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Autore: Hypnotic Poison    20/11/2006    24 recensioni
Erano sei anni che poteva considerare la sua vita – quasi – normale. Anche se di cose ne erano cambiate parecchie. [...]
« Beh! Che c’è, non si salutano più gli amici da queste parti? »
« Cosa ci fai tu qui! »
[...]
« Stamattina… non è scattato nessun allarme, niente di niente, ma i computer si sono riaccesi automaticamente sui dati del progetto Mew. » [...]
« Ora voi parlate. E vi conviene dire tutta la verità. »

[ATTENZIONE: STORIA IN REVISIONE. Aggiornati al 04/02/2024: 1-18]
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Mint Aizawa/Mina, Nuovo Personaggio, Ryo Shirogane/Ryan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Introduzione e dovute spiegazioni

 

 
 
 
 
 
Era il 2006 quando ho iniziato questa storia su dei fogli di carta a quadretti con solo una penna e dei pennarelli della Stabilo (quelli esagonali con le righe, per capirci xD); era il 2013 quando sono finalmente riuscita a concluderla.
 
Poi è arrivato il 2020, il lockdown, io bloccata in un’altra nazione senza poter tornare a casa, e mi sono detta “Sai che c’è? È ora di dare a M&C la forma che si merita.” Un reboot ai tempi dei reboot.
 
Ho amato visceralmente questa fanfiction; è stata la prima, vera che io abbia scritto, con personaggi inventati da me a cui ho voluto davvero molto bene. È pure finita tra le Scelte, per motivi che ancora non capisco, e quindi era giusto che si meritasse davvero di esserlo e che i personaggi avessero la storia che si meritano.
 
Quindi la sto riscrivendo! E qui le spiegazioni che servono:  
  •  Per chi non l’ha mai letta prima (o per chi l’ha già letta e non ricorda): questa storia ignora gli eventi di Tokyo Mew Mew à la mode (come la prima versione) e anche quelli di Re-Turn – un po’ perché altrimenti avrei dovuto stravolgere molte cose, un po’ perché avevo già iniziato a riscriverla quando è finalmente uscito il volumetto del 2020. Conseguentemente:
  • IO SONO UN’ANIMA ANTICA xD Quindi, a meno che non esplicitamente menzionato, tutti i riferimenti di questa fanfiction vengono dal manga e dall’anime ORIGINALI. Ovverosia, le uniformi da Mew Mew, i relativi colori, i relativi capelli – quelli sono. Chi mi segue su FB lo sa, io rifuggo l’idea che Ichigo mantenga i capelli rossi da trasformata come nel Reboot del 2022.
  • La riscrittura ha comportato sì il cambiamento di due coppie (poi vedrete), ma non ha intaccato l’evolversi della trama generale. Vedrete che la suddivisione degli eventi tra i vari capitoli è cambiata, alcune scene sono state tagliate, altre nuove inserite, ma il fulcro della questione è rimasto esattamente lo stesso.
  • Stile e forma sono (speranzosamente) cambiati, anche se troverete scene scritte nella stessa identica maniera della versione “originale” (più o meno, perché in fondo era pure comodo xD).
  • La storia è stata spostata avanti di un anno rispetto alla prima stesura, così che questi poveretti si potessero divertire un secondo di più.
  •  I nomi sono diventati quelli giapponesi originali anche perché ormai uso quelli da dieci anni e mi piacciono di più.
  • E sì, è un pochetto più zozza :3 

Scrivo queste righe ormai a metà 2022 perché purtroppo ormai la disponibilità è quella che è e la fantasia pure, ma spero che questi due anni di lavoro siano valsi la pena. Io l’ho fatto soprattutto per me stessa, per dare valore a una delle mie cose più preziose, ma spero che anche voi potrete apprezzarlo.

E quindi, ecco a voi la versione numero 3 e definitiva.  Un bacio grande, e grazie.


















Chapter One – Together again

 

 
 
 
 
