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Autore: MyRauhl    20/04/2012    3 recensioni
“Mi dispiace, sono un emerito coglione! Giuro che non mi importa della scommessa, voglio solo che tu sappia che questi giorni con te sono stati spettacolari” mi guardava a bocca aperta, sorpresa forse. Scosse la testa e sorrise, poi, senza badare a quello che dicevano gli altri, mi corse incontro e mi saltò tra le braccia. “Voglio solo stare con te!”
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Okkei... premessina... diciamo che è un esperimento. So che è un po' complicato, ma la mia mente contorta l'ha prodotta così! xD E' un po' lunghina anche... però va beh!



CAMILLA
“Ehi!” esordì il ragazzo che mi era appena caduto addosso. Lo guardai perplessa. Non che non mi piacesse, anche perché, ammesso che fosse inglese, era il primo inglese bello che incontravo, ma il suo “Ehi” non aveva proprio fatto colpo. “Ehi? Che ne diresti di alzarti piuttosto?” domandai sarcastica. Si reggeva sulle braccia per non spiaccicarmi sull’asfalto, ma i nostri visi erano così vicini che riuscii persino a capire che aveva bevuto. Lui sorrise. Era un bellissimo sorriso, brillante, malizioso e sexy al punto giusto. Finalmente si alzò e io feci lo stesso, accontentando il mio sedere dolorante per la caduta. Ero rimasta leggermente distaccata rispetto al mio gruppo per osservare una vetrina e quello strano tizio, probabilmente ubriaco, senza guardare dove correva mi era caduto praticamente addosso. Con mia grande sorpresa mi tese la mano. “Io sono Louis” mi disse. Io alzai le spalle e la strinsi. “Camilla, piacere.” “Camilla?” ripeté, perplesso. “Italiana! Vacanza studio!” spiegai, sorprendendomi poi per essermi espressa a monosillabi. “Scusa il mio inglese scadente.” Lui sorrise, di nuovo quel sorriso. “Non si usa chiedere scusa dalle tue parti?” domandai, ancora leggermente irritata per l’accaduto. “Sì, giusto… scusami tanto! Io e i miei amici stavamo festeggiando e mi sono lasciato un po’ andare!” Involontariamente scoppiai a ridere, per poi tapparmi la bocca mortificata. “Ho notato!” dissi sarcastica. “E… tu che ci fai tutta sola in giro per Londra?” domandò. Aveva una voce provocante anche se non molto profonda. “Oh no, non sono sola! I miei amici sono poco più avanti, adesso torneranno indietro a prendermi” mi affrettai a dire. “Peccato!” disse. Lo guardai perplessa, cercando di capire cosa volesse intendere e soprattutto se stesse scherzando. “Cioè, volevo dire… potevamo stare un po’ insieme!” Risi di nuovo. “Di solito non vado a letto con gli sconosciuti, Louis!” dissi. La situazione non mi imbarazzava per niente, quel ragazzo aveva un che di simpatico e suoi occhi azzurri trasmettevano allegria e serenità. Si piazzò davanti a me incrociando le braccia sopra la maglietta a righe. “Stasera devo ammettere che sono un po’ ubriaco quindi, cara la mia sconosciuta, vorrei proporti una scommessa!” disse. Era ubriaco, ma la sua voce trasmetteva una sicurezza disarmante. Deglutii un po’ preoccupata, mentre il mio cervello tentava di tenersi stretto quel pizzico di buon senso che ancora avevo. “Parla” dissi, tentando di mostrarmi altrettanto sicura. “Quanto resterai qui?” domandò, cambiando argomento. “Ancora sei giorni…” risposi, incerta e confusa. Lui mi si avvicinò un tantino troppo per i miei gusti, fissandomi con quei bellissimi occhi azzurri. Aveva qualcosa di estremamente attraente. “Okkei, scommettiamo che, prima che scada la tua settimana di vacanza, verrai a letto con me!” Scoppiai a ridere alle sue parole, sperando che stesse scherzando. Non avevo mai avuto una relazione seria, le odiavo, ma non ero una ragazza facile. “Stai scherzando?” chiesi, la voce spezzata dalle risa. Lui fece una smorfia e mi allungò di nuovo la mano. “Mai stato così serio!” Guardai allibita la sua mano e la strinsi, con mia grande sorpresa, nel momento esatto in cui il mio buon senso andava a farsi fottere. Era l’alcool a parlare, il giorno dopo si sarebbe scordato di tutto. “Okkei, allora dammi il tuo numero e non barare, perché una scommessa è una scommessa, mi hai dato la tua parola.” Tirai fuori un pennarello dalla mia borsa, mi portavo sempre dietro un astuccio. Presi il suo braccio e scrissi il mio numero, coronato da un artistico “Milla”. Louis mi strappò il pennarello dalle mani e scrisse “Lou” sul mio braccio, seguito da quello che probabilmente era il suo numero. “Però ho bisogno di un incentivo!” disse, con una punta di malizia che mi fece rabbrividire. Si avvicinò ancora di più a me e, prima che io potessi rendermene conto, posò le labbra sulle mie. Le toccò con la lingua e io le schiusi, lasciandomi andare. Stavo impazzendo probabilmente, ma poco importava, non l’avrei più rivisto e nessuno lo avrebbe saputo. Il sapore dolce dell’alcool non mi dispiaceva e in verità nessuno mi aveva mai baciato così bene. Improvvisamente tornai in me, nonostante quel bacio fosse la fine del mondo, gli diedi un ceffone. Lui si staccò e si massaggiò la guancia, io ripresi un po’ di fiato. Louis mi fece un occhiolino, come se non fosse accaduto nulla e mi salutò con un veloce cenno del capo poi se ne andò lasciandomi completamente sconvolta e incredula. Infondo però ero stata io ad assecondarlo. Poco dopo arrivarono i miei amici allarmati. Mi coprì il braccio indossando la felpa e, ovviamente, non raccontai nulla, forse un ragazzo così perfetto lo avevo solo sognato e io in realtà non volevo certo passare per una zoccola. Mi ripromisi che non sarebbe mai più successa una cosa simile.
 
