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Autore: Nefthi    29/04/2012    3 recensioni
Il tutto è partito da una frase letta da qualche parte tempo fa', il concetto di fondo era che le emozioni sono simili in tutti gli uomini per quanto diversi questi siano tra loro, e da qui è nata tutta questa manfrina su un breve 'confronto' (spero si possa definire tale) tra Sephiroth e Tifa (anche se forse sarebbe stato più logico confrontare il One Winged Angel con la sua nemesi più che con lei, ma sono loro i miei personaggi preferiti e qualcosa sulla pugile dovevo pur scrivere). Spero piaccia, le recensioni sono sempre gradite! ^^
Non è una Sephiroth/Tifa (anche se l'idea mi affascina). Accenno di CloTi più avanti.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cloud Strife, Gast, Sephiroth, Tifa Lockheart, Zack Fair
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: FFVII
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1. Curiositas (Curiosità)
 
Prima di scomparire Gast gli regalò una chiave ed un indizio: “le informazioni che riguardano tutte le persone influenti della Shin-Ra, sono contenute nell’archivio della vecchia sede, fanne buon uso”. Al professore piaceva che il suo allievo prediletto scoprisse le cose da solo, quindi spesso gli parlava per enigmi in modo che “Sephiroth potesse esercitare la sua mente” a detta sua.
Solo che questa ultima missione che da lui gli era stata affidata sarebbe stata la più ardua: non era una semplice caccia al tesoro, non era la solita ricerca del suo libro di archeologia preferito tramite indizi numerici che il professore stesso stilava, no, era la caccia alla verità che avrebbe determinato il suo essere, quella verità che gli avrebbe svelato chi era una volta per tutte. C’erano state volte in cui si era sentito testato dal professore… Forse Gast gli aveva affidato quella chiave con troppa leggerezza, si trattava di sapere o non sapere, conoscere o non voler conoscere, coraggio o…
Paura.
Sephiroth alzò lo sguardo verso il cielo di Nibelheim, nuvoloso e plumbeo come sempre, però quella sera poteva intravvedere la luna, unica spettatrice della bellezza del suo viso pallido, argentea come i suoi capelli, che catturavano e riflettevano la sua pura e bianca luce, pura come lui non era mai stato, come non gli avevano mai permesso di essere.
 
Il generale si trovava davanti la porta della locanda, le spalle poggiate al muro e le braccia incrociate, un’abitudine che lo faceva sentire sicuro. Sbuffò. Paura lui? Figurarsi! Era il trionfatore del Wutai, generale dell’esercito della Shin-Ra, eroe ultra blasonato, veterano di mille battaglie, lui non poteva e non doveva permettersi il lusso di avere paura. Eppure… Le questioni di una vita si stavano facendo sempre più concrete e si piazzavano davanti a lui come il monte Nibel, che lo stava sovrastando con la sua irregolare magnificenza.
Una volta aveva letto una frase in uno dei libri di Gast:“Per quanto il vento ululi forte, una montagna non potrà mai inchinarsi ad esso”.
Nulla di più vero, personalmente lui si sentiva il vento; una brezza che piegava eserciti con un fendente della sua fedele katana, ma che non era in grado di erodere il muro di silenzi che i suoi superiori gli avevano costruito davanti: mattone dopo mattone, domanda dopo domanda, silenzio dopo silenzio. Una domanda, un silenzio, sembrava un tacito patto stipulato senza il suo consenso, finché alla ‘veneranda’ età di tredici anni decise di essere stanco, facendo credere loro di essersi calmato e diventando così il soldato che tanto richiedevano, l’uomo immagine, il generale, il migliore. E doveva ammettere che comandare e piegare le vite degli uomini in guerra gli dava tante soddisfazioni e pace. Era come levarsi tanti sfizi, non si sentiva mai in colpa alla fine di ogni battaglia, non aveva gli scrupoli di Fair, sentiva invece di essere grato di quello sfogo e di non esserne mai sazio: ne era dipendente, era un drogato. Durante ogni scontro sentiva la mente libera e leggera: non ci sono parole in guerra, non ci sono domande in guerra, non ci devono essere dubbi, si tratta solo di agire o non agire, concentrarsi sul nemico o distrarsi, e l’altra opzione portava sempre a morte certa. Non si ha neanche tempo per pensare, ecco perché si sentiva così libero, ma a volte si chiedeva se quel ‘passatempo’, come usava definirlo lui tra sé e sé, sarebbe stato necessario se gli avessero rivelato subito ciò che voleva sapere. Sarebbe stato lo stesso Sephiroth?
 
