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Autore: imnotme    24/04/2012    0 recensioni
Dare senso alle proprie azioni e mantenere una coerenza di base con le proprie idee, è ciò a cui a molte persone risulta più difficile ed è per questo si inventano scuse, si costruiscono castelli in aria, si abbandonano a distrazioni che bruciano il cervello, corrono disperatamente dietro a mete irraggiungibili, pur di non ammettere la realtà. Jackie cerca di uscire da una vita di distrazioni e scuse tornando proprio lì dove ha toccato il fondo. Ma riuscire a venir fuori dal vortice di droga e sesso di Los Angeles non è esattamente facile.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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«Sei in ritardo!»

«La spazzatura non se ne va da nessuna parte, anche se arrivo un quarto d'ora dopo.»

Ancora accanto al camion, con una sigaretta in bocca e un'espressione prima seccata e poi perplessa, Mick guarda la ragazza che sta cercando di chiudere velocemente e senza successo il giacchetto da lavoro. Evidentemente irritata, lei lancia occhiate di rabbia nel vuoto e non parla.

«Salta su, andiamo. Che ti prende?»

«Niente, ho altre cose a cui pensare.»

Senza neanche una parola in più i due salgono ai lati posteriori del camion della spazzatura e un attimo dopo questo parte.

Svuota cestini e lava le strade del centro in preda a uno sconforto che le ricorda molto i tempi prima di tornarsene a Houston, ma non avrebbe più senso scappare ancora. Borbotta da sola di tanto in tanto, invece i ragazzi scherzano e ridono. Forse si è dimenticata la vera Jackie in Texas.

 

«Così mi vizi, piccola.» la donna è distesa sul letto, stesso letto di tutte le sere, stessa stanza e stessi soldi. «Ma non esageriamo, non voglio che diventi un'abitudine.»

Appena la sente lei scoppia a ridere, una risata secca e amara, alla donna piace avere il controllo, piace essere imprevedibile. Alla donna piace Jackie molto più delle altre, ma non lo vuole ammettere.

«Sai dove trovarmi... se ti va.» seduta sul bordo del letto, si veste piano piano. Non riesce a guardarla, così le dà le spalle, è più facile non guardare quella donna, aiuta a dimenticarsi i suoi occhi. Alla fine piega con cura il giaccone su un braccio, ci tene molto al suo giaccone, e si alza per andarsene.

«Ciao.»

«Hey! Dove vai? Non ho detto di aver finito.» la donna non alza mai la voce, modula soltanto il tono in modo da renderlo un po' meno basso, così la sua voce sempre pacata raggiunge chiunque con un qualcosa di dolce ma non squillante, non si può sfuggire alla sua voce. «Non mi piace che pensi a qualcos'altro mentre ci sono io.» il tono è carezzevole ora che la ragazza si è seduta di nuovo sul letto, accanto a lei questa volta. «Che cos'è che gira per questa testolina più di me?» Alza il busto con la stessa lentezza con cui parla, e con la stessa ostentazione di fascino. Lascia che la coperta nasconda solo metà del suo corpo, mentre lei sfiora il collo e il viso della ragazza.

«Che non devo più venire... non voglio più venire qui.» Passano diversi attimi prima che riesca a parlare, sempre evitando il suo sguardo.

«E da quando ti importa della stanza?» Domanda, ignorando volutamente ciò che Jackie intende veramente. «Vuoi iniziare a fare i capricci?» Le labbra vanno ad afferrare il lobo dell'orecchio, sussurrando e cercando di distrarla.

Trasale, appena sente le sue labbra, e si scosta, ma non con forza bensì imbarazzo. «Io non faccio i capricci, io non ti ho mai chiesto niente. Non mi hai mai detto neanche il tuo nome... e io non te l'ho mai chiesto.» Balbetta un po', stringe i pugni e poi distende le dita, ma non la guarda. «Ora invece ti chiedo di lasciarmi andare, non voglio che mi paghi più e non voglio più venire qui con te.» Riesce poi a parlare con più fiato, a essere più convinta e si alza, infilando una mano in tasca e l'altra stringendola intorno al giaccone. A passi sicuri, più svelti e pesanti, va verso la porta e la apre per uscire, ma non riesce ad attraversarla.

«Andrea... mi chiamo Andrea.» Lei stringe forte il suo giaccone, lontano dalla sua mano che l'ha afferrato per trattenerla, ma per uscire dovrebbe lasciarglielo perché non è intenzionata a mollare la presa. E' in piedi dietro la ragazza, senza neanche essersi accorta di quando e perché si è alzata per andarle dietro.

«E' stato un piacere, Andrea. Grazie.» Solo ora si gira ad incontrare i suoi occhi. Bacia lentamente quelle labbra piene, sorride e non le lascia il tempo di pensare, che è già fuori dalla porta.

 

Si tratta di volontà, no? Si tratta di decidere di fare la cosa giusta, e lei la cosa giusta da fare l'aveva già decisa, solo la parte della volontà è un po' più difficile. Si tratterebbe anche di decidere di costruirsi un futuro, ma per un'orfana che non sa stare da sola e non è abituata a stare con la stessa persona, anche questo risulta difficile, o risulta più facile costruire scuse aggrappandosi a questo.

