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Autore: cescapadfoot    22/04/2012    6 recensioni
We are all of the stars,
We're fading away,
Just try not to worry,
You'll see us someday.
Just take what you need
And be on your way
And stop crying your heart out...
[OASIS_Stop crying tour heart out]
[spin-off del capitolo SUPERARE IL DOLORE della mia long ALWAYS]
una lettera scritta dai genitori da leggere dopo la loro morte, una ragazza che non sa se aprirla oppure no e un modo per sfogarsi...
riuscirà Dorcas a iniziare a lasciarsi dietro le spalle il dolore?
e riuscirà Sirius a trovare il modo e le parole per consolarla?
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dorcas Meadowes, Sirius Black | Coppie: Dorcas/Sirius
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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NOTE DELL'AUTRICE: questa storia è lo spin-off del capitolo SUPERARE IL DOLORE della mia long ALWAYS su Liy Evans e James Potter; i protagonisti sono Dorcas Meadowes e Sirius Black.
Per chi non seguisse ALWAYS troverà comunque chiara questa storia in quasi ogni aspetto anche senza aver letto la long.
La canzone "Stop crying your heart out" degli Oasis non fa' parte delle lettere presenti nella storia, ma servono a rimarcare lo stato d'animo degli autori delle lettere e le loro speranze verso Dorcas.
Buona lettura!






