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Autore: AndreaMesso45    28/04/2012    1 recensioni
Racconto sui Foo Fighters, la storia è incentrata sulla canzone "Gli Angeli"
Un racconto breve su una storia inventata dove i Foo Fighters, a bordo di una navicella, partono per lo spazio aperto.
Lassù impareranno a conoscere se stessi e la vita e ad un certo punto incontreranno una strana ombra....
Il pezzo conclusivo richiama la canzone "Gli Angeli" di Vasco Rossi.
Questo racconto è un misto tra Foo Fighters e Gli Angeli.
Genere: Avventura, Mistero, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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EVERLONG ANGELS


Iniziò tutto una sera d’estate, probabilmente luglio, anche se il caldo faceva pensare di più ad agosto.
C’erano lui e il suo amico, distesi su un prato, ad osservare le stelle.
Il silenzio tutto intorno era ornato dal rumore delle cicale e dei grilli … e poi dal piccolo fruscio del vento che accarezzava l’erba e la faceva ondeggiare.
Dave si accese una sigaretta, si girò verso Taylor, poi tornò a contemplare il manto stellare del cielo.
Per un attimo si sentì molto attratto da quei corpi celesti, come se fossero angeli inanimati, anime perdute lontane e dissacranti.
L’idea gli venne di colpo … Taylor se ne accorse poiché fissando negli occhi Dave, qualcosa era cambiato, la famosa lampadina che si accende si era realmente infiammata.
Ehi, che ti frulla in testa?” chiese Taylor.
Sai, pensavo …” iniziò Dave.
Taylor si rigirò verso il cielo e per un attimo chiuse gli occhi e si mise ad ascoltare la voce dell’amico ed il suo connubio perfetto con il rumore degli insetti del prato.
Riaprì gli occhi.
Fece una smorfia, poi un sorriso; successivamente rise.
 

Pronti per il lancio?! Accendiamo i motori allora!” disse l’altoparlante.
La voce rimbombava distorta nella cabina di pilotaggio della navicella.
Taylor si girò verso Dave e lo fissò negli occhi, come quella sera d’estate, poi fece un cenno con la testa per annuire.
Siamo pronti!” disse Dave al microfono.
Allora, partiamo con il lancio! Accensione motori … via al conto alla rovescia … Dieci … nove …
Erano tutti in fermento, specialmente Nate che era piuttosto agitato e molto in tensione, il ragazzo non aveva accolto benissimo l’idea di Dave, anzi, il progetto di Dave.
Poi si era lasciato trasportare come sempre dall’animo del compagno e dell’amico fidato, succedeva continuamente così.
In quel momento Nate maledì Dave e pensò tra se e se “Stavolta faccio il passo più lungo della gamba”.
Otto … sette … sei
Ne valeva la pena, infondo … Seguire Dave nelle sue avventure e nelle sue folli idee, la maggior parte delle volte ne valeva veramente la pena.
Chris era straordinariamente sereno e calmo, nella sua testa continuava a canticchiarsi una melodia di quando era bambino, gliela cantava sua madre come ninna nanna.
Ogni tanto si girava e fissava l’instabilità di Nate e un po’ se la rideva.
Cinque … quattro … tre …
Taylor invece era un po’ sovrappensiero, gli era venuto in mente quando suo padre da piccolo gli raccontò del primo uomo sulla luna.
Era stato uno dei momenti migliori con suo padre, si ricordava tutto di quell’attimo, gli pareva di percepire sulla pelle, nonostante la ingombrante tuta spaziale della Nasa che indossava al momento, il calore del caminetto di casa durante il racconto del padre.
Si girò di nuovo verso Dave che rispose con lo sguardo, i due annuirono con la testa e si diedero un cinque.
Era tutto pronto.
Due … uno … Partenza! Buona fortuna ragazzi!
 

Gli addestramenti dei militari e degli scienziati erano stati quasi massacranti negli ultimi mesi, sembrava però che Dave e compagni non risentissero della stanchezza patita negli ultimi tempi.
Anzi, erano abbastanza carichi e in forma, pronti per affrontare l’avventura di sempre: lo spazio aperto!
Dopo che la navicella si stabilizzò e che si staccarono dal blocco i primi settori, Dave si tolse il giubbotto pesante e il caschetto che aveva in testa e staccò la doppia cintura di sicurezza a cui era avvinghiato da più di due ore.
Si girò verso Nate e gli sorrise in faccia, come a dirgli “anche questa volta ti ho fregato, sei qui con me anche stavolta!”.
La terra diventava sempre più piccola, il clima cambiava, la stratosfera veniva superata pian piano senza lasciare traccia nell’universo di questo passaggio.
Il pilota automatico prese funzione, anche se chiamarlo così sembrava essere un eufemismo considerando che si trattava di una mega computer ad alta risonanza capace di calcolare miliardi di traiettorie possibili.
Essi andavano vagando per lo spazio, cominciarono a sentire la gravità svanire … i piedi leggeri come una piuma … l’aria statica.
Taylor notò per primo l’assenza di gravità ed emise un “Wow!” che attirò l’attenzione degli altri compagni di viaggio.
Cavolo! Che diavoleria è mai questa?” disse Dave accorgendosi anche lui dell’assenza di peso.
Si sganciarono tutti e si misero a svolazzare per la cabina di pilotaggio, che essendo piccola, limitava parecchio i loro movimenti.
Così lasciarono la cabina ed entrarono uno alla volta nella sala ristoro, così chiamata da Chris.
Dave si sentiva benissimo e provava delle emozioni incredibili, aveva una felicità addosso che contagiava tutti i suoi amici e compagni di universo.
Si accorse di avvertire la stessa emozione di quando per la prima volta salì su una altalena, tornò bambino in quella navicella, scacciò tutti i brutti pensieri, lasciò spazio alla genuinità e alla bontà.
 

