Mi presento, per chi non mi conoscesse, il mio nome è Marta e pubblico su EFP - soprattutto in questo fandom -, da qualche anno. La one-shot che vi propongo è una sorta di finale alternativo di Breaking Dawn. Prima di lasciarvi alla lettura, vi faccio una piccola panoramica: tutto è andato come pensava la Meyer. Edward e Bella si sono sposati, hanno avuto la loro luna di miele e lui l'ha trasformata. Nessie, quindi, non è mai nata. Le cose, però, non sono andate come Edward - e tutti i Cullen - speravano.
Per altre spiegazioni, ci si legge in fondo. Adesso vi lascio alla piccola one-shot... Buona lettura!
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Sleeping Beauty
Addormentata bellezzA
« Bellezza è
l'eternità che
si contempla in uno specchio;
e noi siamo l'eternità, e
noi siamo lo specchio. »
Kahlil
Gibran.
Giaceva
lì, immobile nella sua perfezione eterna, da quasi
settant’anni.
Non
era cambiato nulla in quell’arco di tempo che, per me,
sembrava immutabile. Le
ore passavano realmente? E i giorni? Per non parlare dei mesi e degli
anni.
Non
dovevo accontentarla.
Ero
sempre stato dell’idea che fosse sbagliato il suo volere, la
sua richiesta. Mi
ero opposto così tanto… Eppure, alla fine, avevo
ceduto.
Avevo
ceduto ai suoi occhi color del cioccolato fuso; avevo ceduto al suo
pallido
viso a forma di cuore, al suo sorriso dolce. Avevo ceduto a lei: la
prima ed
unica donna che avessi mai amato in tutta la mia lunga esistenza.
«
Trasformami. » diceva sempre.
«
No. » era la mia risposta « Non ti
priverò mai della tua anima, Bella. Mai.
»
Nonostante
Carlisle, mio padre – nostro
padre –,
le avesse spiegato quello che tutti noi, tutti i vampiri,
pensavamo di noi stessi, lei non aveva mai demorso un
secondo. Mai dire mai, dicevano in
molti. Ed il mio “mai” non ebbe nemmeno per un
secondo troppa valenza.
Mi
ripeteva continuamente che non ero
un
mostro, Bella. Che le mie convinzioni su me stesso erano sbagliate,
completamente errate. Neppure quando le confessai di aver uccido
migliaia di
uomini, solo per il gusto di farlo, cambiò idea.
«
Edward, erano degli assassini! » aveva urlato, alzandosi dal
letto per venire
dinanzi a me « Probabilmente hai salvato molte più
vite di quelle che hai
preso. »
Non
ci credevo. Non ci avevo mai creduto. E facevo bene…
Ciò che ero mi veniva
ricordato adesso, tutti i giorni,
da
anni. Solo un mostro avrebbe potuto fare quello che si presentava
dinanzi ai
miei occhi, ad ogni singola ora del giorno, da settant’anni.
«
Perché non vuoi che io diventi come te? » i
ricordi erano ancora troppo vividi
in me. Troppo dolorosi e troppo reali perché io riuscissi a
fare qualcosa di
concreto, per me stesso o la mia famiglia. Mi aggrappavo a quelli per
andare
avanti; mi aggrappavo con le unghie e con i denti ad una speranza,
forse troppo
vana. Ad un’illusione.
«
Conosco le conseguenze della scelta che stai per fare. »
avevo risposto
onestamente, fissandola negli occhi « I ricordi, i
legami… Tra qualche decennio
tutte le persone che ami saranno morte. Tu no, invece. Non
invecchierai, non
morirai. Mai. Tu sei convinta che io abbia
un’anima… Beh, io dico di no. E non
voglio essere quello che distruggerà la tua. » la
sua reazione, a quel punto,
mi aveva lasciato interdetto. Stava
sorridendo.
«
Quindi non è perché non sarò
più calda o… morbida. » stranamente
scoppiai a
ridere anche io.
«
Tu sarai sempre la mia Bella… » sussurrai, prima
di posarle un bacio sulla
fronte e stringerla a me « La mia Bella, solo meno fragile.
»
Mi
alzai di scatto, rompendo la prima cosa che trovai davanti a me. Un
tavolino di
legno massello, laccato nero. Lo afferrai, rompendo la vetrata che
costellava
l’intera stanza. Il fracasso fu assordante. Orecchie umane lo
avrebbero percepito
come un “fastidioso boato”, per i vampiri era mille
volte peggio. Ringhiai, più
contro me stesso che contro quel frastuono.
