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Autore: Moira__03    29/04/2012    2 recensioni
«Credo dovremmo parlarne meglio con lui, tesoro. D’altronde ha soltanto sette anni!» continuò la donna, sin troppo pensierosa.
«Accidenti, Bulma. Se la caverà! La sua vita non può essere più facile di come lo è già» disse il sayan, indirizzando la sua mente a vecchi ricordi riguardanti la sua infanzia, pensando e agendo tramite essi. Suo figlio aveva già tutto che lo rendesse felice e senza problemi, e quella donna non poteva viziarlo di quella maniera.
«L’allenamento mentale e fisico, non farà altro che giovarlo» concluse saggiamente l’uomo.

In questa nuova fic vorrei provare a descrivere situazioni inappropriate e decisamente fuori luogo per i sayan. La trama principale, su cui mi sono cimentata è principalemente l'interazione dei sayan con i terrestri, e ho voluto affidare questo compito ai due piccoli Goten e Trunks, ma non manca la presenza della loro famiglia, specie quella di Bulma e Vegeta.
Genere: Avventura, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Goten, Trunks, Vegeta
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Rimase allibito per un po’, non tanto per la paura di confrontare le proprie doti con quelle rinchiuse nella più profonda inclinazione di un guerriero valoroso, principe di quella stirpe di cui aveva sentito raccontare solo una tremenda storiella, che includevano vicende atroci svolte nella galassia più remota dell’universo e delle quali era protagonista proprio suo padre.
Lui non aveva paura. Era semplicemente rimasto sconcertato dal suo repentino cambiamento che, fino al giorno prima, sembrava esser restio di fronte alle proposte insulse del figlio.
«D-dici sul serio?» sbatté gli occhi ripetutamente con velocità.
Vegeta si girò di spalle, senza fornirgli una risposta esaudiente, incamminandosi verso l’ampio giardino seguito a ruota dal figlio.
«Ti pare che stia scherzando moccioso? Se non vuoi che cambi idea datti una mossa e seguimi» enunciò spiccando il volo.
Dopo aver quasi urlato un “subito”, imitando un’obbedienza degna di chi è sottoposto al potere di un superiore, Trunks scattò con un salto, seguendo la scia bianca lasciata da suo padre.
 
Un sorriso ombroso – non perché fosse di carattere malizioso, bensì perché oscurato dall’ombra di una parete che nascondeva la sua figura – comparve sul volto candido della scienziata che cercava di seguire la scena, verificatasi di fronte a lei per caso, dal retro della casa senza esser vista.
 