Il tempo passava e le lancette dell’orologio di bordo camminavano in senso orario, sempre di più.
I ragazzi sentirono pian piano salire la pressione dell’aria che preannunciava l’uscita dall’orbita terrestre.
Quello era il momento migliore per osservare, perché voleva dire che in quel preciso attimo si potevano vedere sia la luna che il globo terrestre che le altre stelle in modo del tutto anormale e diverso da come si può guardare da terra, sul terreno.
Dave si avvicinò alla lunetta della navicella sulla parte sinistra e osservò, si vedeva benissimo la terra, il globo con i suoi mari e monti, oceani immensi, cose piccolissime ormai quasi impercettibili come case e vialetti, lo stesso garage di Dave era pressochè inesistente da lì.
Il mondo sembrò a Dave una bugia in quel momento, gli sembrò tutto un pezzo unico, una sostanza uniforme di materia, una palla gigante.
Rimase a scrutare il pianeta per un po’ poi diede spazio anche agli altri amici.
Nate, invece, fu il primo ad osservare la luna nella sua forma criptica dalla lunetta di destra.
La differenza era notevole, la terra era come se dispendesse nell’aria dei raggi di umanità e bellezza, la luna invece irraggiava l’atmosfera di luce stantìa, luminosa, quasi surreale; Taylor la definì enigmatica ad alta voce.
Chris annuì alla espressione dell’amico.
 

L’orologio continuava il suo monotono lavoro, facendo scoccare un’altra ora.
I Foo Fighters, capitanati dal solito Dave si misero le tute spaziali e decisero (decisione presa soprendentemente da Nate) di uscire a filmare lo spazio infinito e la forma della luna e della terra.
Ricordarono prima insieme tutti i passi che gli avevano insegnato mesi prima esperti aereospaziali, ma erano così volenterosi di uscire che riepilogarono tutte le mosse in pochissimi minuti.
Ognuno attaccò la sua tuta ad una corda estremamente leggera (ma indistruttibile) alla navetta, con tanto di passaggio di tubi per ossigendo e acqua.
Il primo ad uscire fu Dave, seguito da Taylor e poi da Chris e Nate.
Lo spettacolo fu eccezionale e strabiliante … meraviglioso!
One of these daysthe ground will drop out from beneath your feet” affermò Dave completamente preso dalla visione dello spazio aperto.
One of these daysthe clocks will stop … and time won’t mean a thing” si ricordò … fissò la navicella, fissò la luna e poi si voltò verso la terra.
Non aveva più senso la concezione di vita lì per lui, non c’erano più pregiudizi e intolleranza per Dave, c’era solo un mondo fermo in un punto e un altro infinito mondo fermo in un’altra direzione.
Uno di questi giorni il tuo cuore si fermerà ma ricorderai per sempre questi momenti” si ripetè Dave e sorrise, poichè non aveva più paura della morte adesso, non sentiva più il concetto di morte lassù.
Si sentiva solo una particella piccolissima di universo, capace di esistere e di capire.
L’emozione colpì anche Taylor che rimase a bocca aperta per circa un quarto d’ora.
I suoi capelli biondi incerottati in quel casco sembravano riposti in scatolette da tonno, lui si era messo una bandana rossa per assorbire il sudore che pativa un po’ per il caldo, un po’ per l’eccitazione.
A Taylor il mondo parve rareffato … sì … rarefatto in se stesso, fermo, statico, evanescente.
Si fissò le mani e i piedi e gli sembrarono leggerissimi come piumini.
La luna assomigliava a della carta carbone, il solco di essa era simile alla superficie di una corteggia d’albero, frastagliato e “rugoso”.
Il cielo non esista più in quel frangente, era tutto spazio indefinito, indistinto, immenso, senza fine … “everlong …” disse Taylor.
Lo ripetè Dave un secondo più tardi, convinto che le immagini che stava vivendo non se le sarebbe mai più dimenticate.
 

