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Autore: Emily Kingston    24/04/2012    6 recensioni
Nei Doni della Morte sono successe molte cose a molti personaggi; questi sono sei aneddoti su ciò che è successo a Ron ed Hermione, più un piccolo epilogo che si svolge dopo la fine della guerra.
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#1#: “Cosa pensi che succederà?”
“Non lo so,” rispondo, cercando i suoi occhi nel buio.

#2#: “Ci accontenteremo.”
Mi accontenterò, di te, sempre.

#3#: “E tu che fai? Veni o resti?”
Me o lui, Hermione. È il momento di scegliere.

#4#: “Ron”
Scatto a sedere, spostando febbrilmente gli occhi per la stanza.
Non me lo sono immaginato.

#5#: "(...)Però, solo perché non te l’ho detto, non significa che non mi sei mancata.” Non significa che non mi manchi.
#6#: “Qualsiasi cosa succeda, io resto con te”
"Sempre?"
"Sempre."

#7#: “Ciao,” sussurra Hermione, arrossendo sulle gote.
“Ciao.”
Mi fai venire le palpitazioni.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Possiamo fingere che gli aerei nel cielo notturno
siano come stelle cadenti?

 
Io di risposte non ne ho
Mai avute e mai ne avrò
Di domande ne ho quante ne vuoi

 
#1#
“Cosa pensi che succederà?”
Tremo appena nel freddo e polveroso salotto di Grimmauld Place numero dodici. La luce opaca della luna entra dall’alta finestra dietro al divano; le tende sono aperte.
Mi volto lentamente su un fianco, sentendo le assi del pavimento cigolare sotto al peso del mio corpo. Un mucchietto di polvere attraversa il mio campo visivo, smosso dal vento.
“Non lo so,” rispondo, cercando i suoi occhi nel buio.
Li incontro a metà strada tra lo schienale del divano e la coperta patchwork che abbiamo trovato in un armadio al piano superiore. È bucherellata e puzza di muffa, ma lei non ha fatto una piega e ci si è avvolta il corpo.
Tremo di nuovo, questa volta non per il freddo, è perché davvero non lo so. Io non ho risposte ed i suoi occhi mi guardano pieni di domande.
“Ho paura,” confessa, rannicchiando le gambe contro il petto e nascondendo il viso tra il cuscino e la coperta.
Annuisco e, facendo scricchiolare il legno del parquet, mi avvicino al divano, allungando timidamente il braccio verso di esso.
Inizialmente il mio palmo si appoggia lontano dal corpo di Hermione, precisamente nello spazio tra le sue gambe e le sue braccia – anch’esse rannicchiate sotto al viso.
“Anche io.”
Le sorrido nel buio, facendo risalire le dita lungo il suo braccio, fino a raggiungere i suoi capelli. Ci gioco un po’, accarezzandoli distrattamente, e la sento rilassarsi sotto alla mie carezze.
Devo avere le orecchie in fiamme, fortunatamente il buio riesce a celare con estrema maestria il mio imbarazzo.
Vedo le sue palpebre chiudersi e ritiro la mano, appoggiando il palmo contro il pavimento appena sotto al divano.
Faccio per chiudere gli occhi anch’io quando, inaspettatamente, sento le sue piccole dita fredde cercare le mie sul pavimento, intrecciandosi ad esse.
Sbircio le nostre mani ad occhi semichiusi e sorrido.
Sento il cuore aumentare i battiti, anche se mi sto addormentando lui non ne vuole sapere di rallentare. Mi mordo l’interno della guancia.

Mi fai venire le palpitazioni.
Sorrido, me le fai venire davvero.
 