STOP CRYING YOUR HEART OUT





Stava lì, appoggiata alla balaustra del balcone di quella soffitta che ormai lei e le sue amiche conoscevano bene da quasi un anno. Sembrava assorta nel guardare il panorama, ma in realtà non lo guardava affatto, presa com’era dai suoi pensieri.
Dorcas sospirò pesantemente, rigirandosi fra le dita lasciate scoperte dalla maglia dalle maniche troppo lunghe - come tutte quelle che aveva, come suo solito - quella busta che aveva ricevuto quella mattina presto, appena alzata, da sua zia Rachel. Secondo il biglietto che aveva scritto la zia, era stata ritrovata fra le carte di suo padre.
Suo padre…
Era passata una settimana dalla sua morte, una settimana che era passata a volte lentamente, altre volte veloce.
E si era sentita un po’ ingrata: a volte avrebbe voluto sorridere, lo desiderava con tutto il cuore, ma non ci riusciva, nonostante gli sforzi di tutti quanti. Avrebbe voluto farlo davvero e avere la forza di ringraziarli tutti per ciò che cercavano di fare per tirare su di morale lei e Alice, ma niente; a volte le lacrime erano impossibili da trattenere, soprattutto di notte.
Sbattè con forza le lacrime, cacciandole indietro: non voleva più piangere, non voleva più stare male; voleva solo trovare il bastardo che aveva ucciso suo padre e menarlo a sangue. Forse non sarebbe stata poi meglio, ma almeno si sarebbe sfogata.
“Eppure, un altro modo per sfogarti ci sarebbe…” disse una vocetta fastidiosamente simile a quella di Remus nella sua testa.
“No…” si disse la ragazza, anche se con un po’ di incertezza. “Non me la sento ancora…”
“O non
vuoi sentirtela?” puntualizzò il Remus nella sua testa.
Dorcas alzò gli occhi al cielo, un po’ esasperata: forse avrebbe ammazzato Remus; anche se poi avrebbe dovuto sorbirsi le lamentele di Sirius sul fatto che non avrebbe più avuto nessuno da cui copiare i compiti di Pozioni.
“Forse è quello che tua madre e tuo padre vorrebbero…” continuò il Remus nella sua testa.
“Remus nella mia testolina bacata e scema, vuoi sloggiare, per favore?!?”
Dorcas sospirò ancora, sentendosi molto stupida a parlare mentalmente con una voce nella sua testa; si appuntò di non dirlo a Sirius per evitare che la prendesse in giro e che la costringesse a picchiarlo. Anche se forse così si sarebbe distratta un po’…
- Sola soletta?- domandò una voce dietro di lei.
La ragazza si voltò, puntando lo sguardo verso Sirius appoggiato indolente allo stipite della porta-finestra, che cercava di sorridere; il sorriso, però, non si estendeva agli occhi, che rimasero con il solito velo di preoccupazione che avea in quei giorni ogni volta che la guardava.
Dorcas fece un sorrisetto un po’ triste e disse:
- Dovevo riflettere…
Puntò di nuovo lo sguardo verso il panorama, cercando di non pensare a quella busta fra le sue mani indirizzata a lei, con quelle due parole scritte con l’elegante calligrafia; cercò di chiedersi quando Sirius fosse arrivato e quanto tempo fosse stato dietro di lei, in silenzio, a guardarla.
La ragazza sentì poi il corpo di Sirius sfiorarle la schiena, le mani del ragazzo che artigliavano la balaustra di ferro e il respiro di lui fra i suoi capelli e il suo collo; sentì quei leggeri brividi lungo la schiena, dettati dall’imbarazzo, e quegli occhi grigi tendenti all’azzurro chiaro fissi su di lei, sul suo profilo delicato che Sirius aveva sbirciato mille volte e che continuava a sbirciare anche quando lei stessa se ne accorgeva, imbarazzandola.
Sirius rimase fermo lì, dietro di lei, respirando l’odore della sua pelle e quello dei suoi capelli, dicendosi per la millesima volta che quel profumo di orchidea mischiato a cocco un giorno l’avrebbe ucciso; rimase lì fermo, guardandola e basta e dandosi dell’incapace. Non riusciva a trovare il modo di farla sorridere, di rivedere quel sorriso piccolo e disarmante che lo mandava sempre fuori gioco, né riusciva a trovare il modo di alleggerire quel velo onnipresente di tristezza nei suoi occhi che in quei giorni si era fatto più pesante.
Era sempre stata piccola, Dorcas, piccola ed esile; ma a Sirius lo sembrava ancora di più da quella notte maledetta, quando Voldemort le aveva portato via anche il padre.
- Che c’è?- domandò Sirius al suo orecchio.
Dorcas rabbrividì nel sentire la sua voce così vicina e si morse il labbro, indecisa; aveva notato quanto Sirius ci stesse male nel vederla così triste e quanti sforzi facesse per distrarla. Poteva lei dargli anche quel peso? Poteva farlo soffrire ancora e farlo sentire ancora incapace per non essere riuscito a tirarla completamente su di morale?
Alla fine, la ragazza si voltò verso di lui, la schiena appoggiata alla balaustra fredda, lo sguardo basso, e gli mostrò la lettera, chiusa ancora in quella busta con scritto sopra soltanto quelle due parole in inchiostro blu chiaro: “Per Dorcas”.
- L’ho ricevuta stamattina da zia Rachel.- mormorò Dorcas.- L’ha trovata fra le carte di papà.
Sirius guardò la lettera, preoccupato ma anche incuriosito.
- È strano…- borbottò Dorcas, confusa.
- Perché?- chiese Sirius.
Dorcas gli porse la busta dicendogli:
- È la calligrafia di mamma, questa…perché non me l’ha mai data prima?
Sirius aguzzò lo sguardo sulla busta, notando una sottile ed elegante grafia femminile, forse un po’ striminzita, ma a lui incredibilmente famigliare: quante volte aveva preso in giro Dorcas per la sua calligrafia un po’ striminzita?
E perché Maximilian Meadowes aveva aspettato addirittura dopo la sua stessa morte a rivelare quella lettera per la sua figlia? Era un interrogativo che in quel momento rodeva la testa di entrambi i giovani.
- Non l’hai ancora aperta?- le chiese Sirius.
Dorcas scosse la testa in cenno di diniego.
No, non l’aveva aperta. L’avrebbe mai fatto?
- Forse dovresti…- le disse semplicemente Sirius, cercando quello sguardo blu che in quel momento eludeva il suo.
Quelle due semplici parole rimbalzarono in testa alla ragazza; avrebbe dovuto davvero? Alla fine, Dorcas alzò lo sguardo e mormorò soltanto una parola:
- Resti?
Sirius annuì, sfiorandole la guancia.
I due si sedettero per terra, Sirius appoggiato con la schiena alla parete del muro e Dorcas appoggiata al suo petto, le mani del ragazzo che circondavano il ventre piatto di lei nel tentativo di abbracciarla e di proteggerla dal fresco venticello d’ottobre.
Dopo un ultimo sospiro, la ragazza aprì la busta, tirando fuori due fogli di pergamena, uno scritto con la grafia della madre, l’altro con quella marcata del padre.
Cercando di non pensare al fatto che nemmeno la mano calda di suo padre avrebbe più scritto qualcosa, Dorcas prese la lettera con la grafia della madre, notando che era stata scritta pochi giorni prima della sua morte.




