Fanfic su artisti musicali > Muse
Ricorda la storia  |       
Autore: Endlessly_Hope    22/04/2012    3 recensioni
E se il vero primissimo incontro fra Matthew e Dominic fosse un altro?
Le vostre folli MusicAddicted e Lilla Wright sono tornate all'attacco, stavolta la parola d'ordine è ... pucciosità!
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

Pairing: BellDom, un BellDom piccino picciò

Setting: Spagna Settentrionale, Estate 1986

Disclaimer: Matt and Dom non ci appartengono, non scriviamo a scopo di lucro e tutto questo non è mai accaduto… ma sarebbe bello se fosse successo davvero!
 
Riassunto: E se il vero primissimo incontro fra Matthew e Dominic fosse un altro?
 

Image and video hosting by TinyPic

 
Matthew odiava l’estate.
 
Odiava quell’allegria ingiustificata che quella stagione portava con sé, col suo fragore, quel fastidioso chiasso fatto di schiamazzi e risate sguaiate.
 
Odiava quel caldo soffocante di cui l’estate era permeata, che lo costringeva a scoprirsi un po’ di più, cosa che lo metteva in un terribile disagio.
 
Tuttavia, al tempo stesso, odiava i raggi del sole che in quella stagione si rendevano molto più ostili, ragione per cui era costretto a indossare un cappellino e una maglietta, per proteggersi la testa, ma soprattutto la delicata pelle di quel corpicino così minuto, esile e fragile che pareva si dovesse rompere da un momento all’altro.
 
Forse era per quello che gli altri bambini lo guardavano così straniti, mentre giocavano fra di loro a riva, poco distanti da lui, senza la benché minima intenzione di coinvolgerlo nei loro giochi.
 
Era decisamente troppo strambo per i loro gusti e il buffo costume blu con disegnati sopra dei cigni, che indossava sotto la T-shirt bianca, non contribuiva di certo ad aumentare la popolarità di Matthew.
 
Non si può dire che sua mamma avesse buon gusto nel vestirlo.
 
Lui però non se ne curava minimamente, non sapeva nemmeno che cosa fosse la popolarità.
 
Del resto, Matthew aveva soltanto otto anni.
 
Se ne stava seduto a riva, guardando ogni tanto verso il suo ombrellone, qualche fila più indietro.
 
Sua mamma era tutta intenta a leggersi uno dei suoi tanti libri di astrologia ed esoterismo, materie che l’affascinavano, suo papà stava scrivendo qualcosa su un quaderno stropicciato, da dove pendevano vari fogli spiegazzati.
 
Di sicuro stava lavorando a una nuova canzone.
 
Matthew adorava vederlo all’opera, ancora di più quand’erano a casa loro e il papà poteva anche suonare le canzoni che componeva.
 
Mancava suo fratello, di qualche anno più grande. Lui non era sotto l’ombrellone, ma, conoscendolo, Matthew dava già per scontato che fosse impegnato in una partita a beach volley oppure stesse giocando a ping-pong o a calcetto, o qualunque attività sportiva che fosse disponibile.
 
Suo fratello eccedeva in tutte, per questo, ovunque andasse, era sempre circondato dall’attenzione di dozzine di bambine, che stravedevano per lui.
 
Matthew non era fatto per le discipline sportive. Al bambino interessavano di più le attività che coinvolgevano lo spirito, come ad esempio la musica.
 
Infatti, Matthew amava suonare, perciò rimpiangeva il suo pianoforte e la sua chitarra elettrica, che giacevano a casa sua, a Cambridge.
 
 
I suoi genitori gli avevano proibito di portarsi la sua chitarra appresso durante la loro vacanza, ma avevano permesso a suo fratello di portarsi il suo adorato pallone da calcio.
 
Non solo Matthew detestava l’estate, ma la trovava anche fortemente ingiusta.
 
Inoltre, il piccino odiava andare in vacanza, o almeno odiava esserci andato in quel posto.
 
Sì, perché su quella spiaggia della Spagna settentrionale pensava che avrebbe avuto modo di conoscere bambini del posto con lingua, tradizioni e stili di vita diversi dai suoi.
 