 
Ichigo sbuffò, chiuse con rabbia l'anta del suo armadio, e contemporaneamente lanciò il cellulare sul letto, soffocando un urletto di stizza.
Era il suo compleanno, che diamine! E quel rincitrullito di Hisao aveva deciso di darle buca, così, all’ultimo momento disponibile! Gliene avrebbe dette quattro, se mai le fosse tornata la voglia di rifrequentarlo.
Se solo non avesse posticipato il suo incontro con Mowe e Miwa per lui…
Si sedette sul bordo del materasso e riafferrò il telefono, prendendo a scorrere gli auguri che aveva ricevuto durante la mattina e recuperando un po’ del buon umore. C’era già perfino la solita e-mail di Masaya, che, nonostante gli anni passati e il fuso orario, non mancava mai di essere sempre tra i primi quando si trattava di ricorrenze speciali.
Ichigo sbuffò una seconda volta, sollevando qualche ciocca della frangetta rossa, e si lasciò cadere supina, perdendosi un istante nei ricordi.
Erano sei anni (*) che poteva considerare la sua vita – quasi – normale; sei anni in cui aveva finito il liceo, aveva continuato a lavoricchiare part-time il più possibile, aveva iniziato l’università, tutto senza dover nascondere strambe orecchie e code pelose o inventarsi contorti avvenimenti per ovviare alle sue assenze. Non aveva del tutto perso le sue abitudini feline, d’accordo, ma poteva sinceramente considerarsi tranquilla.
Anche se di cose ne erano cambiate parecchie.
In primis, circa un paio di anni prima lei e Masaya avevano deciso, amichevolmente e di comune accordo, di prendere strade separate: l’affetto che li aveva uniti non era stato abbastanza per sormontare la distanza tra Inghilterra e Giappone, gli impegni di entrambi tra esami all’università e corsi extra, ed entrambi avevano preferito farlo al momento giusto per mantenere un buon ricordo della loro relazione. Ichigo aveva sicuramente guadagnato un caro amico, e forse il suo rapporto con l’ambizioso moro era addirittura migliorato da quando non sentiva più la pressione di preservare la relazione perfetta.
D’altra parte, però, le sembrava che le sue relazioni a distanza si fossero, in realtà, quintuplicate. Per quanto ancora si volessero bene, si sentissero regolarmente, e si tenessero aggiornate, era diventato estremamente complicato riunirsi insieme alle sue ex compagne Mew Mew.
Crescere, infatti, aveva determinato che si sparpagliassero un po’ per il mondo. La carriera di Zakuro era decollata ancora di più, se possibile, e Ichigo aveva ormai una scatola di scarpe colma delle cartoline e delle polaroid che la mora le spediva da ogni suo viaggio. Minto, non tanto straordinariamente forse, aveva deciso di seguirla; in una decisione che aveva – questa volta – stupito tutti, dopo cinque anni come ballerina solista aveva all’improvviso deciso di prendere una pausa dalla danza e seguire la sua onee-sama come assistente personale. Purin aveva definitivamente messo un veto alle insistenze di suo padre perché lei sposasse Yue-Bin, ma al tempo stesso, il suo ruolo alla palestra di famiglia era cresciuto, e lei si era ritrovata a dover sospendere gli studi per fare la spola tra Cina e Giappone. L’unica rimasta in pianta stabile a Tokyo era Retasu, che studiava con successo biologia marina, ma tra la mole di studio di entrambe e i lavoretti saltuari che si trovavano per concedersi qualche capriccio in più, lei e Ichigo erano fortunate se riuscivano a incontrarsi una volta ogni paio di settimane.
E infine, a fare avanti e indietro dall’altra parte del mondo c’erano anche Ryou e Keiichiro, che avevano continuato a espandere la loro rete di conoscenze e ricerche, e che negli ultimi anni avevano davvero passato la maggior parte del tempo negli Stati Uniti che altrove.
Ichigo esalò nuovamente, scorrendo gli ultimi messaggi che si era scambiata con le sue più care amiche e notando con un certo disappunto che nessuna di loro ancora si era prodigata ad augurarle un buon compleanno. Si corrucciò e si torturò il labbro inferiore con le dita, cosa diavolo aveva preso tutti quel giorno!?
Si alzò di scatto e afferrò una delle sue borsette preferite. L'unico modo in cui avrebbe potuto risollevarsi un po' il morale era farsi una passeggiata; era una mattina splendida, e non aveva per nulla voglia di starsene in casa a rimuginare sulla sua terribile vita privata. Poi, se proprio nessuno si fosse degnato di volerle fare un po’ di compagnia, si sarebbe arrangiata da sola e si sarebbe dedicata un’intera torta. Ecco.
Infilandosi le cuffie nelle orecchie, si incamminò a passi pesanti fuori dal suo appartamento, rilassandosi solo quando poté respirare a pieni polmoni l’aria frizzante di marzo; quasi sovrappensiero, si diresse verso il suo parco preferito e poi lungo il familiare sentiero che aveva percorso così tante volte da sembrarle ormai naturale. Non doveva nemmeno pensare a che direzione seguire, le sue gambe facevano tutto da sole. Sapevano benissimo che la meta era quel locale rosa confetto che sorgeva nella bella radura soleggiata.
Il Caffè Mew Mew sorgeva ancora in tutta la sua leziosità, anche se non più splendente come una volta, con le finestre chiuse, il cancello sbarrato da un grande catenaccio, e le telecamere di guardia a controllare il perimetro ventiquattr’ore su ventiquattro. Visto i crescenti impegni dei due proprietari all’estero, la disponibilità delle ragazze in diminuzione, e la pochissima fiducia di Keiichiro a lasciare che fosse qualcun altro a gestirlo al posto suo (visto pure che sarebbe stato un filino complicato spiegare il perché di tutto quello strano armamentario nel seminterrato), avevano deciso di chiuderlo a tempo indeterminato, finché non avessero deciso se ristabilirsi permanentemente in Giappone.
Era stata una serata dolceamara, quando si erano incontrati tutti e sette per dare il giro di chiave finale alle serrature, ma vederlo lì, immobile come al solito, dava comunque una sensazione di grande sicurezza. Come se non proprio tutto, alla fine, fosse cambiato. Rimaneva per Ichigo il posto perfetto dove trovare degli attimi di quiete. Si andò ad accomodare sulla sua panchina preferita, all'ombra di una quercia, poco distante dall'entrata del locale. Era sempre un punto fresco, e le piaceva sedersi lì per leggere o ascoltare della musica, oppure chiacchierare con Retasu quando entrambe sentivano il bisogno di liberarsi dell’aria viziata delle aule universitarie.
Ichigo si rilassò, godendosi il venticello che le fece arrossare le guance e giocherellando ancora con il cellulare, quasi tentata di mandare un messaggio passivo aggressivo a Minto solo per stizza che non si fosse ancora fatta viva. Stava giusto per ingannare l’attesa mettendosi a rispondere agli altri suoi compagni di corso, quando il cellulare prese a trillare allegro, e lei aggrottò la fronte: chi mai poteva chiamarla da un numero sconosciuto a quell’ora?
« Non siamo un po’ troppo prevedibili con una borsa a forma di gatto? »
Ichigo ci mise qualche secondo a connettere, poi scattò giù dalla panchina con un balzo, guardandosi intorno alla ricerca di una familiare testa bionda: « Shirogane! Screanzato che non sei altro! Ma dove sei?! »
La risata roca del ragazzo le rimbombò nell'orecchio: « Ti vedo dalle telecamere, Momomiya. »
Lei si voltò verso l'entrata del locale, facendo una linguaccia ad una degli apparecchi di sorveglianza, poi accennò ad un sorriso e un gesto con la mano: « Sappi che è una cosa molto inquietante. E comunque non mi hai risposto! »
« Sei tu quella che gironzola sempre qui intorno come una vera gattina randagia. Io e Kei siamo appena tornati, ho dato una controllatina ai filmati, » si affrettò ad aggiungere, avendo sentito come lei aveva inspirato, pronta a lanciarsi di nuovo contro di lui, « Ti sei messa a fare jogging, sono stupito. O dovrei dire impaurito? »
« Non sei divertente, » rimbrottò lei, continuando a fissare torva la telecamera, « E comunque, che modi sono questi, tornare senza dire niente?! »
« Decisione dell’ultimo minuto, » spiegò lui, « Se non ci avessero convalidato dei documenti, non saremmo potuti partire, quindi… »
« Mmmhm, okay, » la rossa mormorò poco convinta, poi si mordicchiò il labbro inferiore, « Senti, ma… se ci incontrassimo? Non ci vediamo da secoli, e oggi - »
« Ragazzina, pensi davvero che mi sia dimenticato che giorno è oggi? » la prese in giro bonariamente.
Lei storse il naso: « Non mi hai detto nulla. »
« Sono appena atterrato, gimme a break, » lo sentì ridere di nuovo, poi le sembrò che tentennasse, « Comunque, volentieri. Diciamo tra un’oretta? Ci possiamo vedere lì, se vuoi. »
« Sì! » rispose Ichigo, e sperò di non essere stata troppo frettolosa, « Perfetto. Ti… ti aspetto qui, allora. »
Dopo un ultimo saluto e un ciao con la mano, Ichigo chiuse la telefonata e si inoltrò ancora un po’ nel parco, allontanandosi dal sistema di sorveglianza del locale, e prese un respiro. Non capiva perché ancora, dopo anni, continuava a sentirsi lievemente agitata al pensiero di Shirogane. Erano diventati molto amici col tempo, nonostante i continui battibecchi e il suo insopportabile sarcasmo, ma lei sentiva sempre un sordo sfarfallio all’altezza del petto nei momenti in cui erano solo loro due.
Scosse la testa, e si diede della sciocca; non si vedevano da quasi un anno, era normale essere un po’ nervosi, era un nervosismo positivo, quello dato dalla felicità di finalmente rivedere una persona cara, nient’altro.
Per sicurezza, in ogni caso, prese fuori dalla borsetta lo specchietto che aveva con sé e si controllò il minimo trucco che – grazie ai kami – aveva deciso di sfoggiare allo sfumato appuntamento con Hisao, ripassandosi velocemente il burro cacao.
Trotterellò a caso per il parco, canticchiando sottovoce per ingannare il tempo e continuando a lanciare occhiate storte al telefonino in borsa, finché non lo udì suonare di nuovo.
« Possibile che tu sia in ritardo anche quando sei già nel posto concordato? »
Ichigo fece quasi immediatamente dietrofront, ingoiando un paio di insulti: « Arrivo! »
Avrebbe riconosciuto la chioma anche se non fosse stato letteralmente l’unico a sostare davanti al cancello del Caffè, a digitare ancora al cellulare, e Ichigo non poté evitare di sorridere mentre lo stomaco le regalava una capriola vecchia di secoli. Possibile che in poco meno di dodici mesi, lui fosse diventato più alto, con le spalle più larghe? Anche i capelli erano un filo più lunghi, e lei avrebbe giurato che fossero anche più biondi del solito.
Ryou alzò la testa quando udì lo scalpiccio rapido, e gli occhi celesti brillarono d’arguzia: « Un anno più vecchia, ma sei sempre la solita, ragazzina. »
« Antipatico, » borbottò lei, e senza aspettare che aggiungesse oltre, gli circondò il torace con le braccia e vi appoggiò la guancia, « Ben tornato. »
L’americano impiegò una frazione di secondo a reagire, staccandosi da lei per darle un buffetto sul naso: « Happy birthday, ginger. »
« Grazie, » gongolò lei, contenta che almeno negli anni avesse imparato a tenere sotto controllo il suo arrossire furiosamente, « Come stai? »
Ryou scrollò le spalle: « Come qualcuno che ha lavorato fino all’ora prima di intraprendere un viaggio intercontinentale può stare. »
« Oh, andiamo, non tornavi da una vita, che sarà mai! »
« Non è che se non torno in Giappone allora sto fermo, kitty cat. »
« Lo so, lo so, ci hai mandato chiarissime foto delle tue orribili conferenze in Sud America, » lo prese in giro lei, poi lo guardò da sotto in su, « Rimanete un po’, ora? »
Lui infilò le mani nelle tasche del giubbotto: « Abbiamo sviluppato un nuovo progetto con un'azienda associata, ora siamo in fase di perfezionamento. Stiamo cercando soci per poterlo lanciare, quindi direi che ci vorrà del tempo. »
Ichigo non trattenne il sorriso soddisfatto, poi lo guardò furba: « Allora cosa facciamo per il mio compleanno? »
Shirogane rise e scosse la testa, sfiorandole di nuovo la punta del naso: « Gattina viziata. I’ll tell you what, » fece un cenno della testa verso il Caffè, tirando fuori dalla tasca un mazzo di chiavi, « Che ne dici se entriamo a fare un giro? »
La prima reazione di Ichigo fu di guardarlo sospettosa, il locale era chiuso da anni e lei si poteva benissimo immaginare le decine di ragnatele e annesse bestioline brulicanti nel buio che ci avrebbe sicuramente trovato, cosa che non la rendeva così estasiata. Ryou, però, aveva già iniziato a trafficare con il catenaccio che ne bloccava l’ingresso, e le ammiccò incoraggiante:
« Come on. »
« Perché ho la sensazione che tu stia per farmi uno scherzo? » mormorò titubante lei, sbirciando da sopra la spalla del biondo mentre lui procedeva alla serratura principale della porta d’ingresso.
L’americano le sorrise smagliante, forse fin troppo contento per i suoi gusti:
« Il giorno del tuo compleanno? Non potrei mai. »
Aprì la porta rosa e la socchiuse, poggiandole appena la mano sull’incavo della schiena per incitarla ad attraversare la soglia. Ichigo tentennò ancora un istante, stringendo la tracolla della borsetta mentre gli occhi si abituavano alla semi-oscurità, il cuore che le batté piacevolmente a risentire il delicato profumo familiare anche sotto l’odore di chiuso, a intravedere i contorni così conosciuti.
Anche se pensava di ricordarsi che avessero coperto tutti i tavoli e le sedie quando avevano chiuso.
Le luci si accesero all’improvviso, accecandola, e prima che Ichigo potesse capire esattamente cosa stesse succedendo, le ragazze e Keiichiro spuntarono dalla finestrella della cucina, in un grido collettivo:
« Sorpresa!! »
Ichigo rimase interdetta un istante, poi saltellò sul posto e con un versetto stridulo, si lanciò a braccia aperte nell’abbraccio delle amiche.
« E io che pensavo che vi foste scordate! »
« Ma per chi ci hai preso, » la rimbrottò Minto, piacevolmente con un sorriso dall’orecchio all’altro, « Noi non siamo delle svampite come te. »
« Abbiamo organizzato per un mese, » Retasu le strinse la mano, le guance rosse per la contentezza, « Non sai che fatica non dirtelo! »
« Ragazze, ma… e il Caffè! » la rossa fece un passo indietro per ammirare il locale, mentre Shirogane e Keiichiro aprivano le varie imposte, notando come pareva che non fosse passato che un giorno dalla loro ultima visita, adocchiando subito il tavolo elegantemente apparecchiato.
« Ci siamo svegliate all’alba per sistemare e pulire tutto! » Purin le urlò in un orecchio mentre continuava a stritolarle il collo.
« E se fossi stata impegnata? » replicò lei, fingendosi offesa.
« Oh, per favore, come se potessi dirci di no, » esclamò Minto, portandosi un boccolo dietro l’orecchio, « Dopo tutta questa faticaccia, saremmo venuti a prenderti di peso. »
« Sì, immagino il tuo contributo, Minto-chan. »
Zakuro le fece l’occhiolino: « Il credito dell’idea è di Kei-san. È stato lui a suggerire il Caffè. »
« Mi sembrava confacesse, » il pasticcere uscì in quel momento dalla cucina, spingendo un carrellino di metallo stracolmo di dolcetti, bevande, e una torta con delle candeline sopra, « Giusto qualche assaggio. »
Ichigo si tinse piacevolmente di rosso, aggrappandosi di nuovo a forza a Purin e Minto, ignorando i lamenti di quest’ultima: « Siete i migliori! »
« Non strafogarti, stasera siamo tutti a cena fuori insieme, » l’avvertì la mora, quasi scrollandosela di dosso, « E in un ristorante elegante, quindi scordati quell’orribile borsetta. »
La rossa storse il naso, poi però la riagguantò, strusciando la guancia contro la sua: « Anche tu mi sei mancata, Minto-chan. Mi siete mancati tutti! Ah, che bello questo è il migliore compleanno del mondo, non vedo l’ora di aggiornarci su tutto! »
« Sì, ma ora mangiamo! »
Al richiamo di Purin, il gruppetto si spostò rumorosamente verso il tavolo – troppo rumorosamente per sole cinque persone, ponderò Shirogane con un sorrisetto, mentre le osservava da poggiato contro al muro della cucina, a braccia conserte.
Come se non le conoscessi, pensò, e appena la biondina sventolò con foga il braccio verso di lui, si arrese con un sospiro e si unì a loro.
 