Ciao, piccolina mia;

Lo so, ormai non sei più una bambina, anche se forse per me lo rimarrai sempre. Sembrava ieri che ti prendevo in braccio chiamandoti mon petit rat o che ti raccontavo le favole per farti addormentare o quando pigiavi a caso i tasti del pianoforte per poter suonare come me; ma sei cresciuta ormai, purtroppo e per fortuna.
Dico purtroppo, perché i tempi che corrono sono bui, tesoro, e tu sarai costretta a crescere più in fretta del solito, ad essere testimone di momenti orribili e catastrofici, a vivere in un periodo di lotta; ma dico anche per fortuna, perché so che tu sei forte, coraggiosa e intraprendente, ma petite, e so che riuscirai a contrastare ogni difficoltà che ti si presenterà davanti, che lotterai con tutta te stessa pur di vedere giustizia.
Se leggerai questa lettera, vorrà dire che io non ci sono più, mon trésor. Vuol dire che mi hanno uccisa…


Dorcas s’interruppe un attimo in quel momento di lettura silenziosa per arginare il dolore della morte orribile di sua madre: torture, le azioni più orribili che un uomo possa commettere contro una donna e poi quel lampo di luce verde. Non avrebbe mai dovuto vedere quel ricordo, lo sapeva, Sirius gliel’aveva detto quando gliel’aveva raccontato.

…ma è stato tutto per te, Dorcas.
Sei il tesoro più prezioso che io e tuo padre abbiamo mai avuto, la nostra ragione di vita che ci ha portati a questo.
Tesoro mio, non ti chiedo di vendicarmi; la vendetta è orribile e porta a ritorsioni continue. Ti chiedo, se vuoi combattere, di combattere per me e per il desiderio di vedere finalmente giustizia in questo paese; sai che è impossibile cambiare ciò che è successo, ma dovrai resistere, perché potrai cambiare invece i fatti del presente per un futuro migliore.

Hold up, hold on…
Don’t be scared,
You’ll nevere change
What’s been and gone…


Sarò sempre accanto a te, piccola mia.
Spero che tu possa continuare a sorridere nonostante il dolore, che tu non abbia paura e che il futuro ti riservi tutto il calore che meriti.
Spero tu non sia mai sola e che abbia il conforto delle tue amiche.
Ti ricordi quando mi parlavi di quel tuo compagno di scuola, Sirius Black? A volte ci vai d’accordo, ma altre volte no; eppure so che lui potrebbe essere quello giusto per te. Chi disprezza, compra, bambina mia; ricordatelo!
Ti voglio bene e te ne vorrò sempre.
Non è un addio questo, tesoro, ma un semplice arrivederci.



Maman



May your smile shine on…
Don’t be scared…
Your destiny may keep you warm




Dorcas sbattè le palpebre un paio di volte, fissando quella calligrafia che così tanto le mancava, quelle parole piene di tenerezza che le stringevano il cuore in una morsa silenziosa di dolore.
Senza dire altro, la mise di nuovo dentro la busta, concentrandosi sulla seconda lettera, quella di suo padre; anche in quel caso - per ironia del destino?- era stata scritta pochi giorni prima della sua morte.
Cercando di ignorare il fatto che anche quella calligrafia non avrebbe più fatto parte della sua quotidianità, Dorcas si mise a leggerla.