Matthew adorava le novità, conoscere qualcosa di nuovo per lui era assolutamente stimolante
 
Invece, per lo più si era ritrovato circondato da bambini Inglesi, come lui, perché quella zona era famosa per essere la meta principale delle vacanze di tanti Inglesi, in cerca di posti di villeggiatura più caldi e accoglienti di quelli che offriva il loro Paese.
 
Matthew sbuffò, passando la mano sulla terra bagnata, per livellarla, e non appena riuscì ad ottenere una superficie abbastanza liscia, come quella di un foglio, cominciò a tracciare dei contorni col dito, disegnando qualcosa che assumeva caratteri sempre più chiari e definiti.
 
Erano un pianoforte e una chitarra elettrica.
 
Per la precisione era il suo pianoforte e la sua chitarra elettrica e il bimbo conosceva quei due strumenti musicali così bene che sapeva riprodurli con dovizia di particolari: la chitarra aveva tutte le sei corde e i tasti per creare accordi o semplici note e nella tastiera del pianoforte lui aveva messo piccoli cumoletti di terra bagnata a intervalli regolari, per ricreare i tasti neri.
 
Matthew toccò prima la chitarra e poi il pianoforte, chiudendo gli occhi e muovendo sapientemente le mani e la testa, per tenere il ritmo.
 
Non stava semplicemente scimmiottando un tentativo di suonare, lo stava facendo per davvero e nella sua testa poteva anche sentire la musica che stava creando.
 
I bambini nelle vicinanze lo guardavano confusi e annoiati, facendo commenti e ridacchiando fra loro, annotando così nella loro lista mentale un altro valido motivo per considerare quel nuovo arrivato uno svitato, uno sfigato, uno scemo da cui era meglio tenersi alla larga.
 
Tuttavia, non molto lontano da lì, al sicuro sotto il suo ombrellone c’era anche un altro bambino che lo stava guardando.
 
 
 
§§§§§§§§§§§§§§§§§
 
 
 
Dominic amava infinitamente l’estate.
Amava il sole e i suoi raggi caldi che gli sfioravano la pelle, finalmente libera dall’ingombro di lana e giacconi.
 
Amava vedere la gente girare per la città. Amava vedere la città colorata di tinte pastello e fantasie floreali, indossate da chi come lui amava la stagione e le bellezze che portava con sé.
Anche a lui piaceva portare magliette colorate sopra i suoi consumatissimi jeans, tanto che la sua preferita era di un giallo canarino, con al centro una foto di Spiderman.
 
Amava passare le sue giornate estive con gli amici, nel parco della città, a giocare a palla, soprattutto a calcio.
I compagni glielo dicevano spesso che non era capace, ma a lui non importava, voleva solo divertirsi.
 
Un’altra sua grande passione e fonte di divertimento era custodita nel garage di casa sua, a Stockport.
Se c’era qualcosa che amava era la musica; durante le fredde serate d’inverno, lui e suo padre si sedevano sul tappeto nel soggiorno, vicino al fuoco, ad ascoltare i vecchi dischi dei genitori.
Dominic faceva sempre un sacco di domande al padre su chi fossero quei musicisti e sulle canzoni che ascoltavano e l’uomo si divertiva a rispondere al figlio, che lo guardava con gli occhietti pieni di felicità.
 
Purtroppo, il bambino era lontano da tutto questo.
Lui e la famiglia da un po’ di giorni si trovavano in un villaggio nel Nord della Spagna, per trascorrere la consueta settimana, tutti insieme.
 
Dominic amava quella spiaggia, era piena di ricordi. La sua famiglia aveva  cominciato ad andare in quel posto quando lui aveva tre anni e grazie anche alle foto che scattava la madre in continuazione aveva dei piccoli flash con lui protagonista che giocava con la sorella sulla sabbia e che veniva recuperato tra le onde dal padre, con il timore che annegasse.
 
C’erano sempre tornati, puntualmente, ogni estate.
 
