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Autore: Black Ice    26/04/2012    2 recensioni
Da quando avevano vinto il concorso a scuola trattavano questa cosa della band come se fosse la prima delle loro priorità; non parlavano altro che di quello che sarebbero diventati, degli stadi in cui si sarebbero esibiti e delle folle di fan che li avrebbero acclamati.
Io ero troppo innamorata per riportarli alla realtà e fargli capire - con una punta di crudeltà non del tutto indifferente - che avrebbero dovuto farsi venire i calli alle mani prima di diventare quello che volevano.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: i Muse non sono di mia proprietà, non li conosco e di conseguenza il loro carattere non corrisponde a quello reale; non voglio offendere nessuno e non scrivo a scopo di lucro; l'intera storia è stata inventata.
La fanfiction è un missing moment di 'On the brink of illusion'

 
"We've all made selfish, bad decisions
we've all tried dishing out the blame
Convinced our selves of our own actions
my problem is I'll never change"
Demons, Avenged Sevenfold

 
Hold my breath

 
 

I miei diciassette anni sono stati uno dei periodi più incasinati della mia vita. Avevo smesso di suonare la batteria e non avevo nulla su cui scaricare tutta me stessa. Avevo smesso anche di innalzare ad un gradino più alto, quasi divino, persone che nemmeno conoscevo, come Springsteen e Neil Young. Ero entrata definitivamente nel mondo degli adulti senza rimpianti, pronta ad affrontare ciò che mi aspettava con le unghie ben affilate di chi farebbe di tutto pur di conquistarsi ciò che vuole. Io volevo la libertà e volevo che i miei sogni diventassero tangibili, ed ero convinta che nessuno mi avrebbe fermato.
Solo Matthew Bellamy riuscì ad avere influenze importanti su di me, in quel periodo. Per il resto feci ciò che mi sentivo e dissi quello che mi sentivo di dire senza costrizioni. Mi sentivo piuttosto libera, per dirla chiaramente. Ero sicura che avrei potuto fare ogni cosa, anche solo se ne avessi avuta l'intenzione.
In tutta quella marmaglia caotica di iperattività nella quale mi ritrovavo mia madre era chiaramente disperata, mio fratello Nick faceva di tutto pur di seguire il filo - non troppo logico - delle mie azioni e il parco vicino casa era stato battezzato definitivamente come luogo di ritrovo mio e di Chris; al nostro duo si aggiunsero poi Matthew e Dominic, che l'uno fu giustificato in quanto mio fidanzato da quasi un anno e amico di Chris, mentre l'altro entrò senza un vero permesso nella compagnia, accolto fin dal principio - da parte mia - da occhiate malevole; non passò volta che io e lui non litigassimo sulle cose più banali e mi sono accorta troppo tardi che quello che consideravo antipatia nei suoi confronti era soltato una presa di diritto non richiesta su quella che in fondo era un'amicizia profonda.
Quei tre avevano appena messo sù i Muse - avevano provato a coinvolgermi con proposte dubbiose e non pienamente convinte, avendo agito più per un'insana cortesia che per altro. A prescindere da quello, comunque, rifiutai categoricamente: "La vita da rockstar esaltata non fa per me, sapete." - ed erano ogni giorno più eccitati. Si trovavano spesso al garage di Chris per provare canzoni, e Matt mi aveva detto che avevano provato a combinare parole e musica e quello che ne era uscito non era niente male.
Da quando avevano vinto il concorso a scuola trattavano questa cosa della band come se fosse la prima delle loro priorità; non parlavano altro che di quello che sarebbero diventati, degli stadi in cui si sarebbero esibiti e delle folle di fan che li avrebbero acclamati.
Io ero troppo innamorata per riportarli alla realtà e fargli capire - con una punta di crudeltà non del tutto indifferente - che avrebbero dovuto farsi venire i calli alle mani prima di diventare quello che volevano.


