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Autore: Nocturnia    22/04/2012    3 recensioni
Era sempre stato un rapporto avido di parole, il vostro.
La tua, una forma autolesionistica di rispetto.
La prima cicatrice, la prima lettera dell'idioma del guerriero, Easley te l'aveva inferta in punta di spada e quando eri ancora un claymore arrogante e supponente.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Easley, Rigardo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il Re solitario
Disclaimer: Easley del Nord, Claire, Teresa, Rigardo, Priscilla e tutti gli altri personaggi appartengono a Norihiro Yagi, al suo editore ed a chi detiene i diritti sull'opera. Questa storia è stata scritta per puro diletto personale, pertanto non ha alcun fine lucrativo. Nessun copyright si ritiene leso. L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright dell’autrice (Nocturnia) e non ne è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.


"E dalle tenebre vennero le mani

che si allungarono sulla natura e forgiarono gli uomini."
- Lord Alfred Tennyson -

Il Re solitario


"Tu non sei il numero uno."
Una risata che era neve, il gelo di una morsa implacabile.
"L'Organizzazione non la pensa così."
Un pugno chiuso, una ferita suppurante, una spada spezzata, infranta.
"Combatti."
L'iride artica di un centauro di bruma e ghiaccio, il trasparente di un petto che mostrava, orgoglioso, il cuore di un Abissale.
"L'ho appena fatto. E hai perso."
Scrolli il capo, sbattendo le palpebre e saggiando il dolciastro del tuo stesso sangue tra le labbra esangui.
"No. No. NO."
Una preghiera, una supplica: l'ultimo anello di una catena durissima e forgiata nell'umido di una sfida sul filo di lama.
Le dita di Easley ti blandiscono gli zigomi, raccogliendo le prime lacrime.
"Piccolo leone...credevi davvero di battermi?"
Non c'è alcuna derisione in quella voce, nessun insulto velato, solo la frustrante comprensione di chi ha appena sgretolato le tue speranze, le tue convinzioni.
I suoi polpastrelli ti incidono la carne, scorrendo come la bruciante ustione del primo inverno.
Quando riesci a guardarlo negli occhi, è un sorriso triste quello che ti accoglie, la compassione del vincitore.
Deglutisci, costringendo la lingua a staccarsi dal palato, perché l'onore è l'unica che ti sia rimasta in mezzo a quelle rovine.
"Io, Rigardo, consacro a te la mia vita, Easley. Io, Rigardo, giuro di servirti e proteggerti, combattere per te ed essere gladio nonché scudo del tuo corpo. Io, Rigardo, mi consegno a te, Easley: la mia anima, un mero strumento della tua."
Piegato al suolo, tacevi e guardavi, le braccia abbandonate lungo i fianchi e il sapore del fiele giù per la gola.
Come te, immobile, Easley pareva una statua di marmo e sangue, il vessillo della tua disfatta.
"Alzati." aveva mormorato, allungandoti una mano.
Frastornato, ne avevi frugato il volto, una maschera impenetrabile.
Incerto, l'avevi poi afferrata, il moncone della gamba offesa un pulsare sordo e feroce.
Non ti aveva rivolto più alcuna parola, limitandosi a coprirti con il mantello sdrucito ed a caricarti sul suo cavallo.
Quando il crepuscolo vi aveva sorpreso, eravate già sulla strada che vi avrebbe portato a nord, la rossa direttrice di un futuro di potere e guerra.
La rossa direttrice di un'unione rimpianta e onorata.

"Chi è quella?"
Easley si era volto nella tua direzione, sorridendo composto e distaccato, nella tipica espressione di cui si nutre il mito.
"Una cosa che ho trovato lungo la strada."
Sollevi, scettico, un sopracciglio.
"E' una ragazzina. E' una formica."
Ti eri avvicinato a quella massa piagnucolante e tremolante che giaceva ai piedi di Easley, per scoprire che aveva il terribile odore della morte e della sofferenza.
Puzzava quasi l'inferno quella bambina e dalla bocca ansante penzolavano lembi sanguinolenti della carne del centauro.
Avevi sgranato gli occhi, cercando, nella pupilla del tuo padrone, una qualche risposta.
Easley aveva continuato a sorridere, sfiorando la livrea bruna della ragazza e gettandoti uno sguardo obliquo.
"Si chiama Priscilla. Da adesso, viaggia con noi."

