di rimando, sapendo fin troppo bene che le parole di quel damerino fossero solo tutto fumo e niente arrosto. Poteva dire ciò che voleva e cercare di sembrare più coraggioso, ma si vedeva lontano un miglio che sarebbe scappato a gambe levate non appena avrebbe visto anche solo un piccolo insetto insignificante. E difatti lo vide accovacciarsi accanto a quel falò improvvisato e tirar fuori l’accendino, provando ad alimentare a sua volta le fiamme.
    «Se lasciassi fare a te, ti ci vorrebbe un mese solo per capire da dove iniziare», borbottò Sanji, provocando a Zoro la parvenza di uno sbuffo ilare. Fortuna volle che alcuni dei tronchi si fossero mantenuti abbastanza asciutti da far attecchire le fiamme quel tanto che bastava, e, nel giro di una decina di minuti, riuscirono ad avere un fuoco abbastanza rispettabile. Non provocava ancora quel piacevole calore di cui avevano assoluto bisogno, però non era il momento di lamentarsi, quello.
    Sfregandosi le mani l’una contro l’altra nel vano tentativo di scaldarle, Sanji si lasciò sfuggire un piccolo sospiro afflitto, il mento poggiato sulle ginocchia e lo sguardo perso a contemplare i guizzi gialli e arancioni delle fiamme. Quando la sua Nami-san gli aveva chiesto di andare a prendere la legna non aveva protestato, però adesso, rifugiato con Zoro in quella grotta, cominciava a pensare che forse era stata proprio una pessima idea. E fu proprio durante quei pensieri che scoccò una rapida occhiata verso il suo compagno, vedendolo mentre si sfilava quella sudicia maglietta bianca senza tanti complimenti. «E adesso che diavolo fai?» domandò accigliato, e Zoro scrollò appena le spalle, passandosi una mano fra i capelli per liberarli dall’acqua in eccesso.
    «Non so tu, ma io non ho intenzione di starmene con questi vestiti bagnati addosso», rimbrottò come se fosse la cosa più ovvia del mondo, tanto che Sanji, pur riluttante, dovette per forza di cose convenire con lui. Non era una così gran genialata aspettare che gli abiti si asciugassero mentre ancora li indossavano. Si ritrovò dunque a sollevare lo sguardo al soffitto di pietra, sbuffando.
    «Per una volta quella testa piena d’alghe funziona, allora», rimbeccò, guadagnandoci l’ennesima occhiataccia da parte dello spadaccino. Non gli diede peso più di tanto, cominciando a liberare dalle asole i bottoni della camicia prima di sfilarsela del tutto, passando poi alla cintura e alla patta dei pantaloni. Con la coda dell’occhio, vide che Zoro si era già liberato dei vestiti e li aveva stesi su una roccia poco distante, tornandosene seduto accanto al fuoco solo in mutande. Accidenti, quell’idiota nello spogliarsi aveva una velocità davvero impressionante. Strano che non ci avesse mai fatto caso quando si ritrovavano nello stesso letto.
    Scosse immediatamente il capo nel pensarci, afferrando il pacchetto di sigarette che teneva riposto in tasca prima di stendere a sua volta i propri abiti, pregustando il momento in cui avrebbe potuto rilassarsi con una delle sue fedeli compagne. Arricciò le labbra, però, quando ne prese una, forse per l’essersi reso conto delle drastiche sue condizioni. «Accidenti a te, marimo, si sono bagnate anche le sigarette», sbuffò, gettando l’accendino sul terreno smosso insieme alla stecca ormai inutilizzabile. Era talmente umida che non sarebbe riuscito a produrre nemmeno il ricordo di una piccola brace per fumarsi tranquillamente quella paglia.
    «Che diamine vuoi da me, cuoco di merda?» sbottò di rimando lo spadaccino, lanciandogli appena una rapida occhiata mentre con un bastone alimentava il fuoco. In quella caverna faceva un freddo del diavolo e quel maledetto falò non ne voleva sapere di scaldare almeno un po’. «Non è colpa mia se ha cominciato a piovere!»
    «Ogni cosa è colpa tua, quindi sta’ zitto!» berciò Sanji, fulminandolo con lo sguardo prima di farsi più vicino alle fiamme. Gli si era accapponata la pelle a causa dei brividi e gli battevano i denti, in altri momenti impegnati a mordicchiare il filtro della sua fedele paglia. «Eri tu quello che diceva che peggio di così non poteva andare, stupida testa d’alga, ergo, la colpa è solamente tua».
    A quel dire, Zoro spalancò la bocca e le palpebre, spezzando a metà un tronco che gettò fra le fiamme prima di scattare in piedi. «Prova un po’ a ripeterlo, cuoco da strapazzo!» rimbrottò, pronto alla lotta. Sanji fece altrettanto, ma, nel momento in cui si apprestarono a lanciarsi l’uno contro l’altro per darsele di santa ragione come loro solito, starnutirono all’unisono e si ritrovarono a cozzare testa contro testa, con un boato che rimbombò contro le pareti di pietra della caverna. Si accovacciarono sui calcagni con il capo fra le mani, doloranti e con un senso di sconfinata stupidità che cominciava a farsi largo dentro di loro. Erano due completi idioti, su questo non ci pioveva per niente.