“Gast perché mi hai abbandonato?”
“Perché sono il più forte? Perché il più veloce? Perché…il MIGLIORE?”
“E… perché sentiva una voce che nel silenzio della notte lo chiamava ‘figlio’?”
 
Voleva veramente delle risposte? Voleva veramente che i sospetti di una vita divenissero reali? Voleva scoprire fino a che punto fosse diverso, fino a che punto fosse…
Strinse gli occhi e storse le labbra in un ghigno disgustato. Non riusciva neanche a pensare quella parola...
MOSTRO.
Si ricordava di quando quel soldato del Wutai gliel’aveva urlata nel furore della battaglia mentre teneva fra le braccia un compagno che lui, il generale, aveva appena provveduto ad eliminare. Con un fendente della Masamune aveva zittito l’insolente che non sapeva che non ci doveva essere amicizia in guerra perché essere in guerra significa lottare per sopravvivere. Ma la sua eliminazione fisica non aveva contribuito cancellare la sua odiosa voce dalla testa. Mostro, mostro, mostro… Era questo il vero Sephiroth? Dietro la maschera dell’eroe si celava un demone? Era l’Angelo della Morte citato in numerose leggende?
Ricordava il disgusto di Genesis nel constatare di essere un esperimento, tanto che abbandonò ciò che aveva ottenuto con grande impegno; rammentava anche la sofferenza di Angeal ed il dolore che lo spinse a desiderare il proprio annullamento. Cosa sarebbe successo a lui se avesse scoperto…?
Ci pensava spesso: quei due uomini erano esperimenti, ormai era certo, ed erano i migliori soldati della compagnia dopo di lui, ciò significava che lui, il migliore… che anche lui fosse…?
 
Abbassò lo sguardo e vide Fair stuzzicare uno dei fanti e si scoprì invidioso del suo capitano, il cui unico pensiero era quello di diventare un eroe.
«Vorresti veramente essere un ‘eroe’ come me? Un appellativo paragonabile ad una chimera... Gli eroi non vengono temuti, gli eroi vengono acclamati, non vengono definiti…» di nuovo quella parola. «Parlo pure da solo adesso. Ingabbiato, falso eroe e folle». Volse lo sguardo verso quel paesaggio che gli sembrava maledettamente familiare. Perché? Quel pozzo, quelle case le une vicine alle altre... era sicuro di averle già viste. Perché?
Altre domande senza risposta. Rise senza allegria rendendosi conto che la sua volontà era inesistente; gli altri avevano sempre deciso per lui e avevano deciso che lui doveva conoscere tutto del mondo e nulla riguardo sé stesso, ma forse questa volta sarebbe stato diverso, forse quella piccola chiave arrugginita lo avrebbe illuminato.
 
Alzò lo sguardo dal grimaldello e scorse un paio di occhi color rubino che lo scrutavano silenziosi nell’oscurità: era la ragazzina.
Sbuffò pensando di essere stanco di tutte quelle persone che lo guardavano come se fosse un alieno.
“Ho bisogno di un’isola” pensò massaggiandosi le tempie con le mani.
 