E tu, neanche tu mi fermerai
Neanche tu ci riuscirai
Io non sono quel tipo di uomo
E non lo sarò mai

 
#2#
È bello osservarti quando non lo sai. È più bello di quando te ne accorgi perché sei te stessa, senza il timore di fare qualcosa e poi essere scoperta.
Adesso stai rimestando qualcosa dentro un pentolone improvvisato, non emana un buon odore e anche il fumo giallino che sale verso il tuo viso non è invitante.
Penso che sia il nostro pranzo, ma per oggi non credo che mi lamenterò. Per oggi sono abbastanza felice da sopportare qualche intruglio nocivo alla salute.
Sbuffi, spostandoti alcuni ciuffi fastidiosi che ti cadono sulla fronte, ricoperta da un’accennata patina di sudore.
Indossi almeno quattro maglioni ed i jeans sono indubbiamente troppo larghi per le tue gambe smagrite. Muovi con disperazione la bacchetta sopra al pentolone fumante sul quale stai lavorano da quasi mezz’ora, lanciando un’occhiata supplichevole verso ciò che è al suo interno.
Ci ho provato, sai?
Ci ho provato davvero con tutto me stesso, eppure non ci riesco.
Lo so; so che non sono alla tua altezza. Insomma, sono o non sono il povero idiota che ti fa piangere dalla prima volta che ti ha rivolto la parola?
Ma non riuscirei a smettere di pensarti neanche se fossi tu a chiedermelo. Non ci riuscirei e basta. Forse per abitudine o magari per necessità.
Miseriaccia, Hermione, che magia mi hai fatto?
“Penso che per oggi dovremmo accontentarci,” borbotti, alzando lo sguardo su di me.
Da come mi stai guardando sembra quasi che tu sia sorpresa di trovarmi sdraiato sulla mia branda.
“Ci accontenteremo.”
Mi accontenterò, di te, sempre.

 
Non so se la rotta è giusta
O se mi sono perduto
Ed è troppo tardi
Per tornare indietro
Così meglio che io vada via
Non pensarci è colpa mia
Questo mondo, non sarà mio

 
#3#
Forse ho solo sbagliato a venirvi dietro.
L’Horcrux brucia contro la pelle del mio petto, prude, voglio levarmelo. Ma non ci riesco.
Ho gli occhi fissi su te ed Harry che saltellate euforici intorno al tavolino traballante sul quale mangiamo.
Parlottate tra di voi, ignorando totalmente il fatto che tra queste pareti di stoffa ci sono anch’io. Non sento neanche le gambe che si muovono ed il letto che cigola sotto il mio peso.
Vengo verso di voi, mi sembra quasi che l’Horcrux sia diventato un tutt’uno con la mia pelle.
Parlo, non so neanche cosa sto dicendo di preciso, ma avete l’aria di non capire il mio comportamento.
Harry mi chiede di dirgli cosa c’è che non va, e io glielo dico. Gli dico tutto quello che mi passa per la testa da quattro mesi a questa parte.
Forse ho davvero sbagliato a venirvi dietro. Forse mi sono perso ancor prima di partire. Forse non sono capace a tornare indietro. Allora, forse, è meglio che io me ne vada alla ricerca della strada per ritornare.
Afferro le prime cose che mi capitano sotto mano, con la voce di Harry che urla di sottofondo ai miei movimenti e la tua che mi prega di ragionare, di togliere l’Horcrux e di parlarne civilmente.
“E tu che fai? Veni o resti?”
Ho il respiro affannoso ed il cuore palpita mentre aspetto la tua risposta.
Me o lui, Hermione. È il momento di scegliere.
“Io…io…” balbetti, i tuoi occhi saettano verso Harry.
“Capito. Scegli lui.”
Scosto un lembo della tenda e arranco nel buio, la bacchetta stretta in una mano e lo zaino nell’altra; l’Horcrux ancora pende dal mio collo.
Sento i tuoi passi che sciaguattano alle mie spalle, sta piovendo.
“Ron! Ron!”
Mi volto ed incontro i tuoi occhi. Li vedo saltare al mio collo e mi tolgo malamente il medaglione, lanciandolo nel fango ai tuoi piedi.
“Ron! Ti prego!” urli, ancora, sento sempre lo scalpiccio dei tuoi piedi sul fango.
Mi fermo all’improvviso, sistemandomi meglio lo zaino sulle spalle. Stringo la bacchetta tra le mani e, poco prima di Smaterializzarmi, incontro i tuoi occhi.
Sono umidi, rossi e gonfi, pieni di preghiere e di risposte che, forse per codardia, non voglio leggere. Sparisco con un crack.