 
 
 
« Yummm… » Ichigo assaporò il cucchiaio per un’ultima volta, ripulendo qualsiasi traccia del tortino al cioccolato caldo, « Sto per scoppiare. Anche se non era buono quanto i tuoi, Kei-san. »
Mentre il moro le rivolgeva un sorriso caloroso e grato, Minto le lanciò un’occhiataccia: « Possibile che tu sia sempre la solita esagerata? »
« È il mio compleanno, posso fare quello che voglio. »
« Non credo funzioni così, Ichigo. »
Lei fece una linguaccia a Ryou, poi sospirò e si appoggiò al tavolo: « Quanto rimarrete, ora? Io e Retasu ci sentiamo abbastanza abbandonate. »
Purin fu la prima a stendere un sorrisone a trentadue denti: « Io non ho intenzione di muovermi per un bel po’. La palestra qui è finalmente finita, mio papà ha promesso che tornerà più spesso così da attirare più apprendisti, e passare anche un po’ di tempo con i fratellini. »
Retasu coprì la mano con la sua, sorridendole incoraggiante: « Così riuscirai anche a completare gli studi! »
La biondina annuì convinta: « Sempre che Ryou nii-san mantenga la sua promessa di darmi una mano. »
« Perché mettete sempre in mezzo me ai vostri bisogni scolastici? »
« Come se non ti piacesse far vedere quanto sai tutto di tutto! »
Lui evitò di dare adito a quelle sciocche accuse, limitandosi a prendere un sorso dal proprio bicchiere con un sospiro esagerato.
« E tu, Zakuro nee-san? »
La modella piegò appena la testa da un lato: « Se tutto va bene, nei prossimi giorni dovrei firmare il contratto finale per girare una serie qui. Promettono minimo due stagioni, » aggiunse con un occhiolino.
Ichigo quasi si alzò dalla sedia estasiata, di nuovo sporgendosi per agguantare Minto nonostante le poco velate minacce di quest’ultima circa le figuracce al ristorante: « Sììì! Questo è il compleanno migliore del mondo, sono mesi che non facciamo un pigiama party nel tuo lettone! »
« Il tuo buon proposito per questo anno in più di maturità spero sia smetterla di autoinvitarsi a casa della gente. »
L’intero tavolo rise del loro bisticciare, ma anche lo sguardo della mora luccicava di una punta di contentezza al pensiero di rimanere finalmente un po’ a casa.
« Che facciamo, glielo diciamo? »
I cinque sguardi felici si posarono su Keiichiro, voltato con aria furba verso il suo protetto, che invece buttò la testa indietro e sospirò: « Non sono pronto al fracasso. »
« Che sta succedendo? »
« Spero non dobbiate dirci cose… importanti, » Zakuro alzò solo un sopracciglio allusiva, e velatamente minatoria.
Keiichiro si affrettò ad agitare le mani, sorridendo rassicurante: « Come vi abbiamo accennato qualche settimana fa, la Fondazione Shirogane ha ottenuto risultati importanti, e siamo riusciti a creare una rete di contatti non indifferente. Il successo negli Stati Uniti si è fatto sentire fino a qui, e, be’…. Diciamo che ora vogliamo rafforzare anche il mercato di casa. »
« E non omettere la parte in cui hai detto che dopo tutto questo tempo ho voglia di rilassarmi, tanto ormai fai tutto tu, » lo scimmiottò il biondo.
« E quindi?! »
Ryou sospirò ancora, giocherellando con una goccia d’acqua caduta sul tavolo solo per prendere tempo prima di lanciare un’altra occhiata al moro: « Io non ho ancora detto di sì. »
«  E quindi, » Keiichiro quasi lo ignorò, divertito dall’aspettativa delle ragazze quasi piegate sopra al tavolo, ma al tempo stesso senza volerle stuzzicare troppo, « Se il signorino qui presente acconsente, ci calmeremo un attimo per consolidare definitivamente il nostro lavoro sul territorio, rimarremo a Tokyo fino a data da destinarsi, e il Caffè verrà riaperto. »
Un gemito di sorpresa si levò dalle cinque, che si scambiarono occhiate eccitate, Ichigo che batté di nuovo le mani: « Oh, vi prego, ditemi che possiamo tornare anche a lavorarci! Il ristorante di ramen in cui sto ora è così tedioso…! »
« Ah, guarda che me la segno, Momomiya. »
Lei fece una linguaccia a Ryou, mentre Keiichiro annuiva bonario: « Ovviamente, sareste le prime candidate, se lo voleste. »
« A nostro gradimento quindi, questa volta, non per forza, » Zakuro lanciò un’altra occhiatina allusiva agli americani, quello più giovane che borbottò qualcosa sul lasciarlo stare, poi incrociò le braccia mentre si rilassava sulla sedia, « Non è una copertura per poi annunciarci qualche sorpresina interplanetaria sgradita, vero? »
« No, è soltanto il bisogno di sentirsi ricompensato di Keiichiro. »
Questi continuò ad ignorare il suo protetto, riprendendo: « Il Caffè è ancora in buone condizioni, siamo sempre passati a controllarlo tra un ritorno e l’altro, anche per il laboratorio sotterraneo che è sempre in funzione… ma ha bisogno di una rinfrescata, quindi pensiamo che tra un mesetto, più o meno, potremmo ripartire. »
« Questo plurale… »
« Oh, sta’ zitto, Shirogane, » Ichigo lo rimbeccò, agitandogli la mano davanti al naso come si scaccia una mosca, « Ma… vi trasferirete di nuovo lì? »
Lo chef scosse la testa: « Io ho trovato un appartamentino non troppo lontano dal parco, così sarà più semplice gestirlo. Ryou sta affittando un bilocale vicino a dove abiti tu, Zakuro-san. »
« Shirogane, per tutti i kami, » Minto sbuffò e scosse la testa maligna, « Un bilocale? »
« Sapete quanto mi siete costate e quanto mi costerete voi coi vostri conti aperti? »
« Non guardare me, al massimo la colpa è di Ichigo e Purin. »
« Ehi, io ripagavo lavorando! »
« Certo, certo. »
« Senti…! »
« Ragazze, » Zakuro le ammonì dolcemente, già vedendo come Ryou aveva di nuovo agguantato la bottiglia di vino, « Attente a non fargli cambiare idea. »
« Non può cambiare idea, è il mio compleanno. »
Ryou lanciò un’occhiata veloce verso Ichigo, che lo stava guardando con quel suo sorriso così pieno di speranza e allegria in attesa della conferma finale, e lui dovette schiarirsi la gola mentre versava il vino nel bicchiere: « Non aspettatevi salari aggiustati per l’inflazione. »
Il tavolo eruppe in una serie di gridolini ed applausi estasiati, con buona pace degli altri commensali della sala, con tanto di Purin che si alzò per andare a stritolargli il collo mentre blaterava senza sosta.
Ryou, da sopra la matassa di capelli biondi, guardò soltanto esasperato al suo migliore amico, ma non poté evitare di sorridere contento.
 
 
 
 
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La notizia di un prolungato soggiorno a Tokyo, e di un ritorno alla vita di un tempo, sembrava aver infuso di nuova energia le ragazze.
Anche con i lavori di rivitalizzazione del Caffè in corso, il locale era ritornato ad essere il luogo di incontro preferito delle ex Mew Mew, che dopo le lezioni o tra una giornata libera e l’altra tornavano ad occupare i tavoli per studiare, chiacchierare, e dare una mano a Keiichiro a riportarlo allo splendore originale in vista della festa di riapertura – perché ovviamente il moro non aveva esitato ad annunciare che ci sarebbe stata una festa coi fiocchi.
Ryou, dal canto suo, andava e veniva più spesso di quanto gli sarebbe piaciuto ammettere, con la scusa di controllare come stessero andando i preparativi della sua proprietà e non certo per la compagnia, come si premurava di ricordare ogni volta.
Soprattutto quando la suddetta compagnia lo costringeva gentilmente a sedersi tra tomi di lezioni diverse per supportare gli sforzi intellettuali, gli stessi in cui non trovò impegnata una certa rossa di sua conoscenza quando, per l’ennesimo pomeriggio, entrò dalla porta sul retro.
« Non è mai stato il posto per fare pisolini. »
Ichigo, la testa riversa sui libri di testo, si limitò ad aprire un occhio e guardarlo da sotto i ciuffi color ciliegia: « Non è un pisolino, sto meditando. »
« Mmmh, » lui le si avvicinò a braccia incrociate, lo sguardo divertito, « E su cosa staresti meditando, di grazia? »
La rossa sbuffò e si sollevò quanto bastava per poggiare il mento sulle braccia: « Devo scegliere la facoltà con cui proseguire. E non so che fare. » (**)
L’americano spostò una sedia per accomodarsi davanti a lei, studiandola con un’espressione comprensiva: « Be’, dovresti focalizzarti principalmente sulle materie che ti piacciono, o su cosa ti piace studiare e che vorresti continuare a fare. »
« La fai facile tu, » bofonchiò lei, giocherellando con l’angolo di una pagina, « A te è venuto molto semplice, col cervellone che ti ritrovi. Per me è… difficile. »
« Ichigo, non sei certo stupida, » lui sbuffò, allungandosi in avanti per darle un colpetto sulla fronte, « Svogliata, quello è certo. Pigra, non ne parliamo. Ma ci deve pur essere qualcosa che ti appassiona. O altrimenti andiamo per esclusione. »
Lei gemette, affossando di nuovo il viso tra le braccia: « Tutta colpa di mio papà! »
Ryou fece una smorfia, ricordando i pochi incontri con Shintaro Momomiya – e gli sbraiti che aveva sentito in sottofondo a molte telefonate quando la figlia aveva avvisato che avrebbe fatto più tardi del previsto: « Mi sembra normale che voglia che tu possa fare il massimo per la tua carriera, ginger. »
Gli occhioni color cioccolata sbucarono curiosi da dietro il golfino di lana: « Tu come hai fatto a scegliere? »
Lui sbuffò appena: « Per me è stato un po’ diverso, ginger. E poi sai, con mio papà e i suoi studi… »
Ichigo piegò la testa da un lato, osservandolo, poi prese uno dei fazzoletti già arrangiati nel dispenser, lo appallottolò e glielo tirò contro: « Invece delle orecchie da gatto, non potevi passarmi un po’ della tua testaccia?! »
« Ah, » il biondo rise divertito, raccogliendo il proiettile da terra per rilanciarglielo sul naso, « Vuoi dirmi che tutte le nostre chiacchierate in inglese non sono servite a nulla? »
La ragazza mugolò ancora e tornò a nascondere il viso per impedirgli di notare che le sue guance si erano arrossate; perché sì, era vero, per quanto pure a lei paresse strano: anche lo scorbutico Shirogane aveva partecipato a molte delle varie videochiamate di gruppo che si erano susseguite negli anni, com’era successo che a volte si fossero sentiti solamente loro due. Ichigo ricordava ancora la disperazione prima degli esami di fine liceo e dell’ammissione all’università, quando praticamente gli aveva teso un agguato in aeroporto per fargli mantenere la promessa di aiutarla; ma c’erano state altre volte in cui si erano parlati – o visti, le varie occasioni in cui lui si era trovato sul suolo giapponese per più di due settimane alla volta – soltanto per voglia di farlo.
« Ichigo, » lo avvertì sfiorarle piano la frangetta, con una risata bassa, « Non disperarti, qualcosa ci inventeremo. »
Lei gli rispose con un borbottio incomprensibile, e nello stesso momento la porta sul retro del Caffè si aprì, lasciando sbucare Retasu.
« Buon pomeriggio, Shirogane-san. Ichigo-chan… stai male? »
La rossa finalmente si raddrizzò, per non far preoccupare l'amica, e scosse la testa: « Retasu-chan, meno male che sei arrivata! Non sai cosa mi ha raccontato Miwa! »
Non appena Retasu e Ichigo furono rapite da un turbinio di notizie su gente che lui non conosceva né di cui voleva preoccuparsi, Ryou comprese che era arrivato il momento di levare le tende.
Il casco della moto sottobraccio, scese al piano inferiore per dare soltanto una controllatina rapida ai computer principali, scorgendo la figura di Keiichiro in piedi nella dispensa a buttare giù una lista di ordini da terminare.
« Come sta andando? » gli chiese, poggiando una spalla contro la porta.
Il moro ammiccò contento: « Siamo decisamente giusti con i tempi. Un paio di settimane e la riapertura sarà grandiosa. »
« Magari non troppo grandiosa, » puntualizzò lui con una smorfia preoccupata, ma annuì e si passò una mano tra la frangia, alzando un sopracciglio quando notò che l’amico continuava a fissarlo con un sorrisetto, « Che c’è? »
« Niente, » Keiichiro scrollò le spalle e ritornò a conteggiare con la punta della matita contro la carta, « Sei di buon umore, ultimamente. »
Ryou spostò il peso da un piede all’altro, a disagio: « Non ricominciare. »
« È solo una constatazione. »
Il biondo gli scoccò un’occhiataccia, poteva leggere benissimo oltre il tono fintamente neutrale.
« Non è… cambiato nulla. »
« Non sei più a fare la spola tra qui e là, tanto per cominciare. »
Ryou schioccò la lingua infastidito, si torturò un’altra volta i capelli, poi fece un passo in più dentro la stanza, abbassando la voce: « Listen, it’s… »
« Non dire complicato. »
« Ma lo è, » insistette lui, « Per quanto tu e Zakuro insistiate a fare comunella, lo è. E non so nemmeno se…! E mi sono anche un po’ rotto di… »
Keiichiro, lievemente preoccupato, lo osservò scuotere la testa con fare scocciato; fece per replicare, quando un rumoroso vociare dal piano di sopra li distrasse entrambi.
« È arrivata Minto, » commentò piano il biondo, appena divertito, « Io mi dileguo, prima che ricomincino. Ci sentiamo dopo. »
Prima che l’amico pasticcere potesse replicare, lui aveva già risalito le scale, scomparendo silenzioso.
 