Tornai
in me pochi secondi dopo. Pazzo,
pensai. Sì, ero decisamente pazzo. Folle, fuori controllo,
arrabbiato, feroce…
Ero una bomba ad orologeria che stava aspettando di esplodere.
L’unica che mi
teneva ancora con i piedi per terra era lei.
È
il dolore, a renderti
folle...,
sussurrò qualcuno nella mia testa. La mia parte umana;
l’anima in cui Bella
aveva sempre creduto. Mi voltai, spostando lo sguardo sul letto.
Era
in ferro battuto, nero, con decori floreali in oro massiccio. Le
lenzuola e le
coperte erano bianche, come lei. Giaceva nel suo grande letto
– nel nostro
grande letto – immobile. Il viso cereo, come il mio; le
labbra perfette, rosate
da una lucentezza naturale – almeno per quelli come noi. Le
sopracciglia erano
folte, incurvate alla perfezione, e nere come la pece; i suoi capelli
lunghi e
setosi, di qualche tonalità più scura, rispetto
al colore con cui l’avevo conosciuta.
Indossava una camicia da notte blu. Le donava moltissimo quel
colore… Le era
sempre donato molto.
«
Edward, cosa succede? » chiese qualcuno, entrando
silenziosamente nella stanza.
Chi
aveva osato?! Mi voltai ringhiando. Nessuno poteva accedervi. Nessuno!
«
Ehi, calmo! » si difese « Ritira i denti e non
provarci nemmeno a saltarmi
addosso, intesi? Ci metto due secondi a staccarti la testa, succhiasangue. »
«
Cosa vuoi, Jacob? » domandai, ritirando i canini nelle
gengive « Perché sei
qui? Nessuno entra mai qui. »
«
Lo so, lo so. » rispose, in tono annoiato «
È il tuo mondo, no? Nessuno che
tenga alla vita può entrarci. È la tua tomba
d’oro. O forse dovrei dire che è
la sua? »
domandò, infine, spostando
il suo sguardo scuro sulla figura posta al centro dell’enorme
letto.
«
Vattene via, Jacob. » sibilai, voltandogli le spalle
« Non è un posto per te. »
«
Hai sempre deciso tutto tu, vero? » chiese, prendendo una
sedia, e si accomodò
« Sei tu che decidi cosa è giusto e cosa non lo
è. Tu che sai quando fare o non
fare una cosa. Tu che trovi i carnefici e le vittime! Beh, Edward, devi
piantarla di pensare a queste stronzate perché non
è così che tornerà! Perché
per quanto mi faccia schifo e male dirtelo, è stata una sua
scelta! Lei ti
amava e tu lo sai. Nonostante io amassi lei, ha scelto te e il tuo
mondo.
Avrebbe sempre scelto te e il tuo mondo. Non puoi invertire tutto
questo, o
cambiarlo addirittura! Perciò piantala di fare il morto. Non
lo sei già forse
abbastanza? »
«
Ma ti stai sentendo? “La vita va avanti, Edward!”
» sibilai, scattando di
fronte a lui « Non per me, Black. La mia esistenza si
è fermata nell’istante
stesso in cui il suo cuore ha smesso di battere, quella dannata
mattina. »
affermai deciso.
Jacob,
dal canto suo, mi allontanò con la mano. Mi scottai,
era incredibilmente caldo. Forse troppo.
«
Rispondi ad una domanda, Edward. » disse, prima di voltarsi
verso la porta « Se
tu fossi stato umano, cosa avresti fatto? » mi
spiazzò. Cosa intende dire?
«
Sarebbe stato tutto più semplice. »
«
Riformulo: se tu fossi stato l’umano e lei il vampiro, cosa
avresti fatto? »
risposi di getto, senza pensarci nemmeno per un istante.
«
Avrei fatto di tutto per stare con lei. Anche morire. »
«
Ti sei riposto da solo. » sussurrò,
aprì la porta e sparì nel silenzio più
totale. Lo stesso che lo aveva portato da me, in quella stanza.
Rimasi
a fissare l’uscio bianco per interi minuti. Le parole di
Jacob Black mi rimbombavano
nelle orecchie, come le mie o quelle di Bella.
«
Preferire morire, che stare lontana da te. »
Ma
lei non era morta. Lei non era viva. Lei non era niente, al momento.