LOUIS
Mi svegliai completamente stordito, l’alcool nelle vene faceva un maledettissimo effetto. Il cervello reclamava una tregua, dopo essere stato colpito per tutta la notte da una miriade di martellate. Mi portai una mano alla fronte, dolorante, e notai qualcosa sul braccio, una scritta un po’ sbavata. Misi a fuoco e improvvisamente ricordai qualcosa. Dio, sicuramente quella ragazza mi aveva preso per un coglione! Presi un’aspirina e cercai di richiamare alla mente ancora qualcosa, di ricordare il suo aspetto. Era bassa, forse ero stato attirato dalla sua scollatura in effetti, eppure anche i capelli biondi e corti erano decisamente provocanti… Poi mi tornarono alla mente i suoi occhi verde-grigio, ecco cosa mi aveva portato a farle quella proposta. Beh, se non ricordavo male le avevo detto: “Una scommessa è una scommessa” e lei mi aveva stretto la mano, perciò non poteva certo biasimarmi se ci provavo. Composi il suo numero sul cellulare. Mi rispose un ragazzo. “Pronto?” era una delle poche parole che conoscevo in Italiano. “Ehm… sono Louis, un amico di Camilla… lei c’è?” chiesi, un po’ incerto sul da farsi. “Chi sei scusa?” continuò in inglese. “Beh, un… amico di Camilla” ero preoccupato che lui fosse il suo ragazzo. Quello urlò in Italiano qualcosa di incomprensibile e qualche secondo dopo una voce assonnata mi rispose: “Ehi Louis!” Quella era Camilla. “Che… che c’è?” domandò, incredula, forse non se lo aspettava. “Beh ecco… ho ripensato a ieri sera e… ti va se ci vediamo oggi?” spiegai. Mi sentivo un bambino che giocava con un giocattolo nuovo senza sapere bene come maneggiarlo. “Oh, Louis sono in vacanza studio, non posso fare…” lasciò la frase in sospeso, poi riprese dopo qualche secondo. “Non posso fare quello che voglio” che tradotto significava indubbiamente: “Non posso fare sesso con te!” Sospirai, forse, anzi certamente, un po’ deluso. “D’accordo allora niente scommessa…” proposi, con l’orgoglio che già si stava frantumando. “Ok, forse starò diventando pazza… lasciami il tempo di organizzarmi e ci vediamo al London Eye per le 15, va bene? Se non arrivo è perché sono in ritardo, se vuoi aspettarmi bene, altrimenti fa come ti pare!” disse infine, quasi infastidita. Io risi, ma lei aveva già messo giù.
 
