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Autore: Shelby_    19/04/2012    0 recensioni
Piccola os nata ascoltando ripetutamente "Last Resort". L'ho messa a rating giallo giusto per le tematiche trattate e il linguaggio. (:
Dalla storia:
Quando uno cammina, vuol dire che vive, vuol dire che va avanti, che ha forza per farlo, quando uno come me non lo fa più, vuol dire che è morto. Ed io quasi lo sono.
Sono fermo, qua, sotto la pioggia a pensare.
Tu non pensi, ti rubi la vita da solo.
Sorrido, sorrido perché la mia vita fa schifo, perché ho una voce nella testa che crede di poter comandare.
Spero di poterci pensare senza che lui se ne accorga ma…
"Gerard, hai bevuto, non lo fare”.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Gerard Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Live each day as if it were your last.
 
Cut my life into pieces, this is my last resort.
Soffocation, no breathing,
don't give a fuck if I cut my arms bleeding.
Would it be wrong, would it be right 
if I took my life tonight, chances are that I might 
Mutilation out of sight and I'm contemplating suicide.
 
Last Resort - Papa Roach

 

 
Lo amo, è quello che la mia vita, anima, il mio corpo, il cuore, volevano. Mi aveva distrutto la vita, mi aveva detto che dovevo credere in un dannato per sempre, mi aveva detto anche che era vero quello che diceva, quello che provava, ma se così era, perché ora sono così solo? Tutti ci lasciano alla fine, no? Lo so bene, anche mia nonna, la donna che mi ha amato più di qualsiasi altra donna potesse mai fare, anche lei è andata via, ma io non avevo paura di andare avanti dato che avevo tutto ciò che lei mi aveva lasciato, ma ora ho paura.
La mia vita mi ha appena mandato a fanculo, l’ho vista camminare accanto a me, sorridermi per poi farmi capire che avevo appena perso tutto. Anche lui, lui che era la mia vita.
Ora non lo amo più.
Questo non è amore, questa è ossessione. Quel suo sorriso, un sorriso dolce anche quando sofferente, che esprime tutta la dolcezza che questo mondo possa sopportare. Non mi faceva sorridere sempre, ma faceva bene alle ferite. Lui era quello forte, quello che sapeva come risollevarmi da terra, in tutti i sensi; il suo sorriso mi faceva capire che era felice, che comunque stava bene, e se vedevo quella fottuta falsità in quel bellissimo movimento delle labbra, lo abbracciavo. Ora invece non posso e lui sta meglio. Io invece sto.
Ha sempre provato a capirmi ma forse sono inutile, forse sono uno scarto, feccia, ed ha deciso che non c’era niente da capire, che io non sono niente. Gli ho fatto sprecare anni della sua vita, sin dalla prima volta che ci siamo visti, lui s’è preso una cotta per Gerard, non per me. Io non sono Gerard, io sono un fottuto mostro con il suo orribile volto. Quel suo sorriso era Gerard a farlo apparire, io invece lo distruggo, lo guardo, sorrido e lui non lo fa. È vero, non sono felice quando lo faccio ma a lui che importa? Riesco a farlo quando lui è con me, riesco a vivere, riesco ad essere quel Gerard che ama tanto, ma ora non ci riesco più, ho perso tutto. «Ti rendi conto che parli da solo?» la gente mi guarda male, non capisce. Io non sto parlando da solo, sto pensando da solo, e questo mi uccide. Se cominciassi a parlare, allora sarei pazzo. Però sì, una frase l’ho detta, ma era un pensiero inutile sfuggito alla mia mente, era un qualcosa che non volevo dire ma forse Gerard sì. Come potevo litigare con quella persona che non ero mai stato? Come potevo anche solo pensare? Perché pensavo? Perché esistevo?
Tutte queste domande, avevano una risposta uguale: per rovinare qualcosa. Prima di rovinare gli altri, ho rovinato per bene me stesso, così tanto da non capirci più un cazzo.
“Non dire cazzate”. Pensare ad alta voce era meno da pazzi, no? E poi, io non dico cazzate, dico ciò che la vita mi ha insegnato. “Oh, perché tu sei capace di imparare qualcosa dalla vita, davvero?”
In effetti, non avevo capito niente.
Oltre al sorriso, comunque, c’è altro. Quello è un dannato cliché. “Che cazzo c’entra ora?”
