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Autore: Deilantha    28/04/2012    6 recensioni
Pasi è una diciannovenne impulsiva e socievole, dal futuro incerto ma dal buon cuore, che vive una situazione di conflitto in famiglia, sentendosi sempre la pecora nera rispetto ad una sorella apparentemente perfetta. Provando un vuoto affettivo tra le mura domestiche, Pasi si circonda di amici, che reputa la sua vera unità familiare.
Emile è il suo esatto opposto: non è un tipo socievole e vive esclusivamente per la musica, sul cui argomento è terribilmente arrogante. Ma il suo modo di essere così rigido e poco aperto agli altri, nasconde un dolore che il ragazzo si porta dietro dall’infanzia, dovuto ad una madre caduta vittima della depressione quando lui era ancora in fasce.
Emile e Pasi si scontreranno la prima volta che si vedranno, ma le loro vite sono destinate ad incrociarsi e farli crescere nella reciproca conoscenza.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Filrouge'
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Capitolo 31







 

 

Pasi domani andiamo al mare, sei dei nostri?

 

                         

Stavolta no Rita, voglio stare con Emile, è una giornata importante.

 

 

Dal momento in cui Emile mi aveva dato la notizia dell’arrivo di Luca nella band, avevamo trascorso almeno un’ora seduti sul cofano dell’auto a parlare di quella meravigliosa novità, che avrebbe spazzato via una volta per tutte le ombre dalla vita professionale del mio Pel di Carota e solo quando terminammo tutte le parole e ci rendemmo conto che era giunta l’ora di metterci in auto, accesi il cellulare e vi  trovai il messaggio di Rita.

Quando ero immersa nel lavoro in cucina, spegnevo il cellulare, in modo da non avere distrazioni con telefonate o sms che potevano interrompere e intralciare la mia resa in cucina, per quel motivo quindi, lessi solo a quell’ora del suo invito per andare al mare, il giorno dopo.

Mi sarei dovuta alzare presto per essere con loro e considerata l’ora che avevo fatto, avrei dormito ben poco… Ma non era quello ad impedirmi di andare con i miei amici, potevo rinunciare tranquillamente a qualche ora di sonno, l’avrei recuperata di sicuro nei giorni a venire.

Ciò che m’impediva totalmente di essere con loro, nonostante le giornate al mare fossero per me una tentazione continua, era  il sapere che l’indomani sarebbe stata una giornata memorabile a cui non volevo rinunciare:  quel giorno ci sarebbe stato il cambio della guardia, Luca avrebbe portato in saletta la sua batteria e tutti gli oggetti di Claudio sarebbero stati finalmente messi da parte, in attesa di restituirglieli. Quel tipo odioso non aveva avuto più il coraggio di avvicinarsi a casa Castoldi e nonostante l’aria trionfante che assumeva nella casa discografica, sapeva benissimo che se si fosse presentato in quell’abitazione per reclamare il suo strumento, non avrebbe ricevuto una calda accoglienza… Per cui la batteria era rimasta ad uso e consumo dei GAUS per le audizioni, finché finalmente era giunto il giorno in cui avrebbero potuto disfarsi di qualcosa che ricordava costantemente ai ragazzi, l’odiosa presenza di quel vigliacco di Claudio. 

Sarebbe stata una giornata davvero importante per Emile e il suo gruppo e non volevo perderla, in più ero curiosa di conoscere il salvatore dei GAUS, questo Luca che già adoravo, per il solo fatto di aver riportato la serenità nello sguardo di Emile.

Avrei rinunciato a tutte le vacanze di questa terra, per poter essere con lui in quel giorno così importante! C’era solo un piccolo particolare che al momento, m’impediva la realizzazione di quel desiderio: dovevo ancora dire al mio ragazzo, che avrei voluto assistere a quel giorno memorabile…

Mi stava conducendo a casa e non sapevo se si sarebbe fermato a dormire o meno, per cui sarebbe stato meglio sfruttare il tempo del tragitto in auto, per rivelargli il mio desiderio… Eppure avevo delle remore nel chiederglielo…

Ero consapevole del fatto che il mio Pel di Carota mi parlasse molto più facilmente della sua vita professionale, tuttavia avevo sempre paura di essere troppo invadente, di essere oppressiva… Senza contare il fatto che la mia ultima intromissione era costata il batterista alla band, in un momento del tutto delicato.

«Emile…»

«Mh?» aveva gli occhi piantati sulla strada e non perse tempo a rivolgermi il suo sguardo.

«Ecco… avrei una cosa da chiederti…»

«Allora chiedila.»

«Temo la tua risposta.»

Frenò all’improvviso e appena trovò un punto libero, accostò, evidentemente preoccupato da ciò che volevo dirgli. Una volta spento il motore, mi rivolse il suo sguardo ansioso:

«Quando fai così, inizio a preoccuparmi… che hai combinato?»

«Nulla!»  risposi offesa; perché doveva pensare che ci fosse qualche casino dietro? Beh, in effetti conoscendomi, non aveva tutti i torti….

«E allora cos’è successo di così terribile da non riuscire a dirmelo? Mi fai sentire un orco!»

«Forse lo sei…» Mi rivolse uno sguardo ostile, stringendo gli occhi, fingendo risentimento.

«Pasi… vuoi dirmi che hai?» 

«Ecco… hai detto che domani Luca verrà a sostituire la batteria di Claudio con la sua… vero?»

«Sì…»

«Ecco… vorrei-tanto-essere-li-con-voi!» dissi quella frase tutta d’un fiato, per poi nascondere la testa tra le braccia, timorosa di vedere la sua reazione… In tutta risposta sentii un rumore sordo insieme ad un suo sospiro.

«Proprio non ce la fai, eh?» Alzai lo sguardo e lo vidi con la testa appoggiata al volante, totalmente vinto.

«A fare cosa?»  osai rispondere a bassa voce, con il viso sempre più basso e ancora nascosto dalle braccia.

«Ad essere messa in disparte… e a non avere paura di parlare… Non riesco a capire perché una persona come te, che non teme nemmeno le ire degli dei, possa aver paura di me!»

«Le ire degli dei? Emile ma come parli?!»

«Non tergiversare, tu! È la prima cosa che mi è venuta in mente, del resto hai un nome greco, perché non potresti temere le ire degli dei?»

«Non me lo ricordare per favore… lo sai che odio quel nome! Allora mi rispondi?»

«Sei tu che mi distrai! Hai perso la paura a quanto vedo… era solo un modo per farmi cedere?»

«Ma no! Non sono una gatta morta come Serena, io!» dissi risentita «Ho davvero paura di farti arrabbiare…»

Emile sospirò nuovamente: «D’accordo strega, vieni pure… ci vedremo nel dopo pranzo, prima che torni a lavoro.»

«Non potevi prendere la mattinata libera? Tanto Gustavo non c’è…»

«Non c’è, ma si fida di me! E non voglio venir meno alla sua fiducia, perciò domani lavorerò come sempre…»

«Posso venire con te?»

«EH?»

«Posso venire a trovarti a lavoro? Così potremo tornare insieme a casa tua, pranzare e attendere i ragazzi!»

«Pasi, io non vado a divertirmi…»

«Lo so, ma avevo voglia di vederti a lavoro… Tu sai quello che faccio e conosci anche i miei colleghi… Io invece non so nulla di te, non conosco l’ambiente in cui lavori e mi sembra di perdere qualcosa d’importante che ti riguarda!»

«Sei più capricciosa del solito, stasera.»

Già… ai suoi occhi dovevo sembrare davvero capricciosa… ma il pensiero che presto sarebbe andato via non mi dava tregua e sentivo costantemente il bisogno di sentirlo vicino a me… Dovevo farglielo capire in qualche modo.

«Emile… c’è una cosa che devo dirti…»

«Un’altra?»Un

«Sì… e forse capirai un po’ di più le mie ragioni dopo…»

«Ok… dimmi tutto.»

«Qualche giorno fa, sono stata con Iulia alla casa discografica… la vostra.» Emile non rispose, ma mi guardò sorpreso. «E vi ho visto mentre parlavate con il vostro produttore…» 

L’espressione del suo viso si fece perplessa, evidentemente non riusciva a capire dove volevo andare a finire con quel discorso e rimase in silenzio in attesa che continuassi.

«Io non sapevo che eravamo dirette lì, Iulia mi ci ha portato senza dirmelo, non volevo invadere la tua privacy…» mi fece il gesto di continuare, «Insomma, alla fine ne sono stata felice, perché ho capito qualcosa in più di te e del tuo mondo e mi sono resa conto che ci sono aspetti di te che io non conosco affatto… quindi ho pensato che vederti nell’ambiente in cui lavori, mi avrebbe fatto conoscere un altro lato  della tua vita, che finora mi è oscuro… Io vorrei sapere tutto di te, Emile! Vorrei conoscerti davvero, in tutti i tuoi aspetti e più tu ti ritrai, più io sento il bisogno di sapere… Ho sempre paura che tu non voglia aprirti completamente a me, invece io vorrei che non ci fossero segreti tra noi…»

Cercai di essere più convincente possibile e per questo la mia arringa fu un fiume di parole in piena… Fiume che si spezzò quando Emile mi strinse a sé.

«Pasi, lo so che è difficile starmi accanto, lo so che ti do poco spazio e che sono sempre sfuggente… ma non devi dubitare in questo modo di me. Non mi costa farti essere presente domani mentre cambiamo gli strumenti e se vuoi venire a visitare la bottega va bene, però non voglio in alcun modo sentirmi costretto a doverti includere in ogni cosa che faccio, solo perché tu ti senti esclusa. Io sono fatto così, ho bisogno dei miei spazi, non posso inserirti in tutto ciò che m’impegna e voglio che tu lo capisca, perché dobbiamo imparare a rispettare le nostre differenze prima di tutto. E sopra ogni cosa, non voglio più sentirti dire che hai paura di dirmi qualcosa. Sai tenermi testa senza problemi e non vedo il motivo per cui tu debba sentirti intimidita da me.»

Aveva ragione, le sue parole non erano aspre, ma sentivo in pieno la sua ferrea volontà di non lasciare che m’intromettessi in ogni aspetto della sua vita… Del resto non poteva essere altrimenti: da quando aveva dichiarato d’amarmi, il nostro legame aveva trovato più stabilità ed equilibrio, ma non dovevo dimenticare la sua paura che io diventassi troppo importante, persino più della musica… Dovevo essere più forte e invece stavo diventando solo più capricciosa!

