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Autore: RainbowChia    22/04/2012    7 recensioni
- Invece di scorrazzare in giro con quell'allegra prostituta avresti dovuto comprare il latte. -
One shot assolutamente nosense ambientata dopo la 2x01.
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano le due di notte e John Watson non riusciva a prendere sonno. 

Si girava e rigirava nel letto, agitato.

Il suo caro coinquilino era scomparso da circa una settimana senza dirgli nulla e non si era più fatto vivo. Avevano appena risolto il caso Adler; caso che aveva dato loro non poche difficoltà. A Sherlock in particolare: si era reso conto di non essere poi così immune ai sentimenti. Quella donna così ossessionata da lui lo aveva completamente rapito. Anche se lo aveva negato più volte, John l'aveva capito: il detective si era preso una bella sbandata. Il dottore, dal canto suo, si era reso conto di avere un problema -un gigantesco problema-, dato che questo fatto -diciamo pure evento- gli dava terribilmente fastidio.
 

Eppure non poteva essere geloso della Adler.

John sbuffò, tirandosi le coperte sul volto. Basta, non ci voleva più pensare. Quella storia era finita, non aveva senso rimuginarci tanto. Lei era morta e Sherlock se ne sarebbe dimenticato presto. L'ultima conversazione che aveva avuto con lui non era stata di certo una delle più allegre: gli aveva detto che Irene se n'era andata -non proprio che era morta- e gli aveva dato il suo cellulare. Lo aveva lasciato solo al Barts, pensando che avesse bisogno di un po' di privacy.
E poi Sherlock era sparito. Non era più tornato al loro appartamento.

Seriamente, John stava impazzendo: aveva chiesto a Lestrade, a Molly e a Mycroft se avessero una vaga idea di dove potesse essere finito, ma nessuno lo sapeva. Iniziava a temere che avesse fatto qualcosa di stupido, come suicidarsi, a causa di Irene.
Non sarebbe stato da Sherlock, effettivamente, ma non era nemmeno da Sherlock perdere la testa per una donna.

Stufo di tutti questi pensieri che gli venivano in testa senza volerlo, John decise di alzarsi e andare in cucina; si sarebbe preso un bel bicchiere di latte e si sarebbe dato una calmata, magari controllando i commenti sul suo blog.

A passo strascicato, raggiunse il frigo; lo aprì e rimase qualche istante a fissarlo. Si accorse con enorme disappunto che non c'era nemmeno l'ombra di una misera bottiglia di latte.
Ma certo, era il turno di Sherlock di comprarlo e, ovviamente, come tutte le sante volte se n'era scordato.
John chiuse il frigo, sbattendo lo sportello. Dannatissimo Sherlock Holmes!

Si passò le mani sugli occhi. Era davvero esausto, ma sapeva che sarebbe stato inutile tornare a letto. Finchè il coinquilino non fosse tornato, non avrebbe potuto prendere sonno. Doveva saperlo in quell'appartamento. Doveva saperlo in salvo.

Prese il portatile e si sedette sulla sua poltrona.
Passarono pochi minuti e John si appisolò, il computer in grembo.
Quando sentì lo scatto della maniglia della porta del salotto, sussultò. Mise da parte il PC, prima di riuscire a scorgere nell'oscurità della stanza l'alta figura che si dirigeva verso camera sua, cercando di fare il più silenzio possibile. Non si era assolutamente accorto che anche il dottore era presente.

John si alzò, e velocemente andò ad accendere la luce.

-Sherlock!- gridò poi.

Quello si voltò verso di lui. Per un attimo ebbe quasi paura, notando che l'aspetto di John era molto simile a quello di uno psicopatico sull'orlo di una crisi di nervi; aveva delle occhiaie spaventose, segno che chiaramente era un bel po' di tempo che non dormiva. Una settiamana, ad essere precisi. Che fosse stato per colpa sua?
No, era impossibile. John non poteva essere stato così tanto in pena per lui.

-Ancora in piedi, John?- chiese poi, abbozzando un sorrisetto.