 
 
 
§§§
 
 
 
 
Quasi mimetizzata nel suo angolino, Zakuro osservò soddisfatta la considerevole quantità di gente arrivata a festeggiare la grande riapertura del Caffè Mew Mew, quel piacevole pomeriggio di aprile. Anche il meteo era stato clemente, e Keiichiro era riuscito ad allestire i vari assaggi e le bevande in giardino, brulicante di chiacchiere festose e appagati mugolii di chi continuava a ingozzarsi senza remore dei differenti prodotti.  
Per l’occasione – e per la gioia delle tasche di Shirogane – avevano assunto dei camerieri in livrea, così che le ragazze potessero godersi anch’esse la festa, e la ragazza più grande le inquadrò subito, ronzanti attorno al loro pasticcere di fiducia a conversare allegre.
Lei, invece, preferiva osservare la folla da lì, un po’ in disparte, per non rischiare di attirare troppo l’attenzione e deviarla dal motivo reale dei festeggiamenti, e al contempo per non dover interagire più di quanto desiderasse con i soliti curiosi.
E poi sapeva che c’era qualcuno molto poco festaiolo, proprio come lei.
Alzò appena lo sguardo alla sua sinistra avvertendo subito la presenza di Ryou, che le porse un altro calice dell’aperitivo fruttato: « Nuovi potenziali clienti, che te ne pare? »
Lui sospirò, scuotendo la testa mentre già prendeva un sorso: « Quello che serve a renderlo felice. Ha bisogno di svagarsi più di tutti. »
La modella sapeva che il suo sguardo, puntato nella direzione di quello cobalto di lei, aveva un focus leggermente diverso, e abbozzò a un sorriso: « Stanno tutte bene, non trovi? »
Ryou la guardò di sbieco: « Tu te ne tiri fuori? »
Lei prese un sorso, sempre con la sua solita aria imperscrutabile: « Ha fatto bene a tutte, tornare a casa. Anche a te. »
« So dove vuoi andare a parare, e non ne ho voglia. »
« Strano, finiamo sempre a parlarne da sei anni a questa parte. »
Il biondo si passò una mano sul viso, scuotendo la testa: « Io non sono pronto a riavervi tutti e cinque tra i piedi, tutti i giorni, tutto il giorno. »
« Su, su, » Zakuro allungò un braccio per dargli un paio di colpetti sulla schiena, « Non sarà tutto il giorno. Se vuoi, posso dire a Minto che non ho più bisogno del suo aiuto, così può tornare al Caffè full time. »
L’occhiataccia di veleno che lui le riservò la costrinse a nascondere la ridarella dentro al bicchiere.
 
 
 
 
« Ichigo. »
Lei sobbalzò appena al richiamo di Minto, spostando lo sguardo dalla coppia di amici dall’altra parte del giardino, e si voltò verso la mora che la stava guardando con un sopracciglio alzato:
« Ti ho chiesto se vuoi rimanere a cena. »
« Ah! Certo, volentieri, » osservò il tavolo davanti a sé e scelse un éclair al cioccolato, « Andiamo insieme direttamente dopo la festa? »
« Se è un modo indiretto per scroccare un passaggio, direi di sì, » la mora le prese il piattino di mano, strappandole un verso di dispiacere, « Ma smettila di ingozzarti, o non mangerai nulla! »
« Minto-chan, non siamo fatti tutti d’aria come te! Ridammelo! »
« Ragazze, non litigate, che ci guardano… »
Il timido appello di Retasu fu ignorato, mentre Minto iniziava a sgusciare tra gli ospiti con agilità, reggendo il piattino in una mano e ridacchiando perfida, mentre Ichigo l’inseguiva cercando di recuperare il bottino.
« Minto! » sibilò ancora con astio, « Dai, ho fame, ti pre- »
Il naso di Ichigo si schiantò dritto contro il torace di Ryou, che l’afferrò per le spalle e, prima che lei potesse connettere e valutare azioni successive all’arrossire, la voltò di forza e la rispinse con poca grazia da dove era venuta.
« Mi fate già pentire di aver dato retta a Keiichiro, » le borbottò, e lei lo guardò in cagnesco da sopra la spalla:
« Ha iniziato lei! »
« Ichigo, I don’t care, » la rimbrottò, fermandosi finalmente davanti al tavolo dei dolci da dove Purin e Retasu avevano osservato tutto con divertimento, « Basta che non mi facciate fare figuracce. »
« Come sei antipatico, » la rossa finalmente recuperò il suo tesoro perduto da Minto con una linguaccia, poi afferrò un macaron di un pallido colore rosa e glielo passò, « Su, mangia qualcosa, gli zuccheri ti faranno bene. »
« Sono stupito che sia rimasto qualcosa, conoscendovi. »
« La smettete tutti di commentare le mie abitudini alimentari?! »
Senza degnarli più d’attenzione, Ichigo afferrò decisa un mini-bombolone alla crema e lo divorò in un solo morso, lo zucchero a velo che le si disegnò intorno alla bocca e un poco del ripiano che le rimase sul dito. Lei gongolò soddisfatta e si pulì con discrezione, non disdegnando di indugiare un secondo di più con il pollice contro le labbra per godere dell’ultimo sapore della crema; si accorse solo all’ultimo, così presa dai suoi dolcetti, dello sguardo dell’americano su di sé, e si accigliò sentendo le guance accalorarsi.
« Che c’è? »
Ryou la fissò un istante di più, poi voltò la testa e si rivolse a tutte le ragazze: « Allora, credo sia arrivato il momento di consegnarvi tutto il necessario per ricominciare a lavorare qui, dopodomani. »
« Uuh, sono quasi gelosa, » commentò Minto sarcastica, ricevendo un’occhiataccia in cambio.
« Guarda che ci mancherai tantissimo, nee-san, » replicò Purin un po’ abbattuta mentre seguivano il biondo verso il locale, « Non sarà la stessa cosa, ora che non ci saremo tutte e ci saranno anche altre ragazze con noi. »
« Non preoccuparti, Purin, verremo lo stesso a trovarvi il più possibile, » la rassicurò Zakuro.
« È una minaccia? » borbottò Shirogane, ricevendo all’unisono quattro pizzicotti sul braccio e un risolino da parte di Retasu.
« A proposito delle nuove ragazze, cosa ti sei inventato per la misteriosa porta del seminterrato chiusa a chiave? »
« Centralina elettrica, caldaia, ripostiglio con vecchie cose mie e di Keiichiro. Niente che potrebbe sembrare interessante. »
« A meno che il tuo fan club non sia molto intenzionato a mettere mano ai tuoi vestiti. »
Ryou trucidò Minto con lo sguardo: « Io non ho un fan club. »
« Ma se metà della clientela del locale chiedeva sempre del giovane proprietario, » aggiunse Purin sghignazzando, « Ora che non abiti nemmeno più qui, saranno disperate! »
« Spero che le mie deliziose cameriere riusciranno a far passare loro il disappunto. E Aizawa, by the way, tu sei l’ultima che può parlare. »
Mentre la mora borbottava qualcosa di minaccioso in sottofondo, Ryou estrasse finalmente uno scatolone dallo spogliatoio, che all’apertura emanò un meraviglioso profumo di bucato.
« Nuove di zecca, ovviamente, » commentò, invitandole con un gesto della mano, e Purin fu la prima a lanciarsi sulle uniformi, con lo stesso aspetto di quelle che avevano indossato da adolescenti.
« Ah, mi sei mancata! » esclamò, portandosela davanti al corpo, « Possiamo provarle ora? Possiamo, possiamo, possiamo? »
Anche Ryou rise e annuì, indicando con un cenno del capo lo spogliatoio: « Siamo qui per questo, in caso non vi vadano bene. »
Ichigo, Retasu, e Purin, le uniche tre che sarebbero ritornate a lavorare part-time al Caffè, si defilarono eccitate dentro lo stanzino, e l’americano nel frattempo pescò il pacchettino che era rimasto sul fondo dello scatolone.
« Vi abbiamo preparato comunque una copia delle chiavi, » spiegò alle due ex Mew Mew rimaste, porgendo a ciascuna un mazzo con tre chiavi diverse, « Inclusa quella del laboratorio. Per ogni evenienza. »
Zakuro si accigliò appena, ma annuì e le mise in borsa, mentre Minto sospirò drammatica: « Secondo me, stai un po’ gufando, Shirogane. »
« Sappi che sarai la prima indiziata quando comincerò a vedere multipli ordini di scorte di tè. »
« Fossi in te sarei più preoccupato dell’abitudine di Ichigo di ingozzarsi per l’ansia prima degli esami. »
Quando le vide uscire dallo spogliatoio, in una sorta di strano déjà-vu, Ryou si rese conto che davvero non era pronto a riaverle in giro tutti i giorni, tutto il giorno.
Esalò piano tra i denti, imponendosi un minimo di autocontrollo, perché erano passati sei anni, ed erano persone diverse, e non era possibile che…
« Nii-san, che ne pensi? » Purin gli si parò davanti energetica, quasi sbattendogli la crestina sul naso, e lui sbuffò:
« Perfetta, Purin. Calza a pennello. »
La biondina, soddisfatta, continuò a blaterare allegra con Retasu, mentre l’attenzione del biondo si spostò nuovamente su Ichigo, che stava confabulando davanti allo specchio insieme a Minto su come acconciare i capelli, ora portati più lunghi. Non finse nemmeno di ignorare il rombo del suo stomaco al rivedere le gambe chiare spuntare da sotto le frappe della gonna, o alla sua risata nel tentare di riproporre i suoi due vecchi codini, ma evitò testardamente di considerare anche solo la presenza di Zakuro accanto a sé.
Che era patetico se lo poteva benissimo dire da solo.
« Ho un’idea! »
La più giovane del gruppo si fiondò dentro la borsa di Retasu per estrarre la polaroid che si portava sempre dietro, incurante della fioca protesta dell’amica circa al macello che vi provocò, e la mostrò ai compagni:
« L’occasione richiede una foto! »
« Ha ragione! » Ichigo afferrò Minto per un braccio e la trascinò al centro del Caffè, « Purin, vai a chiamare Keiichiro, magari chiedi a uno dei camerieri se può aiutarci! »
« Ichigo, sono qua per lavorare… » borbottò sottovoce l’americano, mentre la biondina si scapicollava verso il giardino, e la rossa lo ignorò mentre posizionava anche le due brune e Retasu come se fossero dei bambolotti.
« Oh, su, è solo un favore iper rapido! »
Ryou sbuffò e si lasciò trainare al posto designato intanto che Purin e Keiichiro, insieme a un cameriere dall’aria frastornata ma gentile, tornavano dentro.
« Pronti, pronti?! »
Lei si lanciò in mezzo a Minto e Retasu, Ichigo che invece sgusciò tra Zakuro e Ryou mentre Keiichiro prendeva posto di fianco a quest’ultimo.
« Un bel sorriso e abbracciamoci! »
« Purin, tu più che altro mi stai spezzando le costole, » pigolò sottovoce Retasu, comunque un sorriso a trentadue denti.
La modella e Ichigo risero sottovoce del mugugnare in madrelingua di Ryou quando Keiichiro gli avvolse un braccio intorno alle spalle; la rossa avvertì leggera la mano del biondo posarsi sull’incavo della schiena e sorrise, passando il braccio intorno al suo mentre posava la testa sulla spalla di Zakuro.
« Pronti? » il cameriere sorrise e tutti loro si strinsero appena un po’, ridendo nel flash che seguì.
 