«Scusami… lo so che a volte esagero… ma ho sempre bisogno di sapere che ci sei… Mi hai fatto così felice prima, parlandomi di Luca, che forse non avevo nemmeno il diritto di chiederti altro… Invece non riesco a frenarmi, sono sempre qui a chiederti di più…»

«Streghetta, io ci sono, mettitelo bene in testa, non vado da nessuna parte. Anche se mi allontano, l’incantesimo che hai lanciato su di me è forte e non mi permette di tenerti a distanza nemmeno se lo volessi ed io non lo voglio…» Rincuorata da quelle parole, mi strinsi maggiormente a lui.

«Rimani a dormire da me?»

«Ok… ma non fare storie se dovrò alzarmi presto!»

«Promesso!»

 

 

*****

 

La bottega di restauro dove lavorava Emile fu facile da raggiungere, anzi, avrei potuto percorrere quel tragitto ad occhi chiusi. Il mio Pel di Carota si era alzato prima di me per andare a lavoro e mi aveva lasciato un biglietto con l’indirizzo della bottega: quando lessi il nome di quella strada mi suonò del tutto familiare, anche se non riuscii a comprenderne subito il motivo. Ma prima d’incamminarmi,  di colpo me ne resi conto: su quella stessa strada c’era la scuola superiore che avevo frequentato per cinque anni!

Sono davvero strane le coincidenze della vita: fino ad un anno prima, quel luogo era la mia casa, percorrevo quella strada due volte al giorno tutta la settimana e non mi ero mai accorta di quel negozio all’angolo,  quel locale in cui Emile lavorava da anni.

Le nostre vite si sono sfiorate per tanto tempo senza essersi mai toccate e nel momento in cui non c’è stata più occasione d’incontrarci, ci siamo imbattuti l’uno nella vita dell’altra e viceversa… La vita ha proprio uno strano modo di andare avanti!

Passare davanti alla mia ex scuola mi fece uno strano effetto:  nonostante quegli anni avessero costituito per me una vera guerra, ora la guardavo con nostalgia, pensando ad un periodo della mia vita che si era concluso per sempre. Cinque anni in cui il mio unico immenso problema era costituito da quelle ore,  scandite dal tentativo di sopravvivere alle interrogazioni, ai professori e ai miei genitori insoddisfatti, evitando delle ramanzine e delle punizioni da parte di questi ultimi per il mio andamento scolastico, non proprio eccellente. Un periodo in cui io e Stè eravamo indivisibili: costantemente compagni di banco, nonostante costituissimo la coppia più rumorosa della classe.

A volte qualche insegnante aveva provato a dividerci, ma appena se ne andava, tornavamo ad occupare lo stesso banco, sapendo che gli altri professori non erano così severi. Ogni volta che litigavo con qualche compagno di classe (e capitava spesso, soprattutto contro gli odiosi secchioni egoisti che non ci aiutavano nemmeno se li imploravamo!) Stè se la rideva divertito, ma era sempre pronto a difendermi nel caso la situazione diventasse seria. Una volta si era beccato persino una sospensione, per avermi aiutato contro un nostro compagno di classe, che minacciava di dire all’insegnate che stavo copiando… E alla fine fummo sospesi entrambi e dovemmo rifare il compito da soli con il prof davanti, per non parlare delle punizioni piovute a raffica in casa!

Con i bidelli invece era tutto un altro paio di maniche:  le nostre passeggiate per i corridoi del liceo ci avevano fatto diventare i loro beniamini e avevamo sviluppato una grande amicizia con ognuno di loro, al punto da essere sempre informati persino sulle dicerie e i movimenti degli insegnanti.

Se c’era da sapere qualcosa sulla presenza o meno di un determinato professore ad una determinata ora, le due Teste di Fuoco avevano i contatti giusti, che in un battibaleno avrebbero dato l’informazione, aiutando la nostra intera classe a sopravvivere. L’assenza di un professore particolarmente severo era al pari di una festa nazionale, tutti noi diventavamo all’improvviso felici e rilassati come se fossimo in vacanza!

Rimasi ferma davanti ai cancelli della scuola per un po’ di tempo, osservando quell’edificio con gli occhi della memoria, immergendomi in cinque anni di ricordi, pensando a tutti i momenti vissuti su quei gradini dell’ingresso, alle riunioni con la classe prima di entrare, ai discorsi fatti in quel cortile, a tutti i litigi con i professori o tra i compagni di classe… E dopo quel piccolo tuffo indietro nel tempo, riassaporando una parte della mia vita che (scoprii al momento), iniziava a mancarmi, salutai ancora una volta quella scuola che sarebbe stata sempre una parte di me, mettendo alle spalle il mio passato per andare incontro al mio presente, che distava pochi metri da lì. 

 

 

La bottega di restauro era ufficialmente chiusa per le vacanze, ma Emile aveva chiesto a Gustavo il permesso di lavorare nel laboratorio, posto nel retro, per poter terminare i suoi incarichi prima di lasciare del tutto quel mestiere, così non mi meravigliai trovando la serranda abbassata sull’entrata principale e mi diressi  all’interno della traversa su cui faceva angolo l’edificio. Il laboratorio aveva un’entrata ampia, che avrebbe permesso l’ingresso anche ad un camion ed immaginai che fosse proprio quello l’uso a cui era destinato, in modo da poter scaricare direttamente in loco i mobili ingombranti come gli armadi. La serranda era aperta del tutto, ma  la porta a vetri satinati a due ante era chiusa, un chiaro invito a “non disturbare”… Del resto quando si lavora non è il caso di distrarsi, anche se quella porta chiusa era un gesto così tipico di Emile che sorrisi all’idea: in fondo anche se non l’avevo mai visto all’opera in quel luogo, avrei potuto immaginarlo chiaramente! 

Abbassai la maniglia e spinsi la porta… ma non si aprì… Evidentemente quella di chiudere le porte a chiave era proprio una mania… malfidato di un Pel di Carota!

«Emile! Sei lì dentro? La porta è chiusa… se non vieni ad aprire resto fuori!» Logica inoppugnabile Pasi, complimenti!

Attesi di sentire una risposta, ma non arrivò, allora iniziai a picchiare sul vetro cercando di non esagerare e continuai a chiamarlo.

«EMILE! Sei lì dentro oppure no?»

Ad un tratto sentii dei passi e intravidi la sua figura attraverso i vetri e quando aprì la porta capii perché non mi aveva sentito: aveva ancora un auricolare che gli pendeva dall’orecchio e l’altro emetteva una musica talmente alta da sentirsi a distanza… Ma quello era un dettaglio di cui mi resi conto in seguito, perché  rimasi per qualche secondo ad osservare la sua tenuta lavorativa. Emile indossava un camice bianco, imbrattato da qualche strana sostanza che gli lasciava macchie giallastre addosso e una mascherina gli pendeva sul collo: il suo aspetto era così insolito, che mi lasciò senza parole, sembrava quasi un’altra persona!

«Streghetta, ti sei ammutolita?» Tornai alla realtà distratta dalle sue parole e dissi la prima cosa che mi passò per la mente.

«Sembri un dottore!» 

Il mio Pel di Carota, mi osservò perplesso prima di comprendere la mia esclamazione e sorridere malizioso.

«Allora si accomodi signorina, cosa può fare per lei questo dottore?»

«Uhm… mi faccia vedere di cosa è capace!» 

Gli risposi  di rimando sfidandolo e in tutta risposta  avvicinò il volto al mio orecchio e mi sussurrò: «Non tentarmi, altrimenti chiudo prima.»

«Cosa stai aspettando?»  risposi con un fil di voce, già pronta a saltargli addosso.

«In effetti potrei farci un pensierino…»  continuò con lo stesso tono sussurrante e terribilmente eccitante… e come sempre, dopo avermi fatto andare a fuoco con due sole parole, si staccò da me «…ma devo prima finire qui.» mi diede un bacio e chiuse nuovamente la porta a chiave, prima di dirigersi all’interno del laboratorio.

«Uff, sei un mostro sadico!»

L’ambiente era ampio e vasto: le pareti erano alte e la stanza era anche profonda, poteva entrarci davvero un intero camion all’interno!

Sembrava essere una specie di garage riadattato per le esigenze di Gustavo.

Sulle pareti c’erano bacheche su cui erano affissi vari strumenti, ma la maggior parte dei muri era occupata da pezzi di legno e da mobili antichi in condizioni più o meno disastrate. In corrispondenza delle bacheche,  c’erano una serie di tavoli larghi e molte attrezzature di cui ignoravo lo scopo e nell’aria si sentiva l’odore del legno e di qualche sostanza chimica, che doveva essere usata per il trattamento dei mobili.

Seguii Emile fino al punto in cui tornò a lavorare e vidi che si stava dedicando ad una consolle con specchio incorporato: il ripiano era sporgente nella parte anteriore a formare un semicerchio, ma questo terminava prima di arrivare all’estremità, formando due virgole in corrispondenza degli spigoli. Le gambe della consolle avevano la tipica bombatura dei mobili di un tempo e anche la cornice dello specchio, presentava riccioli e curvature che non erano certo appartenenti alla nostra epoca. Sul ripiano erano presenti degli intarsi ed era proprio su di essi che stava lavorando Emile, che nel frattempo aveva rimesso la mascherina sul viso.

Restai a distanza immaginando che la sostanza che stava usando dovesse essere tossica ed evitai di farmi riprendere: trovai una sedia che doveva essere a disposizione di chi lavorava, essendo decisamente moderna e mi ci accoccolai su, osservando il mio Pel di Carota al lavoro.

Emile era intento a distribuire con il pennello quella specie di lucido e con un panno ne toglieva l’eccesso:  i suoi movimenti erano rapidi e sicuri, gesti tipici di chi li ha ripetuti talmente tanto, da farli quasi meccanicamente. Restai ferma ad osservarlo estasiata: era talmente concentrato da non rendersi nemmeno conto che fossi lì con lui, nonostante non avesse rimesso gli auricolari nelle orecchie. In quel momento mi ricordò terribilmente suo padre alle prese con il quadro di Claudine, talmente immerso nella sua arte da dimenticare totalmente il mondo all’esterno. 