Quel pomeriggio il tempo era fantastico. Sua madre e sua sorella si erano appartate in un angolino della spiaggia a prendere il sole, mentre il padre, in compagnia di alcuni signori, si era perso in un appassionato torneo di carte.
 
Lui invece se ne stava seduto sulla sabbia, sotto al suo ombrellone, senza niente da fare, se non guardare con tristezza il mare.
Sua madre era stata chiara: niente bagno prima delle sedici.
 
Sbuffò, rassegnato a quella imposizione e lasciò che il suo sguardo si perdesse a cercare i suoi compagni di gioco; forse non poteva fare il bagno, ma di giocare con gli altri bambini non glielo impediva nessuno.
 
Per quanto cercasse, non trovò nessuno dei suoi amici e più rassegnato che mai decise di stendersi sul lettino per dormire un po’, ma qualcuno attirò la sua attenzione.
 
Un bambino, forse della sua stessa età, era seduto in riva al mare a giocare completamente da solo.
 
Non capiva il motivo di tanta solitudine, nonostante quello strano cappellino e la maglietta bianca non contribuissero a fargli fare una buona figura, ma poco aveva da commentare uno che andava in giro con un costume verde coi pesciolini.
 
Forse la cosa che più colpì il piccolo Dominic era il fatto che quel bambino non cercasse qualcuno con il quale condividere il suo tempo, neanche quelli che il biondino definiva amici e che, da qualche minuto, erano arrivati per schernire l’altro.
 
A Dominic incuriosivano i gesti. Il bambino non sembrava curarsi degli altri, stava solo disegnando qualcosa sulla sabbia. Poi lo vide muovere le mani sulla terra umida e la testa a ritmo di un suono che solo lui conosceva.
 
Quel bambino aveva la musica nell’anima e il piccolo Dominic sorrise felice, curioso di conoscere quel bambino così particolare.
 
 
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
 
 
 Matthew guardò un'ultima volta i suoi 'strumenti musicali ' a riva e, augurandosi che non arrivasse un'onda troppo grande o troppo violenta da cancellarglieli, arretrò di qualche passo, sedendosi sulla sabbia asciutta.

Prese il secchiello che aveva con sé, coordinato con paletta e formine varie.
Gliel'aveva comprati sua mamma, quella mattina stessa, col doppio intento di fargli dimenticare la sua chitarra per qualche giorno e spronarlo a cimentarsi in un'attività ludica, tipica di tutti i bambini della sua età.

Matthew decise che era venuto il momento di accontentarla.
Dopotutto, gli era capitato di vedere alcuni bambini fare castelli di sabbia, si trattava di riempire di sabbia il secchiello, per poi rovesciarlo con un colpo secco.
Non c'era nulla di complicato o difficile.

Impugnò la paletta, affondandola nella sabbia circostante, ne riempì il secchiello, ma quando lo capovolse, si ritrovò solo con un cumulo informe di sabbia, trasportata via dal vento.

Il gruppetto di bambini nei dintorni, che aveva osservato la scena, rise di lui.
Matthew non si perse d'animo, cambiò zona, ripeté le stesse azioni e si ritrovò con lo stesso deludente risultato e così le altre due volte che fece un altro tentativo.

"Che imbranato che sei!" gli urlò una bambina, sghignazzando.

"Sei svitato quindi riesci solo a fare cose svitate!" gli urlò il bambino accanto a lei.

"Scemo, scemo, scemoooo!" fecero un coro tutti quei bambini, indicandolo e ridendo sguaiati.

Matthew si strinse nelle spalle e serrò forte i pugni, chiudendo gli occhi.

Aveva una gran voglia di mettersi a piangere, ma non voleva dare a quei bambini cattivi e insensibili quella soddisfazione.

Una volta calmatosi, senza versare una sola lacrima, cominciò a raccogliere le sue cose, con l'intento di andarsene e tornare al sicuro, sotto il suo ombrellone, quando sentì una mano sulla sua spalla sinistra.

(Fine Prima Parte)
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Muse / Vai alla pagina dell'autore: Endlessly_Hope