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Autore: CBradbury    26/04/2012    2 recensioni
Parole non dette, segreti che vengono a galla, e due Kurt e Blaine un po' differenti da quelli che vediamo sullo schermo.
Kurt mostrerà un lato di sé molto impaurito e sensibile, un lato bislacco quanto speciale e interessante, e Blaine lo aiuterà a sconfiggere un po' la sua paura.
Tanto Klaingst e tanto amore per i miei Klaine, che nell'ultima puntata sono stati perfetti.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Cipria.

L’afferrai come se l’avessi fatto un milione di volte, e con fare disinvolto, accarezzai le mie gote con il pennellino del trucco. Ogni piccola setola era ruvida come un vecchio foglio di carta, e l’odore di polvere appena più profumata, mi arrivò alle narici in un men che non si dica, facendomi starnutire rumorosamente.

Ombretto.

Il pennello era molto più fine e delicato, un piccolo pomellino posto sull’estremità di un bastoncino nero, lungo poco più del mio mignolo. La piccola pallina, spugnosa e morbida, andò a posarsi appena sopra i miei occhi, e quando iniziai a muoverla le mie palpebre divennero di un viola tenue.

Rossetto.

Colorato e pastoso come sempre, afferrai il rossetto di un rosa tenue, e me lo passai con eleganza sulle labbra. Poche passate, e la mia bocca presto divenne meravigliosa, come tutto il resto del mio viso, che ora più che mai, era decisamente perfetto.

Fondotinta.

Eliminai in fine, tutti i difetti del mio viso. Eliminai tutti i brufoli che mi erano apparsi in fronte e sul mento, e i punti neri accanto al naso. Passai un po’ di cremina anche sul mio collo, proprio sulla cicatrice che mi ero procurato quando era ancora più piccolo, e accidentalmente mi ero tagliato con il coltello.

Ero pronto e bello come non mai, mentre afferravo i vestiti ben ripiegati sul letto, e me li infilavo, facendo qualche giro su me stesso, e ammirando la mia figura allo specchio.

Sei bellissimo, chiunque ti amerebbe, affermai nella mia mente, mentre le grosse scarpe con i tacchi, quelle che erano ancora della mia mamma, entravano dentro i miei gracili piedi. Iniziai a camminare in modo decisamente goffo, mentre invano cercavo di aggrapparmi ad uno scaffale fin troppo alto per me. Avevo solo dodici anni, le mie gambe erano ancora troppo corte.

Mi sentivo estremamente giusto e non credevo che bastassero una gonna e un paio di scarpe con i tacchi, per farmi sentire me stesso.

Il pomeriggio passò molto veloce tra una prova e l’altra, mentre i trucchi di mia madre a mano a mano si consumavano sempre di più e l’odore dolce dei prodotti svaniva dalla stanza. Solo quando si fecero le cinque, mi accorsi che il suo odore, l’odore della mia mamma, stava svanendo, e decisi di riporre i trucchi di nuovo al loro posto e di usarli solo nelle occasioni speciali.

L’ultimo cassetto del comodino si stava chiudendo, quando mio padre fece capolino dentro la stanza, e io non seppi esattamente cosa dire, perché le parole non c’erano. In realtà non avevo mai pensato a come sarebbe stato dire al mio papà che adoravo i vestiti di mamma, e che i trucchi mi facevano sentire bene. L’odore, l’effetto, il ricordo collegato a lei.

Afferrai la gonna rossa che indossavo con le mie gracili mani - più pallide del solito- , e mentre lui mi guardava con aria confusa, io semplicemente mi voltai verso il letto, e mi ci buttai sopra, coprendo la mia testa con un cuscino.

La gonna era troppo lunga, ma da sotto sentivo degli spifferi ghiacciati solleticarmi le cosce, fino a sfiorarmi l’addome sotto la maglietta scollata. La grossa collana di perle ricadeva fin sotto l’ombelico, ed era ridicola quanto meravigliosa, perché sulla mia mamma stava davvero bene, ero io che non andavo bene.