Stavo studiando con le cuffie alle orecchie sdraiata sul letto in una posa scomodissima a pancia in sù quando suonarono al campanello di casa mia. Io però non sentii assolutamente nulla. Quando mi accorsi che Chris era entrato nella mia stanza aprendo piano la porta, mi tolsi le cuffie e gli rivolsi un sorriso.
"Hey. Non ti avevo sentito, scusa."
"Mi spieghi cosa cavolo stai facendo?"
Gli mostrai il libro di storia in risposta, "Studio, non si vede?"
"Studi ascoltando musica sparata a tutto volume? La sento fino a qua."
Mi misi seduta sul letto e scrollai le spalle, "Non si possono ascoltare i Metallica a basso volume, dovresti saperlo. Avete già fatto le prove, piuttosto?"
"Non ancora, sono venuto per portarci anche te."
Storsi il naso, "E dai, Chris. Sai benissimo che a Matt non piace che assista alle prove. Diventa stronzo quando ci sono anche io, quasi insopportabile."
"Matthew dovrebbe comportarsi meno da prima donna e andare a farsi fottere. Andiamo, non muori dalla voglia di venirci a vedere?"
Sorrisi, "Certo, venire a sentire tutto il casino che fate. Grazie, ma preferisco continuare sulla via dei Metallica. Senza offesa."
"Se ci fosse stato Dominic ti avrebbe detto che un giorno te ne saresti pentita e che presto raggiungeremo i Metallica."
"Gli avrei risposto che è un idiota e che certe eresie non è neanche accettabile pensarle."
Chris rise e si guardò intorno, probabilmente cercando uno spazio vuoto sul quale sedersi. Alla fine desistè e guardò nervosamente l'orologio appeso in camera.
"Allora, vieni?"
"Te l'ho già detto, e poi devo studiare. Magari stasera passo al parco, ci sei?"
"Certo, ci saremo tutti, Roxy."
"Anche Dom?"
"Anche Dom."
Sospirai sconsolata, "E va bene, ci vediamo dopo. Buone prove. Spacca tutto, mi raccomando."
"Come sempre.", disse ridendo, "A dopo Roxy."
"Chris?", lo chiamai prima che uscisse dalla stanza, "Salutami Matthew."
"Certo e... A proposito", si fermò sulla porta, "Non puoi cercare di farlo rigare dritto? O almeno di non fargli partorire cazzate così colossali? Si rincoglionisce ogni giorno di più e andando avanti potrebbe avere seri problemi a livello celebrale, lo sai. Te l'ha detta l'ultima?"
"Quella di visitare la casa abbandonata o di quanto sarebbe emozionante vivere nelle fogne? Non ricordo qual'è la più recente."
Chris rise, "Oh, no. Se ne è inventata un'altra e questa volta potrebbe seriamente coinvolgere qualcuno."
"Scommetto che il primo sarà Dominic. Gli sta già dando corda, vero?"
Dominic era un credulone, soprattutto quando si trattava di quelle cazzate ormai quotidiane che si inventava Matthew; qualunque cosa lui dicesse Dom pendeva dalle sue labbra e sembrava più propenso a lasciarsi trascinare nelle idee malsane di Matt che ad agire in modo razionale. Anche perchè se davi retta a Matthew potevi star sicuro che non avrebbe mollato la presa su di te così facilmente, e Dom non era così forte da contrastarlo.
Come quella cosa della band. Se Matthew non l'avesse praticamente obbligato ad assumerne il ruolo di batterista, Dom non si sarebbe certo fatto avanti da solo.
"Già.", rise Chris, "È un idiota. Vado o faccio tardi alle prove, ci vediamo Roxy."
"A dopo."
Quando sentii mia madre salutare Chris e la porta d'ingresso chiudersi mi rimisi le cuffie alle orecchie e ripresi a studiare.