-Certo che sono ancora in piedi, maledetto sociopatico!- esclamò John.  -Dove accidenti eri finito?!-

-Sssh, abbassa la voce, sveglierai la Signora Hudson...- Sherlock gli fece un cenno con la mano.

Risultato: irritò ancora di più quel disgraziato di dottore.

-Me ne frego! Tu... sei scomparso per una settimana! Non mi hai fatto sapere niente, non mi hai mandato neanche uno straccio di sms!... Eppure ti piace tanto tormentarmi con quei tuoi maledetti messaggi!-

In quel momento a Sherlock sembrò di rivedere in John sua madre (o Mycroft) quando a 15 anni tornava tardi a casa. Gli scappò una risatina.

-Scusami, non pensavo ti saresti preoccupato così tanto...-

Ovviamente aveva dedotto il motivo della reazione di John in un nanosecondo.

Quello arrossì leggermente. Accidenti, doveva stare attento a come si comportava. Non doveva dimenticare con chi aveva a che fare. -No, no... non ero affatto preoccupato, solo che...che...- si schiarì la voce - Mycroft mi dava il tormento.-

-Comunque sono andato ad aiutare la Adler.-

Al solo sentire quel nome John ebbe un tuffo al cuore. C'era qualcosa che non gli quadrava. Come al solito, d'altra parte.

-Ma, Sherlock... lei è morta.-

-No, non lo è. Grazie a me.- il detective si tolse la sua sciarpa blu e il cappotto, appendendoli all'attaccapanni.

-Ah, bene. Complimenti, allora.- John avrebbe tanto voluto battere la testa contro il muro.

Non riusciva a comprendere il motivo per cui quella situazione gli desse tanto fastidio.
Insomma: Sherlock lo aveva lasciato da solo per una settimana, senza fargli avere sue notizie, facendolo preoccupare come un dannato, semplicemente per andare a 'salvare' Irene (da cosa, poi?... non importa, non lo voleva sapere) e spassarsela con lei. Non avrebbe dovuto interessargli più di tanto, dopotutto Sherlock era un essere umano. Un po' di sano divertimento se lo poteva concedere anche uno come lui.
Degli assurdi pensieri iniziarono a farsi vivi nella mente di John; pensieri che riguardavano Sherlock, Irene e un frustino.
Prima di rischiare di avere un attacco isterico, decise di tornarsene in camera sua.

-Dove stai andando?- la voce profonda di Sherlock, però, lo bloccò.

-A letto. Sono stanco, voglio dormire.- rispose John, lapidario.

Sherlock sbuffò. -John.-

-Cosa vuoi, Sherlock?- il dottore si voltò di scatto verso di lui.

-Non vuoi sapere come ho fatto?- Sherlock era rimasto perplesso dal comportamento dell'altro. Di solito era sempre curioso di venire a conoscenza delle sue imprese. -Così puoi scriverlo sul tuo blog.-

-No, Sherlock, non voglio sapere come hai fatto ad aiutarla, nè tantomeno voglio sapere cosa avete fatto dopo. Ai visitatori del mio blog non interessano le tue tresche amorose.-

Sherlock aggrottò le sopracciglia, rivolgendo al suo coinquilino un'occhiata confusa. -Ma di che diavolo stai parlando?-

-Invece di scorrazzare in giro con quell'allegra prostituta avresti dovuto comprare il latte.-

Detto questo, John uscì di scena, andandosene in camera sua, sbattendo la porta.

Sherlock rimase in piedi in salotto, a dir poco turbato, chiedendosi cosa mai avesse fatto di male per meritarsi un trattamento simile. D'accordo, non aveva informato John dei suoi piani, ma non era certo la prima volta. Inoltre la sua ultima frase non aveva alcun senso. Forse era ubriaco. Si guardò intorno, ma non c'era traccia di bottiglie di vino o altri tipi di alcolici. Andò a controllare in frigo, ma nulla. Non c'era neanche il latte.

Un momento... il latte! Ma certo!

Richiuse il frigo, prima di raggiungere la stanza di John ed entrarvi. In punta di piedi raggiunse il letto e vi si distese. John non stava ancora dormendo, lo sentiva dal suo respiro che, non appena si era sdraiato accanto a lui, si era fatto più veloce.