Mio padre, Burt, mi si avvicinò con calma, forse timoroso di dire qualcosa di sbagliato, forse perché si era creata una situazione altamente imbarazzante e strana. Ero imbarazzato così tanto, da voler solo piangere e in quel momento, realizzai perché i miei compagni si comportavano così male con me, trattandomi come una persona di seconda categoria.

Le parole ‘checca’ e ‘finocchio’ – ancora non ben definite dentro la mia testa -, si fecero più concrete e colme di significato, e il trucco a poco a poco si stava sciogliendo, colando sul mio viso sotto forma di lacrime variopinte.

“Quindi è così che ti senti, Kurt?” mi domandò mio padre, indicando i vestiti e il trucco. Lo guardai spaventato, mentre le parole mi morivano in gola.

Non mi sento così, sono così.

“Perché non me l’hai detto prima? Noi ci diciamo tutto…” continuò con un tono duro, ma allo stesso tempo colmo d’affetto. Voleva farmi capire che era con me, dalla mia parte, non voleva ferirmi come tutti i ragazzi a scuola.

Non sono una ragazza,non mi sento come una di loro, ma a volte vorrei esserlo perché sarebbe tutto più facile, non credi papà?

“Oh, piccolo, non piangere…” sussurrò infine, mentre io mi perdevo in un groviglio indistinto di singhiozzi e lacrime salate. Piccole gocce di puro dolore scorrevano dolcemente su tutto il mio viso, rincorrendosi tra di loro, quasi facendo a gara per vedere chi sarebbe arrivata prima alle mie labbra. La mia bocca catturava ogni gocciolina, assaporandone il gusto e tutti i sentimenti racchiusi al suo interno.

Strinsi la giacca del mio papà un po’ più forte, e quando incontrai il suo viso, per un attimo ebbi paura di vedere disprezzo e disgusto per quello che ero, ma non vidi nulla di quello. Vidi solo confusione e tanto tanto, amore per me. Pensai di averlo messo in difficoltà, perché di solito i ragazzi a quell’età pensano al football, e alle ragazze. Pensano ai videogiochi e al cibo spazzatura. Pensano che stanno diventando grandi perché i loro genitori permettono loro di andare a dormire alle dieci. Pensano a queste cose, ma mai si comporterebbero come me.

Mio padre presto si alzò, avanzando lentamente fino alla porta e voltandosi solo una volta, sussurrandomi un ti voglio bene quasi impercettibile. Quando si richiuse la porta alle spalle ripensai al suo viso subito prima che se ne andasse dalla stanza, e non seppi dare un significato alla piccola smorfia della sua bocca, o alla fronte aggrottata, e nemmeno alla piccola lacrima che gli rigò il viso.

Mi alzai anche se le mie ossa erano tutti indolenzite, e arrabbiato – rabbia che venne fuori senza un motivo troppo valido -, mi scagliai sul grosso specchio lucente. Presto venne riempito da righe indistinte, segmenti rosa che andavano ad intrecciarsi tra di loro con una certa forza. Ogni riga era ben ricalcata e sbavata qua e là. Ebbi il coraggio infine, di scrivere al centro, in grande, “frocio”, senza vergognarmene. Fissai intensamente quella scritta e per parecchi minuti restai imbambolato lì, senza dare un senso a quello sfogo e senza capire perché mi stessi facendo del male.

La gonna nel mentre si sfilò da sola, visto che il bacino di mia madre era decisamente più grande del mio, e io non ci avevo aggiunto nessuna cintura.

Mi ritrovai in biancheria intima, e le mutande mi fasciavano le gambe e l’inguine in modo perfetto. Erano bellissime, erano della mia mamma. Stranamente non mi caddero, e rimasero ben salde ai miei fianchi.

Decisi allora di levarmi anche la maglietta e di rimanere libero almeno in quella piccola camera che sapeva di casa. Essere nudo non sarebbe stato poi così brutto tra le mura di casa mia, e nessuno mi avrebbe mai giudicato.