PRIMO GIORNO, LOUIS
Ero io quello in ritardo e lei mi stava aspettando davanti al London Eye con le braccia incrociate al petto, battendo nervosamente un piede per terra. “Scusa il ritardo, ma mi saprò far perdonare!” dissi. “Vedremo se ne sarai in grado!” rispose, con un pizzico di malizia che mi fece impazzire. Sapevo che voleva provocarmi. La portai sul London Eye, non c’era niente di più romantico in tutta la città, a mio parere. “Ti piace Londra?” le domandai sarcastico: aveva la faccia praticamente appiccicata al vetro e mi stava trascurando. “In verità mi mette un po’ di tristezza!” rispose. “Beh io potrei mostrarti di meglio e farti divertire se tu me lo permettessi!” dissi, poi mi avvicinai e la abbracciai, con me doveva divertirsi. Aveva un profumo intenso e inebriante. La strinsi al mio petto, per sentirlo meglio ancora. Lei scoppiò a ridere. “Questa era davvero squallida, ma lo terrò a mente!” Risi anche io, la sua risata era cristallina e contagiosa. Le sollevai il viso e i suoi occhi verdi scrutarono i miei, mi sentii improvvisamente debole. Sfiorai le sue labbra con le mie e ci avventurammo in un bacio tutt’altro che dolce, mentre le altre persone ci guardavano indignate per la nostra sfacciataggine, era divertente. Mi sentivo maledettamente bene a quel contatto con la sua lingua e col suo corpo, assaporai quel bacio più che potevo, mentre il mio cervello andava in tilt. “Casa mia?” sussurrai sulle sue labbra. Sorrise. “Ti piacerebbe Louis!” Ma sapevo che il giorno dopo ci saremmo rivisti.

SECONDO GIORNO, CAMILLA
Louis mi portò fuori a cena. Avevo deciso che mi sarei finta malata e i miei compagni di viaggio mi avrebbero coperta. Forse ero davvero pazza, ma mi stavo divertendo con lui, mi stavo divertendo davvero. Non mi ero mai vista una ragazza bella, perciò mi sentivo bene all’idea che uno come Louis potesse essere interessato a me. Mi incantai a fissarlo mentre sceglieva cosa mangiare. “Che c’è?” mi chiese lui d’un tratto. Io distolsi lo sguardo dal suo, imbarazzata. “No è che… è una situazione strana!” risposi. Lui sorrise, mettendomi stranamente a mio agio. Avevo giusto deciso che il suo sorriso era in grado di rendere allegra persino Londra! “Sono contento di averti conosciuta Camilla…” disse. La sua voce mi era sembrata meno sicura del solito. “Lo dici solo perché vuoi portarmi a letto!” risposi. Lui si sporse verso di me e mi lasciò un bacio sulla bocca. Mi accarezzò la guancia e mi morse il labbro. “Anche per quello” mi sussurrò. Mi arresi all’idea che lui era una sorpresa continua e lo desideravo ogni minuto di più. “Non succederà stasera… sai, vero?” dissi. “Abbiamo ancora quattro giorni e mezzo!”

TERZO GIORNO, CAMILLA
“Non mi piace il tè Louis! È acqua sporca!” sbottai, riconoscendo che dire certe cose sul tè ad un inglese era un passo falso. “Però ti piaccio io!” disse lui. Le sue parole mi colsero alla sprovvista. Come poteva non piacermi? Il problema era solo che non mi sentivo pronta. “Certo! Ti piacerebbe!” risposi, mordendomi il labbro. Lui scosse la testa. “Facciamo un gioco!” Ecco, quello mi spaventava. Lo guardai incuriosita. “Ti preparo un po’ di tè diversi, tu li assaggi e indovini il gusto!” propose entusiasta. Se ne andò senza lasciarmi tempo per ribattere. Lo guardai allontanarsi incantata. Dovevo ammettere che Louis era la cosa più bella di quella vacanza, anzi in verità era il ragazzo migliore che avessi mai incontrato, sotto tutti gli aspetti. Quando tornò pretese di coprirmi gli occhi e, senza sentire proteste, mi bendò. Mi fece assaggiare un po’ di gusti, ma per me facevano tutti ugualmente schifo. “Ma sei pessima! Non ne prendi uno!” sbuffò. “Te l’ho detto che mi fa schifo!” “Bene… allora questo è l’ultimo. Sono sicurissimo che ti piacerà!” “Se ne sei sicuro!” sbuffai. Attesi, ma anziché un cucchiaino in bocca mi ritrovai le sue labbra sulle mie. Affondai le mani tra i suoi capelli, avvicinandolo di più a me. Adoravo i suoi baci e lui aveva un gusto decisamente migliore. Mi levò la benda. “Com’era?” “Perfetto…” Louis non giocava sleale, anche quella sera non vinse.

