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Autore: Artemys    24/04/2012    4 recensioni
Era così evidente ai miei occhi, così logico.
Harry e Ginny.
Io e Ron.
Eravamo fili così intrecciati che era solo questione di tempo perché i nodi si stringessero. Sarebbe bastata una minima tensione perché si formassero.
Io non credo al destino, ma per me quel groviglio caotico aveva perfettamente senso, era pulito e chiaro, prevedibile.
Ma non avevo calcolato la variabile.
Ero stata arrogante credendo che l'intrusione di Dean tra Ginny ed Harry non potesse replicarsi tra me e Ron.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Ciao a tutti! Io non sono un'appassionata di questa coppia... cioè, leggendo i libri voglio e amo che finiscano insieme, ma pensandoci senza il cuore immerso nelle avventure del trio faccio fatica a non vederla come una relazione un po' squilibrata. Tuttavia ho voluto cimentarmi in questo esperimento, perchè di recente ho passato un brutto momento, e scrivere questa breve storia per me è stato catartico. Spero vi piaccia! buona lettura!
Artemys




Oppugno!

Il frastuono nella torre rosso-oro era assordante.
La burrobirra scorreva a fiumi, sospetto ci fosse anche qualche bottiglia di Firewhiskey ad infervorare gli animi. Grifondoro non aveva mai brillato per ordine e calma, soprattutto quando c’era da festeggiare una vittoria nel Quidditch!
Nessuno che avesse visto la nostra squadra allenarsi negli ultimi mesi avrebbe sperato in quella vittoria.
Il fatto che Ron avesse portato la squadra alla vittoria l’anno scorso non significa che la sua disastrosa goffaggine e il suo complesso d’inferiorità sarebbero spariti col nuovo campionato.
Harry lo sapeva.
Il nostro Capitano aveva visto il Re tremare come una foglia, e gli aveva restituito il ruggito con un trucco. Un trucco! Una miserabile finta! E io c’ero cascata in pieno.
Harry ci contava, dovevo cascarci io perché potesse crederci anche Ron. Lui non avrebbe mai notato quello scintillio dorato nella mano di Harry quella mattina. Ma non poteva sfuggire a me, la so-tutto-io, quella che sta attenta ad ogni dettaglio, precisa fino alla paranoia, coi sensi sempre all’erta per cogliere quel fugace colpo di genio che tante volte ci ha salvati negli ultimi sei anni.
Perfino in quel momento ero perfettamente consapevole di quella bottiglia di vodka che Seamus aveva appena passato a Colin, alla mia destra.
Ma non m’interessava.
Io, l’irreprensibile e inamovibile Prefetto Granger, me ne stra-fregavo delle regole in quel momento.
Perché se c’era una certezza nella mia vita, come una sorta di principio armonico a tenere in piedi il mio universo, era il sentimento che univa me e Ron.
Io sapevo da anni di essere innamorata di lui, fin dal quarto anno avevo capito di piacergli. La sua gelosia nei confronti di Viktor era stata inequivocabile. Quest’anno ero convinta che ormai avesse capito anche lui la natura dei suoi sentimenti per me.
Era così evidente ai miei occhi, così logico.
Harry e Ginny.
Io e Ron.
Eravamo fili così intrecciati che era solo questione di tempo perché i nodi si stringessero. Sarebbe bastata una minima tensione perché si formassero.
Io non credo al destino, ma per me quel groviglio caotico aveva perfettamente senso, era pulito e chiaro, prevedibile.
Ma non avevo calcolato la variabile.
Ero stata arrogante credendo che l'intrusione di Dean tra Ginny ed Harry non potesse replicarsi tra me e Ron.
Avevo consigliato io stessa a Ginny di distrarsi, sapendo con certezza matematica che prima o poi Harry si sarebbe svegliato dal letargo. Allo stesso modo  sapevo che nessuna distrazione sarebbe mai stata capace di far dimenticare a Ginny il suo amore per Harry. Dean era un intralcio temporaneo tra loro, così come ero convinta che  lo fosse l’ottusità di Ron.
È così facile vedere in modo chiaro le storie degli altri, così semplice interpretare il percorso dei fili delle loro vite.
La Cooman poteva dire tutto quel che voleva sulla mia inadeguatezza alla Divinazione. Sono una donna, per questo genere di cose il doppio cromosoma X è l’unica chiave di lettura che occorre, altro che Occhio…
Ma ero una donna innamorata.
Ero una Grifondoro innamorata, e l’amore e l’arroganza mi avevano resa cieca.
