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Autore: Swindle    20/04/2012    0 recensioni
“Secondo non so quale legge si dice che quando si cerca qualcosa non la si troverà mai, e, al contrario, ciò che non si vorrebbe trovare accade di averlo tra le mani nei momenti meno opportuni.”
Un vecchia cravatta mette alla prova Snape.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
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Try me.

 




Secondo non so quale legge si dice che quando si cerca qualcosa non la si troverà mai, e, al contrario, ciò che non si vorrebbe trovare accade di averlo tra le mani nei momenti meno opportuni.

Questo ti sta succedendo proprio ora, mentre tu cerchi qualcosa muovendo quelle tue dita agili, lunghe, bianche, affusolate, mentre io non posso fare a meno di fissarle, senza poter guardare altrove, totalmente ammaliata.

Mi chiedo vagamente cosa stessi tentando di trovare prima che ti capitasse sotto gli occhi quel contenitore, piccolo, leggero, dai colori scuri. So bene però che ora non hai più alcun interesse per quell’oggetto: ti sei come immobilizzato, le mani rigide, tanto da sembrarmi orribilmente morte.

Non sei più qui, con me, in questa stanza, me ne accorgo dal tuo sguardo, da come è fisso, vuoto. Ciò che vedi è lontano, nello spazio e forse anche nel tempo.

Ti sento deglutire lievemente. Che dolori ti riporta alla mente una cosa così piccola?

Probabilmente sono ricordi più importante di me, so che ti sto di nuovo perdendo, perché tu non puoi fare a meno di aprirlo.

Riprendi a muoverti lentamente, come risvegliandoti da un sonno profondo, che ti aveva lasciato senza la consapevolezza di essere ancora vivo.

Fai scorrere le dita sulle due parti del contenitore, facendole spalancare con uno scatto che rimbomba nel silenzio. Come tremano le tue mani. Riesco a sentire la tua inquietudine. Non ti ho mai visto così insicuro, e questo mi spaventa.

Al nostro sguardo si presenta una cravatta, una leggera cravatta dagli accesi colori rosso-oro. La sollevi delicatamente, con due dita, come se fosse il più prezioso dei tesori, e te la porti vicino alla bocca.

Chiudi gli occhi, oramai io sono completamente svanita.

La cravatta è sgualcita, stropicciata; macchie di sangue ne sporcano la purezza, ne insozzano il profumo; infine, una scritta nera la percorre da parte a parte.

Abbandonati nel contenitore, le fanno da letto piccoli brandelli di stoffa verde-argento: Grifondoro e Serpeverde, mai sono andati d’accordo e mai ci andranno.

Riapri gli occhi, e l’espressione che vi vedo riflessa mi fa muovere qualcosa in fondo al cuore. Basta, non ti lascerò annegare oltre, qualunque sia l’oceano in cui stai lentamente affondando.

Mi metto velocemente la vestaglia di lana addosso e scendo dal letto in cui mi hai lasciata.

Non sono bella, non sono attraente. Non pretendo di piacerti.

Il nostro è solo sesso, lo so, un qualcosa di cui due persone più vicine ai vent’anni che hai trenta, senza più speranza nel futuro, hanno ancora bisogno.

Il mio problema è che tu hai il potere di far rinascere nel mio cuore fiducia nel mondo, il tuo problema è che io non posso fare lo stesso con te. Tu non me lo permetti.

Ma non puoi obbligarmi a non fare tutto ciò che posso per te… anche se non sarà mai amore, anche se sarà solo per l’ombra di un tuo sorriso.

Mi avvicino a te e nemmeno te ne accorgi, ti arrivo alle spalle, ti abbraccio.

« Hai intenzione di tornare a letto? » chiedo sorridendo.

Non rispondi, non ti smuovi, non mi dai neanche l’impressione di avermi sentito.

Dove sei, Severus?

« Guarda che, se preferisci, posso chiedere a qualcun altro di scaldarmi il letto. » continuo, cercando di scuoterti « Dopotutto, non credo di aver problemi a cercare qualcuno disposto la notte di San Valentino. »

« Non è San Valentino. » risponde meccanicamente « È un giorno come un altro. »

Ah, già. Odi questa festa, anche se non so perché. Non hai risposto alla mia minaccia, ma almeno hai parlato. Ti stringo un po’ più a me.

