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Autore: TheOnlyWay    20/04/2012    114 recensioni
Era a Tottenham Court Road, quando lei era salita nel suo stesso scompartimento, avvolta in un lungo cardigan bianco, che scendeva fino a sfiorarle la metà coscia. L’aveva guardata appena, perché tutto, in lei, gridava “normalità”. E, al momento, gli era sembrata così banale – con quei banali capelli castani e con quei comunissimi occhi marroni – che non l’aveva reputata nemmeno degna della sua attenzione. Poi, però, Lacey si era alzata per cedere il posto ad una signora anziana, che si guardava intorno nella speranza che uno degli altri passeggeri avesse pietà di lei e dei suoi reumatismi.
«Prenda pure il mio posto, signora. Io scendo alla prossima, tanto.» aveva detto, con quella voce delicata e un po’ da bambina. Aveva sorriso ed Harry, che osservava la scena quasi con indifferenza, non aveva più potuto trovarla normale, banale o anonima.
I giorni passavano, la vita andava avanti e la sua fama cresceva. Aveva tutto quello che voleva e non importava che si trattasse di soldi, di vestiti, di ragazze o di chissà che altro. Eppure non aveva ancora visto nessuno con un sorriso come quello della banale ragazza della metro.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“When you try your best but you don’t succeed

When you get what you want but not what you need
When you feel so tired but you can’t sleep
Stuck in reverse.
And the tears come streaming down your face
When you lose something you can’t replace
When you love someone but it goes to waste
Could it be worse?
Fix you, Coldplay 
 
 
 
 
 
La prima volta che aveva incontrato Lacey era rientrato a Londra solo da qualche giorno. Lui e i ragazzi avevano appena terminato il tour, e per qualche mese sarebbero stati tranquilli. Solo qualche intervista, qualche servizio, ma sempre lì, in città. Gliel’avevano promesso.
Perciò, quella mattina si era mascherato il meglio che poteva, con cappello, sciarpa e occhiali da sole e si era diretto verso la metropolitana. Era a Tottenham Court Road, quando lei era salita nel suo stesso scompartimento, avvolta in un lungo cardigan bianco, che scendeva fino a sfiorarle la metà coscia. L’aveva guardata appena, perché tutto, in lei, gridava “normalità”. E, al momento, gli era sembrata così banale – con quei banali capelli castani e con quei comunissimi occhi marroni – che non l’aveva reputata nemmeno degna della sua attenzione. Poi, però, Lacey si era alzata per cedere il posto ad una signora anziana, che si guardava intorno nella speranza che uno degli altri passeggeri avesse pietà di lei e dei suoi reumatismi.
«Prenda pure il mio posto, signora. Io scendo alla prossima, tanto.» aveva detto, con quella voce delicata e un po’ da bambina. Aveva sorriso ed Harry, che osservava la scena quasi con indifferenza, non aveva più potuto trovarla normale, banale o anonima.
Quel sorriso, fugace e improvviso, l’aveva tormentato per giorni. Se l’era addirittura sognato, qualche volta.
I giorni passavano, la vita andava avanti e la sua fama cresceva. Aveva tutto quello che voleva e non importava che si trattasse di soldi, di vestiti, di ragazze o di chissà che altro. Eppure non aveva ancora visto nessuno con un sorriso come quello della banale ragazza della metro.
 