Per la prima volta da quando è tornata a LA si è ritrovata a pensare, ma evidentemente il periodo in cui non era riuscita a pensare da sola, senza nessuno che le dicesse quel che pensare e quel che sarebbe meglio fare, è stato ben più lungo di due giorni, altrimenti non si spiega perché è già arrivata davanti al bar di Sam e ha un po' di mal di testa.

«Un whisky doppio per la signorina?» La voce bassa ma vivace la raggiunge da dietro il bancone, e neanche un attimo dopo trova Sam a guardarla sorridente. «Che ti porta da queste parti con il sole ancora alto?» continua sarcastica, ma il suo sorriso è genuino, quello non riesce a controllarlo.

«Se me lo offri tu volentieri, altrimenti io mi prendo un succo d'arancia e te lo pago sistemandoti i tavoli... e magari ti aiuto anche con i bicchieri, ma solo perché mi stai simpatica.»

«mmh... tu inizia con i tavoli, poi vediamo.»

Ha una strana velocità scoordinata nei movimenti, una leggerezza improbabile e impacciata, ma viva di una forza che non si capisce da dove venga. Ci mette un attimo, magari qualcosa in più, dietro continui commenti e correzioni di Sam, a preparare i tavoli. Poi, tutta contenta, va verso il bancone, inciampando ovviamente nell'ultima sedia sistemata.

«Mi sono meritata il succo?»

«Direi di sì, ma solo se mi aiuti un altro po', sono da sola stasera. Dovrei smettere di prendere come aiutanti belle ragazzine, finiscono tutte per trovarsi qualcuna e mollare il lavoro dal nulla.» Borbotta senza smettere di preparare stuzzichini vari, ma sorride bonaria.

«Beh... se mi offri la cena posso stare io con te dietro il bancone stasera. E giuro che non vado via con nessuna, sto cercando di fare la seria... seriamente.» Lei parla con allegria e decisione, finisce il succo e poi si avvicina a Sam cercando di rubarle un mini hamburger.

«Puoi restare a cenare con me, ma non posso pagarti per una serata di lavoro tanto quanto ti paga quella per qualche ora soltanto.» Non oppone nessuna resistenza e la lascia rubare quel che vuole. «E poi tu non hai già un altro lavoro di notte?»

«Di solito attacco la mattina presto, verso le 4 o 5.» Parla a bocca piena, mesticando veloce il boccone. «E... quella non mi paga più. Le ho detto che non la vedrò più.» una volta finito di masticare deglutisce piano e poi parla con serietà, cercando di sembrare austera, o quasi. «Si chiama Andrea.»

«Davvero?» Ecco una buona ragione per staccare lo sguardo dalle mani e sgranare gli occhi verso Jackie. «Come cazzo hai fatto a scoprire il suo vero nome?»

Lei scoppia a ridere davanti a quella esclamazione, non pensava fosse così tanto importante. «Me l'ha detto dopo che ho deciso di chiudere, credo che così pensasse di trattenermi. Ma non pensavo fosse il suo vero nome... tu come fai a saperlo?»

Sam non risponde inizialmente, la guarda ancora con un'ombra di preoccupazione nello sguardo, poi torna a preparare. «Ci conoscevamo da giovani...» Risponde facendo spallucce, non vuole farla sembrare una cosa importante. «Vai a lavarti le mani, stasera lavori per me... e se te la cavi bene magari anche più di una sera.» Le fa l'occhiolino, ma l'espressione è ancora piuttosto seria e resta pensierosa anche mentre insegna a Jackie quel che deve sapere per aiutarla al meglio durante il servizio.

 

«Come sta andando la serata?» Domanda sorridente, mentre le sguscia veloce dietro la schiena con due birre in mano.

«Bene, se non fosse per una fastidiosa ragazzina che non sta mai ferma e che mi chiede in continuazione come sta andando la serata.» Sam ridacchia mentre continua a preparare i cocktail, intanto Jackie è già arrivata con le birre al tavolo, e un istante dopo è dietro il bancone di nuovo.

«E come faccio a sapere se sto andando bene se non te lo chiedo?»

«Se non ti ho ancora buttata fuori vuol dire che non sta andando poi tanto male... per ora.»

«Puah sarò la miglior barista mai esistita! Anche se non so ancora fare altro che aprire birre...»

Finito di preparare le bevute e appoggiate su un vassoio, Sam fa cenno a Jackie che le porta al tavolo. Escludendo la media di un bicchiere rotto su sei portati al tavolo sani, la ragazza sembra cavarsela bene.

«Un Long Island.» La voce calma e bassa di Andrea viene riconosciuta subito da entrambe, ma nessuna dimostra troppa emozione, o almeno entrambe provano a farlo. In qualche minuto Sam prepara il drink, mentre Jackie è costantemente in movimento tra bancone e tavoli.

«Non mi piace quello che stai facendo.»

«Io non c'entro niente.»

«Vuoi dire che è una coincidenza che ora lavora per te?»

«Si è offerta di aiutarmi, punto. Lo sai bene che non mi immischio in niente che ha a che fare con te.»

