To
believe.
Ho
imparato presto ad odiare il Natale.
Quand’ero
bambino amavo il giorno di Natale perché era
l’unico dell’anno in cui mio padre
non tornava a casa ubriaco, i miei genitori non litigavano e noi
sembravamo una
vera famiglia.
Ma
quando iniziai ad andare ad Hogwarts le cose peggiorarono.
Le
vacanze natalizie erano l’unico periodo in cui tornavo a casa
da scuola, mio
padre era sempre ubriaco, aveva sempre voglia insultarmi, picchiarmi,
umiliarmi. Mia madre sempre zitta.
Almeno
quando tornavo ad Hogwarts c’era lei, pronta a consolarmi.
Al
quinto anno persi la mia Lily, e poco dopo mia madre morì.
L’ultimo
Natale che passai a casa mio padre alzò di nuovo le mani su
di me, ma quella
volta ero un mago adulto che poteva, sapeva, e soprattutto voleva,
difendersi.
Non
ho
mai più passato un Natale anche solo lontanamente felice, e
non ho alcun dubbio
nel dire che è sicuramente il giorno dell’anno che
odio di più.
Questo
Natale è il più brutto che io ricordi.
Sono
completamente
solo.
Niente
mamma, niente Lily, niente Albus.
Mia
madre è morta perché mio padre mi odiava, Lily
perché ho fatto le scelte
sbagliate, Albus l’ho ucciso con le mie stesse mani.
Li
ho
uccisi tutti io.
Ora
non mi restano che i ricordi.
Ricordi
che pesano sulla mia anima, perciò almeno oggi, almeno a
Natale, concedo alla
mia povera mente di liberarsene, riversandoli nel Pensatoio.
Un
po’
di pace.
Questo
è l’unico regalo che mi concedo.
Bevo
lentamente un calice di vino, la mia bacchetta estrae dalla mia tempia
i
sottili fili argentati, depositandoli nell’antico bacile.
Un
viso conosciuto affiora da un mio ricordo.
Lo
guardo sovrappensiero, cercando di rammentare di cosa si tratti.
***
Bussano alla porta da un buon
quarto d’ora.
Credevo che la gente capisse
quando non è la ben venuta.
Evidentemente no.
Sospiro, vado ad aprire.
Il viso sorridente di Lupin mi
appare davanti.
“Che vuoi?” sbotto.
“Mi fai entrare, Snape?” chiede
lui, senza abbandonare il suo sorriso.
Faccio una smorfia ma mi
scanso, lasciandolo passare.
Ci scambiamo i soliti
convenevoli e due o tre informazioni sull’Ordine.
Alla fine, vedendo come
tentenna, capisco che sarà una cosa lunga, e lo invito a
sedersi.
Sembra subito essere a suo
agio.
“Posso chiederti un consiglio?”
Se proprio devi, penso.
Gli faccio cenno di sì con la
testa.
“Mettiamo caso che tu sia
innamorato di una ragazza…” comincia, e
immediatamente quello a disagio sono
io. “Ma che tu sappia che stando insieme a lei le faresti
solo male. Cosa
faresti?”
Sospiro subito sollevato,
cancellando la paura che abbia capito qualcosa di Lily e abbia scoperto
il mio
segreto.
Sta ovviamente parlando di
Tonks.
Ma la cosa mi disturba lo
stesso.
“Io non sono il tuo confidente
come lo era Black!” esclamo infastidito.
Vedo immediatamente la sua
reazione. Ovvio, Black è morto da appena un mese.
Si alza di scatto, scuro in
viso, scusandosi per il disturbo.
Il rimorso mi attanaglia
immediatamente.
Lo blocco per un braccio, poco
prima che infili la porta.
Rifletto un attimo sulla sua
situazione e su quello che probabilmente sta passando.
“Se la ami davvero…”
gli dico
“tienila lontana da te.”
Per un attimo rimane
sbalordito, poi sorride.
“Grazie.” mi risponde
“Tutti mi
dicono che l’amore è la cosa più
importante. Mi serviva un consiglio sincero.”
Mi limito ad annuire, mentre
lui esce.
Sto per chiudere la porta,
quando la sua voce mi ferma.
“Severus.” dice, mentre io
sobbalzo sentendomi chiamare per nome “Io credo in Silente,
credo in Harry,
credo nell’Ordine, credo in te, credo che riusciremo a
sconfiggerlo. Ci credo
davvero.”
***
Riemergo
dal ricordo, confuso.
La
mia
mente aveva sotterrato quest’avvenimento sotto tutto il
dolore.
Un
leggero picchiettio sul vetro mi riscuote.
Vado
ad aprire ad un piccolo gufo nero.
Strano,
il Signore Oscuro manda i suoi messaggi in un altro modo e fa filtrare
tutti i
gufi che arrivano ad Hogwarts, compresi i miei, anche se sono il
Preside.
Apro
la piccola pergamena: nessun mittente, nessuna firma, solo tre parole
vergate
in una scrittura limpida e lineare.
Le
leggo, e sento il cuore che pensavo troppo gelido per provare
alcunché
riempirsi di un’emozione che non provavo da quando ero
bambino, e aprivo il
regalo di mia madre sotto l’albero di Natale.
Il
tutto mischiato a gratitudine, fiducia, orgoglio.
È
il
più bel regalo che io abbia mai ricevuto.
“Ci credo ancora.” Mi
ha scritto.
Vorrei rispondergli “grazie”, ma, soprattutto, vorrei potergli dire che ci credo ancora anch’io.
Fine