Storie originali > Fantasy
Ricorda la storia  |      
Autore: winchestersister    26/04/2012    0 recensioni
Una storia scritta tanto tempo fa.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Lacrime di sangue. 


Quella sera mi trovavo al Violet Bar, un locale che frequentavo spesso nelle ultime settimane. Sean, il barista, ogni volta che mi vedeva entrare si recava subito nel magazzino per prendere la mia bevanda preferita.
-Ciao, Sean- salutai.
-Miss Williams, bentornata- rispose in tono cordiale.
Subito si affrettò a portarmi la mia bevanda in un bicchiere da vino. “Grazie Sean”, lo ringraziai mentalmente; se non ci fosse stato lui non sarei stata così in forze da permettermi almeno di camminare. Mi sedetti al mio solito tavolo, il numero 27, come al solito non c'era nessuno al bar.
Ad un tratto entrò una ragazza, mi si bloccò il respiro, per quanto ne potessi avere nella mia condizione.Era identica a lei.
Stetti più o meno cinque minuti a fissarla finchè non se ne accorse. Vidi che era sola e decisi di avvicnarmi a lei.
-Aspetta qualcuno?- chiesi con il maggior autocontrollo che potevo avere. Sentivo le lacrime salirmi agli occhi.
-No, sono sola- rispose in tono cordiale.
-Posso sedermi qui con lei?
-Certamente. Ah, io mi chiamo Hailie.
-Piacere Hailie, io sono Gemma.
Continuavo a guardarla, ma non potevo continuare così, mi avrebbe preso per una pazza.
Silenziosamente contemplavo la sua capigliatura, I suoi occhi, il suo viso, di una rara bellezza antica. Era davvero lei, a differenza del nome, e mi trovai a dubitare che mi avesse detto la verità e che si chiamasse in altro modo.
-Non ti ho mai vista in questo locale, è la prima volta che ci vieni?- chiesi cercando di non apparire troppo interessata.
-Sono qui solo di passaggio, tra qualche giorno tornerò nel Michigan a casa mia-, rispose. -il tuo nome, Gemma, non sei americana, vero? Hai un accento strano- aggiunse infine dopo una breve pausa.
-No, infatti, sono italiana. Ma ho origini indiane- risposi.
-Wow- commentò persa nei suoi pensieri. La fronte le si era corrugata con lo sforzo di capirci qualcosa.
-Credi nelle creature leggendarie come I vampiri?- chiesi d'un tratto. La mia domanda l'aveva fatta diventare guardinga e sembrava un poco spaventata.
-La verità? Si, ci credo, anche se non ho mai visto un vampiro.
-I vampiri ti affascinano?
-Beh, vivere per sempre mi affascina più di ogni altra cosa.

-Credimi, non è poi granchè- risposi.
Ora le lacrime stavano davvero uscendomi, e dovetti prendere velocemente un fazzoletto per tamponare gli occhi prima che lei vedesse, ma era troppo tardi. Mi girai verso di lei e vidi stamparsi sulla sua faccia un espressione spaventata e quasi inorridita. 
-Tu... stai piangendo lacrime di sangue?-, chiese -Che cosa diavolo sei?
-Una vampira.
-Cosa? Mi prendi in giro?- era chiaramente traumatizzata.
-No. Non volevo che lo scoprissi così presto, ero disposta a dirtelo più avanti. Guarda.- le mostrai un disegno che avevo fatto qualche secolo prima, e che perfortuna era ancora intatto. Raffigurava una ragazza, raffigurava lei.
-Ma quella sono io!- esclamò Hailie.
-No, non sei tu, questo ritratto è stato fatto secoli fa.
-Se non sono io allora chi è?- chiese.
-Hailie, sei disposta a sentire la mia storia? Ti spiegherò tutto.
-Si.
-Solo una cosa, non spaventarti se morirò dissanguata di lacrime per lei.