Niente, è vero, ma questo cosa vuol dire? Frank è sempre nella mia mente, c’è sempre, c’è sempre quel Frank felice, quello che non avevo distrutto. Lui stesso me l’ha detto, quindi è vero, quindi io faccio male alla gente ma lui non lo fa. Con solo un suo passo mi fa felice.
Quando uno cammina, vuol dire che vive, vuol dire che va avanti, che ha forza per farlo, quando uno come me non lo fa più, vuol dire che è morto. Ed io quasi lo sono.
Sono fermo, qua, sotto la pioggia a pensare. "Tu non pensi, ti rubi la vita da solo".
Sorrido, sorrido perché la mia vita fa schifo, perché ho una voce nella testa che crede di poter comandare.
Spero di poterci pensare senza che lui se ne accorga ma…”Gerard, hai bevuto, non lo fare”.
Ah, ora la voce nella mia testa parla con se stessa. Quella è la voce di Gerard, non la mia, no? La cosa si fa divertente, davvero. Poi sono io il pazzo, certo, giusto perché tutti mi hanno lasciato e sono un po’ triste, non vuol dire che io sia pazzo. Tutti siamo tristi su questo mondo, tutti siamo pazzi allora, detta così ha quasi senso, ha più senso di me.
Tutte quelle ragazzine, o ragazzini che dicono che gli salviamo la vita non si rendono conto che noi non siamo eterni, e poi, ci conoscono? Neanche un po’. Se una qualsiasi persona mi conoscesse, mi lascerebbe. Addirittura mio fratello l’ha fatto. Mi ha detto che forse era meglio che lasciassi perdere Frank dato che è arrabbiato, ha smesso di darmi fiducia, ha smesso di farmi capire che la vita può essere bella, mi ha lasciato solo.
Io non l’avrei fatto. “Invece l’hai fatto più volte”.
Non dovresti essere quella voce che mi consola? Sei inutile, sai? Se non te l’hanno mai detto, te lo dico io ora.
Due voci inutili in una stessa testa, forse andrebbe tagliata, almeno il problema si risolverebbe, ma poi morirei. Sarei felice quanto gli altri non appena ricevuta la notizia, quindi. “Mi dispiace”. A me no.
  “Chiama Brian”. Aspetta, Gerard, chi è? Ho sentito quel nome ma la mia mente ha troppe immagini di Frank fisse in testa per pensarci. Mi appoggio al balcone, sapendo che così non sarei caduto. Le mie gambe erano stanche di stare in piedi senza fare niente, senza supporto esattamente come il mio umore. Le mie mani si sono dirette verso il cellulare e scorro la rubrica, oh, ecco Brian. Vediamo com’è il suo numero. Bello, strano, pieno di cinque, oppure sono dei tre? Chissene importa. Lo premo, e si avvia una chiamata.
“Adesso spiegagli cosa è successo, con calma”. Perché dovrei farlo? Non ricordo neanche chi è. È già tanto se ricordo chi sono Frank e Mikey e forse Ray, al momento. La mia mente è troppo piena, sta per esplodere esattamente come me. «Pronto?» il cellulare è squillato tre volte prima di esser preso in mano. «Hey, pronto? Chi è?» ripete quella voce familiare.
  «Non ne ho idea, ma mi piace il nome Miles» sono sincero, almeno una volta. Cosa mi costa esserlo? Voglio fare la brava persona almeno un’ultima volta.
  «Gerard?» dopo quella domanda si sentono dei brusii, e poi la sua voce. Quella mi uccide dentro. Senza chiedere, delle gocce scendono sulle guance, era pioggia? Non lo so dire.
Chiede se può parlarmi ma Brian gli dice che non sta capendo niente, e che si stava preoccupando.
  Rido. «Come puoi preoccuparti per una persona come me? Neanche mi ricordo chi sei, se non fosse stato per Gerard non avrei mai pensato a te» fa delle domande, non so quali, non ne ho idea. «Per piacere, puoi dire a Frank che lo amo? Forse sarebbe mentire, forse no. Finché ci sei, avverti Mikey e Ray che non è colpa loro». Il cellulare cade. Forse è saltato da solo, voleva fare delle acrobazie.
L’ultima cosa che vedo è sangue che mischiato al colore della pioggia e la scurezza del materiale su cui si posa sembra lo stesso inchiostro con cui Frank si è fatto tatuare quel tatuaggio.
Credo dicesse “Live each day as if it were your last”.
Lo stavamo vivendo esattamente come se fosse l’ultimo. «Gerard, oddio!».
 

 

   
 
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