Non un
vampiro, né un essere umano. Era intrappolata in una
transizione mai finita. Persa,
chissà dove, in un dolore che
l’aveva lasciata troppo tardi, ma al contempo già
da troppi anni. Il veleno
aveva raggiunto l’apice; il suo cuore – veloce come
un razzo – aveva galoppato
fino all’ultimo, per poi zittirsi, facendo calare un silenzio
gelido su tutti
noi.
Ricordo
ancora quel momento: il veleno che le scorreva nella vene, cambiando i
suoi
tessuti uno ad uno, lentamente; il suo corpo che mutava, cambiando
pelle e
forme; il suo muscolo forte e deciso, che galoppò fino
all’ultimo secondo.
Quando il veleno, il mio veleno,
giunse al cuore la trasformazione sarebbe dovuta risultare completata.
Avevo
già immaginato tutto: Bella che apriva gli occhi,
guardandosi intorno spaesata;
io che le accarezzavo il viso, incrociando i suoi occhi rossi; la prima
caccia.
Ma tutto ciò non accadde mai. Bella non si era mai
svegliata, da allora.
Carlisle
parlò di un tunnel, come se Bella si trovasse in mezzo ai
due mondi, a metà
strada. Non era il primo essere umano a trovarsi in quelle condizioni.
Non si
capivano i motivi, però. Nessuno era mai riuscito a
comprendere come mai,
nonostante la trasformazione avesse raggiunto la sua conclusione nel
migliore
dei modi, la persona non si svegliasse. Non riuscivo a concepire che
questo
destino fosse davvero toccato proprio a Bella. E a me, insieme a lei.
«
Sono passati settant’anni, Bella. » sussurrai,
raggiungendola sul letto. Mi
sedetti vicino a lei e le accarezzai il viso « Non credi che
sia ora di
svegliarti, adesso? » continuai, prendendole la mano e
stringendola tra le mie.
Non
era più calda. Non vi era più alcuna differenza
tra le nostre temperature o tra
la nostra corporatura. Il corpo di Isabella, adesso, era una macchina
letale.
Duro, freddo, indistruttibile. Eppure, qualcosa l’aveva
relegata in questo
letto e non accennava a farla svegliare.
«
È come un coma, Edward. »
aveva detto
Carlisle, due settimane dopo la transizione completata « Non
è più viva, ma
nemmeno non-morta. È in una sorta di limbo, di tunnel, come
se si trovasse da
qualche parte e non sapesse come uscirne. Non c’è
niente che possiamo fare.
Dobbiamo solo aspettare e sperare. »
Non
avevo mai spesso di sperare. Neppure adesso, dopo tutti quegli anni.
Mi
alzai, dirigendomi verso il grande armadio che si trovava davanti al
letto.
L’indomani avrei sistemato la vetrata. Danno che,
stupidamente, avevo fatto io.
Avevo
dato a Bella la mia stanza, a villa Cullen. Una stanza che avevo reso
immacolata, dopo il tentativo di mia sorella Rosalie di ucciderla.
«
Siete pazzi! » aveva urlato, cinque anni dopo la
trasformazione di mia moglie
« Vi state aggrappando ad
un’illusione! La alimentate come se fosse un essere umano in
coma! Dio santo,
sangue per endovena? Isabella è morta! La sua scelta
l’ha portata a questo, ok?
E mi dispiace… » continuò,
singhiozzando. Era un pianto senza lacrime « Non
doveva andare così. Ma è ingiusto tenerla legata
a quel macchinario, ad una
vita, non-vita, che ha perso. Nessuna persona fino ad ora è
uscita dal coma
indotto dalla transizione, lo sai anche tu, Edward. »
«
Bella è diversa. » ero riuscito solamente a
rispondere.
«
Ti stai illudendo. E stai trascinando la famiglia nel tuo Inferno
personale. »
Quella
fu l’ultima volta che vidi Rosalie Hale. Si
trasferì in Alaska, con Emmett,
qualche mese dopo.
Qualche
anno più tardi, Jasper convinse Alice ad andare via da
Forks. Usò la scusa del
“andiamo a cercare qualche cura, qualche rimedio”
ed Alice, troppo affezionata
a Bella per non provarci, lo seguì. Erano passati altri
cinquant’anni, da
allora.
Gli
unici che decisero di rimanere con me, furono Carlisle ed Esme.