Quando li conobbi, pensai che l’unica cosa ad accomunare quei due fossero i ricci, ma più li conoscevo e più mi rendevo conto di quanto Alberto ed Emile fossero davvero simili… e chissà che il mio Pel di Carota non avesse ereditato anche il talento artistico del padre, oltre che quello della madre… 

L’immaginai alle prese con tele e pennelli e pensai a quanto la sua immagine di cantante/pittore potesse risultare affascinante… A quel punto però, sentii una fitta terribile di gelosia pensando allo stuolo di ragazze che avrebbe attirato e mi dissi che tutto sommato, era meglio che rimanesse solo uno splendido frontman, dato che sicuramente mi avrebbe dato dei grandi grattacapi anche così, senza metterci anche l’aria da artista a tutto tondo!

«Streghetta… sei ancora tra noi?» mi girai in direzione della sua voce e vidi Emile con la mascherina in mano che mi osservava incuriosito.

«Sì, scusami… ero sovrappensiero… hai finito?»

«Sì, ho passato il lucido protettivo, ora deve seccarsi e quando tornerò nel pomeriggio potrò mettere da parte la consolle e dedicarmi al prossimo mobile.»

«Posso dare un’occhiata in giro?»

Mi sorrise conciliante… «Certo, fai pure.» … e iniziò a togliersi il camice, mentre facevo un giro per il laboratorio.

«WOW! E questi li hai fatti tutti tu?»  Ovunque guardassi c’era un mobile antico: che si trattasse di un armadio a tre ante o di uno specchietto da tavolo, ero immersa nel passato, ogni oggetto presente in quel luogo, recava in sé la memoria di un tempo ormai perduto, che poteva solo essere rievocato flebilmente attraverso quella mobilia muta, ma terribilmente affascinante.

«Non tutti, i mobili più antichi li lavora Gustavo… non sono così bravo!»

«A me sembri bravissimo!»

 Lo sentii avvicinarsi alle mie spalle e cingermi la vita con le braccia: «Perché tu mi guardi con gli occhi dell’amore.»

Mi appoggiai a lui e misi le mie mani sulle sue: «Sbagliato, sono convinta che tu abbia talento, potresti diventare un bravissimo restauratore!»

«Bene… lo terrò presente per la prossima vita, allora.»

«Stupido!» lo sentii sorridere: l’atmosfera era del tutto rilassata ed io mi sentivo totalmente a mio agio circondata dalle sue braccia e appoggiata a lui.

Nel silenzio che seguì mi guardai intorno, respirando l’aria dell’ambiente in cui il mio Pel di Carota trascorreva le sue giornate, cercando di assimilare visivamente ogni cosa e cercando di percepire ogni odore presente in quel luogo, per imprimerlo nella mia mente una volta per tutte.

«Hai mai trovato qualche oggetto personale antico, nei cassetti di questi mobili?»

«Ovvero, qualche vecchio diario, che rivelasse segreti romantici inconfessabili ,delle donne di alta classe?»

«Sì… una cosa del genere.»

«No, niente di quel tipo… ma ho trovato una vecchia edizione del Kamasutra dipinta a mano.» 

«EH?»  mi girai a guardarlo sorpresa e incuriosita… e lo vidi sorridere con gli occhi oltre che con le labbra.

«Scherzavo, piccola strega lussuriosa… Ho trovato solo un messale degli inizi del novecento, niente di eccezionale.» A quel punto tirai un pugno sullo sterno ad Emile e mi liberai dal suo abbraccio, infastidita e imbarazzata, mente lui si faceva una sana risata ai miei danni.

«Antipatico, ti diverti a prendermi in giro!»

Mi prese per una mano e mi attirò a sé: «Sì, perché adoro il tuo volto imbarazzato.» e mi diede un bacio che di casto non aveva nemmeno le sembianze…  «Ora che ne dici se questo dottore ti sottopone ad un bel check-up completo?»

 

*****

 

Dopo un antipasto ad alto carico energetico, il pranzo fu preparato alla velocità della luce: la fame ci divorava e cresceva sempre più l’ansia per l’arrivo dei ragazzi, così non ci sperticammo nel creare piatti elaborati. Ma mentre eravamo  intenti  in quelle faccende domestiche, Emile d’un tratto si rese conto di un’assenza in casa sua:  

«Chissà se Lucien viene a pranzo…»

Sapevo benissimo che non sarebbe stato dei nostri, dato che era al mare con il resto del gruppo, ma non volevo rivelare al mio Pel di Carota di aver rinunciato ad una giornata con i miei amici per stare con lui, temevo che potesse arrabbiarsi con me, dopo il discorso della notte precedente…  Così spostai l’argomento su un terreno che m’interessava sondare:

«Ora si che sembri un fratellino premuroso.»

Ero felice di vederlo pensare a suo cugino, di vederlo preoccuparsi della sua presenza a tavola e sorrisi incoraggiante, ma dal canto suo Emile mi guardò con la coda dell’occhio in un’espressione di sfida, senza aprir bocca.

«Su Testone, ammettilo che ti sei affezionato a lui!»

Fece un sorrisetto ironico e continuò a dedicarsi al pranzo, prima di rispondere: «È solo praticità, è ovvio che sapendo che ci sia anche lui, mi chieda se verrà a pranzare o meno… abbonderò con le porzioni, in caso torni.»

Testardo fino all’inverosimile! Sapevamo entrambi che il suo gesto d’includere Lucien nella lotta a suon di salse, di qualche giorno prima, era stato una silenziosa accettazione che suo cugino facesse parte della famiglia e ciononostante, non voleva ammettere ad alta voce che Lucien era riuscito a fargli abbassare le barriere e farlo ricredere sui suoi parenti francesi.

Rimasi ad osservarlo silenziosa, ma con uno sguardo di sfida che rifletteva perfettamente il suo: sentendosi osservato, si girò di colpo.

«Che c’è? Qualcosa non va?»

«Resterò qui ad osservarti, finché non ammetterai che Lucien ti è simpatico!» Emile mi guardò perplesso, smise di trafficare vicino alla cucina, incrociò le braccia e mi guardò con espressione di sfida.

«E perché mai dovrei ammettere una cosa simile?» Era sulla difensiva, eppure c’era una luce di divertimento negli occhi… Forse gli piaceva il mio modo di incaponirmi sulla sua testardaggine…

Che bella coppia di teste dure eravamo, ma questo era stato chiaro sin dal principio… Avevo sempre saputo che tra me e il mio Pel di Carota ci sarebbero stati più battibecchi che momenti di pace!

Incrociai anch’io le braccia imitandolo e accolsi la sfida divertita.

«Perché so che non lo farai mai se non ti costringo e so che Lucien merita questo riconoscimento.» continuò imperterrito ad osservarmi sulle difensive, ma un sorriso sghembo si disegnò sul suo volto e con una luce maliziosa negli occhi si chinò verso di me.

«È meglio di ciò che credevo… talmente meglio che credo di essermene innamorato.»

Se all’inizio di quella frase stavo già gongolando trionfante, quando la terminò mi sentii presa nuovamente per i fondelli e offesa gli tirai un pugno sul braccio: «Antipatico di un Pel di Carota, testardo e sadico!»

Emile dal canto suo incassò il mio colpo con noncuranza, iniziando a ridere divertito:

«Oddio Pasi, vedessi la faccia che hai fatto!»

«Ti odio!»

Incrociai le braccia risentita, mentre Emile si piegava in due dalle risate: «Ahahahhahahaahh!»

Ero davvero offesa per quel suo modo di prendersi gioco di me, eppure il suono delle sue risate, un suono che non avevo mai sentito così forte e così sincero, m’infuse una grande serenità nell’animo: chissà da quanto tempo Emile non rideva di gusto come in quel momento e anche se non mi era piaciuto il modo, ero davvero felice di avergli donato l’occasione per risollevarsi lo spirito, con una sana risata.

Amavo sentire la sua voce quando mi parlava, amavo sentirla ridotta ad un sussurro vicino al mio orecchio e l’adoravo quando si trasformava intensificandosi nel canto… Ma il suono di quella risata, d’improvviso mi sembrò la melodia più bella del mondo.

 

*****

 

Preparare il pranzo insieme al mio Pel di Carota si rivelò nuovamente un’esperienza piacevole e ancora una volta, mi resi conto di come un gesto quotidiano potesse assumere un valore così alto, se condiviso con la persona che ami… Probabilmente, persino andare all’ufficio postale per pagare una bolletta, sarebbe stata un’esperienza dolcissima se l’avessi condivisa con lui!

Una volta pronto, il nostro pranzo fu letteralmente divorato: più si avvicinava il momento, maggiormente ci sentivamo su di giri per l’imminente arrivo del giro di boa; non vedevo l’ora di conoscere Luca e fremevo all’idea di vedere la gioia sul volto di Emile, che dal canto suo iniziava ad essere sempre più sorridente.

A volte durante il pranzo lo coglievo perso in qualche pensiero tutto suo, con un sorriso soddisfatto e una luce letale negli occhi e capivo immediatamente che stava pensando al futuro dei GAUS senza Claudio. Io riuscivo solo a focalizzarmi sul senso di sollievo che provavo, ma per lui doveva aprirsi un mondo nuovo di possibilità: finalmente era libero di procedere secondo i suoi piani, di gestire l’andamento del gruppo secondo la sua volontà, senza intralci da parte di quel tipo odioso…

Il fuoco che emanava dallo sguardo quando si concentrava sul suo futuro da musicista, m’immobilizzava: Emile ardeva di determinazione, i suoi occhi rilucevano della luminosità dell’acciaio… Niente l’avrebbe mai distolto dalla musica, ecco perché non aveva minimamente contemplato l’idea di lavorare come restauratore, in quella vita.

Il suo futuro era la musica, per lei avrebbe vissuto e in lei avrebbe sempre creduto.

Al di là del desiderio di riscattare Claudine, in Emile la musica scorreva nelle vene insieme al sangue e anche se sua madre fosse stata diversa, anche se fosse stata una casalinga felice, sicuramente il mio Pel di Carota avrebbe scelto la musica. Non c’era altra via, non c’era un’altra scelta: senza musica, non poteva esserci nemmeno Emile.

 

Quando finalmente giunse l’ora e suonarono al citofono, andò alla porta correndo felice come una Pasqua: era così diverso dal ragazzo impassibile e sarcastico che conoscevo, che rimasi a riflettere su quanto gli avvenimenti funesti della sua vita lo avessero cambiato. Forse se Claudine fosse stata una madre normale, quel sorriso che gli vedevo ora sul viso non sarebbe stato un miracolo, ma avrebbe fatto parte del suo quotidiano… Emile sarebbe stato sicuramente un bambino più sereno e molto meno diffidente…

Purtroppo, con i se e i ma non si costruisce alcunché e smisi di perdermi in quelle riflessioni, per godermi quel presente in cui il mio Pel di Carota rideva e scherzava con i suoi compagni di band.

