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Autore: crownless    21/04/2012    6 recensioni
Oh, la storia delle sue gambe, la storia delle sue gambe - in lui, solo una bramosia totale. La storia della sua passione ardente, del suo non senso - la storia della fine di ogni suo proposito e domanda.
[...]
"Vi piacciono davvero così tanto?"
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Coppie: Gwen/Artù, Merlino/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Non è colpa mia, va bene? E' anche nonsense. Almeno per me. Bene! *si riprende*
... non posso farci niente, sono abbastanza ossessionata ed è uscita questa cosa guardando delle foto di Colin con inquadrate le sue gambe.Bene, direte. Uhhewfuhwrughjd, dico io.
Perdonatemi se invado così tanto il fandom XD
Se mi lascerete un commentino sarei felicissima!

Crow


The Story


 

La storia delle gambe di Merlin è piuttosto interessante. Arthur le osserva ondeggiare spensierate, incuranti di tutto.

[Sono magre e lunghe, dalle cosce esili]


Ci sono diversi colori nel cielo. Il Re li vede in ogni loro sfumatura, cercando di guardare il tramonto dietro la schiena di Merlin.

La storia delle sue gambe ha il suono del fuoco che pare incendiare il sole - è una ninnananna dai toni rossi e delicati, ecco, un lento imbrunire di pensieri  per niente accettabili - se si è re e sposati.


[le ha viste la prima volta un Mercoledì, lo ricorda ancora; come poter scordare?]



Arthur è re e la sua corona vibra di ruggine sporca tutti i giorni. Ma non quel giorno. Sotto di loro, il suo regno.

Merlin si porta alla bocca la mela che stringe tra le dita affusolate.

Lui può vedere i denti affondare nel frutto e quelle gambe continuare a muoversi avanti ed indietro, un movimento di un bambino ingenuo - il tessuto logoro dei suoi pantaloni si attacca alle sue cosce, e davvero - sono così esili e asciutte che il Re sente la gola seccarsi e gli occhi calamitarsi lì.

Merlin mastica maleducatamente, inghiottendo. “Vi serve qualcosa, Sire? Ho finito i miei compiti per oggi.”

No. Sì. Finito il Consiglio, era andato nelle sue stanze, pensando di trovarlo lì a pulire i pavimenti - a carponi, con il visetto bianco sudato e i capelli sparati in ogni direzione, le ginocchia ossute puntate per terra e quelle cosce in evidenza assieme alla linea della sua schiena, il viso contratto in una smorfia: Asino Reale! - e poi a sistemare le vesti di Guinevere appena lavate...  invece non l’aveva trovato.

Aveva cercato in ogni angolo del castello per fargli nota dei suoi doveri - Idiota, striglia il mio cavallo, lucida la mia spada, domani si va a caccia! - tralasciando quanto fosse inconcepibile che il re si dovesse scomodare per cercare il suo servitore ma -

 

[ queste cosce sono qualcosa di assurdo ]
 

dopo che, sfiancato e vagamente irritato, lo aveva trovato seduto sui bastioni senza motivo, incoscientemente, mentre faceva ondeggiare le gambe mangiucchiando una mela, i servigi erano andati al diavolo. Davanti a quella visione assurda.

“Domani si va a caccia,” è quello che dice, ma non quello che vorrebbe.
Merlin annuisce e Arthur può vedere il suo viso contrarsi in un’espressione annoiata - starà pensando a quei poveri animali o come fare a non spezzarsi l’osso del collo inciampando in qualche radice.

Merlin finisce la sua mela e si pulisce le mani dal succo dolce sui pantaloni.
Arthur vede delle pieghe marroni, ma non è solo quello, il dettaglio: vede quanto siano eleganti le sue mani e quanto dannatamente esili le sue cosce e le sue gambe, che ondeggiano ancora, sotto quel vento che bacia loro il volto.
Merlin fa un saltello e scende, stiracchiandosi, con un mugugno strano che sembra di dolore.

