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Autore: Delenanelcuore    29/04/2012    0 recensioni
Una vita bruscamente interrotta e una giovane ragazza che non si da pace per la morte del fratello.
Due voci narranti per un unico mistero che coinvolge diverse persone intorno ad un unico elemento, un foglio di carta e una traccia audio.
Perchè le persone attorno a Joey muoiono?
Perchè il fratello prima di morire le ha nascosto segreti che ora da morto vuole farle scoprire?
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi chiamo Joey Sullivan e questa è una delle poche certezze che mi sono rimaste ormai in questa esistenza.
Sono una comunissima ventitreenne che conduceva una vita piuttosto anonima e normale, divisa tra casa e amici, quelli rimasti.
La vita mi aveva portata a  trasferirmi, per via del lavoro di mio padre, a Staten Island, un’ isola a sud-ovest  di Manhattan.
 Quando avevo 10 anni gli venne dato in gestione un piccolo bed and breakfast che poi passò di nostra proprietà.
Sebbene mio padre sperasse da sempre che un giorno avrei preso nelle mie mani la gestione del b.&.b, io non gli ho mai dato false speranze.
Passavo molto tempo tra le mura di quell’edificio, ma i miei sogni a quel tempo erano ben altri.
Finito il liceo infatti decisi di intraprendere la strada del college, e precisamente mi iscrissi al corso di legge.
Ci volle parecchio per convincere mio padre che quella era la scelta migliore per me, ma soprattutto ci volle del tempo per convincerlo ad aiutarmi con  una retta piuttosto salata, per un’aspirazione che lui assolutamente non condivideva.
 Nella missione di convincere mio padre sulla scelta del  futuro non avrei potuto contare sull’appoggio di mia madre.
Morì ancora prima che potessi crearmi un ricordo da custodire nel tempo.
Avevo 10 anni e un ubriaco al volante decise che era arrivato il suo momento.
Ho passato ogni singolo attimo della mia vita ad immaginarmela in cento modi diversi e purtroppo, mio padre non amava parlare di lei.
 L’infanzia trascorsa a correre nei corridoi e nelle stanze dell’American Dream, il nome del b&b, e l’affetto delle persone conosciute negli anni, colmarono i miei vuoti e quelli di mio fratello.
Ricordo perfettamente un’anziana signora conosciuta nell’estate del 98’, si chiamava Angela ed era italiana. Mi prese così tanto a cuore che passò la maggior parte del tempo delle sue vacanze,  a portarmi in giro per i parchi di Staten Island,non senza qualche riserva da parte mio padre, che ovviamente si preoccupava del fatto che non la conoscessimo, se non da poco tempo.
Ma la dolce signora si rivelò essere un’ ottima amica e ancora oggi ho davvero un bel ricordo di lei e della sua amata Italia.
Angela infatti, amava portare con se un album di sue vecchie fotografie dei suoi viaggi in giro per il mondo. Un’ intera sezione di quell’album era dedicata a Firenze, la città in cui viveva.
 Magnifica.
 Ci sarei andata un giorno, mi ripromisi.
Quando ripartì, io e mio fratello sentimmo molto la sua mancanza.
Andrew.
Diciotto anni appena compiuti, bello come il sole … il ragazzo per cui ti alzi la mattina e decidi che nonostante il sonno e i compiti non fatti, vale comunque la pena di affrontare la scuola.
L’ultima volta che mi ha sorriso me lo ricordo bene.. è stato uno di quei momenti che sembrano scorrere al rallenty,lui che corre verso la porta di ingresso,io che lo chiamo per tirargli le chiavi, che puntualmente dimenticava sulla mensola del soggiorno,un sorriso per ringraziarmi e poi via verso il bar dove lavorava nel periodo estivo.
 Quando aprii la porta dello scantinato per prendere il latte che sarebbe servito per la colazione degli ospiti il giorno seguente,avevo il mio destino in pugno e un sogno nel cassetto.
 
 
Avevo un fratello e si chiamava Andrew. Quella mattina di metà Agosto mio padre mi mandò a prendere le scorte di latte per la colazione dei nostri ospiti.
I locali erano pieni e le stanze erano tutte prenotate in occasione delle vacanze estive.
Andrew era uscito la mattina presto per andare a lavoro, e io mi occupavo ,nel periodo estivo, di qualche lavoretto per mio padre.