QUARTO GIORNO, LOUIS
La sua partenza si stava avvicinando, ma non volevo pensarci. Mi stavo divertendo con Milla, lei era una ragazza speciale. Non era la più bella che avessi mai visto, ma ai miei occhi era favolosa. Era un po’ pazza, non si offendeva mai per nulla ed era capace di fregarsene di tutto. Adoravo le lentiggini che le colorivano il volto, appena sotto i suoi splendidi occhi, che quel giorno sembravano più chiari del solito. E adoravo il suo sorriso. Girammo tutto il pomeriggio e parlammo del più e del meno. Ormai sapevo ogni cosa della sua vita e lei della mia. “Cos’è quello?” le chiesi ad un certo punto, notando qualcosa sul suo polso. Lei se lo coprì con i braccialetti che portava sempre. “È un tatuaggio… lo stemma della mia squadra di calcio… però Lou… nessuno dovrebbe saperlo, l’ho fatto di nascosto, ecco perché porto tanti bracciali!” Risi, era sempre più speciale. Le presi il polso e le lasciai un delicato bacio sopra il tatuaggio. “Ora so più cose di te di chiunque altro!” dissi. Lei sorrise, si alzò sulle punte, per arrivare al mio viso, e, inaspettatamente, mi baciò le labbra. La presi tra le braccia. Mi parve di sentire scariche elettriche attraversarmi tutto il corpo, rabbrividivo, era maledettamente piacevole e solo lei era in grado di farlo.

QUINTO GIORNO, LOUIS
Uscimmo di corsa dalla sala del cinema: il film non ci interessava, volevamo solo baciarci. La presi in braccio e la appoggiai contro un muro. Non era perfetto, ma l’atmosfera tra noi era elettrizzante. Lei era aggrappata a me con braccia e gambe. Mi piaceva tenerla stretta, sentire il suo corpo contro il mio. La sentii gemere dolcemente. “Dio… Milla tu dovresti farmi perdere, non far di tutto perché io vinca!” sussurrai, baciandola sul collo, appena sotto l’orecchio. Lei si dimenò un po’ e mi costrinse a fermarmi. “Lou aspetta… io non… non posso” disse. La misi giù e cercai di capire cosa volesse dire. “Mi dispiace, sono stata una stupida… ti ho solo fatto perdere tempo, credevo stessi scherzando!” Le presi le mani e le strinsi. “Ma che dici? Tu mi piaci…” dissi, sorprendendomi io stesso delle mie parole. “Non avrei mai fatto tutti questi sforzi altrimenti” Lei scosse la testa. “Io… non l’ho mai fatto Lou… e… ti sembrerà stupido, ma vorrei che accadesse con quello giusto, cerca di capirmi” disse, aveva gli occhi lucidi. Ero sorpreso, non me lo aspettavo. Non volevo che lei capisse, ma provai delusione e… tristezza. Mi sentivo uno stupido per averla usata così e mi innervosiva l’idea che un giorno sarebbe arrivato “quello giusto” e avrebbe vinto al posto mio.

SESTO GIORNO, LOUIS
Chiamai Milla e le chiesi dove si trovava. Volevo salutarla prima che partisse. Mentre la raggiungevo ripensai a quei cinque giorni con lei. Improvvisamente realizzai di essere stato uno stupido. Ero stato così ancorato a quella scommessa da non accorgermi che stare con lei era stata l’unica cosa veramente importante di quei giorni. Non avevo pensato a nient’altro che a lei e a farla sorridere come lei era riuscita a fare con me. “Milla!” la chiamai. I suoi compagni mi fulminarono con lo sguardo, ma io proseguii. “Mi dispiace, sono un emerito coglione! Giuro che non mi importa della scommessa, voglio solo che tu sappia che questi giorni con te sono stati spettacolari” mi guardava a bocca aperta, sorpresa forse. Scosse la testa e sorrise, poi, senza badare a quello che dicevano gli altri, mi corse incontro e mi saltò tra le braccia. “Voglio solo stare con te!” dissi, baciandole la testa. “Abbiamo ancora mezza giornata!” mi rispose. La portai a casa mia. “Sei sicura?” chiesi, adagiandola sul mio letto. Sapevo che aveva paura e francamente non mi importava più nulla della scommessa, volevo solo che lei stesse bene. Non volevo costringerla a fare qualcosa di cui poi si sarebbe pentita. Però infondo speravo dicesse di sì perché ormai pendevo dalle sue labbra, avevo bisogno di lei. Milla annui, io provai sollievo, forse felicità, e le sorrisi. Così baciai ogni centimetro della sua pelle, mentre Camilla giocava con me e faceva sì che il mio corpo esplodesse di quelle scariche elettriche che solo lei sapeva provocare. Io e lei insieme raggiungemmo un altro mondo, il nostro mondo. E Milla mi amò come nessun’altra aveva mai fatto. Sarei riuscito a farne a meno? “Forse… potrei essere io quello giusto” mi lasciai sfuggire, ma le mie parole si persero nei nostri sospiri e la mattina dopo lei se ne era andata. "Ho preso un tuo bracciale e ti ho lasciato uno dei miei. Grazie di tutto, spero potrai perdonarmi." Era scritto sul bigliettino che stava lì al suo posto. Aveva il suo profumo. Indossai il suo braccialetto e sospirai. Il problema non sarebbe stato perdonarla, ma dimenticarla.
 