« E comunque non oseresti farlo. » dici ancora, a sorpresa.

Sorrido lievemente.

« Mettimi alla pr… »

Ti giri di scatto, una strana luce negli occhi e mi metti un dito sulle labbra, impedendomi di finire la frase.

« Non dirlo. » sussurri, fissandomi.

Ma i tuoi occhi non mi vedono veramente. Ora so con sicurezza che non sei qui con me, ma perso nella tua mente, forse nei tuoi ricordi.

Dio, Severus, cosa darei per sapere cosa stai pensando, per essere lì con te…

 

***

 

Camminavo lentamente per i corridoi di Hogwarts. Solo Mulciber mi faceva compagnia, sempre che la sua silenziosa presenza potesse essere definita tale, ma non mi dispiaceva: con lui avevo la rara possibilità di conversare con me stesso.

« Snivellus! » sentii chiamare, riconoscendo immediatamente la voce.

Mi fermai di botto, voltandomi, mentre Mulciber arretrava, scivolando nell’ombra.

« Che vuoi, Potter? » sibilai, arricciando le labbra e lanciando un’occhiataccia al suo degno compare Black, che gli ghignava a fianco.

« Hai dato un’occhiata qui a fianco, Snape?! » mi chiese per tutta risposta, indicando con un cenno beffardo le clessidre delle Case proprio sulla parete affianco a noi.

« No. Perché Potter, cosa c’è di strano? » risposi, senza riuscire a trattenere un sorrisetto. « Oh, ma guarda » avevo poi continuato con sarcasmo « I Grifondoro hanno perso ben cinquanta punti da ieri. Cosa vi è successo? »

Black avanzò di un passo, digrignando i denti e guardandomi con aria minacciosa. Ma in quel momento arrivarono Minus e Lupin, l’ultimo dei quali aveva fermato Black mettendogli una mano sulla spalla.

« Sai benissimo cos’è successo, vigliacco di un Serpeverde. » aveva allora sbottato il cane, lanciando uno sguardo torvo dietro le spalle, a Lupin, per poi rivolgersi nuovamente a me « Sei stato tu a far la spia, non è così? »

Era vero.

Li avevo visti mentre organizzavano uno stupido scherzo, e avevo pensato bene di riferirlo ai Capocasa. Si erano anche presi una bella punizione.

Stavo per ribattere a tono, quando dietro di me sentii un’altra voce famigliare.

« Che sta succedendo qui? » aveva chiesto Lily, fermandosi vicino a me.

Mi ero subito incantato a guardarla, frastornato come al solito dalla sua presenza. Perché mi faceva sempre quell’effetto?

Lily si era subito scurita in volto, notando l’aria tesa.

« Ancora? » aveva chiesto esasperata « La finite di dargli fastidio voi quattro? Sev non vi ha fatto nulla! »

Aveva preso le mie difese, inutile dire che ero al settimo cielo. Peccato che gli altri non la pensassero allo stesso modo.

« Ti fai difendere da una donna, Snivellus? » aveva chiesto con tono canzonatorio Black.

« Sì sì! Da una Grifondoro! » aveva replicato squittendo quel vile di Minus.

« Da una Sanguesporco?! » era riemerso dalle sue tenebre Mulciber, con voce strascicata e disgustata.

Era stato troppo.

Con un gesto fluido, avevo tirato fuori un coltello dalla tracolla, materializzandolo nella mano.

Tempo prima, Lucius mi aveva regalato quell’antico pugnale, non particolarmente bello, ma istoriato, appartenente ad una nobile famiglia.

Mi aveva detto di usarlo nei momenti di bisogno e io lo stavo per fare, senza pensarci. Le battaglie con loro, infatti, erano sempre perse. Ero più veloce e più sciolto nei movimenti con la bacchetta, ma loro erano sempre come minimo in due, e se uno di loro riusciva ad avvicinarsi troppo, il mio corpo magro e debole soccombeva sotto la loro forza fisica.

Tuttavia quelle parole, pronunciate da nemici e amici ma, soprattutto, davanti a Lily, mi avevano punto nell’orgoglio. Avrei messo la parola fine a tutta quella storia.