Nel tardo pomeriggio Carl, cosi si chiama mio padre,mi disse che sarebbe stato meglio scendere nello scantinato e cominciare a provvedere alle scorte di latte per la colazione del giorno seguente. Mentre mi accingevo a prendere le chiavi che avrebbero aperto la porta dello scantinato, il telefono squillò.
 Stavo per non dare peso a chi fosse il mittente della chiamata, ma qualcosa nello sguardo di mio padre mi colpì, quel tanto che bastava a farmi perdere quei due secondi che mi permisero di captare qualcosa: Andrew non era mai arrivato a lavoro quel giorno.
Pensai, come al solito,  che quel bontempone di mio fratello ne avesse combinata un’altra delle sue. Chissà dietro  quale gonnella era corso per marinare il lavoro.
Il proprietario del locale fortunatamente era mio zio, che evitava di sbatterlo fuori solo per il rispetto verso la sua defunta sorella.
Mio padre si girò verso di me e con un sorriso beffardo diede voce ad una comune intuizione.
‘’Tuo fratello non cambierà mai”. Non era arrabbiato, ormai aveva fatto il callo.
Ricambiai il sorriso di mio padre e ridendo tra me e me di quella testa di rapa di mio fratello scesi le scale impugnando le chiavi.
Entrare nello scantinato non mi aveva mai entusiasmata. Più che altro, era la paura di incontri indesiderati con ogni genere di forma vivente a creare in me un certo timore.
Sapevo benissimo che mio padre effettuava regolarmente controlli e disinfestazioni, ma l’idea che qualche furfantello potesse scamparla e farmi pentire per sempre di essere scesa là sotto non mi abbandonava mai.
Così, armata di coraggio come se stessi per addentrarmi in una giungla selvaggia, scesi le scale. Arrivata quasi la davanti, la testolina di mio padre sbucò dal lungo corridoio che dalla porta della cucina conduceva nello scantinato.
“Joey, mi sa che dovrai rimandare di qualche minuto la tua discesa agli inferi. Ci sono Jelena e Gabriel”.E scomparve di nuovo verso nuovi orizzonti. Mio padre ogni tanto sviluppava una comicità del tutto sua.
Ebbene la mia “discesa agli inferi” avrebbe  dovuto aspettare. Con un certo sollievo per questo posticipo, risalii le scale per andare a salutare Jelena e Gabriel, i miei migliori amici.
Lo sono da tredici anni, praticamente furono i primi ad accogliermi appena arrivati sull’isola. Stessa scuola e stesso college, ma corsi differenti.  Jelena decise infatti di seguire il padre,che lavorava in banca, scrivendosi al corso di economia, mentre Gabriel invece optò per la medicina. I genitori di Gabriel gestivano un piccolo ristorante nel centro di Manhattan.
“Ragazzi qual buon vento vi porta qui”,dissi schioccando un grosso bacio sulla guancia di entrambi,”non dovevate essere immersi nei libri?”.Risi, pensando di me stessa da quale pulpito venisse la predica.
Jelena non nascose per niente la sua irritazione,ma dubitai subito che  fosse per la mia battuta o per il fatto che io per prima avessi molto lavoro arretrato.
Guardai Gabriel nel tentavo di carpire qualcosa, ma stranamente fu tutto inutile. Era visibilmente teso, quello si, ma non riuscivo a capire il perché.
Abbandonai la mia aria scanzonata e mi adeguai all’atmosfera. A quel punto finalmente Jele si decise a parlare.
“Joey,è successa una cosa oggi al campus che ha dell’incredibile”.
Non la interruppi e lei prosegui nella narrazione,intenta com’era a massacrare un foglio di carta che aveva in mano.
“La signora Stevens è stata trovata esanime nei corridoi dell’ala nord dell’edificio. Pare che nessuno abbia visto e sentito niente. Le attività verranno sospese in modo tale da consentire alla polizia e alla scientifica di effettuare tutti gli accertamenti de caso. Io e Gabriel eravamo in biblioteca, quando l’urlo della signora che si occupa delle pulizie di quel settore dell’edificio ha attirato la nostra attenzione. Siamo usciti e poi il resto lo sai. Ovviamente non ci hanno fatti avvicinare”.
Restai immobile per un momento.
 La signora Stevens era la bibliotecaria, una signora che ha sempre mantenuto un basso profilo all’interno dell’ambiente collegiale. Soltanto gli assidui frequentatori della biblioteca, avrebbero potuto conoscere di lei qualcosa in più.