La seconda volta che aveva incontrato Lacey, Harry aveva ringraziato il cielo per avergli permesso di vedere di nuovo quel sorriso.
Aveva preso la metro di nuovo, alla stessa identica ora della volta precedente. Non sapeva nemmeno per quale motivo l’avesse fatto, fatto sta che quel giorno si era svegliato con una strana sensazione, come se dovesse fare qualcosa di importante, anche se non aveva idea di cosa fosse. Perciò si era camuffato e aveva iniziato a vagare senza meta, fino a che quel sorriso non gli era tornato alla mente, insieme al desiderio di rivederlo. Era stato allora, che aveva deciso di prendere la prima metro per Tottenham e aveva incrociato le dita.
E lei era salita, questa volta con indosso un vestito verde menta lungo quasi fino alle ginocchia. Parlava concitatamente al telefono e sorrideva.
«Finiscila di dire cavolate, Milly. Tanto non mi convinci ad accompagnarti.» senza rivolgergli nemmeno un’occhiata, gli si era seduta accanto e aveva accavallato le gambe in un modo grazioso e del tutto privo di malizia.
«E va bene, va bene. Ti accompagno, ma che sia l’ultima volta.» aveva borbottato, tuttavia ancora sorridente. Harry l’aveva guardata con la coda dell’occhio, quasi sperando che lei si voltasse verso di lui e ricambiasse la sua occhiata curiosa. Invece Lacey si era limitata a infilare il telefono nella borsa panna, e a guardarsi distrattamente intorno.
Si era alzata in piedi quando la metro aveva cominciato a rallentare. Poi le porte si erano aperte e lei era scivolata fuori dallo scompartimento piuttosto velocemente, confondendosi con la folla. Harry aveva gettato uno sguardo al posto che poco prima lei aveva occupato e si era accorto che c’era un braccialetto in argento, con un piccolo ciondolo a forma di cuore.
Era sceso al volo, un istante prima che le porte si chiudessero e che la metro ripartisse. Si era guardato intorno, individuando quasi subito il verde brillante del vestito della ragazza.
L’aveva raggiunta velocemente e l’aveva fermata mettendole una mano sulla spalla. Lei aveva sussultato, colta di sorpresa.
«Mi dispiace, non volevo spaventarti.» si era scusato Harry, rivolgendole un sorriso tranquillo. Sperava davvero che non fosse una sua fan o che almeno, se lo fosse stata, non avesse intenzione di mettersi ad urlare.
«Figurati. Ti serve qualcosa?» aveva domandato, gentile.
Sorridi, aveva pensato Harry. Sorridi.
«Credo che questo sia tuo…» le aveva detto, allungando la mano e facendo dondolare il braccialetto. Gli occhi di Lacey si erano illuminati, increduli e lei aveva annuito prima di afferrarlo e posarlo sul polso fine.
«Ti dispiacerebbe…» aveva mormorato, mentre le guance le si coloravano di rosso.
Harry aveva sorriso, poi aveva afferrato i due ganci del braccialetto e l’aveva allacciato.
«Ecco fatto.»
«Sei stato molto gentile. Non so proprio come ringraziarti, davvero. È l’ultimo regalo di mia nonna e mi stavo già disperando. Magari non dovevi neanche scendere qui e invece per colpa mia…» aveva farfugliato Lacey, in difficoltà. «Lascia almeno che ti paghi il biglietto per la prossima metro…»
Harry aveva riso e aveva interrotto il suo sproloquio con un cenno della mano.
«E se invece fossi io ad offrirti un caffè?» aveva proposto. Lacey era arrossita vistosamente.
Per un lungo attimo Harry aveva creduto che gli avrebbe detto di no e che l’avrebbe piantato in asso come un povero deficiente. Invece lei aveva sorriso e aveva annuito timidamente.
«Come ti chiami?» le aveva chiesto. Oppure avrebbe continuato a chiamarla “ragazza con il bel sorriso”.
«Lacey. Lacey Potter.»
«Piacere di conoscerti, Lacey. Io sono Harry.»
 
