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Autore: Mia Swatt    24/04/2012    14 recensioni
La one-shot è incentrata su un finale alternativo, non molto lieto, di Breaking Dawn. Tutto è andato come aveva detto la Meyer: Edward e Bella si sono sposati, hanno avuto la loro luna di miele e, come pattuito, lui l'ha trasformata. Nessie, quindi, non è mai nata. Nulla è andato come si pensava, però. La trasformazione di Bella ha innescato qualcosa che nessuno si aspettava.
[ Nonostante questa one-shot sia un finale alternativo, non si parla di una Jacob/Bella. Lei ha scelto Edward, avrebbe scelto lui sempre, e anche Jacob lo ha finalmente capito. ]
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Breaking Dawn
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Salve a tutti!
Mi presento, per chi non mi conoscesse, il mio nome è Marta e pubblico su EFP - soprattutto in questo fandom -, da qualche anno. La one-shot che vi propongo è una sorta di finale alternativo di Breaking Dawn. Prima di lasciarvi alla lettura, vi faccio una piccola panoramica: tutto è andato come pensava la Meyer. Edward e Bella si sono sposati, hanno avuto la loro luna di miele e lui l'ha trasformata. Nessie, quindi, non è mai nata. Le cose, però, non sono andate come Edward - e tutti i Cullen - speravano.
Per altre spiegazioni, ci si legge in fondo. Adesso vi lascio alla piccola one-shot... Buona lettura!

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Sleeping Beauty
Addormentata bellezzA



« Bellezza è l'eternità che si contempla in uno specchio;
e noi siamo l'eternità, e noi siamo lo specchio. »

Kahlil Gibran.




Giaceva lì, immobile nella sua perfezione eterna, da quasi settant’anni.
Non era cambiato nulla in quell’arco di tempo che, per me, sembrava immutabile. Le ore passavano realmente? E i giorni? Per non parlare dei mesi e degli anni.

Non dovevo accontentarla.
Ero sempre stato dell’idea che fosse sbagliato il suo volere, la sua richiesta. Mi ero opposto così tanto… Eppure, alla fine, avevo ceduto.
Avevo ceduto ai suoi occhi color del cioccolato fuso; avevo ceduto al suo pallido viso a forma di cuore, al suo sorriso dolce. Avevo ceduto a lei: la prima ed unica donna che avessi mai amato in tutta la mia lunga esistenza.
« Trasformami. » diceva sempre.
« No. » era la mia risposta « Non ti priverò mai della tua anima, Bella. Mai. »
Nonostante Carlisle, mio padre – nostro padre –, le avesse spiegato quello che tutti noi, tutti i vampiri, pensavamo di noi stessi, lei non aveva mai demorso un secondo. Mai dire mai, dicevano in molti. Ed il mio “mai” non ebbe nemmeno per un secondo troppa valenza.
Mi ripeteva continuamente che non ero un mostro, Bella. Che le mie convinzioni su me stesso erano sbagliate, completamente errate. Neppure quando le confessai di aver uccido migliaia di uomini, solo per il gusto di farlo, cambiò idea.
« Edward, erano degli assassini! » aveva urlato, alzandosi dal letto per venire dinanzi a me « Probabilmente hai salvato molte più vite di quelle che hai preso. »
Non ci credevo. Non ci avevo mai creduto. E facevo bene… Ciò che ero mi veniva ricordato adesso, tutti i giorni, da anni. Solo un mostro avrebbe potuto fare quello che si presentava dinanzi ai miei occhi, ad ogni singola ora del giorno, da settant’anni.
« Perché non vuoi che io diventi come te? » i ricordi erano ancora troppo vividi in me. Troppo dolorosi e troppo reali perché io riuscissi a fare qualcosa di concreto, per me stesso o la mia famiglia. Mi aggrappavo a quelli per andare avanti; mi aggrappavo con le unghie e con i denti ad una speranza, forse troppo vana. Ad un’illusione.
« Conosco le conseguenze della scelta che stai per fare. » avevo risposto onestamente, fissandola negli occhi « I ricordi, i legami… Tra qualche decennio tutte le persone che ami saranno morte. Tu no, invece. Non invecchierai, non morirai. Mai. Tu sei convinta che io abbia un’anima… Beh, io dico di no. E non voglio essere quello che distruggerà la tua. » la sua reazione, a quel punto, mi aveva lasciato interdetto. Stava sorridendo.
« Quindi non è perché non sarò più calda o… morbida. » stranamente scoppiai a ridere anche io.
« Tu sarai sempre la mia Bella… » sussurrai, prima di posarle un bacio sulla fronte e stringerla a me « La mia Bella, solo meno fragile. »
Mi alzai di scatto, rompendo la prima cosa che trovai davanti a me. Un tavolino di legno massello, laccato nero. Lo afferrai, rompendo la vetrata che costellava l’intera stanza. Il fracasso fu assordante. Orecchie umane lo avrebbero percepito come un “fastidioso boato”, per i vampiri era mille volte peggio. Ringhiai, più contro me stesso che contro quel frastuono.
Tornai in me pochi secondi dopo. Pazzo, pensai. Sì, ero decisamente pazzo. Folle, fuori controllo, arrabbiato, feroce… Ero una bomba ad orologeria che stava aspettando di esplodere. L’unica che mi teneva ancora con i piedi per terra era lei.