 

*

- Saranno stati circa milleduecento anni fa. Tu chiaramente non c'eri ancora. Io ero piccola, avevo quindici anni se non ricordo male. Ero una bella ragazza, o almeno così dicevano I miei genitori. Di mattina aiutavo mia madre a mettere a posto la casa, e di pomeriggio badavo al mio fratellino Camìl. Camìl era il ragazzino più bello che avessi mai visto. Sempre allegro nonostante tutto, col sorriso sghembo di un bambino che pensa solo a divertirsi e non a mantenere la famiglia, o la casa pulita, o due figli. I miei genitori erano davvero buoni, perdonavano tutte le marachelle (si dice così, adesso?) che Camìl faceva e riuscivano comunque a darci da mangiare, anche se per loro non ce n'era.
La prima volta che vidi la mia Marjorie fu al mercato. La vidi aggirarsi tra le bancarelle per cercare di arraffare qualcosa per lei e per la sua famiglia prima che le altre anziane prendessero tutto. Devi sapere, Hailie, che le anziane a quel tempo avevano la precedenza su tutto e, credimi, non si lasciavano scappare un pezzo di pane per farselo prendere sotto agli occhi dai bambini che forse ne avevano più bisogno di loro.
Cercai di avvicinarmi il più possibile a quella ragazza che non avevo mai visto dalle mie parti. Era di una bellezza tale da oscurare l'immensità dell'oceano, non che io l'avessi mai visto prima d'ora. Lo immaginavo solamente e ne avevo sentito parlare, ma non ero mai stata sull'oceano.
Riuscii ad avvicinarmi fino al punto che lei si accorse di me.
Ciao” dissi cordialmente. “Ciao” rispose lei con altrettanta gentilezza. “Mi chiamo Gemma” le dissi, e lei annuì. Non accennava a dirmi altro e così la incitai chiedendole come si chiamava. Rispose di chiamarsi Marjorie e mi stampai nella mente quel nome.
Perla, pensai, significa perla.
Le chiesi di rivederci e lei acconsentì. Non era amore come quello dei miei genitori che provavo per lei, era un amore diverso. Appena la vidi capii che potevamo fare tutto insieme.
Quella sera ci trovammo di nuovo al mercato.
Non era molto affollato e c'era abbastanza luce da vederci qualcosa. Era al banco del pesce, dove c'eravamo incontrate quella mattina. Indossava un vestito color lavanda e su di lei era un incanto. Parlammo per tanto, ma quel tempo per me passò troppo velocemente. Adoravo sentire la sua voce splendida ridere delle mie disavventure.
Sai, ero piuttosto goffa a quell'epoca, prima della mia trasformazione. Poi ti parlerò anche di quella. Decidemmo di rivederci ancora, e ancora parlammo del più e del meno.
Non avevo mai avuto “un'amica” prima d'ora, non me lo potevo permettere e lei, lo era.
Un giorno mio fratello Camìl sparì per una notte. Non potei recarmi da lei quel giorno e cercai di avvertirla ma non ci riuscii.
La mattina seguente una vecchia signora di nome Maka, quasi la più saggia della nostra piccola popolazione ci avvertii che Camìl era stato trovato. Io e la mia famiglia tirammo un sospiro di sollievo ma l'anziana non sembrava altrettanto sollevata. Poco dopo scoprimmo che Camìl era caduto in un pozzo mentre giocava con degli altri ragazzi, era morto.
Corsi subito da Marjorie.
Quando la vidi sembrava un angelo caduto dal cielo. Mi sorrise e capii che sapeva tutto. Piansi per tutta la notte fra le sue braccia, e lei non mi fermò, pareva essere anche lei nel io dolore. Questo mi fece capire tante cose.
A quindici anni una ragazza a quell'epoca era già adulta e doveva sposarsi.
I miei genitori avevano trovato un buon partito che era abbastanza ricco e che aveva garantito di darci i soldi per amntenerci senza fatica, solo se io l'avessi sposato.Quando Marjorie lo seppe era davvero molto felice per me. Una felicità sincera, che adorai.
L'uomo in questione si chiamava Jacques.
Non mi ricordo che aspetto avesse, ma se non ricordo male era davvero un bell'uomo. La sera che lo dovetti incontrare mi recai alla sua dimora, da sola. Salve, Gemma, io sono Jacques” mi disse quella notte. “Voglio averti come mia sposa, per sempre” continuò.