La prima volta che Harry aveva baciato Lacey, lei era corsa via senza nemmeno dirgli una parola. Stavano camminando lungo Hyde Park, parlando del più e del meno.
Era strano come Lacey e il suo sorriso fossero entrati nella vita di Harry.
All’improvviso, si era accorto di aver bisogno di qualcosa. Qualcosa che i soldi che aveva iniziato a guadagnare non potevano certo comprargli. Aveva bisogno di qualcuno che lo apprezzasse per quello che era e non per quello che mostrava di essere.
E Lacey l’aveva fatto. Quando le aveva parlato dei One Direction, si era quasi aspettato che lei gli dicesse di averlo sempre saputo, che la sua tranquillità era solo una maschera che si era imposta per arrivare a lui. Invece Lacey se n’era uscita con un «e allora?» che l’aveva lasciato completamente spiazzato.
«E allora?» aveva ripetuto, sentendosi un po’ idiota.
«Si, e allora? Cosa ti aspetti da me, Harry?» gli aveva chiesto lei, portandosi un ciuffo di capelli castani dietro le orecchie.
«Non capisco. Che vuoi dire?» e davvero non riusciva a capire. Tutte volevano qualcosa da lui, sempre. Chi un autografo, chi una foto, chi un bacio, chi una notte di fuoco, chi il numero di uno dei ragazzi.
«Cosa ti aspetti che faccia, ora che mi hai detto questa cosa? Non vorrai mica uno striscione, un pianto isterico, un applauso, o…»
Lacey non aveva fatto in tempo a finire la frase, che lui le aveva afferrato il viso con entrambe le mani e l’aveva baciata. Lei era rimasta immobile, completamente impietrita.
Quando l’aveva lasciata andare, aveva gli occhi un po’ lucidi e sembrava parecchio confusa. Harry avrebbe voluto parlare, ma lei gli aveva voltato le spalle ed era corsa via, senza rivolgergli neanche un saluto.
C’era rimasto di sasso e quella stessa notte non era riuscito a chiudere occhio nemmeno per un minuto. Era stanco, sapeva di esserlo, eppure non riusciva ad addormentarsi. Si era rigirato nel letto per ore, preda di pensieri scomodi che gli ronzavano in testa come uno sciame di api. Il più ricorrente, era il risentimento verso sé stesso e verso quell’impulsività che il più delle volte non riusciva a contenere. Non poteva credere di essersi giocato ogni possibilità con Lacey. Eppure le sue labbra erano così morbide e lei era così dolce, che se solo ci ripensava gli tornava la voglia di baciarla.
 
La prima volta che Lacey aveva baciato Harry, lui aveva pensato che non l’avrebbe più lasciata andare.
Era stata lei a chiamarlo, un paio di giorni dopo il bacio a tradimento e, per grande sorpresa di Harry, gli aveva chiesto di incontrarsi.
Così, una volta faccia a faccia, Harry aveva preso in mano le redini della situazione e aveva iniziato a parlare.
«Mi dispiace, Lacey. Non avrei dovuto baciarti.» le aveva sussurrato, facendola arrossire. Lei aveva scosso la testa, prima di accarezzargli la guancia con dolcezza e salire fino alla fronte, per poi scostargli un ciuffo di capelli.
«Scusami tu. Non era mia intenzione mollarti lì così. Solo che non me l’aspettavo e mi hai preso un po’ alla sprovvista.» aveva spiegato. Erano rimasti in silenzio per qualche minuto, ognuno perso nei propri pensieri, poi Lacey lo aveva afferrato timidamente per la manica della felpa e lo aveva costretto a girarsi verso di lei.
«Harry…» aveva mormorato, mordendosi il labbro inferiore, con aria indecisa e parecchio tormentata.
«Dimmi.»
«Posso baciarti?» era arrossita vistosamente, ma aveva continuato a guardarlo negli occhi, senza distogliere lo sguardo un solo istante. Ed Harry non riusciva a credere di aver potuto definire “comunissimi” quegli occhi. Erano così caldi e così intensi, che non si sarebbe mai stancato di guardarli.
Perciò aveva sorriso e aveva aspettato con impazienza che Lacey trovasse il coraggio di baciarlo. E alla fine, quando lei si era alzata lievemente sulle punte e aveva sfiorato delicatamente le labbra con le sue, le aveva passato un braccio intorno alla vita e l’aveva stretta a sé, certo che, quella volta, non sarebbe scappata.
 