Non ti aveva mai dato grandi risposte, Easley d'Alphonse.
Camminavi al suo fianco, anticipandone le azioni e i sentimenti, il tuo sapore uguale al suo.
Eravate uomini e in quanto tali non conoscevate bene il valore delle parole, ma era l'acciaio a cantare per voi.
Ti aveva impartito la lezione più dura, quella più difficile da masticare, una bocca vorace che tutto inghiottiva e nulla tralasciava.

"Dici che senza lottare non si possa provare la vera forza di un guerriero, ma..."

Incredulo, avevi sentito il cozzo di quel maglio implacabile trapassarti, un buco rovinoso aprirsi al centro del tuo stomaco e lì vomitare gli ultimi grani.

"perché non capisci che è questa la prova delle tua inferiorità?"

Avevi schiuso le fauci, provando ad armarti come voleva la tua natura di Risvegliato e di leone, cercando la polpa morbida della gola del centauro.
Con un colpo secco, nitido, Easley ti aveva staccato la gamba all'altezza del ginocchio, rendendoti un gattino mugolante.
Nei suoi occhi, qualcosa di più pericoloso della rabbia: la commiserazione.
Prostrato sull'impiantito, schiacciato da uno zoccolo che pareva toglierti persino il respiro, avevi compreso.
Finalmente, avevi compreso.

"Chi è?"
Glielo avevi chiesto ancora, illuminati da una luna pallida e lattiginosa, due corpi nel buio.
Le fiamme dipingevano figure irreali sul volto di Easley, cospargendolo del cremisi di un sangue che tutto chiamava, tutto voleva.
Priscilla dormiva accoccolata sulle sue gambe, il suo respiro un lento e flebile fruscio nella notte.
"Una ragazza, Rigardo. Non ti basta?"
Avevi sbattuto il palmo della mano contro il suolo, lasciandovi una piccola crepa.
"No. Puzza di decadenza e di un potere troppo antico per poterlo definire. Puzza di carne bruciata e di pericolo. Se è viva, allora vuol dire che ti ha sconfitto. Se ce la portiamo dietro è solo perché riconosci in lei una qualche utilità, superiorità. Sbaglio, Easley?"
Il centauro aveva arricciato le labbra, infilando le dita tra i capelli di Priscilla e arrotolandosene una ciocca intorno al dito.
"No. Non sbagli."
Un silenzio innaturale era calato nella radura, accompagnato solo dal pigro frinire dei grilli.
"Chi è, Easley?"
Ti eri avvicinato fin quasi sfiorargli il naso, il suo respiro infranto dal tuo.
Easley ti aveva scrutato con occhi durissimi e stanchi, tristi.
Feriti.
"E' l'unicorno, Rigardo. E' il ferro che ha decollato Teresa del Sorriso. E' una ragazzina sola e spaventata."
Rigido, avevi setacciato il profilo di Priscilla, alla ricerca di un segno, una cicatrice, un qualsiasi indizio, ma avevi trovato solo l'imago residua di una bambina.
Easley ti aveva artigliato il braccio, nei suoi gesti, nel suo odore, una malinconia assassina, la lugubre mimica di chi è già morto e ancora non lo sa.
"Rigardo..."
Era stato un sussurro, un coagulo disperato di parole e di angoscia.
Avevi sciolto le labbra dalla linea sottile che erano diventate, poggiando la tua mano sulla sua.
"Lo so, Easley. Lo so."