 
[queste gambe saranno la mia rovina] 


La storia delle gambe di Merlin è piuttosto interessante, una storia che è solo fantasia: le immagina con una stretta allo stomaco nude, piene di energia. Immagina Merlin nelle sue stanze con indosso solo la sua casacca bianca, quella che gli ha lavato proprio questa mattina, che gli casca addosso come un vestito, , forse un po’ larga anche sulle spalle - sfiora col pensiero l’immagine del tessuto bianco - forse un po’ sfilacciato sul bordo, Merlin deve ricucirla - che tocca, incendia la pelle delle sue gambe e poi - è lì, davanti a lui, davanti a quell’immagine di Merlin a suo agio, sorridente, e gli mette le mani sui fianchi alzandolo da terra, facendolo sedere sul grande tavolo in legno - delle candele accese.

“Sire?” chiama Merlin, un brillio del suo sguardo, stranito - ma non può ascoltarlo, non davvero.

E le candele creano un gioco di ombre letali sulla spalla destra di Merlin dove la casacca ha ceduto, inesorabile, verso il basso, le orecchie a sventola in vista, i capelli neri lucidi, e pare ad Arthur - con le mani ancora strette ai suoi fianchi stretti - un momento di fondamentale importanza - chissà perché - nella sua stessa mente e allora, allora... punta un ginocchio a terra - non è più un Merlin, sei un servitore idiota, guarda com’è sporco il pavimento! ma un Oh, Merlin che è diverso, lo è -

 
[La storia delle tue gambe, per me, è qualcosa di sconveniente e inarticolato] 


Pelle bianca. Peli neri. Tutto spigoli e una simmetria perfetta, giù- le sue mani scendono, aprendosi, e Merlin ride della sua risata genuina; il suo viso si incendia, divorato dalla luce, dalla luminosità splendente dei suoi occhi blu che accanto alla luce delle candele diventano dorati-

Arthur immagina di toccargli la caviglia nuda. Di vederlo sorridere ancora, il mento contro il petto per fissarlo, ma sopratutto immagina le sue dita sottili che si tendono verso di lui - tra i capelli, un tacito consenso.
I suoi polpacci. Le sue ginocchia nodose. Avvertirne uno scatto, in perenne movimento, in costante... Arthur non sa, ma è un continuo, un continuo pensarci, chissà da quanto?, una costanza perenne quella che gli fa pensare alle gambe del suo servitore -

“Sire? Arthur?”

E poi arriva alle sue cosce. Dio, le immagina così bianche e calde.
Si accartoccia nei suoi pensieri, quando le vede coperte - perennemente, di nuovo- dai pantaloni marroni.

Merlin, nella sua testa, ride di nuovo ed inclina il capo, piccole chiazze rosse sulle guance.
“Vi piacciono davvero così tanto?” chiede, ma nella sua voce non c’è malizia, no - è solo una genuina curiosità - piccolo, stupido Idiota-
Immagina di rispondergli schiudendo le labbra baciandogliele. Sentire i brividi contro la bocca e le sue mani in una carezza sulla nuca. Sentire quanta familiarità c’è, in Merlin mezzo nudo seduto sul suo tavolo, con una sua casacca addosso e nient’altro, che si lascia baciare le gambe da lui - il re.


Nella sua testa, un concerto di rumori e spezie e fiori e stelle.
La storia delle gambe di Merlin è semplice, complessa - loro l’hanno portato a casa, da lui, a Camelot, attraversando erba fresca di rugiada che magari si era incollata agli stivali e pantaloni, piovendo, quel Mercoledì...
Sono le stesse gambe che camminano accanto a lui - nota poco che non sono così rapide come sempre, ma davvero - tutto è lontano e cieco, come lui, cieco ed insensato perché...

“Sire?!?”

Arthur pensa che non c’è confronto, tra le gambe di Merlin e quelle di Guinevere.
Sconveniente e assurdo e inarticolato, senza parole.
La verità è che Arthur, ora con un cipiglio più scuro in viso, lucido, senza immagini false e radiose addosso, ama profondamente le gambe di Merlin - lo attraggono più di ogni altra cosa, assieme alle sue mani e ai suoi occhi e no, forse è errato, forse è solo Merlin.

Forse è solo Merlin.

Merlin che rimane indietro, continuando a camminare piano, mordendosi le labbra.
Arthur si blocca, sorpreso. Solitamente, gli cammina accanto parlando parlando parlando -
“Cosa stai facendo, Merlin?” chiede, voltandosi a guardarlo.