-Cosa stai facendo?- mormorò, infatti, John.

-Ho capito tutto, sai?-  Sherlock sorrise nel buio.

-Chissà perchè non sono sorpreso.- John stava tentando di controllarsi, anche se sentiva il calore che emanava il corpo di Sherlock non molto lontano dal suo. Non gliel'avrebbe data vinta: si ostinò a restare voltato dalla parte opposta.

-Non devi essere geloso di lei.- Sherlock era steso a pancia in su, lo sguardo fisso sul soffitto.

-Non lo sono.-

-Sì. Lo sei. Per questo sei così arrabbiato. Devi aver pensato che tu non fossi tanto importante per me, visto che mi sono così affannato a darle una mano, senza metterti al corrente dei miei piani.-

-E' così, infatti.-

-Ti sbagli- il tono deciso di Sherlock fece venire i brividi a John.

Seguirono alcuni minuti di silenzio nei quali gli ormoni del povero dottor Watson stavano incominciando a ballare la macarena e Sherlock pensava a quanto gli fosse mancato durante tutta quella settimana. Anche Irene se n'era accorta. Aveva capito tutto, quella donna. Sherlock e John erano due anime gemelle; quando lo aveva detto a Sherlock, qualche giorno prima, lui era scoppiato a ridere. Purtroppo, però, aveva tremendamente ragione. Sherlock non aveva mai tenuto tanto a qualcuno come a John. Si era sempre tenuto alla larga dai sentimenti e dalle emozioni, ma con lui non ci era mai riuscito, sebbene c'avesse provato.  
Cautamente posò la sua mano su quella del dottore che sussultò appena.

-Mi dispiace di averti fatto preoccupare.- sussurrò il detective.

John sbuffò. -Non mi piace quella tipa.- si lasciò sfuggire.

In tutta risposta, Sherlock rise. -Lo so, John. Pensi non me ne sia accorto?-

L'altro rimase zitto. Sentì il pollice di Sherlock accarezzargli i polpastrelli della mano. Ringraziò il cielo che fosse buio, altrimenti il detective avrebbe sicuramente notato che il suo viso stava diventando sempre più simile ad un pomodoro.

-Santo cielo, è tutto così ovvio.-

Fu la voce di Sherlock ad interrompere il silenzio.

-Ovvio?- quella di John tremò per un attimo.

In un battibaleno il moro gli si era ulteriormente avvicinato; John non aveva ancora avuto il coraggio di volgersi verso di lui e, quando sentì le braccia di Sherlock abbracciarlo da dietro, quasi non andò in iperventilazione. -C-cosa...?-

Fu interrotto dal detective che gli sussurrò all'orecchio: -E' ovvio, sì. Io ti piaccio, John Hamish Watson, e hai paura che possa essere innamorato della Adler. Come al solito, sei totalmente fuori strada.-

Erano le quattro di notte e, abbracciato al suo coinquilino, John Watson riuscì a prendere sonno.

***

Quando John si svegliò, la mattina dopo, aveva un sorrisetto ebete stampato sul viso. Sorrisetto che scomparve meno di un secondo dopo, quando, con immenso orrore, notò che Sherlock non era più nel suo letto. Si guardò intorno, nervoso.

Era scomparso.

-No, non di nuovo, ti prego...- mugolò il povero dottore, alzandosi velocemente e andando prima in cucina, poi in salotto, per vedere di riuscire a trovare quel pazzo del suo coinquilino. Inutile dire che di Sherlock non c'era traccia. -Questa è la volta che lo ammazzo...- sibilò, dirigendosi verso la credenza e prendendo qualche fetta biscottata; poi si preparò un tè.

In realtà gli sarebbe andata molto di più una bella tazza di latte caldo, ma vivendo con Sherlock Holmes era consapevole che fosse un'aspirazione un po' troppo alta.
Aveva giusto iniziato a sorseggiare la sua bevanda, quando sentì qualcuno entrare nell'appartamento.

Pochi secondi dopo Sherlock era sulla soglia della cucina, in mano teneva una busta bianca.

-Dove accidenti...?- iniziò John.

-Ho comprato il latte.- 
  
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