La prima volta che i ragazzi avevano incontrato Lacey, avevano dichiarato senza mezzi termini che sarebbe stata perfetta, per mettere a posto la testa bacata di Harry.
Lacey aveva riso, divertita, prima di baciare Harry sulla guancia e sussurrargli che in realtà lo sapeva, che la sua testa non era tanto bacata come tutti pensavano.
Era stata quella sera stessa, che Harry le aveva chiesto di stare con lui in via ufficiale.
I ragazzi si erano lasciati andare ad esclamazioni entusiastiche, in particolare Louis, che continuava a dire che finalmente “il suo piccolo Harry era diventato grande”, fingendo di asciugarsi una lacrima. Avevano riso tutti quanti e Lacey non aveva potuto fare a meno di pensare che, nonostante fossero famosi, costantemente osservati e con un patrimonio non del tutto irrilevante, erano esattamente come lei: normali. Avevano degli amici, delle fidanzate (Louis e Liam) e dei genitori ai quali ancora, nonostante fossero tutti maggiorenni, rendevano conto.
«E tu?» aveva chiesto Liam, rivolgendo a Lacey un’occhiata di sincera curiosità.
«Io? Be’, io lavoro part-time in una scuola materna. Non pagano tanto, ma mi accontento.»
«Scommetto che i bambini ti adorano.» aveva ridacchiato Louis, guadagnandosi un’occhiata in tralice da Harry.
«Che c’è?» aveva chiesto poi «Non sarai mica geloso dei bambini! Hanno tre anni.»
Harry aveva fatto spallucce, prima di avvolgere i fianchi di quella che era – a tutti gli effetti – la sua ragazza e stamparle un bacio sulle labbra morbide.
Lacey era arrossita – non era abituata a quelle manifestazioni d’affetto – e aveva nascosto la testa nell’incavo tra il collo e la spalla di Harry.
«E di un po’, avresti una sorella per Niall? O per Zayn?» aveva continuato Louis, meritandosi un pugno da entrambi gli amici. Lacey aveva ridacchiato, divertita.
«Ho una sorella, ma ha ventisei anni ed è già sposata.» aveva raccontato, sorridendo a Niall e Zayn in segno di scuse.
«Oh, be’. Quando lascerai Harry, io sono qui.» si era offerto Niall, prima di iniziare a mangiare i pop-corn che Liam aveva appena rovesciato in una ciotola grande quanto una bacinella.
«E perché mai dovrebbe lasciarmi? Guardami, sono perfetto!» si era pavoneggiato Harry.
Ancora non sapeva che quella perfezione che tanto vantava, sarebbe stata la sua rovina.
 
La prima volta che Lacey parlò ad Harry delle sue paure, lo fece con le lacrime agli occhi, ma con la dignità di una persona in grado di fronteggiare qualunque situazione la vita le avrebbe messo davanti.
Erano in camera di Lacey ed Harry le stava accarezzando con dolcezza la schiena nuda.
La sentiva rabbrividire ad ogni suo tocco, nonostante, ormai, il corpo di Lacey si fosse abituato al contatto e alla vicinanza con quello di Harry. Lo conosceva alla perfezione, eppure bastava una sua carezza per farla vibrare come la corda di un violino.
«Sai, ho paura che prima o poi ti stancherai di me.» gli aveva confessato, stringendosi al suo petto e posando la testa esattamente sopra il suo cuore. Harry le aveva accarezzato i capelli con tenerezza.
«Che dici? Non potrei mai stancarmi di te, Lacey.» le aveva lasciato un bacio sulla testa e aveva sospirato. Ormai, il solo pensiero di stare senza di lei, era diventato insostenibile.
Lacey era tutto ciò di cui aveva bisogno.
«È che domani parti per il prossimo tour, e incontrerai di sicuro qualcuna più bella di me, più simpatica, più speciale. Qualcuna che non odia le feste di compleanno, qualcuna che non arrossisce ogni venti secondi…» aveva iniziato a sproloquiare, sull’orlo del pianto, ed Harry non aveva potuto fare a meno di stringerla ancora di più a sé.
«Okay, stammi bene a sentire, Lacey: sono innamorato di te. Le altre non le vedo neanche.» e nel momento stesso in cui l’aveva detto, Harry si era accorto che era assolutamente vero. Era innamorato di Lacey. Sinceramente, come non gli era mai capitato in tutta la sua vita. Non aveva mai conosciuto una ragazza come lei. Come avrebbe potuto anche solo pensare di guardare qualcun’altra? C’era solo lei, Lacey.
«A-anche io s-sono in-innamorata d-di t-te.» aveva balbettato Lacey, nascondendo la testa sul petto di Harry, per evitare che lui la vedesse arrossire per l’ennesima volta.
Harry aveva sorriso, prima di costringerla con delicatezza a sollevare il volto.
L’aveva baciata, pensando che mai e poi mai l’avrebbe fatta soffrire.
«Te lo prometto.» aveva detto, serio. E Lacey gli aveva creduto, perché gli occhi verdi di Harry erano così sinceri e così limpidi che mai avrebbe potuto dubitare che le potesse mentire.
 