Era sempre stato un rapporto avido di parole, il vostro.
La tua, una forma autolesionistica di rispetto.
La prima cicatrice, la prima lettera dell'idioma del guerriero, Easley te l'aveva inferta in punta di spada e quando eri ancora un claymore arrogante e supponente.
Il secondo sfregio, la pergamena con cui decifrare quel frasario proibito e nascosto, ti era invece stato inferto da una lingua tagliente e umida, nascosta dietro zanne fatte per mordere e sbranare.
Rinnegando, vi è solo la tragica staticità dei falliti.
Senza comprensione, non vi è evoluzione alcuna.
Un guerriero deve sapere quando attaccare e quando deporre le armi, percependo la sottile differenza tra sconfitta e saggezza.
Un guerriero conosce i propri limiti, le proprie paure, e le muta in acciaio e aculei.
Era stato sotto un cielo illividito dalla pioggia che Easley ti aveva fatto scoprire che sapore avesse la pelle di un vincitore.
Era stato tra i nembi grigiastri della volta celeste che avevi contato le mille cicatrici che parlavano per lui, nel lessico impietoso del soldato.
La tua, di pelle, ti rimandava la misera perfezione di chi ha buttato parole e possibilità, attimi ed echi di storia.
Lo stigma incancellabile della fine.

Ne avevi ammazzate un gran numero, prima di cadere.
Il cranio dell'ultima era esploso in una massa scomposta di cervella e sangue, una poltiglia rossastra a coprire la rena, quasi un fiore osceno su di un manto nevoso.
Le ossa della bambolina che pensava di ucciderti si erano frantumate nell'aria fredda, ma aveva continuato a combattere.
Liberava lo yoki pezzo per pezzo, sempre più vicina al confine.
Che tu avessi fatto un banale errore di calcolo era ormai un dato di fatto inoppugnabile.
Quando quella che chiamavano "Claire" ti aveva staccato l'avambraccio, era stata l'incredulità del carnefice a coprirti il muso ferino.
Quando eri rovinato al suolo, aggredito da formiche mordaci e predatrici, il tuo ultimo pensiero era corso all'uomo che ti aveva sempre dominato, nel cuore come nelle membra.
Alle spade sguainate che avevate incrociato più e più volte.
Al suo disprezzo, che si era mutato in inesorabile orgoglio quando ne avevi seguito la strada, accogliendone appieno l'eredità.
E fu in un cupo ruggito, più simile al desolante bramito della bestia ferita a morte, che si spense anche la tua coscienza.


"Io ti conosco..." aveva mormorato la figura spettrale "c'era un Risvegliato che aveva i tuoi occhi, un tempo..."
Si era abbassato, scrutandoti in volto, frugando tra quei capelli corvini e oltre.
Non eri arretrato di un passo, sostenendone lo sguardo e rinnovando un giuramento officiato lustri prima.

Io, Rigardo, consacro a te la mia vita.

"Easley."
Come un tuono, quel nome era rimbombato nell'aria ferma, stridendo e graffiando le pareti di un mondo morto.
"È il mio nome." aveva ribattuto l'uomo dagli occhi di ghiaccio "E ora ricordo il tuo."
Avevi sorriso sardonico.

Io, Rigardo, giuro di servirti e proteggerti, combattere per te ed essere gladio nonché scudo del tuo corpo.

"Siamo... sono morto?"
Nudo, pareva quasi indifeso, un lupo a cui avevano divelto rostri e coraggio.
"Sì."
Si era guardato l'addome, le braccia, percorrendole con i polpastrelli, più incuriosito dall'idea di essere stato sconfitto e ucciso che sconvolto dal fatto in sé.
"Da quanto ti trovi qui, Rigardo?"
"Abbastanza da aver avuto il piacere di assistere al tuo ritorno."
"Non è stata Priscilla."
"Lo so. Da qui, si ha un'ottima visuale del mondo. Del futuro."
Easley aveva dilatato leggermente la pupilla, sedendosi al tuo fianco.
"Toccherà anche a Riful. E a Daf." avevi aggiunto incolore "sarà la caduta dei giganti. Sarà il tramonto di un evo."
Il centauro aveva sospirato, lasciandosi andare a una piccola risatina isterica.
"Che cosa facciamo, adesso?"
Avevi sorriso, poggiandogli una mano sulla spalla e sfiorandone i crini pallidi.
"Qualcosa ci verrà in mente."

Io, Rigardo, mi consegno a te, Easley: la mia anima, un mero strumento della tua.

E in quell'iride artica avevi letto la resa di un dio che si era scoperto carne e sangue.
Come te.
   
 
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