 
Mia madre spesso mi chiedeva perchè mai fossi sempre così su di giri da non fare neanche la rampa delle scale in tutta calma, invece di correre giù come un tornado - Santo Dio. Aggiungeva sempre Santo Dio quando era nervosa. Me lo chiese - sarebbe più corretto dire che me lo urlò dalla cucina - anche quella sera, quando salutai sbrigativamente lei e mio fratello e uscii fuori per andare 'con gli altri'. Gli altri erano, ovviamente, Matt, Chris e Dominic.
Non so se mia madre sapesse della mia relazione con Matt. Con molta probabilità si, ma di certo non glielo avevo detto io. Aveva un sesto senso innato per quelle cose, come tutte le mamme.
Ad ogni modo quando uscii di casa sbattendo la porta mi calcai il cappuccio della felpa sulla testa e presi a camminare in direzione del parco sotto quella fastidiosa pioggia leggera.
"Roxy!"
Me lo urlò nelle orecchie praticamente, con l'intento di farmi spaventare. Non ci riuscì, l'avevo visto con la coda dell'occhio.
Gli rivolsi un sorriso, "Ciao Dominic. Sono andate bene le prove?"
Lui fece una faccia mortificata e irritata al tempo stesso, per poi rispondere schietto: "Benissimo. Mi fai incazzare quando fai la dura, lo sai?"
"Io non sto facendo proprio un bel niente. Se volevi fare il coglione e farmi saltare per aria e non ti è riuscito non te la devi prendere con me."
'Cazzo, quanto è permaloso.'
Mi parve di sentire un 'Vaffanculo' mormorato a denti stretti. In ogni caso non ci feci molto caso perchè eravamo arrivati al parco e Matt e Chris ci stavano facendo cenno di ragguingerli.
Quella parte che oramai era diventata di nostra proprietà era ad un estremo della recinzione in ferro che delimitava il parco ed era la parte più dimenticata dal mondo. Aveva una panchina mezza distrutta e due altalene che erano appese all'intera struttura per miracolo, ma a noi piaceva così.
"Ciao ragazzi.", esordii appena arrivai.
"Hey, Roxy.", mi sorrise Matt mentre Chris mi salutava con un cenno della testa, la sigaretta stretta tra le labbra.
Io e Matt non eravamo una di quelle coppie che manifestavano il loro amore ogni santissimo minuto con baci appassionati. Era raro vederci scambiare un bacio in pubblico e non perchè ce ne vergognassimo, ma perchè era una cosa troppo importante per venire sprecata così, di fronte a gente che non ne sapeva niente. O almeno, questo era quello che pensavo - e a cui mi aggrappavo con tutto il cuore. Il massimo che si riusciva ad ottenere era un camminare mano nella mano o con un braccio sulle spalle.
Ci scambiavamo il nostro amore in silenzio, con sguardi complici e carichi di significati nascosti, non ci piaceva sbandierare ai quattro venti cose nostre.
"Avete già litigato, non è vero?", disse Matt guardando divertito da me e Dominic.
"Fa la stronza.", commentò lui, dondolandosi sull'altalena svogliatamente.
Scossi la testa esasperata. Non gli risposi perchè sapevo che altrimenti non ne saremmo usciti vivi, dovevo solo abituarmi a sopportarlo.
Passò qualche momento durante i quali lanciai occhiate malevole a Chris e alla sua stupida sigaretta, poi mi voltai verso Matt esclamando: "Cazzo! Ho trovato una canzone stupenda mentre rovistavo tra le cassette di mio padre. È fantastica, te la devo fare ascoltare assolutamente! Quella si che è roba forte."
"Sarà qualche schifezza di qualche gruppo del cazzo. Genesis, magari?"
"Non ascolto quella roba, coglione."
"E che canzone è?", chiese Matt, tentando di calmare la situazione tra me e Dom.
Non mi ricordavo il titolo, sapevo solo che la canzone diceva ripetutamente "I'm sorry" in un modo che ti faceva venire inevitabilmente i brividi. C'entrava qualcosa con...
"La pioggia."
"La pioggia?", ripetè Matt perplesso.
"L'avevo detto io che faceva schifo. Con un titolo così non può essere diversamente.", commentò Dom con un sospiro.
"Non si intitola La pioggia, idiota. È qualcosa del genere ma non me lo ricordo, okay?"
Guardai Matt che si guardava i piedi pensoso, e venni raggiunta da una zaffata di fumo di sigaretta. Tossii e agitai la mano davanti a me.
"Chris, devi proprio fumare quello schifo?"
"Spostati che alla principessina viene un mancamento, Chris."
"Ehy, vaffanculo Dominic."
"È lugubre?"
Lugubre?
Mi voltai verso Matt che mi guardava e sembrava non vedermi, non capendo a cosa si stava riferendo. Che aveva detto?
"La canzone, intendo."
"No.", risposi un po' sorpresa, "Non è lugubre. Che domande fai, Matt?"
Lo sapevo che Matthew era un po' strano, lo sapevano più o meno tutti da quelle parti e forse era anche quello che mi affascinava tanto di lui; che era sempre in un mondo tutto suo, con le spalle strette e quel fisico gracile sembrava appena capace di alzare la chitarra per farsi passare la cinghia a tracolla. Ti aspettavi quasi di vederlo cadere in avanti, tanta era la disparità di peso tra lui e la chitarra. Poi incominciava a cantare e... beh, che cazzo. Quasi non ci credevi che così tanta tenacia e forza fossero racchiuse in un corpicino del genere.
Lui scosse le spalle, e Chris intervenne: "È per quella tua idea, vero?"
"Quale idea?"