Cieca davanti alle moine di Lavanda, troppo innamorata per capire quanto, combinate con le insicurezze  e le manie di protagonismo di Ron, potessero costituire un pericolo.
Avevo sbagliato! Avevo abbassato la guardia e mi ero fatta fregare! La prova era davanti ai miei occhi.
Non riuscivo a distogliere lo sguardo da quel groviglio di labbra, mani e capelli.
Capelli rossi che avevo tante volte scompigliato per gioco, che invece avrei voluto accarezzare per ore.
Mani che avevo stretto nei momenti di solidarietà e nei momenti di pericolo, con amicizia e paura, che avrei invece voluto stringere con tenerezza e passione.
Labbra che avevo tappato con una mano quando dicevano una sciocchezza di troppo, ma che tante volte avevo sognato di coprire con le mie.
Tutte cose che credevo mie per un qualche diritto non scritto, cose che, ero convinta, fosse solo questione di tempo perche arrivassero ad appartenermi davvero.
Chissà perché ero così sicura che tutti vedessero quel filo rosso che legava me e Ron, chissà perché ero stata così sciocca da credere che tutti l’avrebbero rispettato…
Forse un’eccessiva fiducia nel mondo, un’errata speranza nel credere che , dopo tutto il bene che ho fatto in questi anni, la vita mi avrebbe restituito un po’ di felicità.
Evidentemente però essere una brava strega, una vera Grifondoro, una buona amica e una brava ragazza non sempre ripaga. Evidentemente paga molto di più il menefreghismo, la superficialità, la capacità di buttarsi a pesce, senza paura o pudore, addosso a ciò che si vuole e prenderlo.
Esattamente come aveva fatto Lavanda quella sera.
Si era buttata addosso a Ron, senza guardare in faccia nessuno, e se l’era preso.
Nel momento in cui l’avevo vista  saltargli al collo il sangue mi era defluito dal viso.
Avevo oscillato sulle ginocchia, per qualche istante diventate troppo deboli per sostenere il mio peso. Gli occhi mi si velarono di lacrime, ma era un velo ancora troppo sottile per nascondermi quella vista che, in pochi secondi, aveva distrutto il mondo sotto ai miei piedi.
Fu allora che scappai.
Il mio corpo rispose ad un’esigenza ch il cervello non riusciva a ricevere, troppo annebbiato dalla battaglia che le varie me avevano ingaggiato.
L’Hermione amica di Ron.
L’Hermione innamorata di Ron.
L’Hermione esasperata da Ron…
Tutte loro si scontravano in una guerra che mi avrebbe comunque vista sconfitta. Perché io conoscevo Ron, gli volevo bene come amica e l’amavo come donna, ne conoscevo e amavo pregi e difetti, anche quando questi mi mandavano ai matti… L’amavo, tanto quanto lo odiavo in quel momento. Ero delusa e tradita, eppure così stupidamente innamorata e odiosamente razionale da cercare motivi per giustificarlo, perdonarlo, e per questo odiai lui e me stessa ancora di più.
Quando finalmente mi fermai per prendere fiato tra i singhiozzi mi ritrovai in un’aula vuota. Lo intuii dalle ombre tremolanti dei banchi, perché le lacrime avevano definitivamente esondato.
Mi appoggiai alla cattedra e continuai a piangere e singhiozzare in preda ad una crisi isterica.
Odiavo piangere, odiavo sentirmi così fragile, ma almeno non mi aveva vista nessuno.
Dovevo calmarmi, non era da me comportarmi in quel modo, non potevo permettere a quello stupido di farmi questo. Inspirai profondamente e cominciai ad elencare gli ingredienti della Pozione Polisucco.
Ron che sobbalza spaventato da Mirtilla Malcontenta nel bagno delle ragazze
“No!” ringhiai fra i denti spazzando via il ricordo. Passai ad un terreno più sicuro e cominciai ad elencare gli incanti di Trasfigurazione. Pensai al primo anno, quando aspettavo insieme alle altre matricole di essere smistata, senza sapere minimamente quale tipo di prova avrei dovuto affrontare; anche allora ripetere a mitraglietta tutto ciò che avevo studiato mi aveva aiutata a controllare il panico del momento.
“Sono una ragazza forte e intelligente. La strega più brillante della mia età, una Grifondoro!” mi ripetei interiormente, mentre le mie labbra snocciolavano un “Transmutus”.
Pensai a Viktor, che aveva usato proprio quell’incantesimo per salvarmi dal Lago Nero durante la seconda prova del Torneo Tremaghi.
Viktor, il primo ragazzo che mi avesse mai baciata, il primo che mi abbia fatta sentire attraente, apprezzata e considerata come donna, e non come amica saccente.