Il “per sempre” mi sembrava una cosa davvero sciocca. Insomma, nessuno vive per sempre, no?
Lui sì. Jaques era un essere sovrannaturale, un vampiro.
Ero terrorizzata da lui, ma non potevo farci niente, aveva rivelato solo a me la sua vera natura, e voleva che io diventassi come lui.
Sai, Hailie, io detestavo la notte, e tutte le cose che non si sarebbero potute fare.
E Marjorie cosa avrebbe pensato? Che io fossi una creatura dannata, e non mi avrebbe più rivolto la parola. Detestavo tutto questo, ma lui era deciso a farlo.
La notte della mia trasformazione mi chiese quale fosse il mio ultimo desiderio prima di essere trasformata e io gli risposi che non ne avevo, anche se quello fu il mio rimpianto più grande.
Volevo vedere la mia famiglia, e più di tutti la mia Marjorie.
Eravamo diventate amiche vere, inseparabili. La consideravo la mia salvezza, l'ancora di una nave mentre ero intrappolata in mare, non che io avessi mai visto il mare.
E fu così che abbandonai il mio corpo umano per dare il benvenuto all'eterna dannazione.
Bevvi il sangue di Jacques e mi addormentai.
Mi risvegliai due giorni dopo.
Vedevo il mondo in maniera diversa. Le piante sembravano essere lucenti e le sculture della casa di Jacques parlare. Avevo sete, molta sete. Jacques mi portò una giovane donna da assaggiare. Mi guardai allo specchio per vedere la mia immagine riflessa ma sembrava non esserci nessuno.
Sentii di avere delle zanne lunghe poco meno di un centimetro e le affondai nel polso di quella donna. Il sapore del sangue mi inebriava, era la cosa più buona che avessi mai assaggiato, il sapore della vita.
Jacques, devo vedere una persona” gli dissi dopo aver finito con la donna. “Amor mio, chi vorresti vedere?” chiese. “Una ragazza, si chiama Marjorie” affermai. Avevo bisogno di vederla. “È tua amica?” chiese con noncuranza. “Si, lo è, e io dev vederla” fu la mia risposta.
Ma lui non ne voleva sapere. Iniziò a dire che non potevo vedere più nessuna delle persone che amavo per via della mia nuova natura immortale. Mi cadde il mondo addosso e iniziai a piangere a dirotto, quando mi accorsi che dai miei occhi sgorgavano lacrime insanguinate. Questo perchè nel mio corpo ora c'era solo sangue, ed ero morta.
Odiavo Jacques, con tutto il mio cuore.
Pensai che dovevo trovare un modo per ucciderlo. Solo che non mi venne in mente niente, non avevo idea di come uccidere un vampiro.
Mi documentai, feci portare nella mia stanza libri sui vampiri con la scusa di voler capire quello che ero.
Aglio, rose, acque santa, tutte cose a cui non dovevo avvicinarmi. L'aglio mi avrebbe dato molto fastidio, l'acqua santa mia avrebbe uccisa (e pensai di usarla per uccidere Jacques, ma accantonai l'idea perchè solo toccando la bottiglietta mi sarei fatta male), e le rose mi avrebbero brucciacchiato un po'. Finalmente trovai quello che cercavo: un paletto conficcato nel cuore avrebbe procurato al fine della creatura che mi aveva fatto questo.
Mi procurai un paletto di frassino e lo affilai, constatando con la mano se era davvero tagliente e nella notte andai nella sua stanza.
Stava parlando nel sonno. Decisi di prendere al volo quell'opportunità e lo trafissi. Si tramutò in cenere nel suo letto e io ne fui davvero grata. Non potevo più sopportarlo.
Ora però non sapevo cosa fare. Seppi solo che dovevo uscire da quella prigione e recarmi da qualcuno che avrebbe potuto procurarmi un rifugio dal sole.
Marjorie, pensai. Ma ero troppo affamata e non potevo rischiare di farle del male.
Non la vedevo da quasi un mese e non potevo continuare così, ma non potevo neanche farle male. Solo il fatto che potevo essere io a farle male mi addolorava, e mentre percorrevo la strada per andare alla sua casa piangevo.
Arrivai dai lei, ma era quasi l'alba.
Fammi entrare, ti prego!” ingiunsi. Lei si fidò ciecamente di me e lo fece. Le chiesi di stare lì per tutto il giorno, e di chiudermi a chiave in una stanza fino alla notte seguente.