Merlin arrossisce e borbotta qualcosa, imbarazzato.
“Mi sono slogato una caviglia prima.”
Arthur sbatte le palpebre. “Come hai fatto?” chiede, asciutto.

Quando cammina - le sue gambe... e la pianta del piede nudo che si alza,  la caviglia pallida, ossuta, sotto lame di una candela bianca... nelle sue stanze.

Merlin, Merlin di bianco vestito come una sposa...

“Ero a cercare delle erbe per Gaius nella foresta, come sapete sta facendo partorire la figlia dell’artigiano, e mi ha incaricato di procurargli delle rare erbe per il suo ritorno. Dovrà preparare un infuso per calmare i dolori della poverina, non è più così giovane... in effetti è un miracolo che sia rimasta gravida... comunque sono inciampato in una radice e... beh... non ho mangiato nulla oggi e tornato sono venuto quassù perché c’era il tramonto e mi sono dimenticato di andare a casa-”  tralascia, tra molte cose senza senso, confusionario, il piccolo dettaglio che ha fatto un incantesimo per far diminuire il dolore che comunque c’è ancora un po’.

Inciampato in una radice, assolutamente scontato.
Arthur serra la mascella bloccando l’insulso torrente di parole nel solo modo in cui è capace.
“Idiota.”

*

Ore dopo, lascia le proprie stanze con uno strano peso nel torace. Guinevere sta dormendo e Guinevere non ha le gambe come Merlin e Guinevere ha detto di amarlo; anche lui la ama, ma non è mai abbastanza o rilevante- non più.

A quel punto, camminando verso la cittadella, Arthur non può che pensare alla storia delle gambe di Merlin, continuamente, ed è un tarlo che rosicchia il suo raziocinio tutte le ore.
Può immaginarle come quelle del bambino che Merlin è stato.
Correre attraverso immensi campi.
Ma sono quelle di Merlin ragazzo, di Merlin uomo che... raggiunge le scale che portano agli appartamenti del medico di corte, sentendo una serie di NONONONO disperati della sua testa, ma d’altronde Arthur non la usa mai, a detta di qualcuno, e quel qualcuno ha una caviglia slogata - caviglia che sfocia in gambe, più su - ed è un Idiota.
Un Idiota con bellissime gambe.

Forse - e Arthur trema, trema nel profondo- è solo Merlin, che è bello.  
Stranamente bussa, aprendo la porta.

 
Cosa dovrei dirgli?
Come dovrei insultarlo, celandomi...
 


Merlin sta proprio seduto sul letto di Gaius, con la caviglia nuda esposta, il piede contro la sedia in legno - pigiandosi sulla slogatura un impacco di erbe che profumano l’intera casa. Si gira di scatto sorpreso - rincuorato di aver già praticato l’ultimo incantesimo guaritore minuti prima.

“Arthur? Cosa ci fate qui?”


Arthur si blocca sulla soglia, rapito.
Merlin si è tirato su i pantaloni fino al ginocchio,sotto tutte quelle candele la sua pelle è bianchissima e la sua figura così sottile -

Sostanzialmente... non c’è nessuna storia. C’è solo Arthur che pensa alle gambe di Merlin e c’è solo Merlin che ha uno sguardo sorpreso e blu.
Non risponde, richiudendosi la porta alle spalle. Non risponde nemmeno quando fa i primi passi verso di lui e non risponde di certo quando è così vicino da sentire l’odore intenso delle erbe nelle narici; continua a non rispondere, il Re, quando punta per davvero un ginocchio per terra e toglie l’impacco dalla caviglia dolorante del suo servitore.

“Arthur?”

Parla troppo. Ha sempre parlato troppo. La sua voce è fastidiosa e perenne come la sua ossessione e desidera sentirla per l’eternità.
E lo fa. Sfiora la sua pelle, affondando le dita nel polpaccio di Merlin, alzando il braccio - la lunga gamba si tende, inarcata, e chiudendo gli occhi bacia il dolore palpitante della sua caviglia, le erbe che avvolgono i polmoni.