 
 
 
Ichigo aveva ovviamente esteso la sua visita a Villa Aizawa con un pigiama party per due, e giocherellò distratta con il cellulare mentre la padrona di casa finiva di struccarsi alla sua toeletta, riguardando l’immagine della foto di quel pomeriggio – simbolicamente consegnata a Keiichiro perché la incorniciasse in cucina, così come aveva voluto Purin.
Il mezzo sorriso accennato di Ryou era quello che aveva sempre conosciuto; non era mai stato particolarmente espansivo o allegro, e lei poteva contare sulle dita le volte in cui l’aveva davvero visto sorridere come si deve o ridere per davvero. Ma – o forse erano solo i dolci della giornata a parlare, o il fatto che dopo non essersi visti per quasi un anno avessero più tolleranza l’uno dell’altra – le sembrava che lui fosse cambiato un poco, che fosse più… non sapeva nemmeno lei come spiegarlo, visto che l’unico aggettivo che le veniva in mente era più Ryou.
E lei proprio non riusciva a togliersi dalla testa lo sguardo che gli aveva visto negli occhi azzurri che l’avevano osservata.
« Guarda che tutto questo silenzio mi preoccupa, » la punzecchiò Minto, lanciandole  un’occhiata dallo specchio.
« Scusa, » la rossa esalò uno sbuffo divertito e si stiracchiò, « Sto esaurendo la scorta di zuccheri e sono un po’ stanca. »
« Con tutti quelli che hai mangiato, sono quasi stupita, » l’amica la prese in giro alzandosi e ripiegando con cura la vestaglia sulla poltroncina di velluto, « Allora così mi posso risparmiare la visione di uno dei tuoi amati film mielosi e investigare su perché continui a fissare il cellulare così imbambolata? »
Ichigo s’imbronciò e nascose prontamente il telefono, un velo di rossore sulle guance: « Non sto facendo proprio nulla. Tu piuttosto! » si difese mentre Minto si stendeva accanto a lei, « Non mi hai più detto cosa è successo con quel rampollo che voleva affibbiarti tua mamma. »
« Non è successo niente, infatti non ne sai nulla. »
« Sì ma, l’hai visto, siete usciti, com’era, vi siete baciati?! »
La mora le scoccò un’occhiata scettica: « Come se ti racconterei mai certe cose. »
« Non è divertente fare gossip con te. »
« Invece… » Minto distese un sorrisetto inquietantemente soddisfatto, allungandosi sopra la rossa e ignorando le sue proteste per afferrare di nuovo il cellulare, che aveva vibrato un paio di volte, « Chi è che ti scrive a quest’ora! »
« Minto! »
La mora la ignorò e aprì tranquillamente il telefono, il ghignetto che si allargò deciso: « Mi raccomando non fare tardi dopodomani, devi dare il buon esempio, Shirogane! Ah, siamo tornati all’attacco, eh? »
« Non essere sciocca, » Ichigo assunse il colore dei propri capelli e riuscì a riappropriarsi del proprio telefonino, « E poi che vorresti dire!? »
Minto la guardò ironica, un sopracciglio talmente sollevato che pareva stare sul punto di andarsene per i fatti propri: « Momomiya, ti prego. »
Lei le fece il verso muta, il naso arricciato, borbottando mentre si piegava per nascondere l’oggetto della contesa dentro la borsa: « Tu fai dei gran viaggi. È solo ancora il fuso orario, e vuole darmi fastidio come al solito. »
« Certo, e io sono la regina d’Inghilterra. Dai, passami il telecomando, vediamo se troviamo qualcosa d’interessante. »
Ancora a pancia in sotto a penzoloni dal letto, Ichigo si distrasse un secondo, mentre veloce come un lampo digitava una risposta.
“Ovvio! Ci sarò :)”
 
 
 
 
§§§
 
 
 
 
Ryou, che di solito al mattino soffriva di un potente caso di pressione bassa e faticava ad aprire le palpebre e muovere un solo muscolo per i primi dieci minuti – con buona pace del fatto che spesso non si addormentava prima di notte inoltrata – ebbe la sensazione che quella giornata sarebbe andata storta quando i suoi occhi si spalancarono ancora prima del suono della sveglia e il suo corpo vibrò, già pronto per incominciare la routine.
All’inizio, diede la colpa al letto nuovo, al nuovo appartamento, uno sfasamento in differita rispetto a quando ci si era davvero trasferito, oppure a un cambiamento stagionale vista la primavera inoltrata e i ciliegi in fiore. Vagabondò borbottando fino alla macchinetta del caffè, sua priorità principale sempre e comunque, e solo quando ebbe una tazza bollente tra le mani ritornò in camera da letto a prendere il cellulare.
Quando vide le tre chiamate perse di Keiichiro, sempre molto più mattiniero di lui, il messaggio che recitava “Controlla computer”, ed – effettivamente – la notifica di molte notifiche dai computer principali del laboratorio, seppe che non era decisamente guarito dalla totale mollezza mattutina.
Con un grugnito e un’imprecazione, infilò il cellulare tra spalla e orecchio mentre pescava il portatile dalla tracolla e lo accendeva, telefonando nel frattempo al suo fido collaboratore che rispose in meno di due squilli.
« Hai - »
« Sto accendendo adesso. Da uno a dieci? »
Paradossalmente, udì il moro ridacchiare: « Guarda. »
Lui ingollò un altro sorso di caffè rovente con un sibilo mentre il sistema del portatile si connetteva a quello del server primario, finché una schermata gli riempì il monitor e lui dovette sbattere le palpebre per essere sicuro di aver letto bene. Probabilmente, Keiichiro doveva aver intuito il suo stupito silenzio, perché sospirò di nuovo, leggero: « Te l’avevo detto. »
«… vediamoci tra mezz’ora al Caffè. »
 
 
 