Erano passati tre mesi, da quando era iniziato il tour dei One Direction. Avevano girato praticamente mezzo mondo e ne avrebbero avuto ancora per due settimane.
I primi giorni, Harry non aveva fatto altro se non pensare a Lacey, al suo sorriso dolce, al suo profumo, al suo modo di pronunciare il suo nome quando facevano l’amore. La chiamava in ogni momento libero, raccontandole tutto, ogni cosa. E Lacey, lontana chissà quanti chilometri, rideva con lui, gli raccontava dei suoi bambini che la facevano impazzire e gli diceva che gli mancava e che senza di lui non era più la stessa cosa.
Trascorso il primo mese, Harry aveva iniziato a chiamarla un po’ meno frequentemente, perché gli impegni si erano come moltiplicati, le prove erano sempre più dure e loro erano sempre più stanchi. Soprattutto lui, che avrebbe voluto avere Lacey accanto a sé, per sentirle dire con quella voce dolce che tutto andava bene, che la stanchezza faceva parte del lavoro e che era orgogliosa di lui.
Così aveva iniziato a cercare Lacey in ogni ragazza che conosceva. Allo scadere del terzo mese, ancora non aveva trovato nessuna come lei. Qualcuna aveva lo stesso colore di capelli, una lo stesso taglio degli occhi, una la stessa forma del viso, ma nessuna, nessuna, aveva il suo stesso sorriso.
Poi aveva incontrato Marisol e lei aveva lo stesso sorriso di Lacey e gli stessi capelli.
Ma Lacey era lontana, in Inghilterra, e lui invece era lì, in Argentina.
Così, quando Marisol gli aveva offerto qualcosa da bere, nel bar in cui lui e i ragazzi avevano deciso di trascorrere la serata, Harry aveva accettato, perché aveva bisogno di sentire Lacey accanto a sé almeno per un po’ e la breve telefonata di quella sera non aveva fatto altro se non accrescere la nostalgia di lei.
Con la complicità di un numero piuttosto elevato di alcolici, Marisol aveva convinto Harry a seguirla a casa sua, senza correggerlo nemmeno una volta, quando lui la chiamava col nome della ragazza di cui era – evidentemente - innamorato. In un ultimo bagliore di lucidità, Harry si era reso conto che il colore dei capelli della ragazza era più scuro e che il sorriso era troppo malizioso. Poi Marisol si era spogliata ed Harry non ricordava più niente.
Si era svegliato la mattina dopo, confuso, frastornato e preda dei sensi di colpa. Aveva vomitato anche l’anima, ma non avrebbe saputo dire se per colpa dell’alcol o per il modo in cui si sentiva. Credeva di più alla seconda possibilità, però, perché se solo ripensava a Marisol, gli veniva voglia di correre in bagno un’altra volta e cacciarsi le dita in gola.
 