Ciao, bocciolo.

Sì, lo so: forse sei troppo grande per essere chiamata così; anzi, togliamo il forse:
lo sei! Eppure non riesco più a fare a meno di questo soprannome che ti ho dato quando sei nata; eri così piccola, sai, Cassie?
Purtroppo devo abbandonare questi bei momenti e passare ad altro, ad altri argomenti poco piacevoli; e se stai leggendo queste lettere, significa che né io né tua madre ci siamo più.
Questa guerra sta portando via tutto e tutti. A te ha portato via l’innocenza, la vita di una normale adolescente, ti ha costretto a crescere troppo in fretta, ti ha portato via tua madre; la mia Valerie…
Te l’ho detto mille volte, che le assomigli molto; e non sai quanto, Dorcas. A volte, quando ti vedevo per casa durante le vacanze, dopo la sua morte, mi sembrava di riavere lei al mio fianco, ritenendomi fortunato ad avere ancora te, l’unica persona che me la ricordasse.
Ma purtroppo sai che posto occupo nella lista nera dei Mangiamorte e so che mi uccideranno, prima o poi; non vorrei lasciarti, ma ormai sono loro che decidono quando e a chi togliere la vita, anche se mi domando con quale diritto esercitino questo potere.
Tutto quello che voglio dirti, bocciolo, è che io non ti abbandonerò mai, anche se non sarò più accanto a te. Io e tua madre saremo sempre a vegliare su di te, te lo prometto. Se mai sentirai la nostra mancanza, non dovrai fare altro che guardare in cielo fra le stelle, perché noi saremo lassù; e se nei giorni bui non le vedrai, non devi preoccuparti, perché le stelle ricompaiono sempre e così faremo noi.

 
We’re all of the stars,
We’re fading away,
Just try not to worry,
You’ll see us someday…
 



Davvero, Dorcas, non sarai mai sola.
Hai delle amiche incredibili, degli amici intraprendenti. E ora hai anche Sirius Black.
Te lo ripeto, perché in qualità di padre devo farlo: sarà complicato.
Non solo Sirius è un Black, ma è anche un Black rinnegato dalla sua famiglia, che ha dei soldi grazie al signor Alphard che glieli ha lasciati quando è morto, che è nel centro del mirino perché anche lui è un membro dell’Ordine e, oltre ad aver già combattuto contro Voldemort assieme a James Potter il Natale scorso, ha desiderio di diventare un Auror. Sarà complicato, certo. Ma da questo punto di vista, hai preso da me, come da tutti i Meadowes: perché noi Meadowes adoriamo le cose complicate!
Ho stima di quel ragazzo e so che ti rispetterà sempre, che sarà sempre accanto a te.
Spero che tu possa ottenere tutto ciò che c’è di meglio e di cui tu abbia bisogno durante la tua vita, che tu possa continuare ad essere così come sei; ma soprattutto, spero che il tuo cuore non soffra ancora. E non tenerti tutto dentro per non soffrire, mi raccomando, bocciolo.


Take what you need
And be on your way
And stop crying
Your heart out…


Saremo sempre accanto a te.
Ti voglio bene. Ti vogliamo bene.


