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Autore: ryukichan    20/04/2012    0 recensioni
avevo già postato i primi due capitoli di questa storia un po di tempo fa solo che poi non ho più avuto tempo di continuare... ora l' ho revisionato e sono andata avanti quindi lo riposto da capo... la storia parla della nascita di un mondo, in una visione un pò artistica... poi be... non mi piace dire troppo quindi sta a voi leggerla..
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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THE GOD’S BRUSH
 
PROLOGO
 
C’era una volta, quando ancora il mondo non era stato creato e il nulla regnava sovrano, in un eterno bianco spento, un Dio solo; che solo era nato e che solo viveva, chiedendosi il perché di quella vuota esistenza.
Un giorno nella disperazione si staccò una costola e legandovi alcuni  capelli creò il primo pennello.
Intinse il pennello nei riflessi che il bianco gettava, poiché era nel suo nulla che tutti i colori rimbalzavano e si mescolavano tra loro.
Ne riuscì a catturare tre e ne fece altrettante pozze profonde dal quale potesse intingere a suo piacimento.
Una pozza era accesa, luminosa e accogliente: la chiamò giallo, un suono bello e accogliente come la sua luce.
La seconda pozza era profonda, fredda e sinistra: a questa diede il nome di blu; un suono altrettanto pieno e fondo.
La terza pozza era forte, energica ed emanava calore: gli diede il nome di rosso, un suono forte enfatizzato dalle due “s”
Aveva così creato i primi tre colori che presero quindi il nome di “colori primari”.
Dapprima intinse nel blu e dipinse la volta celeste. Ma quel cielo blu era troppo scuro e il Dio finiva per non vederci bene. Allora intinse nel giallo e punzecchiando il cielo creò tante piccole luci: le stelle.
Così il buio fu rischiarato ed egli poté vederci meglio.
Dopo prese il rosso e colorò sotto i suoi piedi così che potèsse finalmente appoggiarli al suolo. Da subito però questi cominciarono a scottare, ed egli cadendo rovesciò il giallo nel blu che prese una nuova sfumatura spenta e primitiva. Il verde.
Il dio scoprì così che mischiando i colori tra loro poteva ottenerne di nuovi.
Cominciò a sperimentare e trovò il colore adatto alla terra; un colore ne troppo caldo ne troppo freddo, che accoglieva perfettamente la pianta dei piedi: il marrone.
Scoprì i sensuale viola, il caloroso arancione e il leggero turchese… e così via, tutti i colori del mondo cominciarono a nascere.
Però nonostante le stelle illuminassero nel loro piccolo la volta celeste, era ancora troppo buio.
Il Dio prese allora un giallo tenue e dipinse un grande cerchio tra le stelle a cui diede il nome di luna. Ma ancora non era sufficiente, quindi prese il giallo più intenso che avesse e dipinse un altro cerchio più grande dalla parte opposta alla luna. Creò così anche il sole. Questo era talmente luminoso che rischiarò tutto il cielo facendo sparire luna e stelle. Ora finalmente il Dio riuscì a vedere bene ciò che stava creando e lo trovò molto bello, ma anche molto vuoto; perché nonostante tutto lui era ancora solo.
Prese dunque il suo pennello e dipinse un essere simile a lui, ma più carino e di buona compagnia e decise di prendersene cura.
Era una bambina bellissima dalla pelle morbida e rosea. I cappelli lunghi fino alla cinta erano bui come il cielo quando ancora era privo di stelle e i suoi occhi riflettevano le luci dell’arcobaleno. Le donò una veste leggera di velluto turchese e la chiamò Eva.
Dopo tutto ciò che aveva compiuto, il Dio cominciò a sentirsi stanco e volle riposarsi, ma la luce del sole era troppo forte e non gli permetteva di dormire.
Prese nuovamente il blu della notte e ripassò sopra il sole. Ecco allora che si fece nuovamente tutto buio e luna e stelle riapparvero. Capì così, che ogni volta avrebbe dovuto spegnere e riaccendere il sole.
Avvenne dunque un giorno che il Dio venne a mancare  lasciando il mondo ancora incompleto ed Eva da sola.
La ragazzina ottenne in eredità il pennello magico del padre e cominciò ad esplorare il creato riempiendo qua e la gli spazi bianchi.
Usando la propria immaginazione creava intorno a se creature di ogni genere: scoiattoli, cani, leoni e orsi, saltavano e correvano ovunque salutando gentilmente la bambina quando la vedevano passare.
Il preferito di Eva era una lucertola cornuta del deserto dalla quale non si separava mai.
La lucertola, che era di dimensioni spropositate rispetto alle altre della sua specie, permetteva alla ragazzina di spostarsi sulla sua groppa.
Le aveva dato il nome di “Drago” e lui portava quel nome con fierezza, poiché nessuno tra gli altri animali aveva un nome proprio.
Provò anche a creare altri esseri simili a lei e nacque una famigliola felice. Diede loro una casa e li nutrì con sconfinati frutteti.