 
***
 
 
Volava ad una velocità inaudita, oltre che per il suo già elevato nervosismo, voleva marcare l’abisso che era sempre presente a ricordare al piccolo Trunks quanto suo padre fosse più forte di lui, nonché evidenziare privilegi sociali che nessuno, su quel pianeta, aveva mai avuto l’onore di vantare.
Un lieve sorrisetto provocatorio apparve sui duri lineamenti del principe notando, con un briciolo d’orgoglio che non voleva riconoscere, che suo figlio riusciva a tenere il suo passo senza alcuna fatica. Voltò leggermente il capo per poter realizzare, non solo grazie alla percezione dell’aura, ma anche visivamente, quanto vicino fosse il figlio.
Ma ciò che lo colpì a primo impatto non fu la sorpresa di ritrovarselo sotto ai piedi, senza notare un minimo di sforzo nei lineamenti del suo viso: i suoi occhi vennero catturati da un particolare che tanto lo irritava, ma dove riuscì a scorgere qualcosa di strettamente familiare: gli occhi di suo figlio, sia pur caratterizzati da un colore azzurro – segno dell’impurità del suo sangue – erano due fessure irremovibili, che riuscivano a celare perfettamente un carattere emblematico; come se occultasse un passato saturo di odio che non aveva mai vissuto, ma che solo la presenza del sangue da guerriero che aveva riusciva a caratterizzare il taglio dei suoi occhi, tanto da farli apparire tenebrosi e terrificanti, come quelli del principe degli assassini.
Sembrò fiatare impercettibilmente un sorriso ritornando con il volto in avanti mentre, anche suo figlio, notando uno strano sprazzo di fierezza nel buio pauroso delle iridi del suo genitore, disegnò lo stesso sorriso che, a sua insaputa, ora poteva intravedersi anche sul volto del padre.
«Dove stiamo andando di preciso?» osò il piccolo sayan.
«Lontano» proferì istantaneamente «dove nessuno potrà disturbare il nostro allenamento»
«Non credi che qui vada bene?» disse, sporgendosi a guardare verso il basso, scrutando la zona nei minimi particolari, per constatare se ci fossero abitazioni o meno.
Vegeta non rispose. Odiava tremendamente quando gli venivano fatte delle proposte, contrapponendosi alle sue idee, e che oltretutto potevano esser accettabili.
Senza fiatare un’altra sola parola, si arrestò di colpo voltandosi verso il figlio il quale, distratto ancora dallo scrutare della zona, per poco non andò a sbattere alla figura immobile e composta dell’uomo di fronte a lui.
Guardava Trunks con un’aria disturbata e alquanto irritata, senza celare l’ombra di malizia ben delineata sui lineamenti tesi del suo viso curvato nel solito cipiglio.
Strano quanto suo figlio vedesse in lui un guerriero reduce di guerre e di esperienze a livello universale, un alieno approdato sulla Terra per puro caso, il principe di una stirpe estinta che una volta governava l’universo, anziché vederci un genitore.
Adorava suo padre, per il semplice motivo che era un sayan valoroso che, sia pur insensibile nei confronti di un bambino della sua età, riusciva a trasmettergli orgoglio e riusciva a differenziarlo tra tutti perché, dopotutto, lui era l’unico vero sayan di puro sangue rimasto in vita.
«Se proprio ci tieni ad essere tormentato sin da subito, ti accontento» ammiccò paurosamente.
La sfuggevole folata di una scossa serpeggiò lungo la schiena del piccolo sayan. Non aveva mai visto suo padre così tremendamente minaccioso e non voleva osare immaginare come potesse diventare quando aveva di fronte un vero nemico da trucidare – ammesso che non aveva deciso di rendere analoga la situazione nonostante di fronte a lui ci fosse suo figlio.
Non seppe spiegarsi come - o meglio provò ad intuirlo - ma si sentiva alquanto eccitato dalla situazione di assoluta tensione che venne a crearsi tra i due, sia pur un po’ spaventato.
La parte aliena del suo sangue cominciò a bollirgli nelle vene, quasi per spronarlo ad iniziare quella battaglia tremenda, così ché piegò le braccia parallelamente al suolo e strinse i pugni pronto ad incrementare la sua aura ed affrontare quella lotta.
Vegeta, rimasto ancora con le braccia conserte, scese lentamente, senza cancellare alcuna traccia di malizia dal suo viso, giù in quella distesa d’erba per poter combattere al meglio, iniziando con uno scontro terreno.
«Che aspetti ad attaccarmi Trunks!?» provocò.
