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Autore: Mick St John    23/04/2012    3 recensioni
Fanfic scritta in base ad un ricordo di Mick, sulla sua vita passata con Coraline, prima che il suo sogno diventasse un incubo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Forever Yours

Lui, prima di incontrarla, la chiamava la signora come a voler sottolineare il dislivello gerarchico tra loro. Un dettaglio, quello, che doveva averla incuriosita, richiamando un gioco delle parti sottilmente diverso dal solito.
D’altronde era così bella, colta, dai modi raffinati e con qualunque altra virtù che potesse scavare una differenza tra le loro classi sociali.
Chiunque si sarebbe accorto dello stile che affiorava dal suo modo di porsi, dell’eleganza raffinata che riponeva con straordinaria naturalezza in ogni gesto o atteggiamento.
Aveva dei connotati anomali rispetto alla media, anche se restava in silenzio, in disparte, con un’aria annoiata, senza raccontare niente di sè.
La sua femminilità si spandeva come un’aura intorno alla sua aggraziata figura che cavalcava con sicurezza la notte.
Forse era questo che attirava gli uomini, ma più in generale tutta la gente che le si avvicinava, attratta da un fascino indecifrabile, ancora più che dalle sue movenze sensuali e dal suo corpo seducente.
Doveva essere un lavoro come un altro, per lui e la sua band, ma quando di lavoro non ce n’è molto, anche un lavoro come un altro diventa un lavoro importante.
Poi quella sera si trasformò in un’occasione speciale.
Lui la guardava insistentemente, come molti, credendo di non essere visto, ma con la speranza di essere scoperto dal suo sguardo magnetico.
Di tanto in tanto pansava a voce alta.
“E’ bellissima, mi piace…”
E un amico più prudente, alle sue spalle, lo metteva in guardia.
“Vacci piano con l’entusiasmo… Quella è una donna che non puoi conquistare tanto facilmente con un sorriso o una battuta. Appartiene ad un altro mondo, non lo vedi?”
“Ma io vorrei provarci… Mi piace.”
Ed era così evidente che lei se ne accorse subito e lo chiamò a sè, come faceva sempre dopo avere scelto.
Un privilegio, per lui, essere considerato da quella che con uno sguardo era diventata la sua mora preferita.
Quella su cui iniziava a fantasticare, immaginandola nel suo letto.
Quella con cui avrebbe fatto l’amore a lungo per poi accarezzarla, fino a farla addormentare, e restarle vicino così, semplicemente accovacciato addosso a lei.
Con un modo di fare insolito, nacque subito tra loro una tacita complicità mentale.
Apparentemente la signora era docile, ma si era rivelata ai suoi occhi per com’era veramente, scalpitante come una puledra, nell’attesa che qualcuno sapesse come approfittare della vicinanza per prenderla.
A fine serata, gli invitati erano ormai andati tutti via, l’orchestra stava raccogliendo i suoi strumenti e il solito amico provava ancora a fargli tenere i piedi ben piantati a terra.
“Si, ho capito che ti piace, ma tu non correre… in fondo l’hai appena conosciuta! Cosa sai di lei?”
Cercava di contenere quella pericolosa euforia.
“Che altro devo sapere? Ho già capito com’è fatta.” Dichiarò l’uomo più ingenuo del mondo.
“Secondo me la stai prendendo troppo sul serio. Ti do un consiglio… non fare cavolate.”
Ma a lui non importava sbagliare, importava solo averla.
Se la vera immortalità consiste nella rassegnazione e nella perdita dell’equilibrio emotivo così indispensabile per vivere, allora era esattamente quella, la scelta che stavano facendo.
Lui la guardava con una intensità particolare, in quegli attimi di tentazione pura, mentre il suo vestito finiva a terra e tutto si svolgeva molto lentamente, senza alcuna fretta.
Lei si lasciava ammirare e con sapiente maestria sarebbe riuscita a rimandare di continuo la conquista del piacere che lui sognava, facendoglielo sfiorare ripetutamente.
Sapeva come catturarlo e come esasperarlo, dando tormento ed estasi insieme.
Lui, a vederla così bella, delicata, ma pungente come una rosa rosso sangue, avrebbe voluto sentirla sbocciare sotto le sue dita, almeno per una volta.
Lei, attraverso quella esperienza, cominciava a capire cosa davvero le mancava.
Voleva un uomo che fosse sempre unico in confronto a tutti gli altri, a patto che mantenesse con lei un’affinità elettiva.
Ad unirli c’era proprio quel processo chimico che scatta quando conosci qualcuno e ti senti in brevissimo tempo attratto in un modo irresistibile.
Lui voleva dirle che doveva smettere di cercare quell’uomo, perchè lo aveva trovato.
Avrebbe voluto sussurrarglielo all’orecchio, nel momento in cui lei gli aveva sfiorato la guancia per un innocente bacio.
Sono qui… sono io. Dimmi si e staremo insieme.
Sembrava già fatta, invece era solo l’inizio della caccia, di un susseguirsi di appuntamenti cercati e poi mancati di proposito, altri fortuiti e fortemente desiderati, che si concludevano con un frustrante rifiuto, sopportato a malincuore, finchè non si era presentato alla sua porta e l’aveva vista in casa, con un altro. Era stata una mortificazione dello spirito, oltre che della carne, che gli aveva fatto perdere definitivamente la testa.
Si era fatto prendere in giro per tre volte, poi si era deciso a mostrarle quanto fosse ostinato, ed era arrivata l’ora della resa dei conti.
Dopo essersi scolato qualche bicchiere di troppo, era tornato alla villa.
Si era messo a gridare, nel cuore della notte, come un forsennato, pretendendo solo un po’ di meritata considerazione da una donna che gli aveva fatto sentire il suo profumo, ben sapendo che gli sarebbe entrato nel cervello, ad intossicargli la ragione.
Continuava a chiamarla, così lei uscì dalla camera con sicurezza e disinvoltura.
“Che cosa vuoi?” Chiedevano i suoi occhi neri, con aria di sfida.
E lui pensò solo di risponderle “Quello che vuoi tu.”
A separarli, c’era solo una sottile lastra di vetro, oltre la quale cominciava l’inseguimento degli sguardi affamati.
Dopo l’ennesima provocazione, fu inevitabile il rumore di uno schianto netto, mordace, tagliente come i vetri infranti dall’insofferenza.
Per convincerla, gli serviva solo un attimo, il tempo di un respiro, di un battito, di un bacio.
I due corpi si afferrarono e le labbra si scontrarono con un impeto avvolgente, lasciando le anime socchiuse e le bocche indolenzite dall’eccessiva audacia.
Le cose stavano cambiando e quella distanza tra loro si stava accorciando.