Non è colpa tua Hermione, non puoi farci niente se non ti faccio venire le palpitazioni.
 

Non so se è soltanto fantasia
O se è solo una follia
Quella stella lontana laggiù
Però io la seguo anche se so
Che non la raggiungerò
Potrò dire ci sono anch’io

 
 
#4#
È un Natale piuttosto freddo. Al piano di sotto si sente il rumore dei piatti che si lavano nel lavabo, accompagnato dalle chiacchiere di Bill e Fleur.
Sospiro, passandomi una mano tra i capelli mentre guardo la grigia acqua del mare che si scaglia contro la sabbia bianca.
Il cielo e coperto da una coltre di nubi ed il mare ruggisce, agitato.
“Ron, vuoi mongiare qualcosà?” il dolce viso di Fleur fa capolino dal corridoio. I lunghi e lucenti capelli biondi ricadono tutti dallo stesso lato, ordinatamente.
Scuoto la testa. Lei annuisce, abbozzando un sorriso nella mia direzione e m’informa che, allora, lei e Bill andranno a fare due passi sulla spiaggia.
Le faccio un impercettibile cenno con il capo e sento la porta chiudersi alle sue spalle, con un lento e stridulo cigolio.

Ho paura…
Penso che per oggi dovremmo accontentarci…
Ron! Ti prego!
Mi prendo la testa tra le mani e sento gli occhi pungere un po’; sarà la polvere. Sposto lo sguardo dalla punta delle mie scarpe al cuscino del mio letto.
Il Deluminatore giace sulla federa azzurrina, affondando lievemente nel guanciale.
Lo afferro ed inizio a giocarci, facendo sparire la luce dall’abat-jour del comò ad intervalli regolari.
Ho appena fatto rientrare la pallina di luce nello spegnino quando la finestra sbatte, colpita da una folata di vento più violenta delle altre.
Lancio il Deluminatore sul materasso e, trascinando i piedi sul pavimento, chiudo i vetri, cacciando fuori il vento e, con esso, tutti i brutti pensieri che affollano la mia mente da settimane; esattamente da quando me ne sono andato via.

Ron! Ti prego!
Non riesco a non pensarci, è semplicemente più forte di me. Il suo viso stravolto, le sue parole umide e tremanti. I suoi occhi che mi supplicavano di non farle una cosa del genere.
Mi risiedo sul letto, buttandomi con la schiena contro il materasso che cigola appena sotto al mio peso. Mi copro gli occhi con un braccio e resto ad ascoltare il silenzio di Villa Conchiglia.
“Ron”
Scatto a sedere, spostando febbrilmente gli occhi per la stanza.
Non me lo sono immaginato.
È stato poco più di un bisbiglio ma non me lo sono immaginato. So di non averlo fatto.
Improvvisamente lo sguardo mi cade sul Delunminatore. Lo guardo con curiosità prima di afferrarlo e farlo scattare.
Non so cosa mi sia aspettato esattamente quando l’ho visto, ma constatare che non sta accadendo nulla mi delude enormemente.
Faccio per richiuderlo ed appoggiarlo sul comò quando, casualmente, lo sguardo mi cade sul giardino dove, rilucente di una strana luce azzurrina, una piccola pallina galleggia nell’aria.
Mi avvicino alla finestra – sempre stringendo il Deluminatore tra le mani – e la fisso, ipnotizzato. Pulsa, quasi, e in qualche strano modo pare che mi stia chiamando.
Senza attendere oltre afferro lo zaino, abbandonato in un angolo, e scribacchio qualcosa su un foglietto, che lascio sul tavolo della cucina.
Quando arrivo in giardino la pallina è sempre lì. La fronteggio per qualche attimo poi lei inizia a muoversi, fluttuando fino al retro del capanno dove Bill tiene alcuni vecchi mobili che Fleur ha voluto togliere quando si sono trasferiti lì.
Si ferma all’improvviso e, prima ancora che mi sia fermato anch’io, mi entra nel petto, all’altezza del cuore. È calda ed improvvisamente so perfettamente cosa fare.
Stringo il Deluminatore tra le mani e mi Smaterializzo, pensando alla voce di Hermione che pronuncia il mio nome, la stessa che ho sentito poco prima in camera mia.
Sento il cuore palpitare. Palpita, palpita, palpita.
Palpita come non palpitava da tempo, come ha sempre fatto negli ultimi sette anni.