UN ANNO DOPO, CAMILLA
Non avevo fatto altro che piangere durante tutto il viaggio di ritorno da Londra un anno prima e in verità era anche per quello che mi trovavo lì. Infondo speravo di rivedere Louis. Ero stata con lui solo per sei giorni, ma mi era mancato per 365. Avevo avuto altre storie, ma avevo pensato solo a lui. Gli mandai un messaggio. "Ciao, sono Camilla, quella stupida ragazzina della scommessa di un anno fa! Non so se ti ricordi ancora di me, ma sono qui a Londra e mi piacerebbe rivederti. Se vuoi ti aspetto nei pressi del London Eye alle 16. Milla." Forse ero stupida a credere che lui sarebbe tornato. Eppure Louis mi sorprese anche quella volta. “Perché non mi hai chiamato prima?” disse appena mi vide. Sorrise come solo lui sapeva fare. Non avrei mai scordato il suo sorriso. “Non… non lo so, e tu perché non mi hai chiamata? Avevi il mio numero” dissi, per portare la conversazione su di lui. Non volevo dargli spiegazioni. “Perché pensavo che mi avresti preso per un idiota e poi…” Scosse la testa e mi prese il polso. Sorrise quando vide il suo braccialetto. Mi mostrò il mio, che portava ancora al polso. “Ti ho pensata per un anno e so che tu hai fatto lo stesso con me!” Andammo a fare un giro, su sua richiesta e gli raccontai che ero lì con le mie amiche per il nostro primo viaggio da maggiorenni. Lui ogni tanto mi sfiorava e allora io sentivo ancora quei brividi e i ricordi che avevo cercato di rimuovere ritornavano prepotentemente. “Perché te ne sei andata?” mi chiese ad un tratto. Era ovvio che saremmo tornati sull’argomento. “Dovevo tornare a casa Lou!” “Ok, ma perché mi hai lasciato così?” Mi feci coraggio, a quel punto meritava una spiegazione. “Tu mi piacevi… e avevo paura per questo.” Gli spiegai sinceramente cosa avevo provato. Louis poggiò la sua fronte contro la mia e mi fissò di nuovo. Volevo restare così per sempre. Non sarei mai riuscita a fare a meno di pensarlo, anche se sapevo di non poterlo avere. “Forse sei giorni sono pochi, ma… anche tu mi piacevi… cioè… mi piaci” Lo guardai senza capire, sorpresa per le sue parole. “Ho sperato che tu tornassi per un anno intero… ora che sei qui, ti voglio mia” disse con sicurezza. Louis mi aveva fatto un’altra sorpresa, per tutto quel tempo avevo creduto che lui si fosse dimenticato di me. “Non potrà funzionare!” risposi, anche se il mio cuore in verità non desiderava nient’altro. Io volevo Louis, lo avevo desiderato e lo desideravo, non potevo negarlo. Lui sorrise e posò le labbra sulle mie, lasciandomi senza respiro, esattamente come un anno prima. Beh, infondo ero sempre stata sua. “Allora facciamo così: scommettiamo che, in un modo o nell’altro, riusciremo a far funzionare questa storia?” disse. Io risi e lo abbracciai. Tutto finì esattamente com’era iniziato: con una scommessa. E ringraziai Dio per tutta la vita per avergliela lasciata vincere.




Questa è la mia prima... non so come sia venuta, cioè... probabilmente fa schifo anche perché è lunga, ma... aiutatemi pliiiisssss! Lasciate qualche recensione se vi va! :D d(^.^)b Babà! 
 

            
  
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