 
« Speravo di non dover più usare questa stanza. »
Ryou si sfregò gli occhi, già provato dal piccolo bunker che era il laboratorio nascosto nel seminterrato del locale.
Keiichiro gli sorrise comprensivo: « I nostri scenari sono sempre stati peggiori però, non trovi? »
Il biondo grugnì, molto poco convinto, digitando ancora un paio di tasti in maniera svogliata: « Lo sai che non mi convinci con i tuoi tentativi di trovare sempre un lato positivo. »
Il moro ridacchiò e si alzò dalla sua postazione: « Come vuoi dare la notizia? »
« Vorrei non darla, » Ryou gemette sottovoce e si arruffò i capelli, riflettendoci un secondo, « Ma conoscendole, più la tiriamo per le lunghe, più vorranno la mia testa su un vassoio. Facciamole venire qui tutte e basta, abbiamo un’ora prima dell’apertura, dovrebbe essere sufficiente. »
« Chiamo io? »
« Please, I beg you. »
Con una risatina, il pasticcere si avviò al piano di sopra per iniziare il giro di telefonate.
Forse ormai memori di cosa volesse dire riceve appelli del genere, soprattutto prima delle dieci del mattino, non ci volle molto perché le ragazze si ritrovassero nel locale ancora vuoto, ognuna con una gradazione diversa di espressione nella scala tra il preoccupato e l’arrabbiato.
« Io l’ho sempre detto che c’era qualcosa sotto, » borbottò Minto, slacciandosi il cappottino primaverile, « Avete riaperto da una settimana e già facciamo le riunioni generali. »
« Magari non è niente di grave, » tentò di blandirla Retasu, sistemandosi nervosamente gli occhiali con la punta delle dita.
« Shirogane nii-san non è ancora spuntato, » ridacchiò invece Purin, infilandosi nello spogliatoio insieme ad Ichigo, « È sicuramente qualcosa di grave. »
 Le ragazze rumoreggiarono ancora qualche istante, mentre Keiichiro serviva tè e pasticcini di supporto.
Ryou spuntò dal piano interrato nello stesso momento in cui Ichigo e Purin uscirono dallo spogliatoio, già pronte nelle loro divise, e fu accolto dalla stessa occhiata truce di tutte.
« Allora? » domandò pronta Zakuro, le braccia conserte e una sottile ruga tra gli occhi.
Il biondo prese un altro respiro, guardandole di nuovo tutte in piedi vicino all’entrata della cucina.
« Prima di tutto, vogliamo rassicurarvi che non c’è niente di preoccupante, » incominciò Keiichiro, mettendo le mani avanti e sorridendo loro con affabilità, « Ma ci sembrava giusto avvisarvi in ogni caso. »
« Già non mi piace… » mormorò Retasu sottovoce, Purin accanto a lei che annuì convinta.
« D’accordo, le cose stanno così, » Ryou fece un mezzo passo avanti ed esalò, « Giusto stamattina – »
Non fece in tempo a terminare la frase, sotto gli occhi preoccupati delle ragazze, che il beep beep beep allarmato del computer dal seminterrato li raggiunse come un fulmine, insieme a una voce molto nota.
« Che piacere rivedervi, bamboline. »
Per qualche istante, gelo totale.
Kisshu, spuntato nel bel mezzo del salone, ghignò malefico e fluttuò con noncuranza fino a raggiungere le ragazze – o meglio, a raggiungere una distanza di circa dieci centimetri dal naso di Ichigo.
« Beh! Che c’è, non si salutano più gli amici da queste parti? »
« Cosa faiiii, nyaaaah! » la rossa, diventata della stessa tonalità della sua uniforme, scattò all’indietro con prontezza felina, « Cosa ci fai tu qui! »
Kisshu, reggendosi la pancia mentre rotolava per l’aria ridendo della sua reazione, finse teatralmente di asciugarsi una lacrima: « Sorpresa. »
Fu il delirio.
Le altre cinque ex Mew Mew iniziarono chi a prenderlo a male parole, costringendolo ad alzarsi in volo fino al soffitto per sfuggire alla loro presa, chi a sfogarsi su Shirogane – che pareva star fumando dalle orecchie – chi a continuare a domandare cosa stesse succedendo.
« Ma nemmeno un buongiorno? » commentò di nuovo lui, divertito, mentre galleggiava sopra le loro teste con aria beffarda, « Dove sono finite le vostre buone maniere. »
« Scendi che te ne diamo un assaggio. »
« Uh, che proposta, passerotto. »
« RAGAZZE! » la voce di Keiichiro magicamente riuscì a sovrastare quella degli altri, e si portò al centro della stanza, « Vi prego, cerchiamo di spiegare. »
« Sarebbe il caso, » mugugnò Ichigo a denti stretti, ignorando ferocemente il ghignetto soddisfatto del verde.
Lui planò di nuovo davanti a lei, afferrandole la mano e schioccandoci un bacino innocente sopra: « Dai, ammettilo che ti sono mancato. »
Lei, ormai diventata viola, pigolò di nuovo strozzata e tentò invano di ritirare il braccio, quando la figura elegante di Zakuro sopraggiunse minacciosa di fianco a lei e Kisshu si allontanò con uno strano verso di gola.
« Okay, okay, d’accordo, calmiamoci tutti. »
« Possibile che tu non sappia fare altro che combinare casino? »
Otto teste si voltarono verso la porta d’ingresso, su cui era appena apparso Pai, le braccia incrociate e l’espressione truce.
Il fratello, dall’alto del soffitto, ridacchiò invece soddisfatto: « Lo sai che mi piacciono le entrate trionfali. »
« È un incubo, vi prego, ditemi che è un incubo. »
« Mew Mew, » Pai le salutò con un cenno del capo, ignorando il commento disperato di Minto, poi rivolse lo stesso gesto ai due uomini, « Shirogane, Akasaka. »
Il moro ricambiò, un po’ titubante, invece il biondo gli lanciò un’occhiata glaciale: « Non avevate detto che stavate arrivando? »
Kisshu incrociò le braccia dietro la testa, sempre a distanza di sicurezza: « E infatti eccoci qua! »
Se gli sguardi avessero potuto uccidere, sarebbe sicuramente stato dilaniato dagli occhi azzurri.
« Obviously. »
Il maggiore degli Ikisatashi scosse piano la testa, nascondendo un giramento di occhi: « C’è stata un’interferenza durante l’invio del messaggio, che quindi è arrivato molto in ritardo, » spiegò, « Non ci hanno dotato di un equipaggiamento entusiasmante, questa volta. »
« Fermi, fermi, fermi! » Ichigo fece qualche passo avanti, reggendosi la testa, « Io non ci sto capendo più nulla. Voi sapevate di… tutto ciò? »
Keiichiro la guardò ed annuì, con aria grave: « Ecco il motivo per cui vi abbiamo chiesto di trovarci qui, oggi. Il messaggio a noi è arrivato soltanto stamattina. »
« Ci dispiace, » commentò il moro, guardando ancora di sottecchi al fratello, « Non volevamo creare troppo fastidio. »
« Credo di sentirmi male. »
Minto si accasciò su una sedia melodrammaticamente, per poi scoccare un’occhiataccia a Ryou: « Io lo sapevo che non poteva andare tutto liscio! »
« Come se l’avessi scelto io! »
« Ora calmiamoci, » la voce fredda di Zakuro, incrinata solo da una nota di evidente fastidio, li fece tacere prontamente, la morettina che serrò le labbra già pronte a replicare, « E voi abbiate la compiacenza di spiegarvi. »
Kisshu si mantenne lontano da eventuali aggressioni fisiche, ben memore delle potenzialità della modella, appollaiandosi al bancone della cassa mentre le ragazze occupavano le sedie vicino a quella di Minto e i due scienziati rimanevano in piedi vicino loro.
« Fatemi premettere che non siamo tornati con intenzioni bellicose, » chiarì subito Pai, guardandole ad una ad una, « Anzi, portiamo i ringraziamenti del nostro governo per la cessione della Mew Aqua, che è riuscita a riportare il nostro pianeta a uno stadio di totale abitabilità. Tutta la popolazione ne ha giovato molto, e ora Duuar (***) è prolifica e il suo popolo pacifico.»
« Sì, dopo averci fatto il culo a strisce per mesi, però, » borbottò sottovoce Kisshu, e il fratello maggiore perseguì ad ignorarlo.
« Le esalazioni benefiche della Mew Aqua sono penetrate a fondo nel nucleo di Duaar, rigenerandolo ed espandendosi per tutta la sua superficie. Il suo potere si è dimostrato così straordinario che non è stato necessario utilizzare tutta la sostanza, per rigenerare il pianeta. Così, siamo stati incaricati di farvi un ringraziamento materiale. »
Così dicendo, Pai estrasse dalla tasca una fialetta colma di liquido brillante, strappando un sussulto agli altri presenti.
« Non pensate sia tutta, » ghignò l’altro alieno, incrociando le mani dietro la nuca, « Ne abbiamo tenuto un po’ da parte in caso la situazione si rifaccia grigia. »
« E questo ci porta al fulcro della nostra missione, » Pai annuì grave, rivolgendosi maggiormente agli altri due ragazzi del gruppo, « Non abbiamo certezze se il risultato ottenuto con la MewAqua sia permanente o meno, quanto i suoi effetti possano durare. Siamo venuti qui per prelevare campioni del vostro terreno, nel tempo, specialmente in punti in cui sappiamo la Mew Aqua sia penetrata, per poterli paragonare ai nostri risultati. Così potremmo capire se gli effetti sono permanenti, se hanno picchi di funzionalità, e via dicendo. »
I due scienziati si scambiarono un’occhiata veloce, poi Keiichiro annuì: « Ha senso. Anche se non ci siamo mai accorti che fosse rimasta della MewAqua, a Tokyo. »
« Altrimenti noi ci saremmo illuminate! » intervenne allegra Purin, beccandosi un’occhiataccia da parte di Minto e un sottile shhh da Retasu.
« Sono quantità minime, non tracciabili se non con appositi congegni, » spiegò Pai, « Non è tanto la quantità, quanto questa abbia influito e se per caso ne serva di più. »
« Avete provato a ricrearla? »
Il moro annuì, rivolto a Ryou: « C’è un progetto in corso su Duuar, ma finora non ha portato ai risultati sperati. La MewAqua è una sostanza molto particolare, forse fin troppo per essere riprodotta in laboratorio. »
« Potrebbe essere interessante tentare, » Keiichiro si voltò verso Ryou, il quale però continuò a scrutare torvo i due nuovi arrivati, con le braccia incrociate.
« Quando parlate di nel tempo, cosa intendete? »
Kisshu – che si era affacciato nel mentre dalla finestrella della cucina per investigare i vari odorini meravigliosi che ne uscivano – lo guardò da sopra la spalla con un ghigno divertito:
« Per tutto il tempo che il mio caro fratellone genialoide qui riterrà opportuno per prelevare i campioni giusti. Non sei contenta, micetta? »
« Nyaaah, io non voglio saperne niente! »
« Non abbiamo un periodo stabilito, dipenderà dal risultato degli esperimenti. »
Il biondo sembrò soppesare le ultime parole, la ruga sulla sua fronte sempre più profonda.
« Voi che ne pensate? »
Le cinque ex Mew Mew si scambiarono qualche occhiate confusa, non pensando che sarebbero state interpellate.
« Commenti tecnici sui vostri esperimenti non credo siamo in grado di farne, » borbottò sottovoce Minto, « Io continuo a non credere alle coincidenze. »
Purin sussultò un istante e si infilò sotto al tavolo, strappando ad Ichigo uno strillo quando le agguantò il bordo della gonna per sollevarlo e studiare il suo interno coscia.
« Tutto okay! » esclamò la biondina un po’ ovattata, mentre la rossa continuava a cercare di scacciarla e al tempo stesso di non farsi denudare del tutto davanti a tutti, « La voglia di nee-chan non c’è! »
« Purin, non siete delle cartine tornasole, » commentò Shirogane, ormai privato di qualsiasi energia.
Zakuro studiò ancora un po’ i due alieni, poi si appoggiò un po’ di più allo schienale della sua sedia: « Come facciamo ad avere una garanzia di ciò che state dicendo? »
Pai annuì sicuro, come se si fosse aspettato una domanda del genere da lei: « Possiamo mettere tutte le nostre strumentazioni e ricerche a vostra disposizione. »
« E poi vi abbiamo avvisato, » cantilenò Kisshu, ricominciando a fluttuare per la stanza, « Potevamo benissimo farci i cavoli nostri, ma abbiamo preferito non scatenare di nuovo un casino interplanetario arrivando senza bussare. Malfidati. »
« Be’, Kisshu-san, non puoi proprio biasimarci… » ridacchiò appena Retasu, sistemandosi nervosamente gli occhiali.
« Già! Eri proprio un diavoletto, una volta! » rincarò allegra Purin, riemersa dalle gambe delle ragazze, « Posso venire anche io a vedere l’astronave? »
« Una cosa per volta, » s’intromise Keiichiro, « Prima di tutto, vi ringraziamo per il preavviso e per la Mew Aqua. Sono certo che potremmo dare inizio a una fruttuosa collaborazione, se volete. I nostri sistemi sono aggiornati e abbiamo una copertura ben oltre Tokyo. A unire gli sforzi si raggiungono risultati migliori. »
Ryou schioccò la lingua infastidito, spostando il peso da un piede all’altro per domare il livore, ma dentro di sé riconobbe almeno il tentativo del suo tutore di poter avere un minimo di controllo sopra ciò che i due alieni avevano in mente.
« Sono sicuro che avrete affrontato un viaggio molto stancante, e il Caffè deve aprire tra poco, quindi possiamo proporre di ricominciare le questioni più tecniche a domani, a mente più fresca? »
Pai fece un gesto di consenso con il capo, all’apparenza sollevato di poter già congedarsi dalla compagnia umana: « Inizieremo anche noi a settare i nostri apparecchi, così da poter cominciare al più presto. »
« Oh, rilassati un attimo, » Kisshu osò svolazzare appena più vicino al tavolo delle ragazze, « Siamo appena arrivati, abbiamo un sacco di cose da raccontarci, vero, micetta? »
Mentre il viso della rossa s’incendiava e lei spostava la sua sedia come a cercare protezione in Retasu, Ryou si schiarì la gola con così tanta forza che avvertì le corde vocali lamentarsi:
« Credo sia meglio stabilire qualche regola, » sentenziò lugubre, « Vorrei evitarmi di trovare i servizi segreti tra le scatole perché la gente corre in giro a gridare di vedere qualcuno volare. »
Il viola fulminò il fratello con lo sguardo per l’ennesima volta, ma quello persistette nel fischiettare tranquillo, ben conscio dell’effetto che aveva sui due: « Non attireremo l’attenzione. »
« Vi conviene anche cambiarvi, » ridacchiò Purin, accennando ai vestiti dei due, gli stessi di cui si ricordavano ma così diversi dall’abbigliamento umano, e alle orecchie a punta ben in vista, « Non siamo in periodo di cosplayer. »
« Abbiamo pensato pure a quello, » ghignò l’alieno dai capelli verdi, « Saremo irresistibili, scimmietta. »
« Questa sembra un’invasione meglio pianificata dell’ultima volta, » grugnì Ryou sottovoce, guadagnandosi un’occhiataccia da Keiichiro, che di nuovo si fece avanti.
« Diciamo qui domattina, alla stessa ora? »
« Non sentire troppo la mia mancanza, micetta! »
E con un ultimo bacetto lasciato nell’aria, Kisshu sparì così com’era apparso, seguito poco dopo da Pai e dal sentore del suo sottile ringhio esasperato.
Per altri due minuti, solamente il silenzio riempì la stanza del Caffè, mentre le ragazze rilassavano appena le spalle.
« Ma quindi ora devo anche mettermi a lavorare? » borbottò Ichigo sottovoce, passandosi le mani tra i capelli, « Mi sta già scoppiando la testa, nyaaah! »
« Ogni scusa è buona, Momomiya. » le rimbrottò Ryou, continuando a squadrare l’uscita con aria torva, come se temesse di vedere ricomparire i due ospiti inattesi.
« Suuuu, ammettetelo che un po’ siete contente, » Purin si stese con quasi tutta la pancia sul tavolo per attirare l’attenzione delle amiche, « Ora è davvero come sei anni fa! Anche se mi chiedo dove sia Taru-Taru… »
« Ci manca anche il terzo… » fu il lugubre commento di Shirogane, che girò sui tacchi scomparire giù dalle scale, « Vedete di non battere la fiacca, o davvero ricominceremo ad attirare l’attenzione se a una settimana dall’apertura siamo di nuovo in alto mare. »
Loro si scambiarono un’occhiata sconsolata con Keiichiro, poi le tre in divisa da cameriera si alzarono con lentezza, sperando di poter contrastare la confusione concentrandosi sul lavoro.
Zakuro si concesse un unico sospiro di stizza, alzandosi insieme a loro e stringendo la borsa sotto al braccio: « Mi raccomando, occhi aperti adesso. Dobbiamo molto a loro, ma alcune cose possono non cambiare. »
Le altre annuirono, un po’ timorose, e si avviarono per prepararsi alla giornata.
 