Per un attimo tutti gli sguardi si fissarono frastornati sul coltello. Poi il momento passò.

Mi ero aspettato che qualcuno arretrasse, che i miei aguzzini si facessero prendere da una sorta di panico, o perlomeno speravo di vedere qualche sguardo impaurito.

Di sicuro non mi aspettavo che si mettessero a ridere.

Il primo a scoppiare fu Black, la sua voce bassa, le risa simili ad un latrato, a sfigurargli il volto perfetto. Potter iniziò un secondo dopo, con quella sua risata cristallina, pura, che faceva impazzire qualsiasi ragazza. Infine li seguì Minus, con quel rumore sommesso e acuto, quasi fosse uno squittio.

L’unico che rimase zitto fu Lupin, impassibile, un lampo negli occhi come solo segno di preoccupazione. Alzò un braccio in mia direzione.

« Abbassa quell’arma, Severus, so che non vuoi fare del male a nessuno. » disse lentamente.

Davvero non volevo?

Io facevo sul serio, con un coltello in mano e loro si prendevano gioco di me.

Sì che volevo fargli del male. In quel momento avrei potuto ucciderli tutti.

« Non chiamarmi Severus. » risposi confuso.

« Sì, Snivellus, abbassa quella robaccia » riuscì a dire Potter tra le risa « Tanto sappiamo tutti che non avresti il coraggio di usarlo! »

Ecco, ora sì che avevo del tutto perso le staffe.

Presi a mulinare il coltello nell’aria davanti a me, lacerando il nulla.

« Mettimi alla prova! » urlai rabbiosamente.

Black era stato il più svelto e il più impulsivo nel reagire.

Mi venne addosso, afferrandomi la mano in cui tenevo il pugnale, senza darmi il tempo di reagire. Ma io non avrei mollato la presa.

Spinsi verso di lui con tutta la mia forza, cercando di prenderlo alla sprovvista e di farlo sbilanciare. Black però aveva dalla sua anni di scazzottate e non si fece sorprendere.

Cominciammo una specie di testa a testa per decretare il più forte e, nonostante fossi più testardo e avessi molto più da perdere rispetto al mio avversario, presto avrei dovuto arrendermi, se non fosse intervenuto Lupin, per l’ennesima volta.

« Basta così. » aveva detto il ragazzo, con voce calma ma perentoria, ponendo una mano sulla spalla dell’amico.

Black aveva digrignato i denti, ma aveva allentato la presa, facendo appena un passo indietro.

Poi però aveva socchiuso gli occhi, guardandomi carico d’odio e con un ghigno stampato sul viso ferino.

« Ti lascio andare solo perché è San Valentino. » sussurrò in modo che solo io potessi sentirlo « E non voglio farti fare una brutta figura davanti alla tua ragazza. »

Ansante, arrabbiato e offeso, non so che lampo di genio mi colpì quando mi rivolsi direttamente a Potter:

« Oh, quindi è questo che ti dà veramente fastidio? » lo provocai con un sorriso strafottente « Il fatto che io sia fidanzato con la ragazza che ami… »

La menzogna andò subito a segno, in un secondo mi ritrovai scaraventato a terra, il peso di Potter sul petto che mi bloccava la respirazione.

« Non provarci nemmeno. » sibilò.

La sua mano corse immediatamente alla mia, cercando di strapparmi il pugnale di mano. Lo ostacolai con tutte le mie forze, cercando contemporaneamente di svincolarmi dalla sua presa.

Bastò uno strattone più forte a strapparmi definitivamente il coltello che, per il contraccolpo, finì per colpirmi di striscio un braccio.

Il bruciore mi colpì di sorpresa, rubandomi un gemito e facendomi chiudere gli occhi.

Quando li riaprii, Potter torreggiava ancora su di me, il viso aperto in un’espressione di beffarda vittoria, incurante del sangue che scorreva dalla mia ferita.

Intorno a noi sentivo Lily fremere, Black ridere trattenendola e Lupin cercare di risolvere la situazione, ma non mi importava realmente di loro, ero concentrato solo su James Potter.

Lo guardai pieno d’odio, senza poter fare nulla, cercando di mandare giù le lacrime: non avrei permesso che mi vedesse anche piangere.