Si armò di tutta la rabbia mai stata propria, ma che era segretamente riservata nei suoi angoli interni più bui, prima di catapultarsi a gran velocità verso suo padre, che ancora non si decideva a sciogliere la sua posizione rilassata per iniziare a combattere seriamente.
E ciò lo irritò.
Si fiondò con un pugno già proteso in avanti verso il suo volto, ma all’ultimo secondo capì di aver colpito solo il vuoto, cadendo rovinosamente a terra.
Non aspettò nemmeno un istante prima di scattare nuovamente verso il suo avversario, che si trovava ora a qualche metro d’altezza nella medesima posizione.
Stavolta provò ad assettargli un calcio ben mirato allo stomaco ma, come pocanzi, colpì nuovamente il vuoto; però non appena notò che suo padre si era abilmente scansato, direzionandosi verso il suolo, scagliò un onda micidiale nella sua direzione.
Aspettò che il fumo si fosse rarefatto prima di procedere con il prossimo attacco.
Lo aveva colpito. Ne era sicuro.
Poteva intravedere nelle nubi la sua sagoma e sorrise.
«Stai solo alzando un sacco di polvere» dichiarò gelido il principe esperto.
Trunks si accigliò, mentre man mano la sua ira incrementava. Strinse i pugni e con una lucidità che lo stava abbandonando, dando spazio invece all’irrazionalità, si spinse contro il padre ad una maggiore velocità.
Questa volta Vegeta non si scansò: si limitò a parare il misero pugno del figlio senza muovere un passo. Nella stessa posizione sospeso per aria, Trunks cercò di colpirlo affondandogli un calcio sul volto, ma questo venne parato prontamente e senza difficoltà dall’avambraccio che subitamente si spostò parallelamente al volto.
Con una serie di colpi, il piccolo sayan attaccò il padre, con un’abilità che lo stesso Vegeta riconosceva come ottima, ben sapendo che lui, alla sua stessa età, non era così agile nei movimenti; ma erano abbastanza lenti da non riuscire a fronteggiare il principe.
Un urlo liberatorio uscì quasi involontariamente dalla bocca di Trunks mentre tirava, con un affanno ora visibile, un pugno calibrato e potente dritto sul naso di Vegeta. Ma anche questo non raggiunse la sua destinazione.
«Non devi perdere il controllo quando combatti Trunks!» asserì Vegeta mentre abbassava il braccio del figlio per poterlo fissare negli occhi e facendo risaltare duri anni d’esperienza in quelle parole.
«Anche quando noti che il tuo avversario è più forte di te, non devi mai perdere il controllo. Devi concentrarti sull’aura del nemico e studiarne i movimenti» si accigliò.
«D’accordo» dichiarò lievemente deluso Trunks, mentre ritornava a toccare con i piedi per terra per ricominciare lo scontro compostamente.
Si mise nuovamente in guardia, fissando suo padre in pieno volto, come per aspettare il momento in cui si fosse distratto per poterlo attaccare e colpire.
Non appena vide suo padre distendere le braccia parallelamente al busto, imitando una scarsa posizione di attacco, scattò, stavolta determinato e concentrando la sua attenzione maggiormente sull’aura di suo padre.
Da qualche metro prima che arrivasse troppo vicino a suo padre, scagliò un’onda non molto potente verso la sua figura, sparendo nell’ombra della polvere creata e azzerando la sua aura.
Fu solo allora che Vegeta aumentò, di quel che bastava la sua concentrazione, assumendo una posizione visibilmente più attenta, guardando a destra e sinistra.
In un millesimo di secondo si accorse che Trunks stava per colpirlo dalle spalle, materializzandosi dietro di lui, sentendo l’aura man mano aumentare dallo sforzo del pugno che stava per tirare.
Gli sfiorò il volto e subito Vegeta, per puro istinto, gli tirò un pugno nello stomaco, facendogli sputare saliva rossastra, mentre si accasciava a terra con le mani nel punto preciso in cui sentiva nascere il dolore.
Per non sfigurare davanti a suo padre, si alzò, sia pur vacillando, mostrandosi pronto a riprendere la partita.
«Bella mossa moccioso. Ma non illuderti che potrai sconfiggere i tuoi avversari con questi insulsi trucchetti» asserì, riacquistando la compostezza.
Trunks si rimise in guardia, dopo essersi pulito con un braccio il rivolo di saliva che ancora usciva dalla sua bocca.
«Sei ancora poco robusto. Non credo sia una buona cosa allenarti già con me» sancì.
«Non è vero! Io sono forte! E posso farcela anche se sono piccolo!» urlò disperato il sayan, sentendosi colpito nel più profondo dell’orgoglio.