Fece tutto quello che le dissi senza chiedere nulla e io le promisi che le avrei spiegato la notte successiva. Per tutto il giorno pensai a come dirle della mia vera natura. Non lo avrebbe potuto sopportare. Decisi di uscire appena dopo il tramonto per comprarle un fiore. Pensai alla lavanda, al tulipano, al girasole, ma alla fine scelsi una rosa nera.
Tornai appena prima che lei entrasse nella stanza.
Ora mi spiegherai tutto” mi disse, e io lo feci. Le raccontai tutto per filo e per segno.
Poi le dissi di aspettare un attimo e andai a prendere la mia rosa. Appena la toccai iniziai a bruciare un poco, ma non tanto da uccidermi.
Le porsi la rosa e lei fu contenta e sorrise.
Avevo quasi dimenticato il suo sorriso, era bellissimo, e mi misi a piangere una volta che lo rividi. 
Lei si spaventò vedendo di che colore erano le mie lacrime.
Che io sia maledetta”, affermai, “se non mi prenderò cura di te, potrai maledirmi se me ne andrò via non potendo sopportare di vederti crescere e invecchiare, sposare un brav'uomo e avere dei figli”. Quelle parole mi sono rimaste dentro, per tutto questo tempo.
Avevo l'aspetto di un'eterna quindicenne, ma ero forte abbastanza da portarle selvaggina da cucinare e aiutarla a portare le cose pesanti.
Si sposò circa due anni dopo dalla mia trasformazione.
Non ricordo il nome del suo sposo, ma era un brav'uomo. La aiutava, e, cosa più importante l'amava, l'amava con tutto il cuore, come me, d'altronde.
Poco dopo ebbe anche dei figli. Chiamò la sua primogenita Gemma, come me, e il suo secondogenito Camìl, cosa che mi fece commuovere ulteriormente.
Purtroppo gli anni passavano veloci, e lei iniziava a invecchiare.
Adesso le persone vivono più a lungo, ma prima, quasi un millennio fa, le persone morivano sui quarantacinque anni. Quando lei morì ero con lei.
Esalò l'ultimo respiro accanto a me e alla sua famiglia. Loro sapevano di me, e l'avevano accettato.
Quando morì Marjorie non volevo nient'altro che morire con lei ed andare con lei in Paradiso, stare con lei davvero per l'eternità.
Mi occupai dei suoi figli e dei suoi nipoti, e così via, finchè potei.
Ma passati cinquant'anni dalla sua morte dovetti cambiare paese, non solo perchè la gente sapeva che non invecchiavo, ma anche perchè non riuscivo più a stare dove c'era stata una volta lei.
Viaggiai molto, andai in Francia, Spagna, Svezie, Inghilterra e infine in America, ma non trovai nessun altro vampiro come me. Mi sentii terribilmente sola.
Non osavo nutrirmi degli umani perchè lo ritenevo un abominio. Preferico gli animali, qualsiasi animale mi capitasse a tiro andava bene per sopravvivere.
La mia vita era monotona, e l'immortalità non mi piaceva per niente. Io volevo solo la mia Marjorie, guardarla negli occhi ancora una volta, l'ultima. Poi, oggi ho incontrato te. Tu sei speciale, sei come lei. Detesto ammetterlo, ma io voglio morire, voglio rivedere la luce, anche se con l'avvento del cinema l'ho rivista molte volte. La voglio vedere un'ultima volta, per davvero.
Tieni questo paletto, è di puro frassino, e una rosa.
Brucia la mia carne con la rosa e trafiggimi il cuore con il paletto. Ti prego, l'ultima cosa che voglio vedere prima di morire è la mia Marjorie.
Dopo quasi mille anni ti ho trovata, e voglio che sia tu a mettere fine alla mia vita.
Voglio morire vedendoti sorridere, perchè il tuo sorriso è il suo, ed è l'ultima immagine che voglio avere impressa nei miei occhi – E Hailie lo fece, mi uccise, sforzandosi di sorridere.

E io finalmente riuscii a trovare la pace che mi spettava da un millennio, e la ritrovai in lei.
Non ero all'Inferno, ma bensì in un posto dove potevo benissimo vedere la luce del sole senza rischiare di accecarmi, e in mezzo a quel sole vidi Marjorie che mi sorrideva e mi porgeva la mano. Vieni con me, Gemma, vivremo per sempre insieme” mi disse, e io protesi la mia mano sulla sua, incapace di tirarmi indietro, con le lacrime che mi salivano agli occhi, ma non lacrime di sangue, ma lacrime vere, perchè ora ero con lei, e niente più aveva importanza.

 

- FINE - 

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: winchestersister