Mentre riponevo gli indumenti di nuovo al loro posto, e tentavo di fare ordine sul tavolino dei trucchi, mi accorsi che sul mio viso c’erano ancora i segni del trucco. Infinite striscioline colorate colavano silenziose insieme alle ultime lacrime. Era uno spettacolo triste, ma allo stesso tempo davvero stupendo, perché io e la mia mamma amavamo gli arcobaleni e ora io ce ne avevo uno sul viso. Non tutti possono avere questo privilegio, non tutti possono avere un arcobaleno così vicino.

Sono speciale, perché possiedo l’arcobaleno, pensai ingenuamente, senza realizzare che avevo assolutamente ragione.

***

 
“Hey Ku-“ Blaine si bloccò sulla porta, mentre silenzioso mi osservava con indosso un gonna e una maglia molto scollata. Lo stesso trucco di pochi anni prima, era di nuovo lì, sulla mia faccia. Sapeva sempre più di mamma.

Nell’attimo in cui mi voltai verso la porta, incontrai lo sguardo confuso di Blaine, che sembrava voler chiedere spiegazioni più di chiunque altro.

In quella settimana ero stato parecchio distante da lui e dai miei amici, essendo che avevo conosciuto un nuovo ragazzo al negozio di musica. Un tipo di nome Chandler, dall’aria molto improbabile e il look molto retrò. Ero stato così preso dai suoi sms colmi di complimenti e stupidi apprezzamenti al mio sorriso, che avevo trascurato le persone a me più care, e soprattutto, la mia vita, avevo trascurato la mia vita.

Blaine era tutto per me, insieme a mio papà e al Glee e più Chandler mi diceva quanto ero bello, più io mi dimenticavo della mia vita e del mio ragazzo, che sembrava troppo distante in quel periodo.
Mi sentivo così solo, da colmare il mio vuoto con un stupido ragazzo che mi dedicava le sue attenzioni solo per poi finire a letto, ne ero certo.

Il pennello della cipria mi cadde dalla mano, mentre Blaine era ancora fermo impalato a fissarmi, e io mi chiedevo perché fosse lì. Avevamo litigato, non pensavo tornasse da me. Ero stato così stronzo che temevo mi volesse lasciare e forse me lo meritavo anche.

“Cos- cosa stai facendo, Kurt?” mi chiese con voce tremolante, mentre lentamente si faceva avanti verso di me.

“Io mi stavo truccando… quando-quando sono triste entro in questa camera, afferro i vestiti di mia madre, i suoi trucchi, e faccio finta di essere un’altra persona,” confessai “la vita sembra meno spaventosa, se faccio finta di essere quello che non sono.”

Blaine era ormai a pochi passi da me e mi squadrò da capo a piedi, con uno sguardo talmente penetrante da far male. Non seppi neanche se sentirmi giudicato o sentirmi a mio agio, perché questa sua apparizione improvvisa mi colse davvero di sprovvista.

“Questa cosa… che fai… Chandler la sa?” mi domandò ancora, speranzoso che io gli rispondessi di no e così faci.

“No, non sa nulla di me.” Risposi sinceramente, ed entrambi ci guardammo come se nulla fosse successo, ma solo per un attimo. Avrei tanto voluto che Chandler non fosse mai esistito. Stavo morendo, mi mancava Blaine e avevo bisogno di lui “Solo tu sai tutto di me.”
“Non mi sembra, Kurt. Non mi avresti mai detto nulla di Chandler, se io non avessi guardato tra i tuoi messaggi. E ora scopro… questo.”

Questo, questo, questo. Cosa intendi, Blaine? Sembra quasi che qualcosa di brutto.

“C’è qualcosa di sbagliato, Blaine?”

“No… e lo sai. Non c’è nulla di sbagliato in te e nel fatto che ti vesta da donna. Io ti amo così, come ti amo vestito Marc Jacobs, come ti amo quando sei nudo e facciamo l’amore. Ti amo in tutti i modi, ma non amo quando mi tradisci, e tu non sai quanto fa male sentirsi traditi.”