Mi fai venire le palpitazioni.
 

Non è stato facile perché
Nessun’altro a parte me
Ha creduto
Però io lo so
Che tu, vedi quel che vedo io
Il tuo mondo è come il mio
E hai guardato
Nell’uomo che sono e sarò
 

#5#
Mi guardo allo specchio incrinato che si trova nel bagno della tenda.
Dodicesimo giorno.
Passo una mano tra i capelli e sospiro, ignorando il fatto che una matassa di qualcosa di non ben identificato si trova sulla mia testa.
Sono esattamente dodici giorni che Hermione non mi parla; dodici giorni che la sento rispondere male ad Harry quando, durante i miei turni di guardia, prova a convincerla ad abbassare l’ascia di guerra ed intraprendere gli accordi di pace.
Ma lei non ne vuole sapere, e io me lo merito.
Esco dal bagno con lo sguardo basso, apparentemente interessato a dove sto mettendo i piedi. Con la coda dell’occhio vedo l’ombra di Harry fuori dalla tenda, seduto davanti al fuoco. Hermione dev’essere dentro, probabilmente immersa in quel libricino di favole che le ha lasciato Silente.
Alzo timidamente gli occhi e la vedo, rannicchiata su una sedia, con una felpa enorme che sicuramente non le appartiene, ed il piccolo libricino tra le mani.
Sposta gli occhi sulle pagine con avidità, scorrendo ogni riga sempre più velocemente e con crescente attenzione.
“Ehm…ti va del tè?” domando, chiedendomi quando, di preciso, ho deciso che mi sarei fatto un tè e che le avrei chiesto se ne andava anche a lei.
Ovviamente, Hermione non risponde, lo sguardo fisso sul libro. Anche se ha la testa abbassata vedo la sua mascella contrarsi appena quando la mia voce riempie il silenzio.
Sospiro e mi dirigo verso la cucina, mettendo a bollire un po’ d’acqua. Cerco il tè fra gli scaffali ma ne trovo solo una mezza bustina che puzza di muffa.
Con un’alzata di spalle mi giro a guardare verso Hermione che, imperterrita, legge il suo libro nella stessa posizione di alcuni minuti fa.
Il silenzioso bollire dell’acqua attira nuovamente la mia attenzione; afferro due tazze e le riempio di acqua, intingendole con il tè.
Quando torno di là Hermione sta sempre leggendo, appoggio una tazza dalla sua parte del tavolo ed inizio a sorseggiare il contenuto della mia, sedendomi di fronte a lei.
“Ho pensato che potesse andarti,” dico, forse più per riempire il silenzio che per giustificare il mio gesto.
Lei non risponde, non alza lo sguardo, non fa una piega.
“Trovato qualcosa d’interessante?” ritento.
Ancora silenzio.
Inizio a giocherellare con la mia bacchetta, facendola girare tra le dita.
“Hai fame? Di là ho visto dei biscotti nella credenza. Non sono il massimo ma-”
Le mie parole vengono fermate dallo sbattere del libro contro il tavolo.
Hermione alza appena gli occhi su di me, stringendo con veemenza il tomo tra le mani. Deglutisco.
“Sai di cosa ho voglia Ronald?” scuoto la testa, intimorito. “Che tu te ne vada. Dormi, ascolta la radio, fai due passi; non m’interessa. Basta che la smetti di importunarmi,” sibila, puntando gli occhi nei miei, irata.
“Non ti sembra di esagerare un po’, insomma, non sto facendo niente di male.”
Il libro sbatte nuovamente contro il tavolo e lei si alza, con lo sguardo basso ed i capelli che le coprono il viso.
Faccio appena in tempo a sporgermi sul tavolo e ad afferrarle il polso. In realtà la scena ha un che di comico.
Io spalmato sul tavolo che le tengo un braccio mentre lei mi fissa come se volesse afferrare la spada di Grifondoro ed attaccarmi al tavolino.
“Lasciami,” sussurra. Io non la lascio. “Lasciami, Ronald!” ripete, alzando il tono.
Con uno scatto aggiro il tavolo e le arrivo di fronte, la mano ancora stretta attorno al suo polso.
“Dannazione, no che non ti lascio,” dico, prendendole anche l’altro braccio.
Lei sussulta.
“Lo so, okay,” inizio, abbassando lo sguardo. “So di essere un maledetto idiota e tu hai tutte le ragioni del mondo a volermi ignorare. Dovrebbero essere legali come incantesimi punitivi quei tuoi canarini dell’anno scorso. Anzi, puoi tirarmeli addosso di nuovo, non opporrò resistenza.”
La vedo nascondere un sorriso, mentre tiene lo sguardo fisso oltre la mia spalla.
“Però, anche se mi merito tutte le cose più brutte del mondo a me dispiace davvero. Mi dispiace di essere quello che rovina sempre tutto. E lo sai, Hermione, che io non sono proprio bravo con le parole, tutt’altro. Però, solo perché non te l’ho detto, non significa che non mi sei mancata.” Non significa che non mi manchi.
“Sei la persona più stupida che io abbia mai conosciuto,” dice, rivolgendosi a me per la prima volta con un tono che ha qualcosa di decisamente normale, quasi amichevole oserei.
Ma non allarghiamoci.
“E non me ne frega niente se lo sai, perché questo non t’impedisce di continuare a fare cose stupide. E la cosa peggiore è che questa volta pensavo proprio che le cose stessero andando per il verso giusto, ci credevo per davvero,” confessa, tradendo un pizzico di rimorso misto a malinconia. E mi si gela il sangue nelle vene perché quell’espressione delusa che cerca di mascherare l’ho creata io.
Abbasso lo sguardo, allentando la presa sui suoi polsi e mi aspetto di sentirla ritirare le braccia. Mi aspetto di sentire i suoi passi sul pavimento. Mi aspetto di sentirla scappare via.

