Come
la luna
Severus
Piton sedeva sui gradini fuori dal portone d’ingresso, lo
sguardo fisso al
cielo.
Dietro
di lui le voci irate dei suoi genitori, impegnati
nell’ennesimo litigio, erano
attutite ma non soffocate dalla porta.
Severus
continuò a fissare il cielo, concentrandosi sulla luna, come
se dovesse
impararne a memoria ogni più piccolo dettaglio. I suoi
profondi occhi neri
erano sgranati e fissi sull’astro, e rimase così
finché questo non gli
s’impresse nella retina, scacciando le lacrime che avevano
rischiato di
sopraffarlo.
Lui non piangeva mai.
Neanche
quando la tristezza per l’odio che c’era tra i suoi
genitori - di cui lui era
la causa, come gli ripeteva sempre sua madre - si faceva
così pesante da
impedirgli quasi di respirare. Severus resisteva, non si abbandonava
alle
lacrime ma usciva in giardino e fissava la luna fino a calmarsi.
E
poi vagava.
Conosceva
a memoria ogni vicolo, parco e stradina della zona. Sapeva quali erano
i posti
migliori per vedere la luna e quali quelli da evitare perché
pericolosi.
Sapeva
dove andare per essere lasciato in pace, da solo.
Solo.
Era
quasi sempre solo.
Gli
altri ragazzini lo prendevano in giro per i suoi vestiti strani, il suo
aspetto
nervoso e malaticcio. E poi erano tutti Babbani. Non aveva nessuno con
cui
parlare di Hogwarts, sognare il momento in cui finalmente si sarebbe
lasciato
alle spalle le liti dei suoi genitori, le prese in giro e quegli
stupidi
vestiti.
Tristezza
e solitudine erano le compagne costanti dei suoi vagabondaggi, ma
nonostante
ciò lui non piangeva.
Si
limitava a fissare la luna in attesa del giorno in cui anche lui
sarebbe stato
distante e irraggiungibile proprio come quell’astro.
Piton
sedeva con la testa tra le mani in una poltrona davanti al fuoco e dava
le spalle
alla luna.
Lacrime
lente e brucianti scorrevano sul suo volto mentre la mente tornava
costante al
pomeriggio, il momento in cui aveva rovinato per sempre
l’unica cosa bella
della sua vita.
Da
quando l’aveva conosciuta nella sua vita non c’era
più stata tristezza, non
aveva più guardato la luna.
Perché
lei, Lily Evans, era l’unica cosa che guardava, che vedeva.
Non gli importava più delle prese in giro, dei litigi, del
fatto che anche ad
Hogwarts continuava ad essere un ragazzo isolato e deriso. Nulla di
tutto ciò
lo toccava, perché lei era sua amica, ed era tutto
ciò che gli serviva.
Aveva
sperato per anni di diventare remoto e irraggiungibile come la luna ed
era
bastato incrociare i verdi occhi di Lily una sola volta
perché tutto il resto
smettesse di essere importante.
Tutto
tranne James Potter.
E
adesso proprio a causa sua rischiava di perdere la sua luna, il suo
sole, il
suo intero mondo.
Severus
Piton si alzò dalla poltrona con sguardo deciso, rendendosi
solo vagamente
conto di aver pianto per la prima volta in vita sua.
Si
alzò e marciò deciso fuori dal sotterraneo; non
poteva permettersi di perdere
Lily Evans.
Le avrebbe chiesto scusa e
la sua luna sarebbe
tornata presto a brillare nel cielo altrimenti scuro della sua
esistenza.