"Matthew vuole fare riti satanici.", intervenne Dominic con un mezzo sorriso sulle labbra.
Chris scoppiò a ridere e Matthew guardò in tralice Dom e aggiunse a mezza voce che erano sedute spiritiche, non riti satanici.
Passi entrare nel cimitero di notte, ma quello addirittura no. Aveva fascino per le cose macabre, per ogni singola cosa macabra, e credo che con quello arrivò proprio al culmine di tutte le cazzate.
Io di solito ero quella che riportava Matt alla realtà delle cose aggrappandomi alla razionalità e che, di conseguenza, disilludeva Dominic da tutte quelle fantasie campate in aria che Matt gli scaricava addosso. Quando non mi davano retta - e facevano di testa loro la maggior parte delle volte, per quanto ci provassi - mi limitavo a lasciarli perdere e guardarli da lontano fare cose totalmente idiote, magari con un'aria desolata in faccia.
"Tu vuoi fare... cosa?"
Matthew scrollò le spalle facendo un piccolo sorriso, "Beh, non è figo? Insomma, io mica ci credo a tutte quelle cose sul parlare con i morti e tutto il resto, ma dev'essere stupendo!"
"E vuoi anche un sottofondo musicale?", chiesi con un sopracciglio alzato.
"No, quello era solo per chiedere. Non vuoi provare anche te?", domandò con un sorriso.
Risi, "No grazie, faccio già abbastanza cose inutili nella mia vita."
'Come per esempio stare qui ad ascoltarvi.'
"In ogni caso ora devo andare a casa, domani ho un'interrogazione e devo ripassare.", continuai, "Ci vediamo, ragazzi. Non fate cazzate, okay?"
Che era come chiedere ad un animale di non seguire il proprio istinto, ma io ci provavo sempre. L'importante era quello, no?
"Ma quanto cazzo stai sui libri? Sinceramente, Roxanne, a che ti serve studiare?"
"Non farò parte di una rockband, io, Dom. A me servirà eccome."
Chris rise, spegnendo finalmente la sigaretta, "Il che equivale a dire che noi saremo una massa di caproni, vero?"
Mi strinsi nelle spalle con un mezzo sorriso e approffittai della vicinanza di Matthew per scoccargli un bacio sulla guancia a tradimento.
Non sarebbero mai e poi mai diventati una massa di caproni, ma non glielo dissi perchè si sarebbero montati troppo la testa. Avevo la certezza assoluta - non so da dove provenisse, forse era semplicemente sesto senso - che sarebbero diventati una band di successo soprattutto grazie alla determinazione e alla mania di perfezionismo di Matt. Lui non si sarebbe mai accontentato del mediocre e avrebbe fatto, scritto, cantato e composto solo quello che si sentiva di fare, ciò in cui credeva senza curarsi della moda o dei soldi. A lui non fregava niente di quelle cose, preferiva di gran lunga ascoltare quello che gli dettava la sua testa.
Un giorno, poi, molti anni dopo, mi sarei dovuta ricredere.