«Bada che non sto usando nemmeno l’1% della mia forza. Sicuro di voler fare sul serio?» sorrise malizioso.
«Certo che voglio fare sul serio! Se non inizio ad allenarmi seriamente non diventerò mai più forte di te» asserì, facendo scattare nel padre una valvola che sprigionava orgoglio e dignità ovunque nelle sue membra. Sapeva quanto Trunks fosse fiero della forza che lui possedeva, ma non pensava che fosse capace di palesare i suoi pensieri in un modo tanto spudorato.
Le sue labbra si curvarono, invisibili agli occhi del figlio, mentre si perdeva in ricordi tanto remoti, vedendo lui stesso comportarsi così al palazzo reale su Vegeta – sei quando veniva sottoposto ad ardui allenamenti.
Con l’unica differenza che lui non aveva mai combattuto con suo padre a causa dell’imminente sua concessione a Freezer.
«Mi spieghi perché ti ostini a voler combattere da subito con me? Goten non è alla tua altezza?» chiese, consapevole che mai il figlio di una terza classe avrebbe potuto competere con il figlio del principe dei sayan.
«Goten è abbastanza forte, ma il suo livello l’ho superato. Vorrei allenarmi anche con persone più forti per migliorarmi. Se combatto sempre con Goten il mio livello non potrà mai alzarsi» asserì Trunks, ripensando brevemente ai pochi allenamenti fatti con l’amico più piccolo.
«Se proprio ci tieni» esordì, prima di scattare all’attacco contro il figlio.
Vedendo suo padre avanzare verso di lui, un po’ spaesato non fece altro che portare le braccia incrociate di fronte al viso per proteggersi dal potente pugno che gli sferrò in pieno volto, per poi scattare più lontano, riacquistare la concentrazione e prendere stavolta l’iniziativa, gettandosi contro il principe.
Una serie di colpi si susseguirono senza sosta senza provocare la benché minima preoccupazione da parte del sayan di pura razza che ora ghignava di fronte a quella piccola furia che si era scatenata ma che non riusciva ancora a colpirlo decentemente.
Trunks continuava imperterrito, visibilmente irritato dacché digrignava i denti e sferrava colpi alla rinfusa.
Bastò un solo istante a fargli scemare tutta quella grinta e concentrazione: sentì distintamente il sapore del sangue invadergli le papille gustative e percorrergli lento la parte destra delle sue labbra sino ad arrivare alla gola, quasi solleticandolo.
Il dolore lancinante non gli permise nemmeno di rendersi conto che il padre gli aveva sferrato un pugno non dosato in pieno volto, facendolo scaraventare contro una roccia e che si frantumò nello stesso istante.
Non fece in tempo a provare l’ebbrezza provocata dal terreno soffice di quella vasta distesa d’erba, che sentì chiaramente un ginocchio entrargli nella bocca dello stomaco, tanto forte da credere quasi che avesse toccato direttamente i suoi organi interni.
Si schiantò contro un albero che venne brutalmente sradicato, attutendogli però l’impatto contro un altro monte che miracolosamente rimase intatto.
Scivolò lungo le pareti rocciose quasi privo di senso, con un dolore che non seppe definire da dove precisamente derivasse, prima di atterrare quasi dolcemente, come se si fosse tuffato da quella montagna di proposito, tra l’erbetta ai suoi piedi.
Era decisamente distrutto, e si accorse a stento che il sole che gli stava illuminando il volto, come per marcare volutamente i segni di dolore che modificarono i suoi lineamenti, era stato oscurato dall’avanzare lento di suo padre che, in un attimo, fu di nuovo di fronte a lui.
Vegeta lo squadrò senza smuoversi minimamente, e i suoi occhi assassini parevano essere ad un’altezza maggiore di quella che solitamente si vedeva, data la misera stazza di Vegeta, dacché ora Trunks si ritrovava ad osservare suo padre da una prospettiva diversa dal solito.
Lo spazio che divideva i loro volti pareva un abisso interminabile, e sembrava evidenziare quanto lunga e tortuosa sarebbe stata la sua strada, prima di arrivare al livello di suo padre.
Dopo quelle inopportune elucubrazioni, che non fecero altro che acuire i suoi già tumultuosi sentimenti di vergogna e delusione, si sentì improvvisamente invaso da un oblio troppo denso e concreto per dargli il tempo di alzarsi e riscattarsi di quell’umiliazione.
Quindi chiuse gli occhi, ormai totalmente inerme mentre gli parve di sentire flebilmente parole di rimprovero da parte del genitore, che includeva un “alzati” e “nemico”.
Poi il nulla.
 