Non appena aveva fatto ritorno a Londra, Harry aveva deciso di confessare la verità a Lacey, perché le aveva promesso che sarebbe sempre stato sincero con lei.
«Ti ho tradita.» nuda, cruda e terribile, ecco com’era la realtà.
E Lacey l’aveva accettata con la sua solita dignità. All’inizio, almeno. Poi si era scatenata contro di lui con tutta la rabbia, la delusione e l’amore che aveva in corpo.
Lo aveva accusato di essere un bastardo senza cuore, uno stronzo egoista, un ragazzino viziato che era convinto di poter avere tutto quello che voleva.
«Hai voluto il mio cuore? Te lo sei preso! Hai voluto il mio corpo? Ti sei preso anche quello! Hai preso tutto di me, Harry, e per cosa? Per calpestarlo, come se fosse insignificante! Come se non fosse degno di te! Ma certo, dovevo immaginarlo… Sai, sono stata una stupida a credere che le tue promesse avessero un valore. Stupida, nel credere che tu fossi davvero innamorato di me. Ti sei divertito, vero? A conquistare la povera ragazzina insignificante, che non avrebbe mai avuto nessuna possibilità di piacere a qualcuno. Ma meno male che ci sei tu, Harry, almeno mi hai fatto provare come si sta con qualcuno accanto. Vuoi sapere come, eh? Uno schifo. È tutto uno schifo. Ed ora vattene, non voglio più vederti.» aveva concluso Lacey, ansimante per tutto il fiato che aveva sprecato.
Harry era rimasto in silenzio, con la testa bassa, perché ogni parola di Lacey corrispondeva a verità. E lui era stato davvero uno stronzo. Perciò, quando lei gli aveva chiuso la porta in faccia, non aveva fatto niente per fermarla. Anche se i singhiozzi che aveva sentito qualche secondo dopo l’avevano fatto stare ancora peggio.
E allora, quando si era finalmente reso conto di aver perso l’unica persona della quale gli importasse davvero qualcosa, aveva pianto.  
 
 
 
 
 “Tears stream, down your face
I promise you I will learn from my mistakes
Tears stream down your face and I…
Lights will guide you home
And ignite your bones
And I will try to fix you.”


 
 