È il dolore, a renderti folle..., sussurrò qualcuno nella mia testa. La mia parte umana; l’anima in cui Bella aveva sempre creduto. Mi voltai, spostando lo sguardo sul letto.
Era in ferro battuto, nero, con decori floreali in oro massiccio. Le lenzuola e le coperte erano bianche, come lei. Giaceva nel suo grande letto – nel nostro grande letto – immobile. Il viso cereo, come il mio; le labbra perfette, rosate da una lucentezza naturale – almeno per quelli come noi. Le sopracciglia erano folte, incurvate alla perfezione, e nere come la pece; i suoi capelli lunghi e setosi, di qualche tonalità più scura, rispetto al colore con cui l’avevo conosciuta. Indossava una camicia da notte blu. Le donava moltissimo quel colore… Le era sempre donato molto.
« Edward, cosa succede? » chiese qualcuno, entrando silenziosamente nella stanza.
Chi aveva osato?! Mi voltai ringhiando. Nessuno poteva accedervi. Nessuno!
« Ehi, calmo! » si difese « Ritira i denti e non provarci nemmeno a saltarmi addosso, intesi? Ci metto due secondi a staccarti la testa, succhiasangue. »
« Cosa vuoi, Jacob? » domandai, ritirando i canini nelle gengive « Perché sei qui? Nessuno entra mai qui. »
« Lo so, lo so. » rispose, in tono annoiato « È il tuo mondo, no? Nessuno che tenga alla vita può entrarci. È la tua tomba d’oro. O forse dovrei dire che è la sua? » domandò, infine, spostando il suo sguardo scuro sulla figura posta al centro dell’enorme letto.
« Vattene via, Jacob. » sibilai, voltandogli le spalle « Non è un posto per te. »
« Hai sempre deciso tutto tu, vero? » chiese, prendendo una sedia, e si accomodò « Sei tu che decidi cosa è giusto e cosa non lo è. Tu che sai quando fare o non fare una cosa. Tu che trovi i carnefici e le vittime! Beh, Edward, devi piantarla di pensare a queste stronzate perché non è così che tornerà! Perché per quanto mi faccia schifo e male dirtelo, è stata una sua scelta! Lei ti amava e tu lo sai. Nonostante io amassi lei, ha scelto te e il tuo mondo. Avrebbe sempre scelto te e il tuo mondo. Non puoi invertire tutto questo, o cambiarlo addirittura! Perciò piantala di fare il morto. Non lo sei già forse abbastanza? »
« Ma ti stai sentendo? “La vita va avanti, Edward!” » sibilai, scattando di fronte a lui « Non per me, Black. La mia esistenza si è fermata nell’istante stesso in cui il suo cuore ha smesso di battere, quella dannata mattina. » affermai deciso.
Jacob, dal canto suo, mi allontanò con la mano. Mi scottai, era incredibilmente caldo. Forse troppo.
« Rispondi ad una domanda, Edward. » disse, prima di voltarsi verso la porta « Se tu fossi stato umano, cosa avresti fatto? » mi spiazzò. Cosa intende dire?
« Sarebbe stato tutto più semplice. »
« Riformulo: se tu fossi stato l’umano e lei il vampiro, cosa avresti fatto? » risposi di getto, senza pensarci nemmeno per un istante.
« Avrei fatto di tutto per stare con lei. Anche morire. »
« Ti sei riposto da solo. » sussurrò, aprì la porta e sparì nel silenzio più totale. Lo stesso che lo aveva portato da me, in quella stanza.
Rimasi a fissare l’uscio bianco per interi minuti. Le parole di Jacob Black mi rimbombavano nelle orecchie, come le mie o quelle di Bella.
« Preferire morire, che stare lontana da te. »
Ma lei non era morta. Lei non era viva. Lei non era niente, al momento. Non un vampiro, né un essere umano. Era intrappolata in una transizione mai finita. Persa, chissà dove, in un dolore che l’aveva lasciata troppo tardi, ma al contempo già da troppi anni. Il veleno aveva raggiunto l’apice; il suo cuore – veloce come un razzo – aveva galoppato fino all’ultimo, per poi zittirsi, facendo calare un silenzio gelido su tutti noi.
Ricordo ancora quel momento: il veleno che le scorreva nella vene, cambiando i suoi tessuti uno ad uno, lentamente; il suo corpo che mutava, cambiando pelle e forme; il suo muscolo forte e deciso, che galoppò fino all’ultimo secondo. Quando il veleno, il mio veleno, giunse al cuore la trasformazione sarebbe dovuta risultare completata. Avevo già immaginato tutto: Bella che apriva gli occhi, guardandosi intorno spaesata; io che le accarezzavo il viso, incrociando i suoi occhi rossi; la prima caccia. Ma tutto ciò non accadde mai. Bella non si era mai svegliata, da allora.