*

 
«Cosa c’è adesso?» chiese lui facendo trasalire la ragazza a causa del tono scortese, seccato e perentorio. Nonostante i modi freddi e bruschi, Tifa doveva ammettere che quell’uomo era molto bello. La sua figura solitaria in piedi sotto la Luna che lo bagnava con i suoi raggi, era affascinante. Aveva bisbigliato qualcosa che però lei non era riuscita a capire, ma la sua voce profonda le metteva i brividi, tanto da farle scordare il motivo della sua visita.
«Vuoi sapere perché ho i capelli così? Non lo so neanche io» sibilò il generale irritato da chissà cosa, poi, abbassando lo sguardo e serrando rabbiosamente i pugni, aggiunse una frase Tifa non riuscì proprio a comprendere «io non so nulla».
Una solitaria e fredda montagna fasciata di pelle nera e coperta fino a metà schiena da una coltre ordinata di capelli d’argento, una colonna che ti guarda dall’alto in basso con fierezza e superbia, un essere che tende ad annichilire chiunque gli stia intorno, ecco come la ragazza avrebbe definito Sephiroth. Tifa arrossì di rabbia e timidezza «No! Volevo chiederle… se… mmm…».
Sephiroth strinse gli occhi e alzò un sopracciglio argentato «Sto aspettando.»
 La giovane aggrottò le sopracciglia dandosi della stupida “Non potevi chiederlo all’altro SOLDIER?” pensava “E’ vero che quello ci prova spudoratamente mettondomi in imbarazzo di continuo, ma almeno è più allegro e disponibile!”
Sentiva il rossore aumentare e provò a mantenere la calma «Volevo sapere se ha un collega, fra i prima classe, biondo con gli occhi azzurri, i capelli spinosi simili a…» lasciò la frase a metà, dato che il suo interlocutore aveva abbassato lo sguardo, improvvisamente fattosi cupo, verso il terreno. Tifa si stava seriamente chiedendo cosa era passato nella testa di Cloud quando aveva deciso di unirsi ai SOLDIER per imitare il grande Sephiroth.
«E secondo te io dovrei ricordare ogni singolo membro del mio esercito? Se il tuo fidanzato, fratello o chiunque egli sia non ha più fatto avere sue notizie, le opzioni sono due: o è morto o ha trovato qualcosa di meglio da fare. Buona notte.» Il generale si era voltato dirigendosi verso l’interno dell’albergo con passo marziale.
 
Il rosso più sgargiante che colorava il cielo al tramonto era niente in confronto a quello che si stava diffondendo nel bellissimo volto della ragazzina, che tremante di rabbia si stava trattenendo dal prenderlo a pugni: il buon senso le diceva che avrebbe vinto lui e quindi umiliarsi ulteriormente e creare guai serviva a poco. Tifa fece per andarsene sconfitta dalle parole del generale della Shin-Ra.
«Tifa cara, ma ti sembra l’ora per andare in giro?» Zack le si piazzò davanti sorridendo e portando le mani sui fianchi, gonfiando il petto come un gallo orgoglioso.
Oh Nibel. «Stavo giusto per andare a casa» replicò la ragazza dissimulando la rabbia con un sorriso meccanico.
«Vuoi che ti accompagni  per proteggerti? Come una guardia del corpo?» tentò lui.
Tifa sospirò seccata, senza dissimulare stavolta «No grazie, sto a due passi da qui, in città non arrivano mai mostri che potrebbero ferirmi e so difendermi.» Gli mostrò un pugno il cui messaggio era “se mi sfiori, ti picchio senza pietà”.
Zack si passò una mano fra i capelli corvini, sorridendo come solo lui sapeva fare; forse non aveva capito, ma Sephiroth, che li osservava, si coprì il volto con la mano, vergognandosi per l’intraprendenza con le donne del suo capitano.
«Buonanotte Zack» tagliò corto la ragazza, sorridendo divertita.
«Sarà per un'altra volta, Tifa. Buona notte» Zack sorrise avviandosi verso il suo superiore. «Ehi Seph?»
Il generale si fermò irrigidito «Zack, ti ho detto più volte che mi chiamo Sephiroth!» rispose stizzito, voltandosi nuovamente verso la porta.
«Ad ogni modo,  hai scoperto qualcosa sul perché conosci questo pos…?»
«No»
«Può darsi che tua madre Jenova…»
«Non lo so, non so niente di lei e non so niente di me, so solo che la Shin-Ra mi ha cresciuto tenendomi segregato a Midgar.»
«Sì, ma sono sicuro di aver letto il nome Jenova da qualche parte,  mi è familiare…»
«Buon per te» e cominciò a salire le scale, se possibile, più rigido di prima.
«Guarda che io voglio aiutarti!»
«Non ho bisogno dell’aiuto di nessuno, me la sono sempre cavata da solo» rispose da sopra il generale, già sparito dalla loro vista.
Zack calò il capo mortificato. Tifa avrebbe voluto dirgli di non preoccuparsi troppo  dei problemi altrui -soprattutto di quelli di un ghiacciolo- ma chi era lei per consigliare un ragazzo più grande di lei? “Parla poco e tira avanti” usava dire sua nonna.
“E tra l’altro, è normale voler aiutare un amico, per quanto sia strano considerare Sephiroth e Zack amici” pensò la ragazza andandosene senza proferir parola.
 

*

 
Se Zack voleva irritarlo con le sue inutili osservazioni, c’era riuscito! La cosa in cui Fair riusciva meglio era importunare la gente. C’era chi lo apprezzava e chi lo respingeva…
“Guarda che io voglio aiutarti!”
Ma chi gli ha chiesto nulla?
 