 ***
 
Sbatté gli occhi più volte prima di mettere a fuoco il luogo decisamente troppo illuminato in cui si trovava. Sentiva indistintamente delle urla provenienti da non molto lontano dal soffice elemento – forse un divano - che lo stava ospitando.
Si alzò di scatto quando i ricordi di uno scontro in cui erano stati protagonisti suo padre, lui e il suo sangue, gli balenò in mente come un fulmine in un cielo limpido, colpendolo in pieno.
Ma forse non era la metafora di quel fulmine aveva sentito tangergli le membra. Erano altri dolori, oltre a quelli fisici, che lo stavano martoriando più di quanto suo padre avesse già fatto: capì che non ce l’aveva fatta. Aveva miseramente fallito e si era permesso di svenire proprio quando suo padre aveva iniziato a fare sul serio.
Un debole ed insulso moccioso mezzosangue. Così l’avrebbe definito Vegeta.
La frustrazione divenne l’unico concreto dolore che riuscì a percepire, molto più degli altri, e che gli serpeggiava senza pietà sulla pelle, lasciando una scia rovente.
Portò una mano sul capo, strizzando gli occhi e sperando di riprendersi mentre iniziava a riconoscere l’origine di quelle urla strazianti e di rimprovero.
Sua madre imprecava contro Vegeta sbracciandosi e dimenandosi, intenzionata a ricevere una buona motivazione sul perché suo figlio fosse ridotto in quella maniera.
«Perché diamine gli hai fatto così male Vegeta! Doveva essere un allenamento!» abbaiò la donna.
«Sei proprio irresponsabile! Maltrattare di questa maniera tuo figlio, ma non ti rendi conto di quello che fai? Sei uno scimmione senza scrupoli, maniaco della guerra e che osa coinvolgere anche suo …».
«Dannazione smettila una buona volta Bulma!» ringhiò il sayan, che ora aveva imprigionato la donna tra le sue braccia sbattendola contro il muro.
I loro volti erano ad un centimetro di distanza e tra il poco spazio che vi era tra i loro occhi sembravano esserci scosse di elettricità, seppur negli occhi di Bulma potevano intravedersi i segni di una lieve paura.
«Siete stati tu e quel dannato moccioso a chiedermi quell’allenamento e diversamente da come succede su questo insulso pianeta, io sono stato allenato in condizioni peggiori di quelle di Trunks. Mio padre non si fermava ogniqualvolta io cadevo per terra o vedesse del sangue uscire da qualche parte del mio corpo. Mio padre quando scorgeva alcune debolezze da parte mia, o semplicemente quando sanguinavo, ne approfittava per colpirmi ancora, fregandosene se sarei potuto soccombere. Se mi avesse ammazzato sarebbe significato che non ero all’altezza di essere il principe di quella stirpe. Quindi dovresti ringraziarmi che tuo figlio è ancora vivo. Avrei potuto fargli molto più male» inveì Vegeta in preda all’ira, lasciando scorrere del tempo prima di parlare di nuovo.
«Se vuol’essere allenato da me, deve accettare queste condizioni» fiatò.
«Nessuno ti ha detto di fermarti!!»
Una voce vibrante, che molto si avvicinava a quella di un bambino prossimo al pianto, si udì dal soggiorno.
All’unisono i due consorti si girarono, con la differenza che Vegeta lo perforò con lo sguardo, visibilmente destato, e Bulma si portò una mano sulle labbra constatando la gravità delle ferite e dei lividi comparsi sulla nivea pelle di suo figlio.
«Non dovevi fermarti papà! Avresti dovuto svegliarmi e continuare!» gli occhi erano ormai lucidi.
«Non dire assurdità Trunks, se solo avessi provato a colpirti di nuovo, ora saresti nell’aldilà in compagnia di quella dannata terza classe» proferì.
Pur non essendo sicuro di aver capito a pieno il significato delle sue parole, Trunks continuò quella sfida vocale: almeno quella avrebbe voluto vincerla.
«Non diventerò mai forte se tu non mi alleni seriamente papà» frignò nervoso, assumendo inconsapevolmente quel cipiglio accigliato che da sempre aveva caratterizzato i lineamenti di Vegeta, e che riuscivano a sancirlo come suo figlio.