Alla fine però preferì non rimanere con loro. Non sentiva di appartenere a quella famiglia che lei stessa aveva creato.
Tutto in quella valle di bontà e perfezione continuava in maniera così monotona.
Ogni giorno e ogni notte la bambina saliva con Drago sulla montagna più alta per ridipingere il cielo.
Eva si annoiava a morte e ormai non sapeva più che inventarsi.
Un giorno mentre annoiandosi osservava un fringuello bere in una pozza d’acqua decise di fargli uno scherzo e cambiò il colore azzurro dell’ acqua in un forte verde acceso. La bambina pensava che l uccello si sarebbe colorato tutto il becco di verde e accortosi di ciò si sarebbe messo a ridere con lei.
Il fringuello ignaro continuò a bere, finché d un tratto stramazzò al suolo.
Eva non capiva cosa fosse successo e si avvicinò al corpicino del piccolo fringuello che non si muoveva più.
Non poteva saperlo ma aveva cambiato l’acqua in veleno.
Ogni cosa è perfetta se del suo giusto colore, solo così tutto è in armonia con la propria funzione; e il verde non era sicuramente un colore da bere.
Dopo aver creato la vita insieme al padre, ora la piccola Eva aveva creato la morte, ed aveva anche compiuto il primo male.
Non capiva il senso di quella scena, ma grosse gocce d’acqua cominciarono a scenderle dagli occhi; giù, giù lungo le guance, fino a sfracellarsi al suolo. Eccola. L’acqua che l uccellino doveva bere.  L’ acqua del colore giusto.
Da ogni dove cominciarono ad apparire ad uno ad uno ogni sorta di animale, che fissavano la scena interrogativi.
Animali dal bosco, dalla terra e dal cielo. Persino la famigliola umana spuntò ai margini del bosco, ma subito abbassarono lo sguardo, si voltarono e, portandosi dietro una scia di dolore, si riaddentrarono nella fitta vegetazione.
All’ unisono tutti gli animali cominciarono a sputar sentenze contro la piccola.
Sempre più arrabbiati si agitavano, spingevano e avanzavano verso di lei, rimproverandola severamente.
<< state tutti zitti!>> urlò la fanciulla con quanto fiato aveva in gola.
Subito le voci cessarono; le parole sparirono.
Al loro posto: ringhi, nitriti, ruggiti, barriti, stridii ed ogni sorta di verso si levò in un caos senza fine.
Le bestie come impazzite, come attraversate da un mostro famelico si avvicinavano sempre più minacciose verso Eva. Tutti tranne il suo Drago che le si avvolse attorno per proteggerla.
Lupi, linci e orsi addentarono la dura pelle coriacea della lucertola con una furia famelica, mentre il male si espandeva tra loro come un epidemia ed oscurava le loro menti.
<< Dobbiamo andarcene di qui! >> urlò la ragazza a Drago cercando di sovrastare i versi degli animali << Ci circondano! L’ unica via d’uscita è il cielo!ma come…>> folgorata da una nuova idea salì in groppa a Drago. Prese il grosso pennello legato ben stretto dietro la schiena e gli dipinse due immense ali.
<< forza piccolo mio. Non sei più una bestia della terra, ora sei una creatura del cielo>>
Drago si alzò imponente sulle zampe posteriori ruggendo imponente.
Sbattendo le nuovi ali con forza, si alzò dal suolo mentre Eva si reggeva stretta alla cresta dell’amico e, mentre il cielo si avvicinava sempre più, laggiù gli animali continuavano ad agitarsi come tante piccole formichine su una fetta di torta.
Espandendo lo sguardo un po’ al di là di quella scena, un intero mondo apparve ai loro occhi.
Drago ed Eva ammirarono meravigliati il paesaggio al di sotto. Al di la dei boschi, dei fiumi e del deserto colmi di colori, ancora si estendeva il bianco del nulla fino a perdersi nell’ orizzonte.
Tutto aveva così poco senso ora che lo vedeva da lassù. Era tutto così poco, così insensato che le salirono le lacrime agli occhi.
La lucertola emise un grugnito meravigliato.
<< Oh no… tu no Drago. Tu puoi parlare >> ridacchiò lei.
<< Grazie amica mia>>.
<< Ora però sono veramente stanca. Voglio dormire un po’.>>
<< Rabbuia il cielo così i tuoi occhi stanchi potranno riposare>>
<< No, non ce ne sarà bisogno… Voglio isolarmi un po’. Ho bisogno di pensare e riposare in pace, lontana dal mondo. Andiamo sulla montagna più alta. Portami là.>>
<< come desideri padroncina>> accettò infine Drago solenne.
I due volarono leggeri come una nuvola che si sposta. Volarono attraverso le correnti, trasportati dal vento, fino a giungere alla montagna più alta di tutte.
Là sopra Eva fece una grossa macchia nera nel suolo e dipinse delle scale per scendere. Il buco non ero però abbastanza grande per Drago che rimase fuori di guardia.
La fanciulla scese giù nelle profondità della caverna e, ranicchiatasi in un comodo giaciglio da lei dipinto, sprofondò in un sonno profondo.
  
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