Davanti al cancello di casa, vidi parcheggiato un furgoncino nero con alcune immagini aerografate: dalla portiera del passeggero vidi scendere Francesco, mentre le porte posteriori venivano aperte da un tipo che non riconobbi e che doveva essere Luca. Dal furgoncino emerse Filippo, mentre gli altri due entrarono nell’abitacolo. Emile andò loro incontro, aprendo il cancello e dando una mano a prendere i pezzi della batteria e come tante formichine operaie, uno alla volta arrivarono verso di me, che li osservavo sulla porta.

In un’altra occasione mi sarei fiondata a dare una mano,  ma in quell’occasione mi sentii di troppo e rimasi ad osservare: quello era un momento speciale per loro, era un nuovo inizio, c’era dentro una collezione di speranze che non potevo comprendere e una mia intromissione anche solo per trasportare gli strumenti, mi sembrò inopportuna e indesiderata.

Il primo ad entrare in casa fu Filippo.

«Ehilà Pasi, da quanto tempo non ci vediamo!»  aveva le mani occupate da tre borse rotonde e poco spesse che di sicuro contenevano i piatti della batteria.

«Ciao Filippo! È trascorso davvero tanto tempo dall’ultima volta che ci siamo visti!»

«Sì… da quando abbiamo cenato insieme qui… c’erano anche i tuoi amici, vero?  A proposito, come sta Stefano?»

«Benone, oggi è al mare a divertirsi.»

«Ah… il mare… quanto mi manca! Non so più da quanto tempo non vado a farmi una bella nuotata.» Eravamo ancora sulla soglia e gli altri stavano arrivando, per cui onde evitare di bloccare il traffico, mi spostai con il bassista in direzione della saletta e a quel punto, vedendolo armeggiare con il suo bagaglio, mi sembrò poco gentile non offrire il mio aiuto.

«Vuoi una mano a trasportare quelle borse?»

«Ah, sì grazie, predi questa… attenta però, Luca è geloso dei suoi bambini!» mi porse una delle borse che aveva in mano e dal suono prodotto, compresi che i bambini di Luca erano effettivamente i piatti. Con tutta l’accortezza di questo mondo, li portai nel sottoscala, appoggiando la borsa sul tavolo, una volta giunta a destinazione.

In breve fummo raggiunti anche dagli altri e Francesco non mancò di salutarmi calorosamente: «Pasi, ci sei anche tu? Che piacevole sorpresa! Come hai fatto a convincere Emile a farti stare qui? Sei davvero la donna dei miracoli!»

Quel ragazzo era sempre schietto e sincero… mi domandavo come riuscisse a ironizzare su quel lato del carattere di Emile, senza prendersi continue ramanzine… In fondo non faceva che sottolineare quello che anche Claudio aveva detto al mio Pel di Carota… però era anche vero che i toni usati erano del tutto differenti…  Non ne sapevo il motivo, ma di sicuro Emile rispettava Francesco molto più di quanto non facesse con il loro ex batterista.

Anche Francesco era sommerso di borse, molto più ingombranti rispetto a quelle di Filippo, che nel frattempo era scomparso, probabilmente diretto a prendere il resto dei bagagli.

«Ma quanto è grande questa batteria?» esclamai sorpresa.

«È bella ingombrante Pasi… forse non te ne sei resa conto perché è sempre in fondo al palco, ma è lo strumento più scomodo da trasportare, in assoluto! Infatti credo che una volta messa qui, Luca la sposterà solo per qualche serata importante!»

«Sbagli del tutto, questa non si sposta proprio! Per le serate ne ho un’altra a casa!» d’improvviso mi girai in direzione della voce proveniente dalle scale: Emile e un altro ragazzo stavano trasportando il pezzo più grosso della batteria, oltre ad avere a tracolla altre sacche lunghe e strette: ecco che finalmente potevo conoscere il salvatore dei GAUS.

«Ah ecco! Mi sembrava strano che facessi tutta la fatica di smontarla e riportarla qui, ogni volta!»

Francesco fece un sorriso ironico in direzione dell’amico, che una volta sceso le scale, fu finalmente alla portata della mia vista.

«Luca, lei è Pasi, la mia ragazza… Pasi, lui è Luca, il nostro nuovo batterista.»  Emile mi guardò divertito, sapeva che la mia curiosità in quel momento era ai massimi livelli e aspettava di vedere la mia reazione a quell’incontro.

«Quindi tu sei la famosa donna dei miracoli… piacere mio!»  Luca mi porse la mano con un’espressione che non riuscii a decifrare: sembrava serio, ma qualcosa nel suo viso mi diceva che non era affatto così… Aveva usato la stessa espressione di Francesco, per cui immaginai che si riferisse a qualche battuta che doveva aver scambiato con l’amico. 

Osservando bene quel viso, mi sembrò di averlo già visto: aveva i capelli corti e castani, spettinanti sulla testa con il gel, una fila di piercing all’orecchio destro, proprio come Emile e un paio di occhiali da vista sul naso, dietro cui si vedevano due occhi scuri che avevano l’aria di guardare a fondo le persone… Dove avevo già visto quel tipo?

«Mi stai facendo la radiografia o non ci vedi bene?» quanto tempo ero rimasta ad osservarlo? Complimenti Pasi,  nemmeno il tempo di conoscerlo che già hai fatto la prima figuraccia!

«Ehm, no, ecco mi stavo chiedendo dove ti avessi già visto… hai l’aria familiare…»

«Se frequenti i pub, allora l’avrai visto di sicuro mentre beveva come una spugna!»  intervenne Francesco, sorridendo in direzione dell’amico.

A quel punto Emile si avvicinò per chiarirmi le idee: «Forse l’hai visto durante qualche nostro Live… prima di partire ci seguiva sempre.»

«Sì, gufava contro Claudio, sperando che gli capitasse qualche accidenti!» Francesco continuò imperterrito a prendersi gioco dell’amico, che dal canto suo rispose senza fare una piega.

«Ovvio, quel tipo non mi è mai piaciuto…»

«Solo perché non usava il China *! Non credi di essere un po’ troppo classista?»

«No, io capisco subito di che pasta è fatta una persona e quel tipo oltre a non usare il China, è un perfetto imbecille!»

Di certo Luca non era uno che la mandava a dire… Almeno di sicuro non avrebbe tramato qualcosa alle spalle come Claudio, era centomila volte meglio avere accanto qualcuno, che anche rudemente ti spara le verità in faccia, piuttosto che un finto amico che ti accoltella alle spalle… Soprattutto alla luce degli ultimi eventi, se voleva raggiungere il suo obiettivo, Emile avrebbe dovuto circondarsi di persone fidate.

Durante quel battibecco tornò Filippo, portando con sé il resto del carico: «Qualcuno vada a chiudere la porta, non avevo le mani libere per farlo.»

Emile corse via diretto all’ingresso, mentre noialtri aiutammo il bassista a districarsi con le ultime sacche.

«Luca, guai a te se deciderai di spostare questa batteria!» disse con un accenno di stanchezza nella voce, dopo aver depositato tutto il suo bagaglio.

«Non preoccuparti Fil, la vecchia Betsy resta qui, nessuno la smuoverà!»

«Betsy?» chiesi curiosa e Francesco sorridendo mi aiutò a comprendere.

«Hai presente Robin Hood della Disney? Luca adora quel cartone al punto da aver chiamato la batteria come la balestra del corvaccio, che faceva la guardia al castello.**»

«A dir la verità era un avvoltoio, Frà.»  lo corresse Filippo.

«E vabbè, sempre uccellacci sono!»

«Eh no, non confondere, i corvi sono splendide creature, nonché simbolo della dea Morrigan***… uhm… ci starebbe bene un tatuaggio!» Luca prese un taccuino dalla tasca posteriore del jeans e iniziò a scribacchiare qualcosa, mentre io rimasi senza parole… Non sapevo se sorridere per il continuo scambio di battute a cui avevo assistito, o per il modo in cui il batterista si era totalmente alienato dal mondo circostante per concentrarsi sul suo disegno… 

Fu solo in quel momento che mi resi conto di un’assenza:  «Ma Maurizio non è con voi?»

«Aveva un impegno oggi e quindi non ha potuto partecipare al “rito”.» mi rispose Filippo e dopo una piccola pausa, suo fratello prese la parola.

«Ragazzi… non vorrei mettere zizzania ma… siamo sicuri di Maurizio?»

«Non vorresti, ma lo stai facendo, fratello!»

«Lo so Fil, ma sappiamo tutti quanto lui e Claudio siano legati… e sappiamo anche molto bene quanto poco si sia espresso su tutta la faccenda…»

«Sì, ma fino a prova contraria è ancora uno di noi e non possiamo incolparlo di qualcosa che non ha fatto.»

«E chi l’incolpa, Fil?! Sto solo dicendo che sarebbe meglio tenerlo sotto controllo.»

«A me quel tipo non piace, se ne sta sempre troppo zitto.»  disse Luca esordendo sull’argomento.

«Tu non fai testo, le persone che ti vanno a genio si contano sulle dita di una sola mano!»  rispose Filippo.

«A meno che non abbiano un bel paio di tette!» rincarò la dose Francesco e quando suo fratello gli rivolse un’occhiata rimproveratrice, si rivolse a me: «Senza offese, Pasi!»

«Ah figurati, fate pure come se non ci fossi!» ero abituata a quel genere di battute, ed ero felice di essere con loro in quel momento, anche se ciò che stavano dicendo nei riguardi di Maurizio mi metteva addosso una strana ansia. In quel momento sopraggiunse Emile, con delle buste che sarebbero state riempite dagli oggetti di Claudio. Vedendolo arrivare, Francesco gli andò incontro.

«Tu che ne pensi Duce, dobbiamo fidarci di Maurizio?»

«Duce?» risposi sorpresa, guardando Filippo che, dal canto suo, sorrideva divertito.

«Mio fratello ha battezzato Emile col termine Duce perché è il nostro esimio dittatore.» Il sorriso di Filippo si ampliò soddisfatto ed io rimasi inizialmente senza parole, ma dopo poco mi ritrovai a sorridere a mia volta,  trovando il soprannome decisamente indicativo del modo di fare di Emile, all’interno del gruppo.