    «Tu e la tua testaccia dura», si lagnò Sanji, massaggiandosi freneticamente il punto colpito mentre si sedeva in terra a gambe incrociate. Il terreno era bagnato e appiccicoso e gli incollava le mutande al culo, ma in una situazione del genere bisognava arrangiarsi.
    «Senti chi parla», rimbeccò Zoro, scrollando il capo come un cane, quasi che potesse in qualche modo aiutarlo a calmare il formicolio che avvertiva dietro la nuca. Solo quando vi portò sopra due dita si accorse che si trattava di un piccolo ragnetto che gli faceva il solletico, e, afferrandolo prima ancora che il cuoco potesse vederlo, lo gettò senza tanti complimenti verso l’uscita, con la speranza che quell’insetto non fosse tanto idiota da tornare indietro. Altrimenti l’avrebbe buttato nel fuoco, parola sua.
    «Che diavolo ti prende?» chiese Sanji nel notare quel gesto, ma Zoro si limitò semplicemente ad agitare distratto una mano prima di afferrare un altro po’ di legna e prender posto accanto a lui. Poté così vederlo farsi più vicino, con i muscoli del petto e delle braccia in tensione e la cicatrice ben visibile al chiarore delle fiamme, sentendosi d’un tratto insicuro nel ritrovarsi al fianco di quello scemo del suo compagno. «Non ci pensare nemmeno», esordì dunque di punto in bianco, ricevendo da Zoro uno sguardo accigliato.
    «Pensare a cosa?» rimbeccò, e poco ci mancò che il cuoco lo sbranasse con gli occhi.
    «Lo so bene a cosa stai pensando, marimo», sbottò di rimando, facendo scorrere lo sguardo sulla sua figura. E sperava vivamente che fosse stato il freddo ad avergli inturgidito i capezzoli, anziché il suo corpo nudo. «E puoi anche scordartelo. In questa fottuta situazione del cazzo non ho intenzione di fare proprio nulla, con te».
    Zoro sbatté più volte le palpebre prima di scoppiare a ridere sguaiatamente. «Rilassati, pervertito di un cuoco. Il tuo culo è al sicuro, per il momento», rispose semplicemente, ma ciò riuscì solo a rendere Sanji ancor più sospettoso e scettico.
    «Okay, spadaccino di merda, dov’è la fregatura?»
    «Nessuna fregatura. Ti pare così strano che per una volta non voglia fare sesso?»
    «Ad essere onesto, aye».
    Il tono ironico con cui il cuoco pronunciò quelle parole parve irritare lo spadaccino, che, senza nemmeno pensarci su due volte, gli si gettò addosso e lo costrinse a premere la schiena nuda contro il terreno umido, ignorando l’esclamazione sorpresa a cui il compagno diede vita. «Così va meglio, damerino?» lo schernì, e fu più che pronto a portare le mani verso il basso, così da potergli sfilare anche l’ultimo indumento rimastogli. Rimase con entrambi i palmi stabilmente poggiati sui suoi fianchi, però, nel sentire il ginocchio del cuoco fra le sue gambe, in una posizione che di piacevole aveva ben poco, dato che sembrava avere tutta l’intenzione di fracassargli i gioielli di famiglia senza tanti complimenti. In altri momenti, magari, gli sarebbe anche piaciuto, ma si vedeva lontano un miglio che il suo non era per niente un approccio amichevole.
    «Come volevasi dimostrare», costatò Sanji qualche istante dopo, facendo pressione contro i suoi testicoli senza badare al sibilo d’attesa che scappò dalle labbra dello spadaccino. «Pensi soltanto a scopare, tu».
    «Sei stato tu ad avermi provocato, brutto idiota», berciò Zoro in risposta, sollevandosi da lui per forza di cose. Quel cretino sarebbe stato capacissimo di rifilargli una ginocchiata nei coglioni senza provare il benché minimo rimorso. Lo conosceva fin troppo bene, ormai.
    «Sta’ zitto e vedi di vestirti, piuttosto», borbottò il cuoco, rialzandosi con una certa fatica per andare a recuperare i propri abiti. Afferrò i calzoni e si affrettò ad infilarseli - come se essi da soli potessero proteggerlo dalle voglie sessuali di quello stupido spadaccino, poi - per passare in seguito alla camicia, ma fu proprio nel prenderla che si bloccò, osservando la roccia sulla quale qualche attimo prima aveva riposto i suoi vestiti. Oh, merda.
    «Marimo». La voce pacata che scaturì dalle sue labbra nel chiamare il compagno lasciò perplesso persino lui, anche se sul suo viso aveva cominciato a farsi largo un’espressione alquanto disgustata. Prima ancora che lo spadaccino potesse capirci qualcosa, difatti, Sanji attraversò di corsa la caverna e si nascose dietro di lui, tornando a stringergli ancora una volta gli avambracci.