Papà





Dorcas ripose anche quella lettera nella busta.
Sirius sbattè le palpebre un paio di volte, commosso: era quello l’amore di due genitori verso un figlio che lui mai aveva conosciuto prima di andare a vivere dai Potter; e quell’amore, ora Dorcas non poteva più viverlo.
Avrebbe voluto dirle di sfogarsi, di buttare tutto fuori; ma come trovare le parole? Soprattutto lui, che era istintivo e che quando c’era da parlare seriamente combinava dei casini pazzeschi?
La ragazza ripetè dentro di sé quelle parole: “Non tenerti tutto dentro per non soffrire”. Cos’avrebbe dovuto fare?
All’improvviso, un’idea balenò nella sua mente: c’era un modo per non soffrire, in quel momento. Si chiese se fosse però realmente pronta per quel passo.
- Dorcas?
La voce di Sirius le arrivò come da distante, ovattata.
La ragazza si alzò in piedi, porgendogli la mano e dicendogli soltanto tre semplici parole:
- Vieni con me…
Sirius afferrò la sua mano e si rialzò in piedi, sorpreso: cos’aveva in mente? Dorcas lo condusse attraverso vari corridoi fino alla Sala dei Trofei; sapeva cosa c’era in un agolo appartato di quella Sala, vicino alla finestra.
Con passo ancora un po’ incerto, Dorcas si avvicinò al pianoforte nero di fronte a lei; Sirius la seguì, ormai incuriosito nonostante la preoccupazione.
Entrambi si sedettero sul largo sgabello nero di fronte al pianoforte nero e lucido e Dorcas, dopo essersi tirata su i capelli in uno chignon improvvisato con un elastico trovato in tasca, alzò il coperchio del piano, rivelando la tastiera con i tasti d’ebano e avorio; la ragazza si morse il labbro inferiore, incerta: era pronta?
Sirius non staccava gli occhi da lei, ora di nuovo preoccupato: sapeva che Dorcas non suonava più dalla morte di sua madre; forse quello poteva essere un buon modo di sfogarsi. Ma lei se la sarebbe sentita? Avrebbe voluto dirle che nessuno la obbligava, ma di nuovo non trovò le parole adatte per dirlo.
Dorcas sfiorò un tasto bianco con un dito e in quell’istante lo sentì: una sorta di scarica elettrica che le scaldò le vene, una sorta di benvenuto caloroso dopo una lunga lontananza.
Quel che ne uscì dopo fu una melodia che si diffuse per tutta la Sala: una melodia lenta, forse un po’ triste, ma molto bella, delicata…
Sirius rimase ad ascoltare, guardandola mentre suonava: era come se avesse scoperto qualcosa di nuovo, qualcosa che lo affascinava e incuriosiva attentamente; rimase a guardarla mentre suonava, concentrata sui tasti e sulla melodia, le dita che scivolavano velocemente e quasi invisibili da un tasto all’altro, trovandola bella come non mai in quel momento tanto particolare per lei.
Dorcas si lasciò trasportare dal momento, da quella melodia, da quel suono che credeva non avrebbe più prodotto; sentiva quel calore strano all’altezza del petto, quasi di felicità e le sembrò di ritornare indietro nel tempo, quando sua madre le insegnava a suonare il piano, quali tasti spingere, mentre suo padre rimaneva a guardarle incantate ogni volta che vedeva quello spettacolo. Era una sorta di connessione che aveva stabilito con i suoi genitori, una sorta di legame d’acciaio che non si sarebbe rotto.
Il ritmo rallentò fino a finire piano. Eppure a Sirius sembrò che le note di quella melodia fossero rimaste sospese nell’aria.
Il ragazzo rimase ancora fermo a guardare Dorcas mentre scioglieva lo chignon improvvisato, lasciando che i capelli le coprissero in parte il volto.
- Sei davvero brava…- mormorò Sirius, colpito.
Dorcas annuì, senza dire niente.
Aveva suonato.
Dopo tanto tempo, aveva toccato un pianoforte, aveva suonato qualcosa, aveva sentito di nuovo quel calore che le aveva invaso il corpo e che provava solo quando era fra le braccia di Sirius.
Eppure si sentiva ancora triste. Forse non era stato uno sfogo completo, lo dedusse dal nodo alla gola che ora le si stava formando.