Carlisle parlò di un tunnel, come se Bella si trovasse in mezzo ai due mondi, a metà strada. Non era il primo essere umano a trovarsi in quelle condizioni. Non si capivano i motivi, però. Nessuno era mai riuscito a comprendere come mai, nonostante la trasformazione avesse raggiunto la sua conclusione nel migliore dei modi, la persona non si svegliasse. Non riuscivo a concepire che questo destino fosse davvero toccato proprio a Bella. E a me, insieme a lei.
« Sono passati settant’anni, Bella. » sussurrai, raggiungendola sul letto. Mi sedetti vicino a lei e le accarezzai il viso « Non credi che sia ora di svegliarti, adesso? » continuai, prendendole la mano e stringendola tra le mie.
Non era più calda. Non vi era più alcuna differenza tra le nostre temperature o tra la nostra corporatura. Il corpo di Isabella, adesso, era una macchina letale. Duro, freddo, indistruttibile. Eppure, qualcosa l’aveva relegata in questo letto e non accennava a farla svegliare.
« È come un coma, Edward. » aveva detto Carlisle, due settimane dopo la transizione completata « Non è più viva, ma nemmeno non-morta. È in una sorta di limbo, di tunnel, come se si trovasse da qualche parte e non sapesse come uscirne. Non c’è niente che possiamo fare. Dobbiamo solo aspettare e sperare. »
Non avevo mai spesso di sperare. Neppure adesso, dopo tutti quegli anni.
Mi alzai, dirigendomi verso il grande armadio che si trovava davanti al letto. L’indomani avrei sistemato la vetrata. Danno che, stupidamente, avevo fatto io.
Avevo dato a Bella la mia stanza, a villa Cullen. Una stanza che avevo reso immacolata, dopo il tentativo di mia sorella Rosalie di ucciderla.
« Siete pazzi! » aveva urlato, cinque anni dopo la trasformazione di mia moglie « Vi state aggrappando ad un’illusione! La alimentate come se fosse un essere umano in coma! Dio santo, sangue per endovena? Isabella è morta! La sua scelta l’ha portata a questo, ok? E mi dispiace… » continuò, singhiozzando. Era un pianto senza lacrime « Non doveva andare così. Ma è ingiusto tenerla legata a quel macchinario, ad una vita, non-vita, che ha perso. Nessuna persona fino ad ora è uscita dal coma indotto dalla transizione, lo sai anche tu, Edward. »
« Bella è diversa. » ero riuscito solamente a rispondere.
« Ti stai illudendo. E stai trascinando la famiglia nel tuo Inferno personale. »
Quella fu l’ultima volta che vidi Rosalie Hale. Si trasferì in Alaska, con Emmett, qualche mese dopo.
Qualche anno più tardi, Jasper convinse Alice ad andare via da Forks. Usò la scusa del “andiamo a cercare qualche cura, qualche rimedio” ed Alice, troppo affezionata a Bella per non provarci, lo seguì. Erano passati altri cinquant’anni, da allora.
Gli unici che decisero di rimanere con me, furono Carlisle ed Esme.
Eravamo diventati dei fantasmi. Come quei vampiri che si vedevano in televisione o si leggevano nei romanzi. Non potemmo uscire di giorno per parecchi anni, fingendo il nostro trasferimento. Andavamo a caccia solo di notte, mentre la nostra casa era ricoperta da strati spessi di tendoni neri. Non accendevamo quasi mai la luce, preoccupati che qualcuno potesse vederla. Il buio, comunque, non era mai risultato un problema per noi, anzi.
« Edward? » chiamò Esme, bussando alla porta « Io e Carlisle andiamo a caccia, torniamo presto. » annuii, ma non risposi.
Era già passato un altro giorno? Evidentemente sì, ma come al solito non me n’ero reso conto. Un altro giorno, Bella…, pensai tristemente. Un altro giorno.
Aprii l’anta dell’armadio e afferrai una coperta un po’ più pesante, per metterla sul letto. Quella sera faceva freddo, non volevo che lei lo sentisse. Era stupido, lo sapevo. Era impossibile che lei potesse sentire freddo, come lo era per me. Mi faceva sentire meglio, però. Era come se, concedendole quelle piccole attenzioni, le dimostrassi di non averla dimentica o abbandonata; era come se volessi lanciarle un segnale, una luce da seguire, per tornare nel mondo reale. Per tornare da me.