Il Duce in questione invece, stava rispondendo alla domanda di Francesco:

«Di Maurizio mi fido poco, forse anche meno di Claudio, ma non posso gettarlo fuori dal gruppo solo perché non mi è simpatico… Teniamolo d’occhio e facciamo attenzione ai suoi movimenti, al primo errore è fuori.»

Emile aveva un tono deciso e sicuro, probabilmente rifletteva su quell’argomento da tempo, perché non aveva avuto la minima esitazione, nel dichiarare che sarebbe bastato un solo pretesto per mettere alla porta Maurizio. Del resto, i chitarristi non mancavano in giro e comunque  la sua presenza non era di vitale importanza, come lo era stata quella di Claudio in qualità di batterista: Emile avrebbe potuto sostituirlo senza problemi. Ciò che mi inquietava però, era l’idea che potesse tramare qualcosa alle spalle degli altri: se era davvero così legato a Claudio, come facevano ad essere così sicuri che non avrebbe creato problemi?

 

I ragazzi non si persero in ulteriori chiacchiere e in men che non si dica, smontarono la batteria di Claudio, rimasta in saletta per le audizioni e la impacchettarono bene e meglio per riportargliela, mentre Luca ripuliva meticolosamente la postazione, sostituiva il tappeto con il suo e montava con estrema cura e precisione tutti i pezzi della sua Betsy .

«Allora, quando si suona?» esordì, dopo aver provato il suono di ogni singolo pezzo.

«Al più presto, credimi! Purtroppo ora devo tornare a lavoro, ma se ci siete, nel fine settimana possiamo farci una bella suonata insieme.» Emile era appoggiato al tavolino: Luca non aveva voluto aiuti nel montare la batteria e i ragazzi erano rimasti a chiacchierare all’esterno della saletta, ma il mio Pel di Carota si era distratto varie volte per osservare il batterista al lavoro e ogni volta notavo nei suoi occhi, la stessa luce che gli avevo visto mentre pranzavamo. Sentivo la sua ansia di suonare come se la stessi provando direttamente: nel momento in cui la nuova formazione dei GAUS si sarebbe riunita, Emile sarebbe rinato, per cui potevo immaginare quanto dovessero sembrargli lunghi quei giorni, che lo mantenevano a distanza dalla musica.

«Duce, perché non organizziamo anche qualche live? Così ci sgranchiremo le ossa prima di partire e presenteremo anche quell’orso di batterista che ci ritroviamo ora!»

La luminosità dell’acciaio tornò a riflettersi negli occhi di Emile, che con un sorriso astuto rispose: «Ci stavo già pensando… lo faremo di sicuro!»

 

*****

 

«Quindi si sono riappacificati! Oh che bella notizia!»

Abbracciai Rita in preda alla gioia e a un sollievo senza pari: due giorni dopo la loro gita al mare, la mia amica mi aveva chiamato perché voleva stare un po’ con  me, ma soprattutto perché voleva parlarmi, così era venuta a trovarmi una mattina, mentre ero al centro.

Da quando mi aveva aperto gli occhi sull’interesse di Sofi nei confronti di Lucien, non avevamo più avuto occasione di discutere dell’argomento, né di confrontare le relative opinioni alla luce dei fatti. Dopo il loro litigio a teatro, le cui ragioni restavano oscure ancora ad entrambe, quei due si erano riappacificati andando al mare insieme e a quella notizia il mio senso di colpa si dileguò all’istante, ma in compenso la risolutezza di non impicciarmi più nella vita privata di Sofia, rimase saldamente ancorata alla mia anima. Non avrei più scherzato col fuoco, per cui se Rita avesse avuto altre idee, le avrei detto chiaramente che me ne sarei tirata fuori.

Ma a quanto sembrava, anche lei era del mio stesso parere: «Sofi è un osso duro, se c’intromettiamo troppo, rischiamo solo di peggiorare la situazione… Non ho mai fatto insinuazioni ma ogni volta che le ho chiesto cosa fosse accaduto tra lei e Lucien, si è chiusa a riccio su se stessa e so che quando fa così, c’è ben poco da fare. A questo punto mi limiterò ad osservarla da lontano, assicurandomi che sia più socievole possibile. Ultimamente sta dando proprio il peggio di sé e temo che crescendo s’inacidisca sempre più, invece di trovare un po’ di gioia nell’animo.»

«Io stento a capirla, però se tu hai visto giusto ed io ne sono stata molto convinta, credo che in qualche modo quei due si avvicineranno… se non dov’essere così, vorrà dire che non era Destino…. Ho rischiato di perderla e non voglio più intromettermi, la vita privata delle persone deve restare tale finché loro non ti danno il consenso d’immischiarti. Con Sofia non si può giocare d’azzardo, o almeno io non posso, non abbiamo abbastanza confidenza perché lei mi perdoni, come fa con te.»

«Ma dai Pasi, Sofi ti vuole bene.»

«Sì lo so… ma sai anche che non è brava a dimostrarlo e che è molto diffidente… Già con te che la conosci da sempre a malapena riesce ad aprirsi, figuriamoci con me!»

«Sì, è vero… infatti io e lei abbiamo fatto un patto proprio a questo riguardo... e qui entri in gioco anche tu!»

«No Rita, non voglio più immisch...»

«Aspetta, fammi finire… che ne dici di una bella settimana in montagna da me? Ci saremo tutti, sarà un’occasione per staccare dalla routine e per trascorrere una specie di vacanza lontano dal mondo. Saremo in totale contatto con la natura e ti assicuro che si sta davvero bene. Sofi mi ha promesso che cercherà di socializzare il più possibile con tutti questa settimana, proprio perché è sempre così restia a lasciarsi andare… magari ne puoi approfittare per rafforzare il tuo legame con lei… Ah, ovviamente è invitato anche Emile…»

 Rita aveva uno sguardo carico di speranza negli occhi e il Signore solo, sapeva quanto mi attirava quell’idea e quanto sarei stata felice di trascorrere una settimana attorniata dai miei amici e in compagnia persino del ragazzo che amavo… ma conoscevo Emile e sapevo che non avrebbe mai accettato di essere parte della comitiva.

Non si sentiva ancora a suo agio con i miei amici e una settimana in mezzo a loro, sarebbe stata infernale per lui… senza contare la presenza di Stefano… Inoltre con gl’impegni alla bottega e alla casa discografica, per non citare il desiderio di suonare con la nuova formazione, anche volendo non avrebbe avuto un minuto libero. Era impensabile che accettasse di essere con noi… e automaticamente era impensabile che io lo lasciassi da solo in città andandomene in montagna, sapendo di sprecare un’intera settimana a disposizione per vederlo!

Guardai Rita e il dispiacere per la risposta che stavo per darle mi contrasse lo stomaco, ma sapevo che nonostante Emile non avrebbe fatto alcun gesto per impedirmelo, se fossi andata con loro mi sarei dannata tutto il tempo, per aver sprecato giorni preziosi da dedicare a lui.

«Rita non sai quanto mi piacerebbe…»

«Ma non puoi.»

«Già… vedi ho poco tempo per stare ancora con Emile prima che parta e…» Eravamo sedute sul piccolo sofà messo in un angolo nella mia stanza e Rita poggiò una mano sulla mia, stretta a pugno sul grembo, confortandomi.

«Lo so Pasi, l’avevo già immaginato e sinceramente già sapevo la tua risposta. Tuttavia mi sembrava scorretto non tentare la sorte, chiedendoti personalmente di essere con noi.»

«Non sai quanto mi dispiace! Io vorrei essere davvero con voi, non sto prendendo questa decisione alla leggera, sai bene quanto ci tenga…»  ero un fiume in piena, speravo con tutto il cuore che la mia amica non mostrasse risentimento verso di me e soprattutto verso Emile, come mi era sembrato che avesse fatto tempo addietro a mare. «…è una decisione mia, Emile non c’entra, anzi sicuramente si arrabbierebbe con me sapendo che rinuncio, ma…»

«Pasi, calmati, ehi, stai tranquilla! Non ti sto incolpando, né lo sto facendo con Emile! Lo so che vuoi stare con lui perché a breve partirà e dovrai convivere con la sua assenza, lo capisco benissimo e non ti sto giudicando.»

«Non sei arrabbiata nemmeno con Emile?»

«Ma no… perché dovrei esserlo?»

«Perché quella volta al mare, hai appoggiato Sofia…» chinai la testa triste.

«Ma Pasi, quello è un altro discorso! Sì è vero, ho appoggiato Sofi, ma perché nemmeno io tollero quei comportamenti imbarazzanti in pubblico… Non ho nessun motivo per essere arrabbiata con Emile, non mi è piaciuto il modo in cui si è comportato, perché ha messo in imbarazzo te e Stefano che siete miei amici, ma non posso per questo criticarlo a priori. Il tuo ragazzo ha un carattere difficile e per certi versi somiglia molto a Sofi, per cui non posso che cercare di comprenderlo. Del resto non ha un passato facile alle spalle, da un certo punto di vista è naturale che abbia un modo enfatizzato di esternare ciò che sente. In generale si reagisce ai traumi sempre eccedendo, che si tratti di totale chiusura o di libero sfogo delle proprie emozioni.»

La psicologa che era in lei era sempre pronta a fare un’analisi delle persone che aveva accanto: Rita non era ancora laureata e già era vittima della deformazione professionale!

La sua analisi attenta dell’animo del mio Pel di Carota, ebbe un effetto calmante su di me: avevo temuto che i miei amici non lo vedessero di buon occhio e invece in quel momento miei dubbi iniziarono a svanire. Come speravo, avevano compreso il motivo che spingeva il mio Pel di Carota ad agire in quel modo eccesivo…o almeno la maggior parte di loro… perché dubitavo che Sofi comprendesse in pieno, nonostante fosse la persona che più avrebbe dovuto capire le ragioni di Emile.

Sollevata da quella constatazione, tornai ad abbracciare la mia amica.

«Non sai quanto mi faccia piacere, sentirti dire certe cose! Ho temuto che Emile vi fosse antipatico e non sapevo come gestire la situazione: l’idea che ci fosse dell’astio tra voi e lui mi immobilizzava, mi sentivo spaccata in due…»

«Oh Pasi, ma scherzi? Il tuo ragazzo non ha di certo un carattere facile, ma mai mi sognerei di metterti davanti ad una scelta! Del resto abbiamo anche noi un elemento complicato nel gruppo, saremmo degli ipocriti a non volere Emile tra noi, mentre perdoniamo a Sofi tutto ciò che dice.»