«Quindi non ti dispiacerà se stasera me la porto via prima della chiusura?»

«Tu puoi fare quello che ti pare e lei può fare quello che le pare. Io non voglio immischiarmi.»

«Perfetto.»

La donna finisce il drink e si allontana dal bancone, la barista invece continua il suo lavoro, come se non avessero mai parlato. Si sforza di concentrarsi sulle bevute e sui clienti, ma non riesce a non cercare con lo sguardo Jackie. E' impossibile capire cosa si stanno dicendo, ma Andrea le sta vicina e le parla, è impossibile anche non immaginare la sua voce suadente, non è difficile ricordare il tono con cui ammaglia le ragazze, il difficile è stato cercare di dimenticarselo. Un minuto più tardi Jackie è di nuovo dietro il bancone.

«Due Mojito per il tavolo 5.»

E la donna sta uscendo dal locale con una biondina.

 

«...uhm pronto?»

«Lis? Sei sveglia?»

«Chi è? Jack?»

«E' tardi, lo so, ma avevo voglia di parlarti. Posso parlarti?»

«Jack, che ore sono?»

«Dai svegliati, devo parlarti!»

«Un attimo...»

«Un attimo... ok... è passato! Puoi parlare ora?»

«Aspetta, chiudo la porta. Tutto ok?»

«Sì, cazzo! Va tutto alla grande Lis!»

«Non urlare! Che hai fatto?»

«Scusa... Lis, avevi ragione, piano piano sto migliorando.»

«Io ho sempre ragione, ricordi?»

«Questo è quello che diceva il signor Anderson, ma io te lo dico per esperienza ora. Forse ho trovato un nuovo lavoro e sono riuscita a dire di no ad una donna e non mi sento in colpa e Sam ha detto che sono brava come cameriera ma come barista devo migliorare e forse posso lasciare il lavoro da spazzina e magari mi faccio ospitare da Sam e lascio in pace Mick!»

«Wow! Complimenti, fai bene a star lontano dalle donne. Non sai quanto sono contenta che sei riuscita a rifiutarla, ora una poi un'altra, e piano piano sarai libera Jackie. Ma per il lavoro? Chi è Sam?»

«Sam è la proprietaria del bar che frequentavo prima di tornare a Houston. E' molto simpatica e buona, ha detto che se miglioro mi prende a lavorare con lei così posso lasciare quello schifo di lavoro.»

«No! Ma che dici? Dovresti lasciare il lavoro sicuro con Mick che ti guarda e andare a lavorare in un bar per sole donne?»

«Perché no? E' divertente, e poi visto che lavoro non potrò andare via con chiunque... Magari riesco a conoscere, ma proprio conoscere dico, qualche ragazza simpatica. Poi anche Sam si prende cura di me, si vede che ci tiene...»

«Appunto... un'altra donna che si prende cura di te. Ma ti ricordi il programma? Come fai a liberarti da una dipendenza se ne stai continuamente a contatto?»

«Ma stasera non ho avuto nessun problema...»

«E poi sempre in un bar per sole donne... Mi hai svegliata per dirmi che non è cambiato niente? Se stai sempre soltanto con le donne come cazzo farai a guarire?»

«A guarire?»

«Cioè... Nel senso... dalla dipendenza, come farai a farcela da sola se stai sempre con le donne?»

«Io è con le donne che voglio stare Lisa...»

«Sì, ma Jack, ti fanno male e tu lo sai. Noi siamo qui per aiutarti a liberarti.»

«Avevo capito che ora ti prendevi solo tu cura di me, non tutto il gruppo...»

«Il signor Andreson controlla sempre l'andamento di tutti, perché ci tiene, lo sai, perché vogliamo diventare tutti utili alla società. Ma ci sono io qui per te.»

«Lisa...»

«Ora è tardi, domani ne riparliamo, ok? Ma ricorda che non dovresti passare tutto questo tempo nei bar.»

«...»

«Jackie?»

«Sì, lo so.»

«Ah poi il diario? Lo stai scrivendo?»

«Comincerò prima di andare a lavorare, ho ancora tempo.»

«Ma se sono le 3 di notte, dovresti anche dormire un po'. E devo andare anch'io, sennò mio marito si preoccupa.»

«Sì, poi lo faccio... Senti Lisa... Tu ci verresti qui da me per un weekend di tanto in tanto?»

«Te l'ho promesso, ricordi?»

«Sì... ma era per sicurezza...»

«Quando avrai davvero bisogno di me volerò là.»

«...»

«Capito?»

«Sì, anche per vedere i miei progressi.»

«Sì, ovvio.»

«Ora vai Lisa, buonanotte.»

«Buonanotte, mi raccomando Jack.»

 

Caro diario del cazzo che si scrive a 8 anni e non serve a una beata minchia a parte che per farsi controllare, ho deciso che non ti scriverò. Ho deciso che farò esattamente quello che mi pare e migliorerò da me. Ho deciso che non ho nessuna voglia né di diventare utile alla società, né di diventare eterosessuale. Ho deciso che voglio Lisa e che voglio che lei venga a vivere con me.

  
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