Sbuffai sonoramente, mentre scostavo la sedia sotto il mio sedere, e il pavimento di legno antico si rigava appena.

“Sebastian non conta come tradimento?”

Blaine aprì la bocca appena, quasi incredulo di sentirmi dire quella cosa. Sebastian per lui non era contato niente? Sul serio? E tutti i messaggini non erano contati nulla, ovvio, tanto quello che soffriva ero io e non di certo lui.

“Non l’ho mai amato e mai l’amerò, Kurt. E i messaggi che io e lui ci siamo mandati non erano altro che messaggi in cui lui, mi lanciava frecciatine, e io gli rispondevo nel modo più naturale del mondo, senza mai tradire quello che provo per te. Mai una volta ho pensato che Sebastian, o qualcun altro potesse rimpiazzarti!” finì alzando la voce appena, per farmi entrare in testa quello che aveva detto.

“Ti sei allontanato da me,” gli incolpai “ti sei allontanato da me, e io sono qui, disperato, solo perché ti amo ancora e sono un completo idiota. Io voglio solo tornare a fare l’amore con te ogni giorno, a bere caffè al Lima Bean, a leggere riviste di moda, a giocare ai videogiochi io, te, e Finn. Sono stato un idiota, okay? Ti piace come suona? Sono un idiota, e Chandler era solo un modo per non pensare a quanto tu fossi lontano da me!” conclusi tutto d’un fiato, con gli occhi estremamente lucidi.

Finalmente si avvicinò ancora di più a me, e quando ci ritrovammo faccia a faccia, mi maledissi per aver messo tutto quel trucco. Ero orribile, mi avrebbe odiato.

“Non voglio che tu te ne vada,” Mormorò ad occhi bassi torturandosi le sue stesse mani “Non voglio, e il solo pensiero che tu andrai via da qui e ti farai nuovi amici, vedrai nuovi posti, e vivrai nuove esperienze mi fa morire.” rivelò con voce spezzata, mentre io mi sentivo ancora più uno schifo per non averlo capito prima, e per averlo fatto soffrire così.

“Dopo aver letto quei messaggi di Chandler avrei tanto voluto andare da lui e ucciderlo, perché sentivo che ti stava portando ancora più via da me.”

Eravamo così vicini che potei sentire una sua lacrima bollente cadermi sul palmo della mano; e poi un’altra, un’altra ancora, e presto le lacrime si trasformarono in un torrente nel pieno di una tempesta, e avrei solo voluto baciarlo e dirgli che mi dispiaceva, e che avrei fatto di tutto per non lasciarlo mai. Semplicemente non potevo, perché la situazione era delicata, e avevo paura di qualcosa a cui non sapevo dar nome.

“Posso baciarti, Blaine?” domandai con una stupida voce da bambino, quasi come se fossi ritornato un dodicenne spaventato dalla distanza.

Ecco,ecco cos’era quella cosa che tanto mi dava timore: la distanza. La distanza da mia madre e la distanza da Blaine erano quasi equivalenti, anche se lei era persa per sempre, e con Blaine non dovevo perdere le speranze. Io avevo paura di quella brutta bestia, che fin da quando avevo otto anni mi aveva inghiottito, e con me, si era presa mia madre. La distanza e la morte, le odiavo e le avrei odiate per il resto della mia vita.

Blaine annuì con gli occhi puntati nei miei; sembravamo due bambini al loro primo bacio, e tra uno sfioramento e l’altro, le nostre mani si unirono, e con loro anche le nostre bocche.

Amavo il modo in cui Blaine si alzava sulle punte solo perché era poco più basso di me. Voleva rendere tutto più romantico e apprezzai il fatto che anche quella volta, si alzò sulle punte, e mi regalò il più bel bacio di sempre. Un incontro di lingue, denti e sospiri. Le labbra carnose di Blaine erano nate per baciare le mie e ringraziai chiunque ci fosse in cielo, per avermi donato quell’angelo dagli occhi d’orati.