«È vero… lei odia sentirselo dire, ma è molto simile a lui e più gli sto a contatto, maggiormente riesco a capire lei… forse…»

A Rita sfuggì una risata: «Sofi si comporta da vecchia acida, ma poi teme di essere considerata una bisbetica… come ti dicevo, è un soggetto complicato.»

«Decisamente…»

«Spero che Lucien riesca ad ammorbidirla.»

«Pensi che ci riuscirà?»

«Chissà… io lo spero.»

«Ehi… c’è nessuno qui?» La voce di Stè all’ingresso del centro ci distrasse dalla nostra conversazione.

«Siamo qui, Testa di Paglia!»

Appena lo chiamai, quella pertica bionda fece capolino nella stanza e ci rivolse il suo solito sorriso solare:

«State confabulando qualcosa, vero? Avete la tipica aria del complotto, sulla faccia.»

«Stè, ma per chi hai preso?! Stiamo solo chiacchierando amabilmente, come due amiche che non si vedono da un po’.»

«Appunto, state confabulando… due donne sole sedute accanto non possono fare altro.» disse sorridendo, soddisfatto di sé.

«Ma no Stefano, le stavo dicendo della settimana in montagna.»

«Ah! Verrai con noi?» mi guardò son una piccola luce di speranza.

Avevamo già affrontato quel discorso, avevo già detto a Testa di Paglia che quell’anno non avrei trascorso le vacanze con loro, tuttavia vidi nei suoi occhi la speranza di avermi accanto come sempre in quella settimana di svago… e sapere di dover deludere anche le sue aspettative, mi fece sentire incredibilmente in colpa.

«No, Stè… mi dispiace ma non ce la faccio…»

«Ah… Capito.»

«Ti ricordi che te ne ho già parlato, vero? Emile a breve andrà via e non riesco a pensare di lasciarlo per una settimana, sapendo che in seguito non lo vedrò per mesi...»

«Sì, lo so Testarossa, in fondo già sapevo la tua risposta… Ma sai com’è, la speranza è sempre l’ultima a morire.»  mi rivolse un sorriso conciliante, ma sapevo che dentro di sé c’era rimasto male.

«Stè davvero, io verrei con tutto il cuore… ma so che poi me ne pentirei… Se potessi dividermi lo farei!» 

A quel punto Rita si alzò dal divano… «Vado a chiamare Fede, così chiacchierate da soli.»  …ed uscì dalla stanza, fermandosi a scambiare un’occhiata con Stefano, mentre quest’ultimo si avvicinava a me per accomodarsi sul bracciolo del sofà ed io continuai la mia arringa difensiva.

«Lo so che mi sono ripromessa di non perdermi dietro la sua vita, di non annullarmi, ma non ce la faccio ad allontanarmi da lui, sapendo che a breve sarà via da me per mesi…» Abbassai lo sguardo colpevole e Stè mi circondò le spalle con un braccio.

«Testarossa, sembra che ti stia giustificando più con te stessa che con me… Mi dispiace non averti tra noi, ci saremmo divertiti molto di più con la tua presenza… ma lo so quanto sia importante per te stare accanto ad Emile… Del resto non possiamo fare sempre tutto insieme, non siamo più a scuola…»

«Stè… mi sto perdendo di nuovo?»

La mia paura di annullarmi, stava tornando prepotentemente in quel momento: mi stavo comportando come mi ero ripromessa di non fare più, eppure non riuscivo a fare a meno di agire in quel modo… Ero davvero senza speranza? E se fossi caduta di nuovo nella vecchia abitudine di vivere in base agli impegni del mio ragazzo, finendo col perdere non solo me stessa, ma anche lui?

Alzai il viso verso Testa di Paglia, preda della confusione.

«Ricordi cosa ti ho detto, quando avevi paura di lasciarti andare a ciò che provi per Emile? Che ti avrei fatto notare quando avresti esagerato?»  gli feci un cenno di assenso «Allora, diciamo che sei ancora nel limite e che puoi goderti questi giorni con il tuo ragazzo, ma sappi che ti tengo d’occhio!»

Sorrisi al mio amico sollevata dalla sua risposta e, felice per aver ricevuto la sua comprensione, l’abbracciai: «Grazie Stè, sei la mia salvezza!»

«Ti aggiornerò se accadrà qualcosa d’interessante, così saprai tutto come se fossi con noi.»

«Sì! Mi raccomando non perderti i particolari, voglio sapere com’è il tempo, com’è la casa, com’è l’atmosfera …»

«… e se Sofia combina qualcosa con Lucien» mi sorrise divertito: allora anche lui sapeva…

«In che senso?»  provai a fare la vaga, non riuscivo a credere che persino lui si fosse reso conto di qualcosa!

«Nel senso che ho capito cosa cercavi di fare; sarò anche poco attento, ma ti conosco e ho fatto due più due, notando quanto impegno ci metti nel lasciare quei due sempre soli o vicini.»

Oddio… ero davvero stata scoperta persino da Testa di Paglia, ero proprio una pessima Sherlock!

Chinai la testa abbattuta: «Ci mettevo, Stè… Ora non voglio più intromettermi.»

«Addirittura?! Cosa è riuscito a fermarti in questo modo?»

«Ho rischiato di perdere l’amicizia di Sofi… e per quanto possa essere difficile comunicare con lei, io le voglio bene e non voglio perderla… Impicciandomi nella sua vita privata, non ho fatto altro che rischiare che mi mettesse alla porta.»

«Ma non l’ha fatto, vero?»

«No… ma c’è mancato poco.»

«Capisco… beh, in effetti Sofia sa come bloccarti l’iniziativa!» sorrise incoraggiante, di quel sorriso che adoravo e che riusciva a ridarmi coraggio ed energia. L’abbracciai nuovamente, ringraziando il cielo per avermi donato una persona così speciale.

«Stè… ti voglio bene.»

«Anch’io te ne voglio Pasi… te ne vorrò sempre.»

Stretta nel suo abbraccio confortante, ripromisi a me stessa che avrei trovato un modo per far convivere Emile e i miei amici: quell’anno era andata così, ma non volevo più essere costretta a scegliere, non volevo più sentirmi spaccata in due.

Fosse stata una delle ultime cose che avrei fatto, avrei trovato un modo per trascorrere il tempo libero insieme a tutte le persone più importanti della mia vita!

 

*****

 

«Ti rendi conto che hai rinunciato alle vacanze, per stare qui con me?»

Era inutile, del tutto inutile cercare di nascondere le cose al mio Pel di Carota… Ma del resto quello era un segreto che non poteva rimanere tale a lungo.

Il giorno stesso della partenza dei miei amici per la montagna, Lucien aveva chiamato Alberto (su sua personale imposizione) per avvisarlo di essere arrivato sano e salvo e di conseguenza, suo padre ne aveva parlato ad Emile… ed io avevo perso la mia copertura ignobilmente!

Quando arrivai a casa sua, la sera, mi accolse con un cipiglio serio che prometteva guai e capii all’istante che ci sarebbe stata una discussione tra noi: non trascorse nemmeno il tempo di entrare in casa che mi ritrovai in salotto a discutere! Ma non mi feci intimidire dal tono del mio Pel di Carota che, infuriato con me, non voleva sentire ragioni.

«Sì, e non m’importa! Voglio stare con te Emile, voglio sfruttare tutti i momenti che abbiamo a disposizione prima che tu parta!»

«Ma non sto mica per arruolarmi nella Legione Straniera!»

«Non m’interessa Emile, non è importante dove andrai, ma che non ci sarai… Per questo voglio stare con te quanto posso!»

Ne stavo facendo una dopo l’altra… Non facevo che dimostrarmi una ragazzina appiccicosa, eppure non riuscivo a smettere di comportarmi così… e in quel momento, nemmeno m’importava, perché nonostante mi fosse dispiaciuto rinunciare alla mia settimana di vacanza, ero felice di essere lì con lui, per quanto brevi potessero essere i nostri momenti insieme.

«E poi non potevo prendere le ferie all’improvviso, senza avvertire almeno quindici giorni prima!»

«Questa è una scusa, Pasi! Hai lavorato a Ferragosto, di sicuro potevi chiedere una settimana di riposo anche con poco preavviso.»

Sì, forse aveva ragione, ma  il pensiero non mi aveva nemmeno lontanamente sfiorato, per cui accantonai il discorso.

«Prenderò le ferie quando ne avrò davvero bisogno, non era di vitale importanza che andassi con gli altri in montagna.»

«Non era di vitale importanza che restassi qui! Pasi, quest’attaccamento non va bene… Non voglio che tu perda la tua vita, lo sai… non devi dipendere da me.»

«Lo so… e ti assicuro che riprenderò in mano la mia vita mentre non ci sarai, ma ora non ce la faccio a mettere distanza tra noi, sapendo che presto non ci sarai!»

«Ma si tratta solo di qualche mese! Non starò via un anno!»

«È irrilevante che sia una settimana, un mese o dieci anni! Voglio stare con te, ora.» Emile mi guardava con espressione tesa e un atteggiamento irrigidito che mostrava palesemente la sua preoccupazione…

«E quando tornerò? Manterrai la tua vita? Continuerai a rispettare i tuoi impegni?»

Mi avvicinai a lui e gli presi le mani: «Certo che lo farò, sarei davvero miserabile se vivessi solo in funzione della tua vita e sarei davvero arrabbiata con me stessa, se mi permettessi di scendere a quei livelli.»

Era vero, mi stavo concedendo quei capricci perché volevo stare con lui a tutti i costi, ma sapevo benissimo che una volta che Emile fosse andato via, avrei dovuto riprendere in mano la mia vita. Sarebbe stata una sconfitta terribile con me stessa se avessi ricominciato a perdermi dietro la vita del mio ragazzo, annullando completamente la mia e di sicuro nemmeno Emile avrebbe tollerato un comportamento simile… Per non parlare del fatto che non avrei più tollerato di separarmi in quel modo dai miei amici!

Osservando il mio volto deciso, Emile sembrò rassegnarsi e sospirò preoccupato: «Pasi, ti prego… promettimelo, promettimi che non ti perderai… Promettimi che resterai fedele ai tuoi progetti.»

«Te lo giuro Emile, sarò forte, resterò me stessa e sarai fiero di me!»

In tutta risposta si lasciò andare sul divano, poggiando la testa su una mano sconfortato.

«Hai la capacità di togliermi dieci anni di vita in preoccupazioni… Solo mia madre riusciva ad eguagliarti!»