«Tsk! Ti ci vuole un allenamento fisico, prima di poter essere all’altezza di confrontarti con me» ci fu solo un istante di silenzio. Trunks non aveva appreso a pieno a cosa alludesse suo padre, aveva solo concepito il fatto che avrebbe dovuto sottoporre ad un arduo allenamento i suoi muscoli.
«Da domani in poi ti allenerai nella camera gravitazionale insieme a me» esordì, vedendo distrattamente la scienziata farsi blu in volto.
«Wow sul serio papà?» urlò con troppa enfasi il piccolo sayan, dimenticandosi del dolore che gli invadeva l’intero corpo.
Vegeta come di consueto non rispose. Si limitò semplicemente a scomparire nel buio pesto della camera superiore chiudendosi in bagno.
L’eccitazione che quelle semplici dimostrazioni d’affetto che il padre gli provocava, non gli fece accorgere che sua madre si era avvicinata a lui preoccupata, mettendogli una mano sulla fronte e accarezzandogli poi le guance.
«Come stai tesoro?» disse, cercando di respingere le lacrime.
«Sto bene mamma non preoccuparti» sorrise ingenuamente «ho solo bisogno di un bagno caldo e di una buona dose di carne».
Bulma abbozzò un falso sorrisetto. L’angoscia di vedere suo figlio in quelle condizioni non riusciva ad eliminarla.
Sapeva che Vegeta sul suo pianeta era stato allenato in condizioni disastrose. Sapeva che i sayan avevano la pellaccia dura e che un solo pugno o calcio non sarebbe riuscito a far loro male più di tanto. Ma forse Vegeta si era dimenticato che nelle vene di Trunks scorreva anche il sangue di una gracile ed insulsa terrestre, e che non sarebbe mai stato un vero e proprio sayan.
Suo figlio avrebbe dovuto allenarsi gradualmente, cercando di avere tutta la comprensione possibile da parte di un padre, sia pur poteva essere un discorso paradossale per un sayan spietato che in passato aveva massacrato senza scrupoli milioni di galassie.
Trunks era stato in parte abituato alla pacifica vita della Terra, ed allenamenti così ardui erano pericolosi.
Almeno se visti da un punto di vista terrestre …
Oltretutto ora Trunks andava a scuola. Non poteva permettersi di svelare la propria mezza natura, presentandosi massacrato di ferite mortali e ancora vivo.
Durante queste destanti elucubrazioni, vide suo figlio dirigersi verso il frigo nelle sue piene facoltà fisiche.
Ma corrugò la fronte e assunse la sua solita posa da donna impertinente.
«Trunks!» chiamò, facendo arrestare la sua avanzata felina «Devi disinfettarti quelle brutte ferite! Poi devi lavarti e solo dopo potrai iniziare a mangiare» esordì autoritaria con un lieve sorriso stampato sulle labbra rossastre.
Obbediente come sempre, vide suo figlio tornare indietro un po’ accigliato.
«E va bene …» disse, vedendo poi di fronte a sé una Bulma autoritaria con le braccia sui fianchi e il mento alto, ma che poi improvvisamente sentì il rumore di un bacio schioccare sulla chioma folta di quei capelli viola.
Il giorno dopo avrebbe dovuto fare i conti con il suo corpo se si fosse ribellato anche questa volta. Non avrebbe deluso suo padre per niente al mondo. Dunque decise di andare a letto più presto del solito, cercando un modo per far passare velocemente la mattinata a scuola.
Avrebbe parlato con Goten, dicendogli tutto ciò che aveva fatto con il padre e quello che avrebbe fatto nel pomeriggio.
Una cosa era certa: fremeva come il giorno in cui suo padre aveva accettato di allenarlo, seppur quel pomeriggio lo aveva massacrato e aveva imposto la sua suprema autorità con la sua forza smisurata, marcando la differenza abissale che vi era tra lui e il suo moccioso mezzosangue.
 
 
 
 



 
 
 
E con un tremendo ritardo ecco qui il nuovo capitolo ^^’
L’ho scritto con parecchia fretta, quasi tutt’una volta dacché mi sono presa una settimana di pausa a causa della gita, oltre che allo studio per poter affrontare dignitosamente le simulazioni delle prove d’esame X°D
Spero di non tardare più di questa maniera (me si scusa miseramente). Spero che comunque sia il capitolo sia abbastanza discreto da scusarmi :D
Un bacio a tutti e grazie mille a chi segue costantemente questa fiction ^^

   
 
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