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Autore: Altariah    22/04/2012    1 recensioni
Questa è la mia storia, di come conoscendo il sorriso di quel ragazzo mi sia cresciuta la corteccia e mi si siano aggrovigliate le radici al suolo, tanto da tenermi a terra e non poterlo raggiungere.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Piccola storia scritta per una persona in preciso, che però ho deciso di inserire in una trama molto più ampia come "favola". Non ho pretese pubblicandola, la trovo una fiaba semplice e lineare, che mi rispecchia molto; È dura quando qualcuno ti appare talmente perfetto da diventare consapevoli di non avere chance, in nulla. Questa è la mia storia, di come conoscendo il sorriso di quel ragazzo mi sia cresciuta la corteccia e mi si siano aggrovigliate le radici al suolo, tanto da tenermi a terra e non poterlo raggiungere. 




L'Albero e la Stella
 

Devono davvero essere gli amori impossibili a durare in eterno. Più ci penso, e più credo che sia così... come quella favola triste, che mi raccontavano da bambina ma che io non volevo mai ascoltare, perchè mi faceva piangere. Non l'avevo mai capita fino a quel momento, ed era così nitida la somiglianza con la mia vita che sentivo un'ansia terribile. La solitudine è la cosa che avevo sempre temuto di più.



 
 
"Tempo fa, in una terra aspra, un piccolo germoglio cominciò a scavare per trovare la luce. Di giorno in giorno da gobbo com'era, alzava il debole e tenero fusto sempre di più. Delle delicate protuberanze verdi si aprivano verso il cielo, salutandolo notte e giorno. In quel periodo, quello che sarebbe diventato l'albero più alto del mondo era così piccolo... Debole, alla mercè di un'infinità di pericoli di cui ignorava l'esistenza. 
Lentamente il germoglio divenne un arbusto. Il suo fusto esile andò solidificandosi, su cui cominciò ad apparire la corteccia ruvida appena accennata. Le radici affondavano gioiose nella terra troppo secca per loro. Però all'arbusto non importava; stava crescendo forte e in fretta, stava diventando bellissimo. Nonostante il clima fosse ostile e le notti fossero gelide, l'albero voleva vivere. E questo per ora gli bastava. 
Quando fu ormai grande quanto un uomo, un giorno si fece una domanda che cambiò per sempre la sua vita: "io amo vivere, ma a cosa serve vivere ed essere felici, se non si ha nessuno con cui condividere la felicità?" L'albero riflettè tanto. Piovve in quei giorni, e lui per la prima volta non si godette la sensazione che le gocce d'acqua fredda gli facevano provare sulle sue foglie sottili.
La domanda lo tormentò di anno in anno, e lui continuò a crescere. Poi, al tramonto di una sera più tiepida del solito, afflitto dalla propria ignoranza, guardò l'orizzonte. Partendo da lì ­osservò tutta l'enorme cupola del cielo, e con sua sorpresa, pensò che fosse stato stupido a perdere così tanti anni per cercare di risolvere qualcosa che forse era impossibile... "forse sono qua solo per godermi quello che ho attorno. Il cielo è così interessante."  Non lo ricordava così alto il cielo, così puro. Decise che l'avrebbe guardato sempre, promettendogli che non avrebbe più pensato a cose inutili o irrisolvibili.
 
In parte avrebbe mantenuto la promessa, in parte no. 
 
Il cielo andava sfumando in colori più scuri e freddi, e una brezza calda del sud iniziò a rincorrersi nella pianura. Il venticello fischiava dolcemente e si muoveva veloce qua e là, curioso. L'albero ammirava il vento, perchè lui poteva dividersi, diventare uno spiffero oppure riunirsi e diventare un ciclone. E il vento era libero, viaggiava di continuo, insaziabile e mai stanco. 
Però, dopotutto, l'albero non lo invidiava. Lui si sarebbe stancato e rattristato quando avrebbe avuto la consapevolezza che la sua vita non sarebbe mai finita e avrebbe potuto vedere ogni cosa esistente al mondo. Lui sarebbe morto dalla tristezza quando avrebbe realizzato di non avere più scopo, una volta dopo aver visto ogni cosa esistente.
 
Una notte rigida, l'albero si sentì triste. Le sue foglie erano cadute, e il paesaggio intorno era addormentato. Non poteva osservare nessuna vita attorno a lui, nessun insetto che volava, nessuna volpe che cacciava le lepri.
Decise allora di guardare l'unica cosa che lo avrebbe potuto intrattenere in quel momento: il cielo.
In alto, lontana chissà quanto, c'era una stella luminosa e bella, era così tanto perfetta che si chiese come avesse fatto, in tanti anni, a non accorgersi di lei. Non era al centro del cielo, ma si notava fra le altre. Brillava intensa, energica, e i suoi raggi lontani si muovevano graziosi. Il suo luccichio era incantevole come il canto di un tordo.

E così, l'albero si innamorò della stella. 
 
Aspettava l'imbrunire impaziente, guardandola comparire nello stesso punto, ignara di tutte le cose effimere, come effimera era la terra su cui viveva l'albero, e l'albero stesso. 
Passarono le sere, e l'inverno se ne andò, ma la pianta non si curò più dello sbocciare dei fiori attorno a lui. Arrivò l'estate, ma non fece caso alle melodie delle cicale sui suoi rami. E così un anno passò, e poi ne passò un altro ancora. I giorni scorrevano veloci, e l'unica cosa di cui si curava, era di allungarsi, di crescere, tendendo i propri rami su, sempre più in alto, verso quel cielo distante e bello; Verso di lei, cercando in ogni modo di raggiungerla, toccarla con una delle sue fronde splendide.
Però l'albero non sapeva che, per quanto tempo avesse avuto a disposizione per crescere, lei sarebbe stata troppo lontana anche solo per vederlo.
 
 
La storia d'amore impossibile di un albero che ancora oggi vive per una stella troppo bella e irraggiungibile per lui."
  
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