 
 
 
A fine turno, Ichigo zampettò silenziosa fino al laboratorio, dove sapeva che Ryou si era rintanato in cerca di solitudine e tranquillità vista l’inagibilità della sua vecchia camera da letto. Come previsto, la porta del laboratorio era socchiusa, e lei poteva sentire il rumore della tastiera che serviva da valvola di sfogo e una fievole musica di sottofondo.
« Riprendi anche a farmi gli agguati? » la prese in giro stancamente quando la notò sbirciare dalla fessura, incerta se bussare o meno.
Lei arricciò il naso ed entrò di qualche passo nella stanza: « Non ti ho mai fatto agguati. »
Il biondo sbuffò appena divertito e si appoggiò allo schienale della sedia per stiracchiarsi, prima di passarsi una mano tra i capelli e borbottare qualcosa sottovoce che la rossa non capì.
« Che ne pensi? »
Le lanciò un’occhiata un po’ rassegnata, la mano ancora nella chioma: « Che sinceramente avrei preferito non rivederli. »
Ichigo fece ancora qualche passo tentennante, picchiettando con le dita sulla scrivania: « Dai, alla… fine ci hanno aiutato. »
« Se sei contenta di rivedere Kisshu, basta dirlo, sai. »
« Guarda che… ! »Ichigo strinse i pugni e prese un respiro profondo per calmarsi prima di esplodergli contro, offesa dalla sottile accusa, « Non c’entra proprio niente. Volevo solo sapere come stavi, e se volevi parlare. Noi ragazze un po’ ne abbiamo discusso. »
« Non voglio parlare, Ichigo, » lui soffiò, ancora contrariato, poggiando i gomiti sulla scrivania per prendersi la fronte tra le mani, il mal di testa che perseguiva a rimbombargli tra le tempie, « Voglio solo capire se ci stanno prendendo in giro o meno. »
La rossa cercò di interpretare i dati che vedeva scorrere sui multipli schermi, rinunciando in un istante e drizzando le spalle, già pentitasi del suo tentativo di supporto.
« Okay, » borbottò, e fece per fare dietrofront, « Ciao, allora. »
Ryou le afferrò il polso prima che potesse voltarsi, guardandola da sotto la frangia con un occhio mezzo aperto: « Sorry, » mugugnò, senza lasciare la presa.
Ichigo lo guardò storto, ma si avvicinò un po’ di più: « Perché le cose difficili le dici sempre in inglese? »
Lui si lasciò scappare uno sbuffo divertito: « Because it’s easier. »
Le sue dita scivolarono dal polso al palmo di lei, accarezzandole piano il dorso della mano con il pollice.
« Poi chi ti dice che sia difficile chiedere scusa? » continuò a prenderla in giro.
« Oh, per favore, » la voce della rossa uscì più fievole di quanto avrebbe voluto, « Sei una delle persone più orgogliose che conosca. »
« Senti chi parla, » Ryou rise e si alzò per picchiettare piano l’indice della mano libera contro la sua fronte, « Questa è una testolina molto dura. »
Ichigo maledisse la sua propensione ad arrossire e si sforzò di alzare il mento con fare sicuro: « Be’, allora… vado a casa. Devo studiare un po’. »
Il biondo annuì e le diede un buffetto sul naso: « Sta’ attenta. »
« Che fai, ti preoccupi per me? »
Lui rise appena del suo tentativo di essere baldanzosa: « Non ho voglia di ricominciare a doverti salvare la coda. »
« Ah, ah, simpatico, » rimbrottò lei, « Il giorno in cui mi ricresce la coda, ti ci strozzo. »
Il colore sulle sue guance si intensificò all’occhiatina divertita e allusiva che le lanciò, e Ryou fece per replicare, la mano ancora sulla sua, quando un intenso trillare dei computer li fece sobbalzare entrambi.
« Damn it, » l’americano quasi volò sulla tastiera, esaminando i dati che pulsavano sul monitor, « Ho cambiato il settaggio dei valori su quelli indicati da Pai ed effettivamente ci sono minuscole tracce di Mew Aqua rimaste. »
Ichigo non tentò nemmeno di sforzare il suo cervello, incrociando solo le braccia al petto: « Quindi avevano ragione? »
« Ragione è un parolone… »
La rossa non riuscì a evitare di ridere alla sua espressione corrucciata, conscia di quanto lui detestasse ammettere di non essere totalmente nel giusto: « Allora li aiuterete? »
Ryou si accasciò contro lo schienale della sedia, arruffandosi i capelli: « Sono più tranquillo a sapere cosa stiano facendo, che a saperli qua sulla Terra a scorrazzare liberamente in giro. E chissà che i risultati non siano utili anche a noi. »
Lei gli diede appena un colpetto col gomito sulla spalla: « Stai forse ammettendo che anni di diplomazia di Keiichiro hanno avuto effetto anche su di te? »
« Pensavo dovessi andare a studiare, Momomiya. »
Ichigo rise di nuovo, avviandosi verso la porta, poi si mordicchiò il labbro inferiore: « Se hai… bisogno, chiama pure. »
Il biondo tentennò un secondo prima di voltarsi verso di lei e annuire, abbozzandole un mezzo sorriso: « You too, ginger. »
 
 
 
 
§§§
 
 
 