“Sei geloso di me?” Lo provocò volutamente, un giorno, con falsa timidezza.
“Non lo so.” Rispose lui, quasi con rabbia.
In testa e negli occhi aveva un Si   ancora più rabbioso.
“Chissà quante donne avrai amato… saranno state tante, sedotte e abbandonate. Io non sono gelosa e non sono come le altre.” Dichiarò la donna più furba del mondo, ma lui taceva e il suo silenzio la indispettiva.  
“Stai pensando agli uomini che sono stati con me?” Continuò, diventando sempre più spudorata.
“Sono molti?” Le domandò allora con un fare rigido da inquisitore.
Non voleva darle soddisfazione, ma il sangue ribolliva come lava.
“Non lo so.” Ribattè lei seria e lui le saltò addosso, infuriato dalla passione.
Sei mia, adesso. Voglio che tu sia solo mia… Continuava a ripeterselo con un ritmo ossessivo.
Lei, come se riuscisse a sentire i suoi pensieri, rideva, mentre fingeva di respingerlo e ad un tratto si raccomandò.
“Non farmi male…”
Lui la fissò negli occhi lucidi, prima di rassicurarla.
“Non ti farei mai del male… Credo di amarti. Anzi, ne sono certo. E amarti mi dà una sensazione nuova che non credevo possibile.”
Era ancora l’uomo più ingenuo del mondo, decisamente prigioniero dell’amore.
Lei lo amava anche per questo.
“Se mi amassi davvero, faresti sul serio.”
“Io faccio sul serio.”
Si sorprese lui per primo di quella affermazione con tono tanto sicuro e si fermò, per deglutire e trovare le parole giuste.
“Non c’è nessuna trappola, ma forse tu non mi credi. Voglio una donna cui piaccia vivere con me, una donna stabile e non solo un passatempo. Voglio una donna che faccia la moglie in tutti i sensi,  non solo l’amante… Forse è ora che io faccia il marito. Hai da fare per i prossimi cinquant’anni?”
Lei sorrise ancora più incredula e lo rimproverò.
“Non scherzare, Mick.”
E’ difficile credere alla verità, forse perchè è troppo banale, troppo facile.
E’ così difficile fidarsi, eppure spesso riponiamo fiducia nelle persone meno affidabili, quelle più contorte, misteriose e imperscrutabili.
A volte perchè danno l’impressione di essere le più serie, più intelligenti, quelle con situazioni complicate alle spalle e compiti gravosi da portare a termine.
Invece capita che siano solo persone più astute di altre, che usano stratagemmi, facendoli passare per soluzioni utili.
Ma la verità pura e semplice, quella non si lava via con niente e non si nasconde con gli inganni.
Se l’amore ti riempie il calice del cuore, prima o poi traboccherà, anche se sei bravo a far credere che non ti appartenga.
“Sei proprio sicuro di voler continuare con me? Sono una ricca dama di corte, relegata in un maniero con la sua noia! Faccio fatica a fidarmi degli uomini. Siete tutti uguali, tutti troppo prevedibili e incostanti, anche se ammetto che tu sei riuscito a scalare le mura della mia torre… Ma sei solo un ospite, ricordatelo!”
Non era bello fare sempre l’ospite senza diventare padrone di qualcosa. E lui non si sentiva proprio come tutti gli altri. Sapeva che non lo era e che a quella frase non credeva neanche lei.
“Sono un impavido cavaliere… Io e te potremmo anche andare d’accordo.”
Cercò di baciarla e lei provò a domarlo con una carezza tra i capelli.
“Si, potremmo provare.”
“Mi piacerebbe restare…” Le confidò con uno sguardo deciso e lei lo raccolse con cura, come una promessa sincera.
“Ma se rimani, dovrai rimanere per sempre.”
E in quella manciata di secondi si condensò il destino di un uomo che voleva davvero imparare ad amare per sempre.
“Voglio stare con te, Coraline. Voglio cominciare subito. Voglio sposarti.”
Lui la amava, ma lei amandolo, lo ingannò.
E da allora lui ha capito quanto si possa continuare ad amare, odiando.

Forever Yours
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