È forse il paradiso?
Magari sono morto, magari, magari…
Le sue braccia sono intorno al mio collo ed il suo viso e nascosto sul mio petto.
“Non farlo mai più,” dice, strofinando il naso contro la trama spessa del mio maglione.
“Mai più,” le assicuro accarezzandole i capelli.
La sento aumentare la presa sul mio collo ed avverto il suo volto ancora più premuto contro il mio petto.
Sorrido
, è forse il paradiso?
 

Ti potranno dire che
Non può esistere
Niente che non si tocca, o si conta
O si compra per me
Chi è deserto non vuole che
Qualcosa fiorisca in te

 
#6#
Improvvisamente è tutto calmo.
C’è silenzio.
Il buio avvolge ancora per poco il castello di Hogwarts, è già visibile la linea più chiara dell’alba all’orizzonte.
Con un sospiro strappo alcuni ciuffi d’erba, lanciandoli nell’aria, curioso di vedere dove il vento deciderà di portarli; se verso il Lago o sopra al pezzo di terra dal quale li ho portati via.
I primi raggi del sole accarezzano il giardino, riflettendosi sulla superficie scura del Lago Nero. Alle mie spalle Hogwarts si erge imponente, superstite di una lunga battaglia che non ha distrutto solo le sue mura, ma molte, troppe, altre cose.
Incredibile come sia riuscita a resistere nonostante tutto.
Forse dovremmo fare tutti un po’ come Hogwarts, resistere alle battaglie e poi sfoggiare con orgoglio le cicatrici.
“Eccoti, ti ho cercato ovunque.”
Tum-tum
Non mi volto neanche, tanto so che è lei.
“Stavo pensando,” dico e la sento sedersi al mio fianco.
“A cosa?” timidamente appoggia la testa sulla mia spalla ed io, con gli arti un po’ tremolanti, le avvolgo la vita con un braccio.
Scuoto le testa lievemente. “Niente di importante.”
“Se ci stavi pensando deve essere importante per forza.”
Rimango in silenzio per un po’, godendo del calore del raggi de sole appena sorto.
“Pensavo che Hogwarts è stata distrutta,” Hermione annuisce, strofinando la guancia nell’incavo della mia spalla. “E pensavo che qualcuno dovrà ricostruirla.”
Lei annuisce di nuovo, alzando gli occhi verso di me, in cerca dei miei.
“Tutto è stato distrutto, Ron, e tutto è da ricostruire.”
“Anche noi?”
“Anche noi.”
Annuisco, abbozzando un sorriso e mi abbasso appena verso di lei, sfiorando delicatamente le sue labbra. Sono fredde e sanno di fiori; sorrido.
“Qualsiasi cosa succeda, io resto con te,” mi dice, baciandomi di nuovo.
Sento una delle sue mani che s’intrufola tra i miei capelli, incurante della sporcizia e del sangue di cui sono incrostati.
Chinando il capo verso destra appoggio una mano sulla sua testa, avvicinando il suo volto al mio.
“Sempre?” domando, allontanandomi dalla sua bocca.
Lei annuisce. “Sempre.”
 