Merlin balbetta qualcosa, cerca di muoversi, ma Arthur stringe più forte le dita, muove le labbra spostandosi, dando un altro bacio -

Se ti ordinassi di scoprirti e lasciarmi vedere le tue gambe...? E se te lo chiedessi, Merlin? Se ti implorassi... lo faresti? Lo faresti per me?


Oh, la storia delle sue gambe, la storia delle sue gambe - in lui, solo una bramosia totale. La storia della sua passione ardente, del suo non senso - la storia della fine di ogni suo proposito e domanda.

Arthur?” la sua voce è adesso un bisbiglio. Arthur non gli risponde nemmeno stavolta, depositando una scia di baci che arrivano al suo ginocchio, sentendo contro il labbro superiore i suoi pantaloni.

 

“Vi piacciono davvero così tanto?”


La. fine. di. ogni. suo. proposito.

“Se io...” deglutisce, il cuore conficcato da qualche parte nello stomaco, “se io ti chiedessi...”

Merlin sembra ed è terrorizzato, spaventato, tremante - “Direi di sì. Arthur.”

*

E’ ancora tremante, spaventato e terrorizzato quando le sue dita corrono verso i lacci dei suoi pantaloni.
“Davvero?”

Tutto ciò che Merlin dice, con occhi lucidi e guance in fiamme, è ancora “Arthur.

*

E’ tremante quando il tessuto scivola giù sulle sue cosce. Arthur strattona i suoi pantaloni, gettandoli per terra.

Perché vorrebbe chiedergli, perché si rende conto di avere un’ossessione senza senso, ma è senza senso che Merlin gli dica sì, o forse no - forse è solo Merlin... che lo guarda emozionato che quasi non ci crede - è quello, il suo pensiero?
E’ quello che pensa, guardando Arthur bramoso - per toccarlo -?

Non ci credo che sei qui veramente... con me...

E’ davvero quello che vuole... forse... ?

Ma Arthur sa che i suoi pensieri stanno andando alla deriva, è forse è solo devozione, non lo sa - forse perché Merlin è insensibile alle regole, al buon senso maledizione -

“Perché?” e glielo domanda davvero, ancora in ginocchio, con le mani sulle sue cosce esili - scoperto, esposto, senza maschere che sono state evaporate in un secondo.

Le mani di Merlin afferrano la sua nuca e il viso di Arthur è  premuto contro il suo addome; sente il battito fortissimo del suo cuore, un suono rassicurante ed esaltante assieme, adrenalina pura.

Risponde con una domanda non nuova, voce incrinata. “Vi piacciono davvero così tanto?”

Occhi negli occhi e cuore nel cuore. “.”

Questa volta Merlin risponde davvero. Afferra le guance del Re e gli scosta il viso, si china e lo bacia.

*



Arthur.”

Ed è una sinfonia, una canzone che parte dal centro dell’universo, come un cuore capace di assorbire tutto l’amore che c’è.

E Arthur cancella ogni suo pensiero e ogni senso di colpa. Intreccia le loro mani, e Merlin è tremante... ed è caldo... è sconvolgente.

La storia delle gambe di Merlin è qualcosa che Arthur ha in bocca, sempre pronto a risentirla nelle orecchie; sono le parole che ora gli mormora, mentre nella sua piccola camera si stendono e dimenticano il mondo.

Suona come il suo primo vagito in questa terra, come la sua nascita.
E’ come se Arthur nasce ora - ora che Merlin lo bacia, ora che Merlin stringe le loro mani, ora che sono così vicini, ora che Merlin gli aggancia le gambe ai fianchi e schiude lento, lentissimo, il labbro inferiore esalando un piccolo gemito - viene al mondo, lo stesso che ha appena dimenticato con lui, continuando a farlo - a perdersi e cancellare il resto, perché era dannatamente inevitabile, dovevano capirlo solo loro.

Si snuda ancora di più, squarciando l’orgoglio. Preme la bocca contro il suo orecchio respirandogli addosso il suo piacere.
E gli risponde anche lui.
Merlin...”


 

... raccontami la storia della tua vita,
la storia delle tue passioni,
dei tuoi progetti.

La storia della nostra vita... me la racconteresti (sussurreresti) all’orecchio, mentre ti accarezzo le gambe e tu ridi... facendo brillare
così i tuoi occhi... Merlin?

 

fine
 

  
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