 
Mio fratello Nick era un ragazzino tenace ed intelligente e proprio per quello si rifiutò categoricamente di dirmi cosa aveva fatto Matt quel pomeriggio a casa nostra mentre io non c'ero. Seppi dopo che aveva promesso a Matthew di stare zitto a patto che lui gli comprasse tutti i gelati che voleva quando voleva per un mese, nessuno sconto per festività o orari improponibili. Matt aveva accettato e nonostante volesse bene a quel ragazzino continuava a maledirlo nella sua testa. Avrebbe mantenuto la sorpresa per me, certo, ma al tempo stesso i suoi risparmi sarebbero instancabilmente diminuiti per gelati che non si gustava neanche lui; già sapeva che in quel mese avrebbe dovuto limitare tutte le compere possibili al minimo, e anche se questo gli costava qualche - troppi - sacrifici, considerava il patto equo.
Quando incrociai Matthew sulla porta di casa capii al primo sguardo che gli rivolsi che c'era qualcosa che non andava.
Sia chiaro: Matt era praticamente un mago a eludere la gente e mentirgli con la stessa facilità con cui sbatteva le palpebre.; io ero una rara eccezione, e questo lui lo sapeva bene. Per quello cercò di comportarsi normalmente e di svignarsela il più in fretta possibile da lì.
"Matt? Che ci fai qua?"
"Ero venuto a vedere se eri a casa."
Sapeva benissimo che il mercoledì pomeriggio ero sempre a Exeter per rimirare i quadri esposti al Royal Albert Art Gallery e scambiare due chiacchiere con Tom, la guardia che sorvegliava l'intera struttura. Certo che poteva inventarsene una migliore.
Inarcai un sopracciglio scettica, al che lui aggiunse in sua discolpa: "... Ehy, mi ero solo dimenticato che giorno è oggi!"
'Certo, come no. Non mi freghi, Matt.'
"Mi stai nascondendo qualcosa.", gli dissi guardandolo da vicino con occhio critico.
Lui fece un sorriso che in quel momento considerai la prova certa di aver ragione, poi esplose in una risata e disse: "Sei troppo paranoica, possibile che vedi sotterfugi ovunque?"
"Sto solo attenta che non mi si prenda per il culo, Matt. E tu mi nascondi qualcosa."
"Te lo giuro su Dom, Roxy."
Risi, "Troppo facile.", ci pensai un attimo, "Sulla tua chitarra."
Lui fece una smorfia di fastidio, "Vogliamo scomodare la mia chitarra per una cosa così stupida? Sembriamo due bambini."
"Tu fallo. Tanto lo so che non conta niente anche se giuri."
Lui mi guardò serio, poi scrollò le spalle e giurò sulla sua chitarra che non stava tramando niente contro di me. Non ci credetti ovviamente, volevo solo vedere fino a che punto si sarebbe spinto per tenermi nascosta quella cosa.
"Passo da te questa sera, ci sei?", chiese improvvisamente.
"Mh, okay. Dobbiamo andare da qualche parte? Ho sentito che qua intorno fanno un concerto, ed è da un sacco che non andiamo a vederne uno."
"Non so, non ho molta voglia. Possiamo sempre restare a casa, no?"
Alzai le spalle. A pensarci bene neanche io avevo tanta voglia di uscire, e poi a me non cambiava assolutamente nulla. Nonostante quello, il fatto che Matt volesse stare a casa e addirittura che non avesse molta voglia di uscire era, preso in quelle circostanze, un'altro indizio che c'era sotto qualcosa. Doveva essersene accorto anche lui di starsi lentamente scavando la fossa da solo, infatti cercò di tirar fuori un argomento totalmente inutile per sviare il discorso, e lo lasciai fare. Avrei scoperto tutto comunque, in ogni caso.