    Il Vice Capitano sospirò, sollevando lo sguardo al soffitto cavernoso. «E adesso che cosa accidenti succede, cuoco?» borbottò, tentando di infilarsi l’haramaki per quanto concessogli dalla presa ferrea di quel damerino idiota.
    «Ricordi quella bestiaccia gigante ad otto zampe, vero?» cominciò, e Zoro sbuffò di nuovo.
    «Certo che la ricordo. E allora?»
    «Beh, ho appena conosciuto i suoi figli».
    «Cosa cazzo stai...?» Lo spadaccino non riuscì nemmeno a terminare la frase che una miriade di ragni grossi quanto dei cani sbucò fuori dalla zona in ombra della caverna, puntando nella loro direzione con una rapidità sorprendente. Beh, se prima aveva creduto che le cose si fossero già messe male, adesso stavano ridicolmente peggiorando. Era assurdo, maledizione!
    Imprecando, Zoro allontanò il cuoco da sé per poter avere maggior spazio di manovra, estraendo una delle sue katane per far fuori quanti più ragni possibili. La mammina, adesso, almeno avrebbe avuto una ragione più che valida per arrabbiarsi.  
    «Che diavolo fai, marimo? Datti una mossa e andiamocene!» esclamò Sanji, direttosi già verso l’entrata della grotta. Ricordava maledettamente quello scemo di Usopp, quando si trattava di insetti e affini. Sempre pronto a svignarsela seduta stante.
    Affondando la lama nell’addome di uno dei ragni e ignorando al contempo il liquido scuro che spruzzò fuori di esso, macchiandogli collo e viso, lo spadaccino si volse appena verso il compagno, fulminandolo con un’occhiataccia. «Non ci penso nemmeno a scappare anche da questi microbi, cuoco di merda!»
    «Muoviti!» urlò di rimando il cuoco in questione con un tono che sembrava quasi sfociare nell’isterico, allontanandosi senza neanche aspettarlo. Merda. Accidenti a lui e alla sua stupida fobia per gli insetti. Il Vice Capitano rinfoderò la katana in fretta e fu costretto a seguirlo, riuscendo a seminare i ragni e a raggiungere il cuoco prima di perdere del tutto anche le sue tracce nella boscaglia, per quanto fosse quasi sicuro che si stessero dirigendo a sud. Però, beh, anche se non lo avrebbe mai ammesso, sapeva che il suo senso dell’orientamento era davvero pessimo.
    Sanji si fermò solo quando si sentì al sicuro, poggiando testa e schiena contro il tronco di un albero ricoperto di muschio prima di cominciare a respirare a pieni polmoni. Basta. Non ne poteva più di quella foresta e dei suoi fottutissimi e schifosissimi insetti. «Guai a te se ne fai parola con qualcuno, marimo», disse poi in tono neutro, seguendo appena con lo sguardo la figura del Vice Capitano, sedutosi sull’erba umida per ripulirsi con il dorso della mano dalla schifezza che aveva in viso.
    «Tanto lo sanno tutti che hai paura degli insetti, dov’è il problema?» gli fece notare, ma Sanji assottigliò gli occhi.
    «Non sto scherzando, Zoro», sibilò, e lo spadaccino capì immediatamente che, se avesse anche solo osato ricordare quella disastrosa giornata in presenza di terzi, quell’idiota avrebbe di sicuro trovato il modo per fargliela pagare cara. I momenti in cui lo chiamava per nome erano rari, e, dato che l’aveva fatto proprio in quel determinato frangente, significava che era incazzato. E di brutto, anche.
    A Zoro sembrò dunque giusto annuire, alzando il capo per ricambiare il suo sguardo. «Sta’ tranquillo, cuoco, non lo dirò a nessuno», cominciò, e per far capire al compagno quanto fossero sincere le sue intenzioni, aggiunse, «Promesso», certo che quell’unica parola valesse più di tante altre cento che avrebbe mai potuto pronunciare
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Io adoro ambientare le mie storie in ambienti come i boschi innevati o le foreste piene di insetti, già. Sarà che adoro descrivere piccole scenette di coppia come questa e contornare il tutto con il paesaggio che racchiude alberi e quant'altro, chi lo sa x)
Comunque sia, questa storia è stata scritta per il contest
 Say it with Disney indetto dal Lady Nazzumi
Inoltre, come si può benissimo vedere, per me l
’argomento della repulsione di Sanji per gli insetti è una delle cose migliori che esistono in One Piece, dato che sono proprio il tipo di fanwriter che si diverte un casino a martoriare i personaggi che adora x)
Purtroppo ormai con questa storia degli insetti il cuoco è segnato, quando capita fra le mie mani u_u *Inserire risata sinistra a scelta*
Okay, sclero a parte, spero che questa piccola storiella vi abbia divertiti e vi abbia strappato un piccolo sorriso :)
Gli aggiornamenti di tutte le mie storie saranno inoltre irregolari a causa dell'avvicinarsi del Comicon, dunque a chiunque dovesse farci un giro, beh, spero ci si veda lì ;)

Come sempre, ovviamente, commenti e critiche sono ben accetti :3
Alla prossima. ♥




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