“Com’è stato possibile? Va bene ok, siamo in pieno Agosto e l’edificio è semi deserto, ma voi eravate là giusto, e come voi anche qualcun altro che sicuramente ha potuto vedere o sentire qualcosa..io non ci credo, è una cosa assurda”.
“ Sono le stesse cose che abbiamo pensato anche noi Joey, ma pare che ci fosse il deserto più totale”.
Mi voltai verso mio padre che attirato dall’atmosfera non proprio ilare, si era seduto al tavolo con noi ad ascoltare la notizia.
“E pensare che potevate imbattervi nell’assassino e allora non so che cosa avreste potuto fare”.Rivolsi a Gabriel uno sguardo terrorizzato. Li amavo troppo entrambi per pensare che una cosa del genere sarebbe potuta accadere sul serio.
“Ed è proprio qui che arriva il bello Joey”,disse Gabriel parlando per la prima volta da quando aveva messo piede a casa, ”non c’è nessun assassino. Pare che dalle prime indiscrezioni si tratti di suicidio.”
Rimasi sbalordita. Non soltanto la Stevens muore nel bel mezzo dei corridoi del Metropolitan  college e nessuno sembra aver visto niente,ma la prima ricostruzione dei fatti portava ad un suicidio.
“Aspettate ragazzi è assurdo. Non che frequentassi la Stevens al di fuori del contesto scolastico, ma non dava per niente l’idea di essere una donna sull’orlo della disperazione “,dissi più a me stessa che ai ragazzi.
Gabriel mi guardò capendo in pieno il mio stato d’animo. “ E pur vero Joey che la maggior parte dei casi di suicidio non danno segni di preavviso, i soggetti sembrano bravi a non far capire i loro tumulti interiori”.
Jelena riprese la parola.
”Il detective che è intervenuto sul posto ci ha fatto qualche domanda di routine. Ovviamente eravamo gli unici nei paraggi,e quindi ha voluto sapere i nostri ultimi spostamenti, e se qualcuno nel college potesse  confermare la nostra presenza in biblioteca nell’ora del decesso. Fortunatamente ci sono le telecamere di sorveglianza che riusciranno a dimostrare che noi siamo stati là tutto il tempo.”
A quel punto una domanda mi venne spontanea.
“ E da che cosa deducono che si tratti di suicidio?”.
 Jelena mi rispose con un’espressione poco convinta.
“ Pare che nella borsetta la Stevens tenesse diversi flaconi vuoti di medicinali, sonniferi e anti depressivi. L’autopsia dovrà comunque confermare la presenza o meno di sostanze nell’organismo della Stevens.”
“Come sapete queste cose?”, mi affrettai a domandare.
“Abbiamo sentito il detective parlare con un suo collega. Dopo di che ci hanno lasciati tornare a casa. Il detective ci ha dato il biglietto da visita per qualsiasi particolare ci possa venire in mente sull’accaduto”.
Restammo ancora qualche istante seduti lì a parlare. Mio padre sembrava sostenere la tesi di Gabriel sul fatto che sebbene la Stevens non sembrasse per niente una svitata, questo non voleva dire assolutamente nulla.
Accompagnai i ragazzi alla porta, ci salutammo, e Gabriel si trattene un istante sull’uscio. Mi conosceva meglio di chiunque altro, abbastanza da capire che non sarei andata a letto per niente tranquilla quella notte. Dopo un abbraccio ben assestato mi disse che ci saremmo sentiti per telefono subito dopo cena.
Fu a quel punto che mi venne in mente qualcosa che fino a quel momento mi era sfuggita.  Andrew che fine aveva fatto?
Trovando un po’ della serenità perduta chiamai mio padre a gran voce. “ Papà!!! Sono quasi le 18,30 e ancora quello scapestrato di tuo figlio non si è fatto sentire!! Non che mi interessi che diavolo stia facendo a quest’ora,ma desidererei sapere se devo cucinare anche per lui.”
Mio padre prese il telefono senza neanche rispondermi,forse ancora scosso per  la notizia di prima, e comincio a cercare il numero di Andy in rubrica. La tecnologia non è mai stata il suo forte.
Nel frattempo decisi di non rimandare oltre la mia ’’discesa agli inferi’’.
Presi le chiavi e scesi le scale diretta a togliermi quell’incombenza del latte.  Stavo per infilare le chiavi nella toppa, quando qualcosa mi lasciò di sasso.
  
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