 
Rimasi sconcertata quando quella sera sfilarono davanti a me, una volta che ebbi aperto la porta di casa, Matt, Chris e Dominic, quest'ultimo con una faccia che non preannunciava nulla di buono.
Richiusi la porta alle loro spalle, "Pensavo che loro non fossero inclusi nel pacchetto, quando hai detto che venivi qua.", dissi rivolgendo un'occhiata significativa a Matt e indicando Chris e Dom con un cenno della testa.
"Non parlare di noi come se fossimo oggetti, Roxy, cazzo."
"Tu chiudi quella bocca, Dominic, o ti spedisco fuori di casa. Sei entrato da soli tre secondi e già rompi le palle."
Dom si rese ridicolo abbozzando un inchino alquanto mal riuscito, mormorando: "Dispiaciuto di essermi intromesso nel vostro appuntamento romantico, my lady."
"Dom, smettila di fare il pagliaccio.", lo rimproverò Chris tirandogli un pugno sul braccio. Avrei tanto voluto che fosse più forte, ma mi accontentai quando osservai che Dom tratteneva una smorfia di fastidio.
Attesi che Matthew mi illuminasse su che caspita ci facessero gli altri due a casa mia, esibendomi in una delle migliori imitazioni di mia madre in attesa di spiegazioni. Con il fatto di essere l'unica femmina - e aggiungerei l'unica con i piedi ben piantati per terra - in quel gruppo, le alternative erano due: o mi comportavo come loro e quindi davo corda a tutte le cazzate che venivano prodotte dalle tre menti, o li riportavo alla realtà istruendoli in modo cinico e crudele su tutte le conseguenze negative che sarebbero conseguite alle loro azioni. Io ero una sorta di via di mezzo, e forse dovevano esserne grati perchè gli risparmiavo una serie di avvenimenti sgradevoli che altrimenti sarebbero accaduti. C'era da dire che dopotutto anche io ero un'adolescente con tanta voglia di divertirsi e molte volte mettevo da parte il lato più serio per far spazio a quello opposto.
"Chris ha trovato la tavola weegee in solaio e ha pens..."
"Ha trovato cosa?"
Matt mi guardò titubante, cercando di convincermi con gli occhi che aveva una ragione valida per aver coinvolto anche Chris e Dom, che dovevo solo attendere qualche istante per sapere la notizia da prima pagina che gli sarebbe valsa uno sguardo colmo d'orgoglio. Ovviamente era solo quello che Matt implorava sarebbe successo e quello che, ovviamente, non sarebbe avvenuto.
"La tavole weegee...", ricominciò Matt, mentre Dominic mostrava la sottile tavola in legno che aveva tra le mani su cui c'erano disegnate le lettere dell'alfabeto e altri strani simboli.
'Ti prego, dimmi che non è quello che penso.'
"... È per fare le sedute spiritiche, e quando gli ho detto che venivo da te ha proposto di provarla qui."
"Ma io non voglio fare una stupidissima seduta spiritica, Matt, siete diventati matti? E poi non a casa mia! C'è mio fratello in giro!"
"Nick? Ma Nick non si impressiona affatto, ne sono sicuro."
"Possiamo andare in giardino.", propose Chris facendo correre lo sguardo sui quadri appesi alle pareti.
"Il punto è che non voglio fare questa cosa così idiota. È una cosa abbastanza tranquilla rispetto alle altre, questo ve lo concedo, ma non bisogna mettere in atto ogni cosa che vi passa per la testa. Da dove cazzo l'hai tirata fuori, Matt?"
Lui scrollò le spalle e si limitò a squadrarmi, per vedere se avrei potuto cedere su qualche fronte.
"Fate quello che volete basta che sia lontano da qui e che non mi coinvolga in nessun modo.", ripetei ferma.
Certe volte avevano idee così stupide che ti chiedevi cosa avevi fatto di male per starli ad ascoltare.
L'orologio alla parete del salotto ticchettò le dieci e con quello Chris si trascinò fuori di casa Dominic e la tavoletta tra una serie di Ha ragione Roxy e Sarà per un'altra volta, ragazzi. La maggior parte delle volte il primo che riuscivo a far ragionare era Chris e grazie al cielo era successo anche quella volta.
Dopo aver salutato Chris e Dominic condussi con un sospiro Matt in camera mia, esasperata. Mi buttai a peso morto sul letto, con tanto di sottofondo cigolante del letto.
"Possibile che non abbiate nient'altro di meglio da fare? Capisco che può avere il suo fascino la seduta spiritica ma..."
"È come i monumenti storici o i quadri per te.", mi interruppe Matthew sedendosi sulla sedia della scrivania ingombra di fogli. "Non ti viene voglia di... sapere ogni singola cosa al riguardo, toccarli e osservarli continuamente?"
'Scoprirne i segreti.'
Dubitavo che fosse la stessa cosa, ma quando guardai il suo viso e in particolare i suoi occhi incontrai la stessa espressione che mia madre sosteneva di vedere ogni volta che mi mettevo a parlare delle cattedrali medioevali o dei quadri di Böcklin; quando le avevo fatto vedere alcune delle opere di quel pittore aveva commentato con una punta di disgusto che erano semplicemente inguardabili e che non capiva cosa ci trovassi io di tanto affascinante. Io con un'alzata di spalle e uno sguardo ammirato per i quadri l'avevo lasciata insoddisfatta e senza risposta: era troppo difficile da spiegare.
All'improvviso Nick fece capolino nella stanza aggrappandosi allo stipite della porta con un timido sorriso. "Matt?"
Lui gli rivolse un sorriso e annuì impercettibilmente con la testa, al che mio fratello scomparve correndo per il corridoio e ridendo come un matto.
Ero perplessa, "Che sta succedendo?", chiesi incrociando le gambe e guardandolo negli occhi.
Mi guardò a sua volta, "Volevo farti una sopresa ma tanto l'avevi già capito da un pezzo che stavo tramando qualcosa."
Vidi Nick entrare in camera portando orgoglioso la chitarra di Matt e porgendola al proprietario. Come caspita ci era arrivata a casa mia la chitarra, adesso?
"L'ho portata questo pomeriggio e l'ho data a Nick.", spiegò Matt chiarendo tempestivamente i miei dubbi, "Gli ho detto di tenerla nascosta fino a quando non sarei arrivato."
Poi scompligliò affettuosamente i capelli di Nick che uscì sorridendo al settimo cielo lasciandoci soli. Matthew imbracciò meglio la chitarra e mi guardò di sottecchi con un sorriso.
Io ero semplicemente allibita. E curiosa. E grata. E innamorata, soprattutto. Avrei voluto abbracciarlo e dirgli che tutto ad un tratto non vedevo l'ora di avere una villetta bianca in riva al mare tutta nostra, che la possibilità di avere dei bambini da lui, di diventare sua moglie, di appartenergli in tutto e per tutto non mi era mai sembrata più reale e fattibile di ora.
Odiavo piangere, ma sentii lo stesso inumidirsi gli occhi. Convincevo me stessa e gli altri di non essere romantica, ma la verità era che odiavo farmi vedere debole. Adesso era l'ora di dire tanti saluti alla Roxy maschiaccio, quella che rispondeva per le rime e che girava per le strade con felpe oversize e musica a tutto volume nelle orecchie.
Sorrisi a mia volta a Matt e lui cominciò a suonare le prime note. Chiuse gli occhi e pensai di poter rimanere uccisa a causa di tutta quella situazione.
Stava suonando So. Central rain - mi balenò improvvisamente in mente il titolo proprio nel momento in cui Matt attaccò a cantare - che alla fine aveva veramente qualcosa a che fare con la pioggia. Solo che era più lenta, estemamente più lenta e malinconica della canzone originale. Sentirla cantare a un metro di distanza e da lui mi stava procurando delle sensazioni che mi stavano portando sull'orlo di una crisi emotiva destabilizzante.
Realizzai che quella canzone se l'era studiata per una giornata intera solo per me, per farmela ascoltare.
Per la prima volta avrei potuto dirgli in tutta sincerità che l'amavo, che sarebbe diventato un uomo fantastico e che l'avrei voluto accanto per tutto il resto della mia vita. Invece rimasi zitta e gli buttai le braccia al collo, interrompendo quella canzone meravigliosa con le lacrime agli occhi. Lo sentii ridere sommessamente e cercare di appoggiare la chitarra a terra per restituirmi l'abbraccio e quando ci riuscì mi fece sedere sulle sue gambe.
Avrei voluto dirgli talmente tante di quelle cose che mi frullavano per la testa ma l'unica cosa che riuscii a sussurrare fu un semplice "Grazie, Matt."
Lo sentii sorridere contro il mio viso e prese ad accarezzarmi i capelli lentamente, con dolcezza.
Avrei voluto stare così per sempre.