«Emile, io non sono Claudine. Rilassati, non percorrerò la sua stessa strada.»

«Non lo stai dimostrando.»

«Oh, al diavolo! La stai facendo davvero lunga, smettila di preoccuparti una buona volta e sii felice di avermi accanto! O devo iniziare a pensare che io sia una presenza inopportuna e scomoda?»

Mi guardò con la sorpresa sul volto e rialzò la schiena irrigidendosi: «Non rigirare la frittata, Pasi! Lo sai benissimo che non è quello il punto: credi che non mi faccia piacere vederti? Non pensi che il fatto che dopo tanti mesi, io stia ancora insieme a te, significhi qualcosa? Qui non stiamo mettendo in discussione ciò che provo per te, ma il tuo attaccamento morboso.»

«Ah, io sarei morbosa ora, sarei morbosa!? Al diavolo Emile, non capisci un accidenti! Lasciarti agire come ti pare e piace è essere morbosi? Devi ancora vedere le ragazze morbose, mio caro!»

Ero davvero infuriata, quella frase non la meritavo affatto e non volevo passare per una specie di stalker, non dopo tutti quei mesi in cui avevo pazientemente atteso i suoi orari, proprio io che di pazienza ne avevo ben poca!

«Ho cercato in tutti i modi di venirti incontro senza pressarti, non si contano nemmeno le volte in cui ti sei negato ed io non ho mai fatto storie, perché sapevo quanto fosse importante la musica per te!» Mi avvicinai di un passo con i pugni chiusi dalla rabbia, mentre Emile similarmente a me stringeva con una mano il cuscino sul divano.  «Se cerco la tua compagnia prima di dovermi separare da te per mesi, non è perché sono morbosa, sto solo chiedendo di stare accanto al mio ragazzo più che posso, per sopportare meglio la distanza, sto solo cercando un po’ di attenzione, stupido egoista che non sei altro!»

«Ora sono anche egoista?! Mi sto preoccupando per te e sarei egoista?! Sto andando persino contro i miei stessi interessi, visto che hai preferito me alla compagnia di Stefano ed io sarei egoista?!»

«Sì, se io sono morbosa, tu sei egoista! Egoista e vigliacco!»

Si sa che quando si è infuriati, si dicono cose che non si vogliono dire ed io ne dissi una di troppo: appena sentì il termine “vigliacco”, Emile si alzò di colpo, mantenendo salda la presa sul cuscino e mi guardò con una furia negli occhi che mi fece paura per qualche istante, per cui ripresi a parlare immediatamente, prima che il discorso degenerasse.

«Sei vigliacco perché non riesci ad affrontare le tue paure, Emile! Perché hai talmente terrore di amare, che non ti rendi nemmeno conto di aver messo su una tragedia per un’inezia! Io non sono Claudine, non sto rinunciando ad una carriera, non sto perdendo me stessa e le mie aspirazioni, non è per una settimana persa che la mia vita andrà a rotoli… Non hai alcuna fiducia in me.»

Strinse maggiormente il cuscino nel pugno, per poi scagliarlo a terra dietro di sé e allontanarsi: avevo colpito nel segno, sapeva quanto me che avevo ragione e da stupido testardo ed orgoglioso qual era, aveva bisogno di rifletterci su come sempre, prima di accettare la verità che gli era stata mostrata senza veli. Sospirai sfinita da quella discussione e nell’attesa che quel testone ragionasse un po’, tornai nell’ingresso per stare con Claudine.

 

Alberto aveva finito il suo dipinto e per completare al meglio il suo tributo alla donna che amava, l’aveva appeso all’ingresso, sulla parete confinante con quella del salotto, quasi a voler indicare che quella era zona “consacrata” a Claudine, dato che la stanza da cui ero appena uscita, era più di tutte dedicata alla madre di Emile.

Il dipinto era stato incassato in una cornice di legno, elegante ma semplice proprio come lei e il legno scuro faceva risaltare i colori chiari e vitali del dipinto, come se Claudine potesse uscire da un momento all’altro da quella teca in cui era stata inserita.

Mi piaceva osservarla in quel ritratto: non avevo mai visto quella donna solare e sorridente e mi mancava più che mai. Mi sarebbe piaciuto tantissimo poterle parlare, poter sentire i suoi aneddoti di quando viveva in Francia, della sua carriera… ero sicura che avrei adorato il modo in cui mi avrebbe parlato di Alberto e di Emile.

Mi lasciai cadere a terra e incrociai le gambe, per poter essere più comoda mentre comunicavo con Claudine e continuai ad osservare quel volto sereno e felice.

«Perché il tuo amore gli ha insegnato solo ad aver paura di un sentimento simile? Perché non vede quanto ti ha fatto felice?»

Mi ritrovai a rivolgerle quelle parole senza nemmeno accorgermene: ero stata la prima a vedere solo gli aspetti negativi della scelta di Claudine, eppure in quel momento mi resi conto che lei era stata felice. Se Alberto l’aveva dipinta in quel modo, era perché aveva visto il sorriso negli occhi e nell’anima di sua moglie quando erano insieme, il loro amore le aveva dato gioia…

Ciò che era capitato successivamente era stata una tragica conseguenza di molti fattori, ma non poteva essere imputabile solo all’amore. Perché Emile non si rendeva conto che amare dona una felicità al di sopra di qualsiasi altra?

Perché non si lasciava andare a ciò che sentiva, senza dover per questo, aver sempre paura di perdersi? Aveva fatto grandi passi verso di me, verso di noi, aveva dimostrato più volte di amarmi, era stato persino costretto a scegliere tra me e la musica e non mi aveva nemmeno lontanamente messo a distanza…

Sapevo benissimo che mi amava: nonostante l’avessi accusato di non volermi accanto a sé, sapevo che ciò che sentiva per me era profondo e sincero, però a volte sapere non basta, a volte si ha un bisogno spasmodico di certezze e in quel periodo avevo bisogno di lui, avevo bisogno di sentirlo accanto, avevo bisogno che si lasciasse andare a ciò che provava per me.

Cosa c’era di male nel dimostrare di amare la persona che si ha accanto?

Perché questa lezione non l’aveva appresa da sua madre?

Emile era vissuto circondato dall’amore eppure aveva finito solo con il temerlo, era riuscito a vedere solo le conseguenze negative... Perché doveva farsi dominare così tanto dalle sue paure?

Una volta Rita mi disse, che il modo in cui reagiamo agli eventi della vita e ciò in cui crediamo, spesso sono il frutto dell’ambiente in cui siamo cresciuti e delle convinzioni che ci hanno trasmesso i nostri genitori. Eppure sono convinta che ci sia altro, perché altrimenti io sarei dovuta diventare una persona fredda e ipocrita come i miei genitori, mentre Emile si sarebbe aperto totalmente ai sentimenti che provava, senza farsi remore di alcuna sorta. Di sicuro i genitori lasciano un’impronta in noi, che si rivelerà di basilare importanza durante l’arco della nostra vita, ma il modo in cui reagiamo agli eventi e le nostre convinzioni sono dettate anche dai caratteri personali: se la famiglia di Emile fosse stata la mia, sono sicura che sarei rimasta la stessa, con la sola differenza che mi sarei sentita molto più amata; ma di sicuro il mio carattere non sarebbe cambiato, perché da quando avevo conosciuto Alberto, tutto ciò che ero e ciò in cui credevo, si era solo rafforzato.

Persa in quelle riflessioni, mi ritrovai a sorridere al pensiero che io e il mio Pel di Carota fossimo stati scambiati nella culla! Il Destino ha uno strano modo di divertirsi a nostre spese: ci dona genitori che sono il nostro esatto opposto, con cui litigheremo per tutto l’arco della nostra vita, ci regala figli su cui gettiamo tutte le nostre aspettative di rivalsa verso una vita che non ci ha sorriso, solo per scoprire che la nostra progenie non ha alcuna intenzione di ricalcare le nostre orme, con conseguente delusione di entrambi… E a noi tocca districarci in mezzo a tutto questo caos di aspettative e delusioni!

 

Ero ancora persa nelle mie riflessioni, quando mi accorsi della presenza di Emile, che si stava accucciando a terra accanto a me. Restai in attesa, senza girarmi in sua direzione e dopo qualche secondo in cui raccolse i pensieri, prese a parlare con un tono di voce calmo e diretto.

«Tu non sai nemmeno quanto sei parte di me… non lo puoi sapere, ed io non ho nemmeno la capacità di fartelo comprendere… ma non pensare mai, nemmeno per un secondo che non ti voglia accanto.»

«Emile…»

«Aspetta, fammi finire.»

«Ok.»

«Detto questo, è chiaro che ci sono momenti nella vita di entrambi in cui non potremo essere presenti e questo discorso l’abbiamo già affrontato, ricordi?»

«Sì.»

«Bene…» tirò un sospiro prima di aggiungere altro. «Hai ragione, ho paura… Questo lo sai perché te l’ho detto sin dall’inizio e credo che ci vorrà ancora un po’, prima che questa paura svanisca del tutto… ed è vero che ti metto sempre in disparte…»

«Ma?» sapevo che c’era un ma da qualche parte, in attesa di spuntare e mi girai in sua direzione.

«Niente “ma”, hai ragione… ed io sto cercando di non farmi prendere dalle mie paure… Ma non è sempre facile»

«Il ma, c’era.» dissi secca e lo vidi sorridere.

«Scusami… non voglio farmi dominare dalla paura, ma ho bisogno di un appiglio per essere sicuro che  le cose tra noi andranno bene.»

«Andranno bene. Perché lo vogliamo, perché faremo in modo che sia così.»

«Ma…» E menomale che non c’erano ma!

Prima che potesse continuare a farsi avviluppare dai dubbi, lo presi per mano e continuai decisa, indicandogli il quadro:

«Emile, guarda tua madre in quel dipinto: vedi com’è felice? Vedi quanta gioia traspare nei suoi occhi?» si girò a guardare il ritratto di Claudine e mi fece un cenno di assenso. «Pensa a goderti quella felicità, pensa a provare quella stessa gioia… e abbi fiducia in me… abbi fiducia in noi.»

Mi resi conto che quelle parole erano dirette anche a me, perché io stessa ero stata preda della paura qualche giorno prima… Eravamo ancora al punto di partenza allora? Eravamo ancora fermi al nostro primo litigio da quando eravamo diventati una coppia?