E so che non è una fantasia
Non è stata una follia
Quella stella
La vedi anche tu
Perciò io la seguo e adesso so
Che io la raggiungerò
Perché al mondo ci sono anch’io
Ci sono anch’io

 
#7#
La sala è piena di persone che chiacchierano tra loro, individuo mia madre che parla con Ginny, sgridandola perché si è rovinata l’acconciatura.
Mia sorella sbuffa, afferrando la bacchetta e ricomponendo l’intricato ricamo che mia madre aveva fatto con i suoi capelli quella mattina.
Scuotendo il capo i miei occhi si spostano su mio padre che sistema la cravatta a George il quale, ovviamente, ha pensato che fosse più interessante presentarsi senza.
Ridacchio, intercettando Angelina che, alle spalle di mio fratello, guarda il colletto della sua camicia con rassegnazione.
In breve il mio sguardo si posa su Bill ed Harry, che mi guardano dalle sedie alla mia sinistra. Devo avere l’aria tesa visto che nei loro occhi leggo rassicurazione ed allegria.
In effetti un po’ mi tremano le mani e sento i palmi eccessivamente sudati. Anche il cuore batte forte come non mai ed il fatto che lei ancora non sia sbucata da quella porta ed abbia attraversato il corridoio arrivando da me non aiuta.
Calmati, Weasley, contegno!
Sospiro, passandomi una mano tra i capelli, guadagnandomi un’occhiata assassina da mia madre. “Li spettini,” sillaba, guardandomi.
Io sorrido, scrollando le spalle.
“Tutto bene?” Harry mi batte una pacca sulla spalla.
Mi volto ed incontro i suoi chiari occhi verdi, la sua zazzera ribelle, la cicatrice nascosta sotto la frangia ed il suo inconfondibile sorriso.
“Mi dispiace ma sono impegnato, rinfodera il sorriso acchiappa-femmine.”
Lui ridacchia, sistemandosi meglio gli occhiali sul naso.
“In più,” aggiungo, sussurrando nel suo orecchio. “Non penso che Ginny ed Hermione approverebbero.”
Lui annuisce, guardando verso mia sorella che, al momento, sta parlando animatamente con Angelina.
Apro bocca per dirgli qualcosa a proposito del guardare Ginny troppo a lungo e fare pensieri che io non vorrei conoscere quando una lieve musica a me sconosciuta copre il chiacchiericcio.
Harry mi dà un’altra pacca sulla spalla e mi fa l’occhiolino.
Io deglutisco e sposto lo sguardo verso l’entrata dalla quale so che presto apparirà lei.
E lei arriva, sorprendente come sempre, attaccata al braccio di suo padre. E per un attimo, il primo in cui i miei occhi incontrano i suoi, mi si mozza il fiato.
Si avvicina, l’abito sembra volteggiarle intorno per quanto le calza bene ed i suoi occhi non abbandonano i miei, come se con quel misero gesto potessero perdersi per sempre.
Quando arriva davanti a me suo padre appoggia la sua mano sulla mia e mi sussurra qualcosa che non ho il tempo di capire.
“Ciao,” sussurra Hermione, arrossendo sulle gote.
“Ciao.”

Mi fai venire le palpitazioni. 
   
 
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