 
Harry si passò una mano tra i capelli, spettinandoli ancor più di quanto già non fossero. Non riusciva a credere di essersi messo in quella situazione. Lui, che aveva giurato – aveva promesso – che non l’avrebbe fatta soffrire, per nessuna ragione al mondo.
Aveva promesso che ci sarebbe sempre stato, per lei.
Che niente e nessuno avrebbe potuto dividerli.
Ed era stato crudele, da parte sua, infrangere quella promessa con così tanta leggerezza.
Certo, al momento non gli era sembrato poi così grave, ma quando dalla bocca di Lacey erano sfuggiti i primi singhiozzi, si era sentito così piccolo che avrebbe preferito farsi calpestare, piuttosto che vederla in lacrime.
Aveva promesso che con lei le cose sarebbero andate diversamente. Che lui sarebbe stato diverso. Aveva giurato che era diverso, da come lo dipingevano.
Perché Lacey meritava qualcuno di buono, accanto a sé. E invece lui si era comportato come uno stronzo egoista, perché, in effetti, era esattamente quello. Uno stronzo. E un egoista.
E Lacey – la sua Lacey – sempre così gentile, pacata e dolce, gliel’aveva gridato in faccia. Con il trucco colato sulle guance rosse per la rabbia, con i capelli scompigliati per le troppe volte in cui vi aveva passato le mani tremanti.
Lui non aveva saputo fare altro se non rimanere immobile, con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni beige – quelli che le piacevano tanto – in silenzio e con lo sguardo basso. Come avrebbe potuto giustificarsi, dopo averle spezzato il cuore?
Se solo fosse stato uomo, a quell’ora non avrebbe continuato a camminare avanti e indietro per il vialetto di casa Potter. Se fosse stato uomo, a quell’ora sarebbe stato in ginocchio davanti a Lacey, supplicandola di perdonarlo, seppur non se lo meritasse affatto.
Invece stava lì, come un perfetto idiota, davanti alla porta, senza sapere cosa fare. Senza sapere cosa dire. 
Fino a che si accorse che tutto ciò che doveva dirle, era sempre stato lì. Sempre, senza lasciarlo mai. C’era anche quando l’aveva tradita, ma l’effetto dell’alcool e i sorrisi di Marisol erano riusciti a disorientarlo.
Ma le parole c’erano sempre state. E siccome Lacey era una persona intelligente, Harry era sicuro che avrebbe capito. Be’, non del tutto sicuro, ma ci sperava.
Perciò prese coraggio e bussò alla porta.
La voce di Lacey lo raggiunse qualche secondo prima che lei aprisse la porta.
«Arrivo, un momento.»
Harry si sentiva nervoso e si torturava insistentemente l’orlo della camicia bianca. Poi lei aprì la porta e l’agitazione sparì immediatamente. Era lì, ed era bellissima, anche se indossava quell’orrendo pigiama rosa con i cuoricini.
«Ciao.» mormorò Harry, guardando dietro le sue spalle per assicurarsi che in casa non ci fosse nessuno.
«Cosa vuoi, Harry? Mi sembra di averti già detto tutto, l’ultima volta che si siamo visti.» fece per chiudere la porta, ma Harry glielo impedì, bloccandola con il piede.
«D’accordo, entra.» sospirò Lacey, prima di fargli strada verso il salotto. Si accomodò sul divano, mentre Harry rimase in piedi.
«Allora?» lo invitò lei, con uno sbuffo spazientito.
«Io ti amo.» iniziò Harry. Non si era mai sentito così sicuro di ciò che provava in tutta la sua vita e anche dalla sua voce non trasparì alcun dubbio. E Lacey, che si costringeva con tutte le sue forze a non scoppiare a piangere, seppe che Harry diceva la verità. E si sentì stupida, perché l’aveva perdonato già la settimana prima, o forse quella prima ancora, ma c’era una parte di lei, quella orgogliosa, che voleva farlo stare male almeno la metà di quanto aveva sofferto lei in quell’ultimo periodo.
«E non sono un granché nei discorsi, soprattutto in quelli improvvisati, perciò lasciami parlare.» la interruppe, quando Lacey aprì la bocca per rispondere.
«Ti amo davvero, Lacey. Credo di non aver mai amato nessuno in questo modo. Non ho giustificazioni per quello che ho fatto, ma credimi se ti dico che, nonostante fossi ubriaco marcio, l’unica a cui pensavo eri tu. Penso solo a te, di continuo. Non riesco nemmeno a dormire, da quando mi hai lasciato. E non pretendo che tu mi perdoni da un giorno all’altro, perché sarebbe stupido da parte mia pensare una cosa del genere. In ogni caso, sono venuto qui per dirti che ti amo e che non ho nessuna intenzione di lasciarti andare così. Ti avevo promesso che non ti avrei fatto soffrire, e non ho mantenuto la promessa. E mi sono sentito una merda. In realtà, continuo a sentirmi una merda e vorrei tanto una seconda possibilità. Sono disposto a qualunque cosa. Se me lo chiedi, mollo anche i ragazzi. Però, ti prego…» concluse, trattenendosi a stento dal mettersi in ginocchio e supplicarla di perdonarlo.
Lacey sorrise debolmente, prima di alzarsi e avvicinarsi ad Harry. Erano così vicini che Harry si trattenne a stento dal baciarla.
«Mi hai spezzato il cuore, Harry.»
«Lo so.»
«Mi hai ferito in un modo che non credevo possibile e odiarti sarebbe la scelta più giusta, oltre che più semplice. Eppure, ti amo.» sussurrò Lacey lasciandogli una carezza sulla guancia. Harry sorrise, poi la strinse a sé.
 
Poteva avere qualunque cosa: fama, soldi, auto, vestiti, ragazze, ogni cosa.
Ma avrebbe ceduto tutto pur di poter vedere il sorriso della banale ragazza della metro. 

 
 
 
***
 
 
 
Questa One-Shot non è niente di che, non ha nessuna pretesa eppure quando l’ho scritta mi sono emozionata. Non so, a me piace, perciò ho deciso di pubblicarla.
Spero sia piaciuta un po’ anche a voi! :)
Se vi và, fatemi sapere che ne pensate, anche per dirmi che è una completa schifezza! Giuro che non mi offendo u.u
In ogni caso, vi ringrazio anche solo per averla letta!
Con affetto,
Fede.
   
 
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