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Autore: La_Morg    26/04/2012    1 recensioni
Non volevo rendermi conto di come stavano le cose. Non volevo rendermi conto che tutto ciò che ho sempre pensato essere falso in realtà era la verità. La pura Verità.
E non volevo rendermi conto che quell'incubo era reale. Non volevo. Ma dovevo.
Genere: Dark, Horror, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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The Nightmare that Became Reality.

Non volevo rendermi conto di come stavano le cose. Non volevo rendermi conto che tutto ciò che ho sempre pensato essere falso in realtà era la verità. La pura Verità.
E non volevo rendermi conto che quell'incubo era reale. Non volevo. Ma dovevo.


CAPITOLO 1: Introduzione.

Mi risvegliai madida di sudore.
Guardai l'ora sulla radiosveglia: segnava le due e cinque minuti.
Non mi resi immediatamente conto di essere tornata alla realtà; solo qualche istante dopo realizzai che tutto ciò che avevo visto, o meglio, sognato era solo frutto della mia immaginazione.
Ma tutto sembrava così reale...così...vero...Ma davvero era solo un sogno?
Oramai capitava molto spesso di svegliarmi all'improvviso da quell'incubo. Tutte le notti la stessa storia: io che ero rinchiusa in una gabbia, coperta solo da un lenzuolo inspiegabilmente candido e pulito. La gabbia era inspiegabilmente socchiusa e apparentemente in quella stanza non c'era nessuno...solo un animale che saltò fuori da sotto un tavolo su cui erano appoggiate delle carni...l'animale mi spaventò, ma la mia attenzione venne poi attratta da un collare che trovai per terra con inciso un nome: "Hewie". Sì, Hewie, proprio il nome del mio adorato pastore svizzero che ormai è con me da tre anni. Il fatto è che io ho trovato Hewie abbandonato in mezzo a una strada, molto probabilmente da una persona crudele che non si meritava affetto da nessuno, mentre nel sogno, anzi, incubo lo trovai legato ad un albero, scoprendo che era lui "l'animale" che mi aveva spaventato.
E nell'incubo era lui l'unico a starmi accanto in quel luogo claustrofobico: ero costretta a nascondermi sotto al letto di una stanza in cui c'erano dei vestiti (inspiegabilmente fatti apposta per me) da un gigante deforme che pensava fossi la sua bambola, dopodichè mi ritrovavo a dover fuggire da una donna (o almeno così sembrava, dato che non provava alcuna emozione) che mi inseguiva con un pezzo di vetro. E quando pensai che il peggio fosse passato ecco che compariva davanti a me un uomo all'inizio incappucciato che in seguito scoprì il suo volto e si rivelò essere il fratello gemello di mio padre...e pure lui mi inseguiva reclamando il mio ventre. Il fatto è che io NON ho mai avuto uno zio (mio padre è, o almeno, era figlio unico) e se avessi avuto uno zio di certo non sarebbe stato un simile pervertito...
Infine, dopo essermi liberata anche del terzo inseguitore, ecco che arrivai in una stanza dove c'era...qualcuno. Una persona dalla voce roca che mi inseguiva e che continuava a parlare di un certo Azoth...anche la donna senza emozioni e lo pseudo-zio pervertito continuavano a ripetere "Azoth". Ma nelle parole di quella persona c'era qualcosa di strano. Era come se volesse nutrirsi di qualcosa e poi finalmente trovare la sazietà. Sembrava avesse...fame. Fame di sapere.
Il mio incubo fortunatamente terminò con me che riuscivo a scappare da quell'oscuro castello che inspiegabilmente portava il mio stesso cognome e sentivo solo l'eco di quella persona che continuava ad urlare il mio nome e ripeteva all'infinito quella parola. Azoth.
Ogni notte questo incubo mi tormentava. E la cosa che mi faceva più rabbia è che non riuscivo a ricordare il volto di quella persona misteriosa, e nemmeno il suo nome. Forse perchè inconsapevolmente volevo in realtà scoprire chi era. Ma continuavo a ripetermi che era solo un brutto sogno e che non dovevo farci troppo caso.
Inoltre avevo cose ben più importanti da pensare, tra cui il lavoro....Già, era meglio non pensarci troppo, altrimenti Karena si sarebbe arrabbiata.
Karena era il mio datore di lavoro, mi aveva offerto un posto in un museo d'arte e guidavo i visitatori mostrando loro le opere d'arte esposte. Dopo l'università e la laurea, ebbi la fortuna di trovare questo impiego: forse non era il massimo, ma avere a che fare con l'arte per me era la cosa più importante. Questo fatto mi fece quasi dimenticare il mio incubo, ma sapevo che se continuavo a cercare di trovargli un senso, Karena, che si preoccupava molto per me, mi avrebbe rimproverato. Lei in fondo era una delle poche persone di cui mi fidavo, e non volevo metterla in ansia con le mie paure.
Quindi per il momento lasciai perdere l'incubo e mi riaddormentai, per poi risvegliarmi per tornare nella realtà che per il momento era l'unica cosa che contava per me.
Lavoro, amici, soddisfazioni...erano queste le cose che ormai facevano parte della mia vita. Ma ancora non sapevo che la Verità era un altra.
  
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