 
Ryou si chiese quanto a lungo il suo fegato avrebbe continuato a resistere.
Era stato deciso che, per sfruttare al massimo le potenzialità del laboratorio del Caffè, i due Ikisatashi si installassero nel locale, adoperando le due camere da letto inutilizzate al piano superiore, che Keiichiro aveva prontamente diviso dal resto della struttura facendo installare una porta. In questa maniera, Ryou poteva crogiolarsi nell’idea di poter tenere un minimo sott’occhio ciò che stavano combinando, anche se ciò significava dover passare la maggior parte del tempo al Caffè e trovarseli tutti tra i piedi.
Già avere sempre intorno Ichigo in veste da cameriera gli riportava alla mente paturnie adolescenziali che erano difficili da domare; già trovava faticosamente sopportabile condividere lo stretto spazio vitale del seminterrato con Pai e la sua austerità; ciò che gli mancava era davvero l’indisponente, intollerabile, sfacciata presenza di quella testa di broccolo di Kisshu.
Si domandò se avesse mai incontrato un essere più irritante di lui. Lui e i suoi ghignetti, le battutine, il suo oziare per la maggior parte del tempo facendo più che onore alla cucina – a gratis, ovviamente perché certe abitudini Keiichiro sembrava non perderle –, le risatine e i sospiri che salivano dalla clientela femminile del Caffè ogni volta che si presentava.
Per non parlare poi del suo costante ronzare intorno ad Ichigo.
Gli schioccò un’occhiataccia, seduto al tavolo a ingozzarsi di pasticcini, mentre lui riemergeva dal laboratorio per andare a rilassarsi a casa.
« Che muso lungo, biondino, » lo apostrofò irriverente, cacciandosi l’ennesimo dolcetto in bocca, « Già sfiancato dal lavoro con Pai? »
« Se tu ti fossi palesato una sola volta in tutta la settimana, lo sapresti, » gli sibilò gelido l’americano, desiderando moltissimo possedere una frazione dei poteri di Kisshu per fulminarlo all’istante.
« Preferisco il lavoro sul campo, » ribatté l’altro, per niente scalfito dall’evidente astio, lanciando un’eloquente occhiata alla clientela.
« For fuck’s sake… »
Ryou fece per dirigersi a passo marziale verso l’uscita, quando fu fermato dalla voce di Ichigo, che lasciava in quel momento la cucina.
« Shirogane-kun, aspetta! Mi faresti un favore? »  
 Gli fece segno di fermarsi e s’infilò velocemente nello spogliatoio, uscendone trafelata trafficando nella sua borsa.
« Mi potresti controllare questi? » esclamò con il fiatone, schiaffandogli sotto al naso un plico stropicciato di fogli, « Sono le brutte copie di un esame. »
Lui li afferrò, lanciandole un’occhiata scettica: « Brutte sicuro, Ichigo. »
« Dai, ero di fretta! Non ho sentito la sveglia e dovevo correre a lezione, ho fatto il possibile. »
Ryou abbozzò a un sorrisetto, picchiettandogliele sul naso: « Non cambi mai, eh, ginger? »
Dal suo angolino, Kisshu lasciò uscire uno sbuffo più che compiaciuto: « Su, biondino, ammettilo, » ghignò malefico, osservando la rossa da capo a piedi, « Qualche cambiamento c’è stato. »
Ichigo arrossì fino alla punta dei capelli, afferrandosi il bordo della gonna e tirandola verso il basso il più possibile, e Ryou lo squadrò talmente male che lei addirittura temette per la sua vita. L’alieno, dal canto suo, sembrò più divertito che preoccupato da quello scambio, e ritornò a concentrarsi sui dolcetti.
La ragazza si schiarì la voce e si spostò di un passo davanti all’americano: « Uhm… allora mi aiuti? »
Lui nemmeno la guardò, ma l’afferrò saldo un braccio e la tirò piano verso l’uscita: « Sì, ma a casa. »
« Ehi, asp… i vestiti! » Ichigo cercò di svicolare per recuperare le sue cose, ancora nell’armadietto dello spogliatoio, ma lui parve non udirla e si avviò a passo deciso fuori dal retro, quasi trascinandola fino alla sua automobile.
« Shirogane-kun, ti vuoi calmare? » gli strepitò infine lei, « Spiegami perché ora ce l’hai con me! »
« Non ce l’ho con te, » replicò pronto lui, anche se la vocina nel suo cervello gli ripeteva che non gli sembrava che a lei fosse tanto dispiaciuto quell’odioso commentino.
« Allora non tirarmi come se fossi una bambina disobbediente. »
Ryou mollò il suo polso solo quando furono davanti alle portiere, entrando in macchina senza una parola di più.
Ichigo sbuffò innervosita, borbottando sottovoce qualcosa di incomprensibile mentre si accomodava al sedile del passeggero. Resistette solo i primi cinque minuti, prima di ricominciare:
« Guarda che non puoi reagire così male tutte le volte, ti verrà un colpo alla lunga. Lo sai che Kisshu è… fatto un po’ così. »
« Ora lo difendi pure? »
La rossa titubò un istante, afferrandosi una ciocca di capelli per controllarsi le punte: « Non posso… arrabbiarmi troppo con lui, lo sai… »
Ryou soffocò un’imprecazione al modo in cui lei fece cadere la frase, cogliendone appieno il senso velato, concentrandosi sul traffico per i minuti successivi.
« A confronto io sono solo il tizio che ti ha costretto a tutto questo casino. »
Percepì Ichigo girarsi verso di lui, appena sorpresa dall’ammissione, per fissarlo un istante prima di abbozzare a un sorriso: « Credevo che la tua battuta in questi casi fosse che la Terra mi ha scelta. »
« Tomayto, tomahto. » (****)
Lei sbuffò divertita, rimanendo in silenzio per la durata restante del tragitto. Quando si fermarono davanti al palazzo dove abitava la ragazza, lei lo guardò da sotto in su: « Sali davvero per aiutarmi a studiare? »
L’americano maledisse per l’ennesima volta dentro di sé il commento di Kisshu, veritiero come non mai, a vederla in uniforme con quell’espressione speranzosa, e sospirò:
« Ginger, devo - »
« Ti preeeeeego! » congiunse le mani davanti alla faccia, « Ti offro tutto il caffè che vuoi, lo sai già che altrimenti mi distraggo, e ho solo una settimana! »
Ryou alzò gli occhi al cielo, infilandosi nel primo parcheggio disponibile: « Non sono il tuo babysitter, sai. »
« Sei il mio tutor designato. »
« Ah! » lui rise sarcastico, mentre scendevano dalla macchina ed entravano nello stabile, « Allora ci sono anni di conti non saldati? »
« Oh, per favore, come se ti servisse. »
Ichigo lo precedette lungo le scale, canticchiando sottovoce con allegria mentre rovistava nella borsa alla ricerca delle chiavi, e lui scosse la testa, mezzo divertito.
« Adesso espatrio un’altra volta, così non mi venite più a rompere le scatole. »
« Non è divertente, » Ichigo gli lanciò un’occhiata torva da sopra la spalla, aprendo la porta del suo appartamento, « E poi credo che Akasaka-san e Pai riusciranno facilmente a trovarti anche negli Stati Uniti. »
« Non se mi nascondo in un eremo sugli Appalachi senza cellulare né tecnologie varie. »
« Shirogane! » lo sgridò con un broncio arrabbiato, lanciando con malagrazia la borsetta in un angolo e agitandogli un dito davanti al naso, « Smettila! »
Lui sbuffò irriverente, entrando nella casetta e poggiando con molta più cura il giubbotto all’appendiabiti: « Guarda che non ti servo per essere la leader delle Mew Mew, sai. »
Ichigo esalò pesantemente, un brividino che le corse lungo la schiena: « Non voglio nemmeno pensarci. E, ripeto, non fai ridere. E comunque, » aggiunse dopo un po’, incrociando le braccia al petto, « Sai benissimo che non è per quello, Ryou. »
Il suo cuore s’infranse di un millesimo di centimetro a sentirla usare il suo nome, lì in quella stanza che sapeva solo di lei, e la guardò soltanto di traverso: « Ti serve una guardia del corpo contro Kisshu? »
La rossa emise un semi-miagolio di stizza, scuotendo la testa mentre si avviava verso la camera da letto: « Hai lasciato l’umorismo negli Apitachi, o quello che sono. »
« Appalachi, » la corresse ridendo, « Preparo il caffè, sono ancora scioccato da ciò che sei riuscita a combinare l’ultima volta. »
« Ma se la macchinetta me l’hai regalata tu! »
La sentì berciare dall’altro lato della casa.
Ryou rise sotto i baffi un’altra volta, concentrandosi nel riempire il filtro della macchinetta americana – correttamente un suo regalo di qualche Natale precedente – e osservando l’appartamentino, così dannatamente suo, con le stoviglie spaiate, i magneti di città mai viste sul frigorifero, le tazze di cinque rosa diversi, macchie di rosa ovunque e un leggero casino che poteva vedere proseguire fino alla porta chiusa della camera. Il tavolinetto da caffè pieno di riviste, il portatile nell’angolo del divano, mezzo sotto a una coperta (rosa), il davanzale pieno di piante grasse e cornici di foto con le ragazze, ad accompagnare anche quelle appese ai muri con un una fila di lucine colorate sopra, un tappetino da yoga arrotolato in un cantuccio che lui sapeva benissimo avesse comprato insieme a Minto e usato forse quattro volte.
« Ecco qua! » Ichigo uscì dalla camera reggendo un secondo plico di fogli, quaderni e libri tra le braccia, che appoggiò pesantemente sul tavolinetto, « Dovrei avere tutto. »
Il biondo le si avvicinò reggendo due tazze fumanti e studiò la tenuta che aveva indossato, un paio di leggings e una felpa di tre taglie più grandi con sopra scritto Harvard: « Vedo che fai buon uso dei miei regali. »
Lei arrossì vistosamente, accomodandosi sul divano e tirando le maniche sopra le dita: « Se facessi il contrario ti lamenteresti. »
« Sono solo contento di averci azzeccato, ginger. »
Ichigo fece una smorfia, raccogliendo le gambe al petto e soffiando sul caffè, l’indice che giocherellava con il bordo di ceramica.
« Però un po’ sei felice di essere tornato a casa, no? » domandò sottovoce dopo un po’, fissando più il liquido scuro che lui.
« Vuoi dire a parte aver sgobbato per riaprire il locale in venti giorni, dover sentire i battibecchi tra te e Minto ogni giorno e i vostri commentini acidi sulle nuove cameriere, e la nuova invasione aliena? »
La rossa gli rivolse un’espressione esasperata, allungando piano un piedino per colpirgli la gamba: « … e dai, dico sul serio! »
Ryou sbuffò e fece roteare appena il caffè nella tazza: « Ovvio che sono contento, Ichigo. Altrimenti non sarei rimasto. »
« Scherzi sempre che non ci sopporti, » borbottò lei poco convinta, con il broncio di una bambina.
« Scherzo, ragazzina, esattamente la parola giusta, » le rimbrottò divertito, « E poi lo devi ammettere, ogni tanto sapete essere pesanti. »
Ichigo storse il naso, poi lo guardò da sotto in su con un sorrisetto: « Più pesanti di quanto pensassi? »
Lo vide sgranare appena gli occhi e poi ridere, avvicinando il viso al suo e picchiettarle la fronte: « Precisely. »
La rossa inalò forte, muovendosi con calma per poggiare la tazza sul tavolinetto, come temendo che un movimento troppo brusco avrebbe interrotto quell’istante.
« Mi sei mancato, Ryou, » esalò poi in un fiato solo, avvertendo il cuore schizzarle in petto e accenderle il viso sotto allo sguardo celeste di lui.
Ryou allungò solo una mano verso la sua guancia, accarezzandogliela mentre la studiava, facendosi ancora più vicino così che le loro fronti potessero toccarsi.
« Ichigo? » mormorò roco dopo un po’, e la rossa deglutì, non in grado di connettere una frase completa:
« Mmm? »
Il pollice di lui le sfiorò le labbra e lei udì il rimbombo impazzito del suo cuore nelle orecchie: « Non ti spostare, okay? »
Non fece in tempo a scuotere appena la testa che la bocca del ragazzo fu sulla sua, strappandole un sospiro quasi di sollievo. Lo strinse a sé e si lasciò stringere, lasciandosi andare sul divano per poterlo avere il più vicino possibile, e mugolando sottovoce quando le mani di lui sgusciarono veloci sulla pelle nuda sotto la felpa. Poi Ryou rallentò, discendendo con le labbra sul suo collo, saggiando piano le sue curve da sopra il tessuto, e con un respiro affannato sfiorò il naso con il proprio:
« Credevo dovessi aiutarti a non distrarti, » la prese in giro sottovoce.
Ichigo rise e intrecciò le dita dietro la sua nuca: « Non distrarti tu. »

 

 

 
 
 
 
 

 

 

(*) Un anno in più rispetto alla trama originale della fanfic, nda, solo per dare loro più lasco :)

(**) Direttamente dal sito dell’Università di Tokyo: tutti gli studenti dei primi due anni frequentano corsi per acquisire conoscenze di base per la prosecuzione degli studi (nel caso di UTokyo, ad esempio, frequentano tutti il College of Arts and Sciences, che dota di un’educazione comprensiva in scienze umanistiche). Il terzo e quarto anno sono invece dedicati a una specializzazione in una delle facoltà.

(***) Vent’anni senza mai notare che ‘sti poveretti hanno un pianeta senza nome – non che sia di chissà quale importanza, ma in ogni caso, dal Bretone Douar che significa (ma va?) Terra.

(****) Non sono impazzita, giuro XD L’espressione si basa sulle due diverse pronunce della parola pomodoro in inglese, e sta a sottolineare una distinzione o differenza triviale, irrilevante tra due concetti (perché… si dicono diversamente, ma sono la stessa cosa!).

   
 
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