No, il mio cuore sapeva che il nostro rapporto era cresciuto e si era rafforzato: quelle paure erano irrazionali, non tenevano conto dei progressi fatti e proprio per quel motivo, dovevo mettere un freno ai nostri dubbi, che ancora una volta, ci avevano allontanato.

Strinsi le mie mani su quelle di Emile, fissandolo negli occhi con sicurezza: tenne testa al mio sguardo e sfoderò un sorriso dolce e sincero, prima di darmi un bacio sulla fronte e prima che potesse dire altro, sentimmo la porta di casa aprirsi, per poi vedere comparire Alberto.

Il padre di Emile com’era suo solito, non si scompose davanti alla vista di noi due seduti a terra davanti al quadro.

«Riunione di famiglia? Perché non sono stato invitato?»

Sorridendo gli risposi: «Ti stavamo aspettando.» 

«In questo caso allora, non vi farò attendere ancora.» in poche falcate ci raggiunse, diede una scrollata ai ricci di Emile e si accomodò accanto a me, dandomi un affettuoso bacio sulla guancia.

«Allora, qual è l’oggetto in esame?»

«Alberto, com’era la risata di Claudine?»

«La risata? Intendi il sorriso?»

«No, no, intendo proprio la risata: che suono aveva? Le illuminava il viso? La rendeva diversa? Cose del genere, insomma.»

Il padre di Emile restò ad osservarmi per qualche istante raccogliendo i pensieri e poi tornò a voltarsi verso il quadro, riandando con la memoria ai tempi in cui Claudine rideva con lui.

«Era una risata cristallina e leggera… Tutto era leggero e soave in lei: persino quando inciampava, lo faceva con eleganza e leggiadria…»

Sentii un verso provenire da Emile e quando mi voltai verso di lui, lo vidi con il capo chino e un lieve sorriso sul volto: probabilmente conosceva a menadito queste descrizioni… o magari era riuscito a sentire anche lui quella risata e la stava ricordando insieme a suo padre.

«… anche gli occhi s’illuminavano e sembrava persino prendere colore! Claudine sorrideva spesso, ma il suo era un sorriso malinconico… Quando rideva di gusto invece, era davvero felice e osservarla mentre prendeva vita e si scrollava di dosso la sua malinconia mi rasserenava: era lo spettacolo più bello a cui abbia mai assistito.»

Gli occhi di Alberto si fecero lucidi e se non riuscii a comprendere pienamente la portata delle sue emozioni, capii con certezza le sue parole: pochi giorni prima, sentire ridere Emile mi aveva fatto provare le sue stesse sensazioni.

Appoggiai la testa sulla sua spalla, in cerca di un conforto da condividere.

«Mi sarebbe piaciuto sentirla ridere…»

«Puoi sempre immaginarla.» alzai la testa in direzione di Emile, che aveva appena parlato: anche lui osservava il quadro che ritraeva sua madre. «Osserva il suo viso sorridente e immaginala mentre parla, mentre ride, mentre scherza… con l’immaginazione puoi vederla in qualsiasi situazione.»

Era così che aveva fatto anche lui? Per quel motivo teneva con sé quella foto di loro tre felici? Per poter immaginare sua madre in tutte le situazioni in cui lui aveva desiderato vederla?

Gli sorrisi, nonostante non avesse staccato il viso dal quadro… «Hai ragione, lo farò di sicuro!» … e mi voltai anch’io verso Claudine sorridente:

«Era proprio bella.» 

A quell’esclamazione, fecero eco in coro, i due uomini che più di ogni altro avevano amato quella donna: 

«Era bellissima.»






















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*Il piatto China è un piatto fondamentale per i suoi effetti (nelle batteria metal e hard rock non manca mai), utilizzato in una batteria o in un set di percussioni.
Questo strumento a percussione è cosi chiamato per la sua particolare forma somigliante al tipico copricapo a falde larghe dei contadini cinesi.
(Wikipedia
)

** Per chi non la ricorda ecco "La Vecchia Betsy"

***Morrigan (antico irlandese Mórrígan o Mórrígu, medio irlandese anche Mórríghan irlandese classico Móirríoghan), è una divinità della mitologia celtica.
Dea della guerra, della sessualità e della violenza, ama seminare l'odio e combattere in mezzo agli uomini assumendo a volte aspetti terrificanti. Molto più spesso compare in forma di corvo, essendo questo l'animale che si nutre dei cadaveri di coloro che sono morti in guerra. (Wikipedia)












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NDA
Sì, ce l'ho fatta, HO AGGIORNATOOOO!!! *me esulta come se avesse vinto il terno al Lotto*
Non ho nemmeno parole per scusarmi con voi, per il ritardo MOSTRUOSO con cui sto pubblicando questo capitolo: bastava che attendessi un'altra settimana e sarebbero trascorsi DUE MESI dall'ultimo aggiornamento... Sono proprio imperdonabile!!!! *me si fustiga recitando l'Atto di Dolore*
Spero che siate comunque pietose e caritatevoli con questa povera autrice che si trova a vivere un periodo oscuro per quanto riguarda l'ispirazione, che purtroppo è più capricciosa e ballerina che mai. Soprattutto spero di non aver perso colpi con questo capitolo e che vi sia piaciuto come i precedenti, vista la mole di tempo che vi ho fatto attendere per leggerlo.
Come vi è sembrato Luca? In effetti non gli ho dato molto spazio e devo anche ammettere che il suo carattere è ancora in fase embrionale, però credo che le linee guida ci siano tutte, di sicuro non sarà un tipo ordinario...
Questo capitolo mi ha fatto sudare parecchio, perché se la prima parte mi è venuta in un getto d'ispirazione spontanea e mi ha reso soddisfatta, l'ultima parte mi ha lasciato un pò titubante, come da qualche mese a questa parte, per cui ora sono ancora più in ansia di sapere come è sembrato il tutto a voi che leggete; non sapete quanto i vostri commenti mi aiutino a darmi energia per andare avanti in questo periodo oscuro. ç_ç


Angolo dei Ringraziamenti

Cosa posso dire se non un GRAZIE immenso quanto l'universo, perché siete qui, mi seguite e mi sostenete, nonostante la dura attesa?
Vi ringrazio tutte, dalla prima all'ultima per il vostro sostegno continuo e incondizionato:
Fiorella Runco, la mia amata Beta, che ogni volta è pronta a sostenermi e a darmi della "genia" quando sento tutte le mie certezze crollare... Grazie tesoro mio, Pasi ed Emile ti dovranno sempre tantissimo <3
Vale & Niky, due del trio di Marte sempre pronte a recensire fulmineamente: adoro le vostre recensioni, adoro il modo in cui mi sostenete e adoro la follia della recensitrice folle dai molti nomi, che oltre a sostenermi, mi fa morire dal ridere ogni volta. Love Love immenso a voi, mie sorelle Marziane <3
Saretta, uno dei pilastri che mi sostengono sin da sempre, una delle mie sorelle sempre pronta a darmi fiducia ma, soprattutto, talmente innamorata di questa storia al punto da commuovermi. Non potrei chiedere una lettrice migliore di te mon trésor, grazie davvero tantissimo, per tutto quello che fai <3
Concy, la terza Echelon, nonché sorella granchiosa, che nonostante le ore contate e gl'impegni impossibili, riesce sempre a recensire i capitoli e a coinvolgersi nella lettura. È sempre un grande piacere ricevere la sua recensione, perché tra granchi ci si capicsce bene, vero sister? :D Grazie grazie grazie tantissimo :*
Cicci, ovvero mia moglie, che si sente stranamente più legata ad Emile che a Pasi (sarà l'effetto frontman, moglie?) e che come me, sta attraversando un periodo oscuro, sempre perché i granchi si comprendono in pieno e perché noi due andiamo in coppia come i Carabinieri, vero Cicci? :D Arigatou Ciccina mia <3
Ana-chan ed Ely, le mie sister in pausa, che mi sostengono a priori. Grazie tesore mie, siete un amore <3
Dreamer_on_earth, che nonostante millemila impegni, riesce sempre a ritagliarsi un pò di tempo per seguire questa storia e appassionarsi in un modo tale da farmi sentire sempre orgogliosa di ciò che scrivo. Grazie, grazie davvero!
ThePoisonofPrimula, anche lei sorella di Giappo-scleri, soprattutto di USUI-Giappo-scleri: insieme alla mia Beta siamo sempre in attesa che che il Pervertito di un Alieno ci faccia fare gli occhi a cuoricino con una delle sue azioni sconsiderate e imprevedibili. Oh Usui! <3 Finalmente ce l'ho fatta a pubblicare Primulina!!! Arigatou perché ci sei <3
Kira1983
, la mia adorata admin, nonché collega di editing, nonché socia di ricerche impossibili per Giappo-siti (ancora sto danzando felice per quelle Cels!!! *_*), nonché collega di scritture, che non manca mai di sostenermi con il suo affetto per questa storia. Grazie davvero di cuore <3
Inoltre un grandissimo GRAZIE va a Sheylen, mia omonima, con cui non solo condivido il nome, ma persino l'amore per il fantasy, per i manga e per il mondo magico dei Celti (a proposito, se vi piace il mondo delle Sacerdotesse dedite al culto della Dea Madre, così come le ha descritte Marion Zimmer Bradley, non perdete la sua storia "Figlia di una Strega", in cui il culto Celtico e quello Cattolico si scontrano proprio come ne "Le Nebbie di Avalon"). Con santa pazienza e grande trasporto, la mia omonima sta leggendo questa storia recensendo ogni capitolo, dedicandole quel poco di tempo libero che ha e non so nemmeno quanto ringraziarla per questo gesto così carino. Grazie, grazie, grazie davvero!!! <3

E grazie davvero a tutte voi, che silenziosamente seguite da mesi questa storia e a voi che l'avete inserita tra le preferite, le ricordate e le seguite:
demigirlfun, gigif_95, Heaven_Tonight, kiki0882, minelli69, samyoliveri, smokeonthewater, Tattii, Thebeautifulpeople., Aly_Swag, firstlost_nowfound, incubus life, princy_94, Ami_chan, Camelia Jay, cara_meLLo, costanzamalatesta, cris325, Deademia, epril68, georgie71, IriSRock, iuliarose, Kira16, LAURA VSR, matt1, myllyje, nicksmuffin, Origin753, petusina, piccolina_1994, Queensol, sel4ever, smile_D, Strega Mangia Frutta, Veronica91, _anda Grazie grazie e sempre più grazie!!

ARIGATOU GOZAIMASUUUUUU!!!!



   
 
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