Grazie, mamma. Grazie per avermi regalato Blaine. Non credo neanche di essermelo meritato, ma farò di tutto per non perderlo. Lo amerò come meglio potrò, proprio come tu hai fatto con papà.
Il momento in cui ci fermammo per prendere fiato ci ritrovammo ad arrossire entrambi: io sotto una strato di cipria e lui alla luce del sole. Gli baciai le guance languidamente, mentre sentivo le sue ciglia sfiorare la mia fronte.

“Kurt- Kurt, aspetta!”  esclamò, bloccandomi dal baciarlo sul collo “Voglio prima toglierti il trucco e tutto quello che hai addosso. Voglio vedere Kurt, e solo Kurt.”

Sorrisi dolcemente a quelle parole.

“Ora,” cominciò, mentre mi passava un pollice sul viso, e cercava di eliminare ogni traccia di trucco “leviamo questo, e lasciamo spazio alla tua pelle candida, alle lentiggini e ai tuoi occhi limpidi, okay? Non devi essere qualcun altro, o temere il mondo al di fuori di qui, quando sei con me.”

Mi sorrise di rimando e con delle piccole salviette prese dal ripiano dei trucchi, mi levò le ultime tracce rimanenti. Durante l’operazione, la sua lingua era pizzicata tra i denti, e i suoi occhi saettavano da un lato all’altro del mio viso, pulendolo da ogni colore sgargiante.

“Molto meglio!” esclamò soddisfatto, “Sei così bello così…”

“Anche tu.” Risposi istintivamente, nel modo più naturale del mondo. Un’altra volta ci guardammo negli occhi e notai una leggera punta di malizia nei suoi.

“Ti amo così tanto…” sussurrò afferrandomi il viso con le mani, e premendo il corpo contro il mio, mentre con una lentezza estenuante, ci incamminavamo verso il letto.

“Anche io ti amo tanto, Blaine,” sussurrai di rimando e nel frattempo sbattei contro letto, “E ora ho tanta voglia di fare l’amore con te, più di ogni altra volta…”

“Amore…” mormorò lui.

Ci sfilammo i vestiti molto lentamente, e quando finalmente gonna e pantaloni, maglie e magliette furono a terra, e solo un piccolo strato di stoffa ci divideva, io piansi silenzioso. Piansi perché era davvero la cosa migliore che mi potesse capitare. E quel contatto così intimo, mi fece sentire  talmente amato, da farmi scordare quasi completamente la distanza che ci avrebbe separati da lì a poco.

“Non ti lascerò mai, mai… ce la faremo” gli dissi in un orecchio, mentre lui continuava a riempirmi e svuotarmi lentamente e molto più dolcemente delle volte passate, “Blaine, lo giuro”

“Lo giuro…”










Angolinoinoino!

E quanto arriva l'ispirazione non si può di certo bloccare!
Ecco qui un nuovo lato di Kurt, che noi non conoscevamo.
Ho pensato al fattore "trucchi e vestiti da donna", per il fatto che chiunque, ad una certa età, spera di essere dell'altro sesso, perché crede che tutto sarà più facile. Io ancora adesso non mi sento a mio agio ad essere donna, oppure vorrei solo essere maschio per non avere troppi problemi e troppi pensieri per la testa.
Kurt a volte vorrebbe essere una donna, così che tutto possa essere meno difficile e lui possa amare i ragazzi senza problemi.
Quando cresce, decide di nascondersi dietro un po' di trucco, per la paura di crescere per la mancanza della madre. Si sente solo e a paura di perdere ancora una volta Blaine.

Ed ecco qui, la mia one-shot super angst senza alcuna pretesa ma solo di sfogo! Ho bisogno di un bel missing moments della scorsa puntata per sfogarmi per bene!

Spero vi sia piaciuta almeno un po', e mi spiace non averla ricontrollata, ma sto crollando e devo ancora fare la doccia :|
Buon Listen-Friday a tutti! Un bacione :)
 
  
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