Eravamo
diventati dei fantasmi. Come quei vampiri che si vedevano in
televisione o si
leggevano nei romanzi. Non potemmo uscire di giorno per parecchi anni,
fingendo
il nostro trasferimento. Andavamo a caccia solo di notte, mentre la
nostra casa
era ricoperta da strati spessi di tendoni neri. Non accendevamo quasi
mai la
luce, preoccupati che qualcuno potesse vederla. Il buio, comunque, non
era mai
risultato un problema per noi, anzi.
«
Edward? » chiamò Esme, bussando alla porta
« Io e Carlisle andiamo a caccia,
torniamo presto. » annuii, ma non risposi.
Era
già passato un altro giorno? Evidentemente sì, ma
come al solito non me n’ero
reso conto. Un altro giorno, Bella…,
pensai tristemente. Un altro giorno.
Aprii
l’anta dell’armadio e afferrai una coperta un
po’ più pesante, per metterla sul
letto. Quella sera faceva freddo, non volevo che lei lo sentisse. Era
stupido,
lo sapevo. Era impossibile che lei potesse sentire freddo, come lo era
per me.
Mi faceva sentire meglio, però. Era come se, concedendole
quelle piccole
attenzioni, le dimostrassi di non averla dimentica o abbandonata; era
come se
volessi lanciarle un segnale, una luce da seguire, per tornare nel
mondo reale.
Per tornare da me.
Però
non torni. Chissà se
ti vedrò mai riaprire gli occhi, amore mio.
Richiusi
l’anta, trovandomi di fronte lo specchio situato sul
guardaroba. Vedevo il mio
riflesso, e quello di Bella alle mie spalle. Non eravamo mutati in
settant’anni. Non saremmo mai cambiati, mai.
Perfetti nella nostra bellezza e immortalità,
perché era ciò che eravamo,
adesso; ciò che saremmo stati sempre.
Noi
siamo, anche quando gli
altri non saranno più; noi esistiamo, anche quando gli altri
periranno.
Se fossi stato umano,
forse, quel pensiero mi avrebbe causato un freddo innaturale lungo la
schiena.
Eppure era quella la verità, pura e semplice. Sarei riuscito
a farmi forza,
senza cedere alla rabbia o al dolore? Avrei mai dato ragione a Rosalie,
lasciando andare il mio amore per sempre? Ero innamorato, o forse solo
un
egoista che non riusciva a staccarsi dalla donna che amava? E lei,
Bella,
soffriva in quel tunnel di indecisione, di perdita?
Secondo Carlisle, no. Ma era vero? Non lo sapevo. Non sapevo
assolutamente
niente della sua condizione. Nessuno sapeva niente di quella
condizione.
Nonostante le nostre assidue ricerche, le nostre domande non trovarono
mai
alcuna risposta.
Presi
un gran respiro e tornai accanto a lei, sul letto. Sovrapposi
l’altra coperta,
e attaccai una sacca di sangue fresco affinché il suo corpo
avesse ciò di cui aveva
bisogno. Rimasi a fissarla per tutta la notte, mentre il sole sorgeva
all’orizzonte, ricordandomi che un nuovo giorno era appena
iniziato. L’ennesimo.
Mi
voltai a destra, per fissare il suo volto. Era così
bella… Addormentata nella sua
irreale perfezione. Addormentata nella
sua eterna bellezza.
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Eccoci qui, alla fine di questa one-shot non molto felice. Premetto che essa non è nulla di che, solo qualcosa che ho scritto di getto rimanendo colpita da una piccola scena di episodio di un telefilm visto qualche sera fa, Moonlight. In questa one-shot, comunque, Edward trasforma Isabella, ma lei non si sveglia. Non è morta, e non è nemmeno viva o no-morta. E' semplicemente persa, chissà dove. Nessuno sa se mai si sveglierà, l'unica cosa che hanno è la speranza.
Jacob non è più un ragazzino, è cresciuto in settant'anni - anche se ho dato una mia libera interpretazione a quello che scrisse la Meyer su di essi: loro invecchiano sì, ma in modo diverso, a prescindere che abbiamo avuto l'imprinting o meno. Capisce, adesso, che l'amore di Bella per Edward andava contro tutto, anche contro la morte. Edward si sente in colpa, si ritiene resonsabile, ma chi non proverebbe queste sensazioni, ora come ora? L'amore di Edward per Bella non è mai mutato, e lui è lì, accanto a lei giorno dopo giorno, anno dopo anno, in attesa.
Spero che questa piccola one-shot sia stata gradita, anche non era assolutamente scritta con pretensa :)
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