Svuotai la mente ed impugnai la bacchetta, torsi il polso flettei le dita in lieve svolazzo. Alcuni canarini gialli e cinguettanti apparvero nell’aria sopra la mia testa e cominciarono a svolazzarmi attorno. Un incantesimo non verbale perfettamente eseguito.
Ero una brava strega, una brava ragazza, una buona amica, ed ero padrona di me stessa.
Tirai su col naso, finalmente calma, e proprio in quel momento Harry entrò trafelato dalla porta, col fiato corto. Doveva essermi corso dietro appena aveva visto la nuova coppia di Grifoni che si mangiava la faccia in mezzo alla Sala Comune.
Mi guardò preoccupato, sapevo che erano evidenti i segni del pianto sul mio viso, ma feci finta di niente. Non volevo la sua pietà.
“Hermione” bisbiglio, come se temesse che con un volume troppo alto avrebbe rischiato di incrinarmi, come un bicchiere di cristallo
“Oh, ciao,Harry” esordii, cercando di suonare naturale, ma la voce uscì troppo acuta e rotta per essere credibile. “Mi stavo esercitando” farfugliai allora abbassando gli occhi a terra e sistemandomi meglio sulla cattedra.
Lo sentii avvicinarsi con passo indeciso.
“Si…sono…ehm… venuti bene…” borbottò sedendo misi accanto, evidentemente imbarazzato, tanto da strapparmi un mezzo sorriso.
Che tenerezza che mi faceva Harry, così buono, così inconsapevolmente dolce, così coraggioso e avventato quando si trattava di combattere in prima linea, eppure così timido e imbranato nelle questioni sentimentali.
Volevo ringraziarlo. Per la sua amicizia, per la sua forza, per il suo essere lì in quel momento… perché aveva capito, almeno lui. Anche se, il fatto che perfino Harry avesse capito, rendeva Ron ancora più ingiustificabile ai miei occhi. Ron era un idiota.
Tuttavia, invece di ringraziarlo, chiesi: “Cosa provi Harry? Quando vedi… Dean con Ginny?”
Lui, poverino, mi guardò come un bambino che viene sorpreso con le mani nell’impasto dei biscotti.“Lo so… Vedo come la guardi… Sei il mio migliore amico” spiegai, continuando ad inspirare a fondo per calmarmi, per quanto possibile. Mi sentivo un verme per quella domanda, ma avevo improvvisamente visto la similitudine tra me ed Harry. Entrambi innamorati di qualcuno che ci ha dato la speranza si essere ricambiati, ma che è impegnato con qualcun altro; costretti a rimanere in disparte a guardare e comportarci comunque da buoni amici, sperando nella buona fede dell’altro. Ma io di buona fede ne avevo poca, in quel momento, e non è facile far finta di niente quando si è innamorati.
Un rumore di passi e risatine giulive ci raggiunse pochi istanti prima che il Re di Grifondoro e la sua nuova ochetta bionda d’ordinanza appesa al braccio facessero la loro entrata.
“Oops. Il posto è già occupato!” squittì stupidamente Lavanda, coprendosi la bocca con una mano e allontanandosi, convinta di avere Ron subito alle spalle.
Lui però si era fermato lì, sorridendo come un ebete e perfettamente incurante dei miei occhi rossi di pianto. “E quegli uccelli?” chiese.
Una rabbia furiosa divampò nel mio petto, facendomi scattare in piedi. Con tutto il dolore che mi sentivo dentro, che mi si leggeva in faccia, con tutto quello che… lui faceva caso a degli stupidi canarini!
“Oppugno!” esclamai, fredda e distaccata, come un generale che ordina l’assalto. Istantaneamente i miei uccellini si misero in formazione come dei caccia e si lanciarono addosso a Ron. Lui, spaventato, scappò via, lasciandomi sola con Harry, libera di dar sfogo alle lacrime, che erano tornate.. Non mi aveva dato alcuna soddisfazione attaccarlo, non sarebbe bastato nemmeno prenderlo a pugni con le mie mani, a meno che lui non mi avesse fermata abbracciandomi stretta. 
Questa volta non fermai il pianto, gli diedi corso, lasciando che i singhiozzi mi scuotessero fino a farmi male. Mi appoggiai ad Harry in cerca di conforto, lui mi circondò le spalle con un braccio, protettivo e fraterno, mormorando “Mi sento così”. Mi permise di nascondere il viso sul suo collo e di inzuppargli la camicia di lacrime amare.
Piansi disperata, perché finalmente avevo capito, in modo assoluto e senza riserve, di essermi innamorata di un idiota.
   
 
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