La ragazzina, Tifa lei si era preoccupata per quel ragazzo tanto da azzardarsi a chiedere a lui.
E lui, chi aveva lui tornando a casa ad aspettarlo? Chi si informava della sua salute? L’unica persona che lo faceva, era sparita lasciandogli una chiave come ricordo.
"Professor Gast! Why didn't you tell me anything? Why did you die?
Sephiroth nel buio della sua stanza fissava il soffitto assorto.
“Non lo so, io non so niente!”
Si rigirò nel suo letto affondando rabbioso il volto nel cuscino, aspettando il sonno placatore di animi.
Pensava troppo, sentiva di star diventando troppo morbido…
 

*

 
A pochi metri di distanza dalla camera del generale, vi era quella di Tifa, l’una di fronte all’altra. La ragazza era seduta sul letto, il viso rivolto la finestra che dava alla piazzetta. L’assenza di torpore porta a pensare a cose che spesso passano inosservate nell’arco della giornata; e Tifa scoprì che quella sera la sua mente aveva scelto di rimuginare su Sephiroth e Cloud –come al solito-.
 
“so solo che la Shin-Ra mi ha cresciuto tenendomi segregato a Midgar”
Aveva mai guidato una bicicletta?
Aveva mai corso chilometri sotto la pioggia col migliore amico alle calcagna per giocare a guardie e ladri?
Sephiroth si era mai arrampicato su un albero per poi cadere rovinosamente a terra sbucciandosi le ginocchia?
 
“Non ho bisogno dell’aiuto di nessuno. Me la sono sempre cavata da solo.”
Aveva mai rischiato una punizione per essere scappato di casa per andare ad aiutare il suo amico?
Aveva mai giocato con il pallone, in una squadra, per poi tornare a casa con il viso arrossato dal sole ed i vestiti sporchi di terra?
 
“non so niente di lei”
Sua madre gli aveva mai baciato le ferite dicendogli che gli sarebbero passate presto, come faceva la sua quando era in vita?
Lei era stata privata della sua presenza anni fa’ e si era sentita malissimo, chissà come si sentiva lui nel non averla mai avuta? Perché teneva tutto per se?  Beh anche lei lo faceva spesso e volentieri…
Ma lei aveva un padre almeno… e lui?
 
“non so niente di me”
Era quella la colonna che aveva spento numerose vite nel Wutai? Era quella la colonna che aveva determinato la partenza di Cloud?
 
But I’m different from all of them. I’m not just going to find a job. I want to join SOLDIER. I’m going to be the best there is, just like Sephiroth!”
Sephiroth…The Great Sephiroth. Isn’t it hard to join SOLDIER?”
…I probably won’t be able to come back to the town for a while.”

 
Le dispiaceva vedere quella colonna andare in frantumi… Per Cloud… Il generale era stato il suo esempio. Era così il vero Sephiroth?
Tifa strinse i pugni.
No, non doveva essere dispiaciuta. Lui era un essere che scrutava la gente con superiorità e le aveva portato via Cloud!
«Cloud… dove sei? Perché non fai avere tue notizie?» chiese nell’oscurità della sua stanza, lasciando che le domande aleggiassero irrisolte, come sempre.
 
“non lo so…”









Note.
La frase “Per quanto il vento ululi forte, una montagna non potrà mai inchinarsi ad esso”  è presa da Mulan (film che adoro).
Le frasi in blu appartengono al gioco, mi piace postarle perché mi fanno rivivere le emozioni del videogame.
Il "fanne buon uso" sì, fa tanto Harry Potter, in effetti era voluto... Vedo Gast un pò come Silente per Sephiroth bambino.
Dopo questi tre appunti... Salve a tutti! Sono tornata dopo secoli *balle di fieno che rotolano innanzi a sé*. Se notate imprecisioni o errori non esitate a farvi avanti, idem per le critiche. E' una mini fic di sette capitoli credo (devo ancora decidere), spero vi piaccia, stava prendendo polvere nei meandri del pc, poveretta! XD
Ps. Dimenticavo: il 'What if' è dovuto al secondo intento dell'"opera", ovvero immaginare un'aumento delle interazioni tra la donna protagonista e la nemesi. Per quanto riguarda gli aggiornamenti... beh, spero di riuscire almeno a pubblicare gni due settimane (devo gestire il tempo purtroppo).
    
  
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