- Papà lo desiderava tanto.- mormorò Dorcas a bassa voce.- Non me l’ha mai detto, ma l’ha…l’ha sempre lasciato intendere. L’ho fatto adesso che…che lui non c’è più; credo che…che fosse stato il suo rimpianto più grande, c-che non mi ha più sentito suonare e…
Il resto si perse fra i singhiozzi che finalmente uscivano liberi dalla sua gola.
Sirius si fece più vicino a lei, scostandole i capelli dal viso e stringendola a sé, lasciando scivolare le sue mani lungo quel corpo, cullandola quasi. La sentì singhiozzare e sfogarsi, stavolta definitivamente, dicendosi tristemente che forse non le era bastato tutto quel piangere straziato quando aveva ricevuto la notizia della sua morte o al suo funerale. Sentì la sua maglietta bagnarsi delle lacrime di lei, mentre le accarezzava i capelli deponendo un bacio fra i suoi capelli.
Dorcas si liberò delle sue lacrime, forse le ultime che avrebbe versato per la loro morte, si lasciò nuovamente guidare da Sirius, sentendosi al sicuro: lui, che era il più lontanamente possibile considerato un porto sicuro in quel periodo, era diventato il suo sostegno, il suo appiglio…il suo amore.
Avrebbero voluto amarsi senza tutta quella tristezza, ma purtroppo era sopraggiunto quell’accadimento terribile che metteva a dura prova le loro personalità: Dorcas ormai non riusciva più a chiudersi in se stessa come un riccio e Sirius si lasciava guidare ancora un po’ dalla sua impulsività per proteggerla, riuscendo a trovare con sua sorpresa parole che non credeva potesse mai dire.
Appena sentì che si stava calmando, le alzò il mento per poterla guardare e le disse a bassa voce:
- Ti ha sentito. Ti hanno sentito tutti e due, credimi.
Dorcas continuò a guardarlo, grata che ci fosse lui, prima di sentire le labbra di Sirius sulle sue; e lei di riflesso, obbedientemente, schiuse le sue labbra per permettere alla lingua di Sirius di entrare, di esplorare la sua bocca che ora sapeva di sale e lacrime, aggrappandosi a lui mentre le dita del ragazzo asciugavano le sue guance cancellando in un solo gesto quelle lacrime liberatorie.
Appena si separarono, furono entrambi senza fiato, ma più leggeri, più rilassati; soprattutto Dorcas.
- Grazie…- mormorò lei con voce ancora un po’ tremolante.
Sirius sorrise, baciandole la fronte, sicuro di una cosa: ce l’avrebbero fatta.
Aspettò ancora un po’ per permetterle di riprendersi, poi le chiese:
- Andiamo fuori?
Dorcas annuì, sorridendo un po’ imbarazzata.
Entrambi uscirono nel parco, sentendosi meglio e cominciando a punzecchiarsi come loro solito; e appena arrivarono, Dorcas si ritrovò stritolata fra le braccia di una Lily Evans finalmente contenta di vedere il suo sorriso.
- Evans, vacci piano o me la consumi!- la avvertì scherzosamente Sirius.
Lily si limitò a fargli una linguaccia da sopra la spalla di Dorcas, mentre James se la rideva con gusto.
- Non dirmi che abbraccia pure te in quel modo, fratello.- commentò Sirius.
- No, mi picchia e basta.- si lamentò scherzosamente James, mentre le due ragazze si separarono.- Non mi ama per niente.
- Potter, sei morto!- esclamò Lily ridendo cominciando a inseguirlo per il parco.
Sirius sghignazzò divertito.
E Dorcas, dopo tanto tempo, riuscì finalmente a sorridere e a ridere spensierata.











NOTE: salve a tutti! allora, ecco cosa succede ad ascoltare "Stop crying your heart out" degli Oasis...ti viene l'ispirazione per una Sirius/Dorcas ed ecco il risultato.
per una volta ho voluto vedere loro due non spensierati e felici, ma seri e preoccupati per ciò che accade a livello personale a causa della guerra e spero di aver reso l'idea.
bene, spero vi piaccia e recensite, please, che vorrei tanto sapere se vi è piaciuta o se devo proteggermi dai pomodori andati male e dalle uova marce.
bye bye :)
  
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