Fu allora che lo videro … sembrava una massa informe di materia, un insieme  di particelle sparse di colore nero, però scintillante.
Dave sgranò gli occhi, gli parve di assistere alla visione di un uomo vagante per lo spazio aperto.
Lo stesso pensiero soletticò la mente di Taylor e degli stessi Nate e Chris, quell’ombra aveva decisamente la forma di un uomo.
Dave sentì l’impulso di tornare nella navicella, un po’ spaventato da quell’ombra ma anche incuriosito.
I movimenti di quella “cosa” erano lenti e incessanti, andavano quasi a tempo … “Sì! Sembra che vadano a tempo di musica!” pensò Taylor.
La musica…  lo spazio con la sua pochezza d’anima potrebbe far pensare all’assenza totale di ritmo e musica, in realtà Dave percepì benissimo il “suono” del vuoto, il rumore che emetteva la luce della luna con l’incontro dell’atmosfera terrestre.
Sentiva il ritmo, gli sembrarono note … gli parevano ineccepibilmente delle note …
Dave avrebbe potuto benissimo riscriverle su uno spartito, che però non avrebbe reso l’idea di quel momento.
L’ombra galleggiava intorno alle stelle, roteava su se stessa sempre ad un certo ritmo e sembrava ogni tanto fissare Dave.
Taylor era completamente preso dal ritmo a cui aggiunse nella sua testa una parte precisa di batteria, in quel momento avrebbe voluto suonare, più di ogni altra cosa.
Il battito calzante rimase costante per tutto il tempo, Dave era attratto sempre di più da quella strana ombra umana.
Sembra un uomo vestito di nero che galleggia nell’universo portandosi dietro una melodia” considerò Taylor.
In quel preciso istante a Dave venne un’istinto incontrollabile di salutare, o almeno, tentare un contatto con quella strana zona buia rilucente.
Fece un cenno con la mano ma non ottenne nessuna risposta.
Anzi, l’ombra sembrò girarsi dalla parte opposta e poi volteggiare in un crescendo di ritmo.
All’improvviso, si fermò il ritmo e quella cosa si appianò in aria … per un momento i ragazzi rimasero fermi immobili a fissarla.
Tutto ad un tratto il ritmo riprese e quell’ombra si trasformò in una stella lucente che esplose portandosi dietro dei brillantini luccicanti.
La luce partì per la terra ed arrivò fino all’oceano per poi entrare nell’atmosfera.
In meno di un minuto non c’era più traccia di lei.
Era vita, era vita quella” affermò Dave.
 

Tutto bene ragazzi, come va lassù?” gracchiò la radio di bordo.
Nate rispose che andava tutto a gonfie vele e che si apprestavano a tornare sulla terra.
Erano già rientrati da un po’ di ore, si erano appena ripresi dal misterioso avvistamento dell’ombra.
I Foo Fighters non parlarono mai in pubblico dell’accaduto e nemmeno tra di loro da quel momento.
Ognuno la pensò a suo modo e Chris ad un certo punto smise anche di ricordarselo e se lo dimenticò negli anni a venire.
Dave era partito con la volontà di andare sulla luna e in quel momento un po’ di scordò dello scopo che si era prefissato.
Gli pareva di aver assistito già a molto, forse troppo e tanto in un colpo solo per assimilare tutto.
Partirono per il ritorno a casa, un ritorno che gli avrebbe accolti da eroi, le rockstar dello spazio, sarebbero divenuti più famosi di Armstrong.
A Dave questo non importava minimantente, non gli importò mai del successo che aveva o avrebbe avuto, gli importava solo dell’arte.
Si rimisero composti e cominciarono a preparare il programma che gli avrebbe rincodotti verso la terra.
Dave fissò l’orologio … guardò attentamente il tempo … lo guardò meticolosamente.
Quando Dave staccò gli occhi dalla lancetta dei minuti dell'orologio di bordo e guardò fuori dal finestrino, allora capì.

Qui non esisteva più il mondo che aveva conosciuto fin da piccolo, non c'erano "gli ordini ad insegnare la strada buona e giusta”,  non c'erano "le scuse per tirare su il morale".
Non esistevano neanche più i giorni, non esisteva più il tempo, era tutto infinito.
C’erano solo loro con le loro coscienze e con le loro consapevolezze.
Dave diventò cosciente del fatto che non sarebbe stato mai più in grado di spiegare quello che provò in quei momenti.
Diventò conscio che i tetti, le case e le grandi periferie erano solamente delle folli fesserie.
Infondo, capì che era molto logico cambiare mille volte idea e anche molto facile sentirsi da buttare via.
Che in quel centro dell’universo la notte era buia e lo è tutt’ora e ci sei solo tu a contemplarla, nessun’altro può essere al tuo posto in quel momento.
In quel pezzo di esistenza, Dave capì che l’unico modo di vivere era “vivere in bilico” rischiando … perdendo, oppure vincendo tentando anche la fortuna.
Capì che in quello spazio libero non sarebbero venuti nemmeno "gli angeli"...
Allora fece un sorriso e sospirando disse “I've waited here for you... everlong
   
 
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