Però non torni. Chissà se ti vedrò mai riaprire gli occhi, amore mio.
Richiusi l’anta, trovandomi di fronte lo specchio situato sul guardaroba. Vedevo il mio riflesso, e quello di Bella alle mie spalle. Non eravamo mutati in settant’anni. Non saremmo mai cambiati, mai. Perfetti nella nostra bellezza e immortalità, perché era ciò che eravamo, adesso; ciò che saremmo stati sempre.

Noi siamo, anche quando gli altri non saranno più; noi esistiamo, anche quando gli altri periranno. Se fossi stato umano, forse, quel pensiero mi avrebbe causato un freddo innaturale lungo la schiena. Eppure era quella la verità, pura e semplice. Sarei riuscito a farmi forza, senza cedere alla rabbia o al dolore? Avrei mai dato ragione a Rosalie, lasciando andare il mio amore per sempre? Ero innamorato, o forse solo un egoista che non riusciva a staccarsi dalla donna che amava? E lei, Bella, soffriva in quel tunnel di indecisione, di perdita? Secondo Carlisle, no. Ma era vero? Non lo sapevo. Non sapevo assolutamente niente della sua condizione. Nessuno sapeva niente di quella condizione. Nonostante le nostre assidue ricerche, le nostre domande non trovarono mai alcuna risposta.
Presi un gran respiro e tornai accanto a lei, sul letto. Sovrapposi l’altra coperta, e attaccai una sacca di sangue fresco affinché il suo corpo avesse ciò di cui aveva bisogno. Rimasi a fissarla per tutta la notte, mentre il sole sorgeva all’orizzonte, ricordandomi che un nuovo giorno era appena iniziato. L’ennesimo.
Mi voltai a destra, per fissare il suo volto. Era così bella… Addormentata nella sua irreale perfezione. Addormentata nella sua eterna bellezza.

Fine.
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Eccoci qui, alla fine di questa one-shot non molto felice. Premetto che essa non è nulla di che, solo qualcosa che ho scritto di getto rimanendo colpita da una piccola scena di episodio di un telefilm visto qualche sera fa, Moonlight. In questa one-shot, comunque, Edward trasforma Isabella, ma lei non si sveglia. Non è morta, e non è nemmeno viva o no-morta. E' semplicemente persa, chissà dove. Nessuno sa se mai si sveglierà, l'unica cosa che hanno è la speranza.
Jacob non è più un ragazzino, è cresciuto in settant'anni - anche se ho dato una mia libera interpretazione a quello che scrisse la Meyer su di essi: loro invecchiano sì, ma in modo diverso, a prescindere che abbiamo avuto l'imprinting o meno. Capisce, adesso, che l'amore di Bella per Edward andava contro tutto, anche contro la morte. Edward si sente in colpa, si ritiene resonsabile, ma chi non proverebbe queste sensazioni, ora come ora? L'amore di Edward per Bella non è mai mutato, e lui è lì, accanto a lei giorno dopo giorno, anno dopo anno, in attesa.
Spero che questa piccola one-shot sia stata gradita, anche non era assolutamente scritta con pretensa :)


Seguitemi sul mio blog personale: Violet Moon (Blog).

  
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