Senza smettere di sorridere selvaggiamente, Potter mi afferrò per il bavero, tirandomi all’altezza dei suoi occhi.

« Spero che questo ti serva da lezione. » disse lentamente.

Poi prese in mano il mio cravattino: con il pugnale, sporco del mio stesso sangue, cominciò a tagliare in piccoli pezzi il tessuto verde-argento e, con esso, distrusse anche il mio orgoglio.

Quando finì si rialzò, lasciandomi a terra, umiliato e incapace di dire alcunché, buttandomi addosso i resti della mia cravatta e il pugnale insanguinato accanto, allontanandosi poi dalla mia vista, con i suoi amici, e degnandomi solo di uno sguardo disgustato.

Qualche minuto dopo, Lily era a fianco a me.

Nonostante fossi ancora infuriato e abbattuto la sua sola presenza mi consolava, non c’era bisogno di parole.

Si inginocchiò, mentre io mi sedevo e, con un sospiro, si sciolse il nodo della cravatta.

Avevo paura che si fosse arrabbiata per la bugia che avevo raccontato su di noi, ma non sembrava esserlo.

Avvolse il cravattino intorno alla mia ferita, e mi fissò con sguardo cupo.

« Non sarò sempre con te in queste situazioni. Soprattutto se continuerai a comportarti così. Vorrei tanto che tu ti allontanassi da amicizie come quel Mulciber, e ci provo ogni giorno. » si guardò attorno, ma il mio compagno di Casa se n’era andato da tempo, « Ma potrei anche arrendermi, prima o poi. »

Io non sapevo cosa dire. Mi aveva fatto quel discorso già parecchie volte, eppure continuavo a non crederle. Lily era la mia migliore amica. Non mi avrebbe mai abbandonato.

« Non lo faresti mai. » dissi con sicurezza.

Lily mi guardò con un occhi tristi, una luce che mai avevo visto albergare nei suoi splendidi occhi di quel verde sempre vivo, raggiante.

Per tutta risposta, estrasse un pennarello nero dalla sua tracolla, e vergò delle parole sul suo cravattino, stretto al mio braccio.

Mi lasciò lì su quel pavimento, e, andandosene, mormorò: « Buon San Valentino, Sev. »

 

***

 

Non pensavo che guardarti dormire sarebbe stato così bello.

Sei così tranquillo, il tuo viso è così disteso, calmo, privo di quella sofferenza che ti porti dietro.

Mi mordo un labbro. La curiosità mi sta uccidendo, ma non è solo quello.

Decido che devo sapere… e se ti sveglierai, bene, mi prenderò le mie responsabilità.

Ti schiocco un bacio sulle labbra, scostandoti dal volto una ciocca di capelli nerissimi che sembrano darti fastidio. Sì, mi piaci quando dormi: l’unico rimpianto è che così non posso perdermi nei tuoi splendidi occhi d’onice.

Scendo dal letto, incurante di essere nuda, e mi avvicino a passi leggeri al tavolino sul quale hai abbandonato la scatolina.

Afferro la cravatta rosso-oro, e finalmente riesco a leggerne la scritta. Riconosco la calligrafia: d’altronde anch’io ero ad Hogwarts quando Lily Evans era la prima della scuola.

Ti guardo ancora, incapace di allontanare i miei occhi da te.

Lily… come posso combattere con il ricordo dell’unica donna che tu abbia mai amato, per il quale avresti fatto e continuerai a fare di tutto?

Semplicemente non posso. Nessuno può.

Stringo più forte la sua cravatta in mano. Tu, probabilmente, riesci a sentire ancora il suo profumo.

Try me”, ha scritto, chissà quando, su questa cravatta: mettimi alla prova.

E, se ancora la conservi, sono convinta che in qualunque cosa tu abbia dovuto metterla alla prova, abbia vinto lei.

Perché lei, anche dopo tutto questo tempo, anche se sei con altre persone, anche se sei con me, in ogni istante della tua vita, ha vinto la tua mente, ha vinto il tuo cuore, ha vinto tutto te stesso.

Forse ora capisco perché odi tanto la festa degli innamorati.

« Buon San Valentino, Severus. »








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