Non pensavo si ci potesse mai innamorare di qualcuno che non avremmo mai incontrato. O forse sì. Poteva accadere. Stà di fatto che se ci credi, forse il destino si mette dalla tua parte. Non so cosa abbia voluto che io dovessi incontrarli.
Ero una semplice ragazza. Anzi, direi più che altro comune, con i miei soliti capelli castani, molto alla cazzodicane e i miei occhi color miele. Le labbra poco carnose, contornavano il mio  viso. Mi sentivo, comune appunto. Non avevo niente di particolare. Molti dicevano che avessi una vita da invidiare, avevo molti ragazzi che mi correvano dietro, ma cazzo, non c’è n’era neanche uno che mi piacesse.  Le ragazze, facevano le lecchine, pensando di addolcirmi e avermi come amica. Ma così mi innervosivano soltanto.Mi chiamo Lucia Sorrento, ho  17 anni, e forse, l’unica amica sincera che ho, è Andrea. Siamo amiche dalla prima media,non ha mai fatto nulla di straordinario per me, ma forse ci sono un po’ affezionata perché l’ho conosciuta in un periodo strano della mia vita.
Era un po’ che mi sentivo monotona. Sempre la stessa vita, non c’era niente di nuovo.
Volevo qualcosa che potesse cambiare la mia vita in meglio. Volevo un bel cambiamento, uno di quelli che ti fa alzare col sorriso stampato in faccia.
 

-Luciaaaa! Svegliati su!- Urlò mia madre. Sapeva che così mi innervosiva, ma ogni mia parola era inutile, lo continuava a fare ogni mattina. Emisi una parola incomprensibile, e mi coprii il viso con il cuscino.
-Luuu, sono le sette e mezza, muoviti su svegliati!- -Dai Lucia, devi vestirti, lavarti, fare colazione e poi andare a scuola, ti muovi?!?-
A quel punto, avrei voluto rispondere con un’enorme gridata, ma mi sarei guadagnata una punizione per  una settimana, e non avevo voglia di stare chiusa in casa a 17 anni.
-MA’ MI STO ALZANDO, UN’ATTIMO CAVOLO.- Non sopportava dicessi parolacce, diceva che stonavano sulla bocca di una ragazza, ma io le dicevo comunque, penso che ormai c’era abituata, ma cercavo di evitarle quando c’era lei. Uscii dal letto, con gli occhi ancora chiusi, presi il cellulare per vedere che ora fossero, (ebbene non tenevo una sveglia, le odiavo.)
Lo screen si accese, e mi fece ammirare ben 15 messaggi da parte di Andrea, Milena e Jasmine, le ragazze della mia comitiva. 
Occazzo, pensai. La sera prima, ero tornata alle 3 del mattino. Ecco perché non riuscivo a svegliarmi. Mia madre non doveva saperlo, ero entrata dalla finestra, cercando di non fare accorgere nessuno, infatti così fù. Lessi i messaggi, e in tutti le mie amiche chiedevano dove fossi, ripetutamente. Avevo bevuto un  po’, ma non ricordavo cosa avessi fatto.
Mi preparai in fretta, feci colazione con un Kinder bueno, e presi dal mio armadio una t-shirt sbracciata abbastanza larga, bordò, non l’avevo mai indossata prima,
e quel giorno mi andava. Misi i primi jeans che mi capitarono fra le mani, e poi ovviamente non potevano mancare le mie superga nere. In realtà non avevo proprio un’armadio, anzi era una cabina armadio. Abbastanza grande.. ma la notte dovevo chiuderla a chiave per paura che vi ci nascondesse qualcuno dentro. Sì, ho delle strane paure.
Mi guardai allo specchio che contornava l’anta della cabina.
“Oh, ma questa maglia è abbastanza corta, la amo!” Mi mostrava tutta la pancia, era anche abbastanza larga, ma un modello davvero adorabile. Presi la tracolla nera,e corsì a scuola.