Da quel momento non ascoltai più quella canzone né Matt provò più a suonarla. Senza dirci niente, ci eravamo messi d'accordo di chiudere in un angolo della nostra mente quel momento e tirarlo fuori quando sarebbe stato il momento più opportuno.
A nessuno sarebbe mai venuto in mente che quella canzone e quelle emozioni sarebbero ritornate quasi quindici anni dopo in una situazione su cui - in quel momento - sia Matt che Roxanne non avrebbero scommesso nemmeno un centesimo.
A vederli così, nessuno avrebbe mai neanche pensato che sarebbero riusciti a intraprendere strade diverse e dimenticarsi per anni, maledicendo loro stessi. Nonostante non lo dimostrassero erano fondamentali l'uno per l'altra, ma quello non li obbligò certo a non privilegiare i loro sogni.
Strano come ci si ritrovi a decidere tra due cose di vitale importanza e la scelta ricada sempre su quella sbagliata.

 

 
***
Non sono riuscita a lasciarli in pace troppo a lungo, questi personaggi. Già all'inizio dell'altra storia pensavo a questo missing moment, vedete un po' voi ._.
All'inizio progettavo di tenere la ff concentrata sulla canzone, poi l'episodio della seduta spiritica e quant'altro hanno preso il sopravvento... In ogni caso avevo letto da qualche parte che Matt ha veramente avuto a che fare con quelle cose, così ne ho approfittato e ci ho ricamato un po' sù.
I R.e.m. ritornano sempre e con la stessa canzone, tra l'altro. È questa, se volete ascoltarla: http://www.youtube.com/watch?v=rFV-GHKHBjc
Basta, non ho nient'altro da dire. Spero vi sia piaciuta! 

  
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