La mia immagine.

Specchio, oh amico caro: racconti le mie sfaccettature, i miei mille particolari.

Guarda le mie lentiggini, segni del sole ormai ferme e statiche sulle mie guance; come farei senza di esse? Magari mi sentirei vuota...

Mi ricordo quando mi sono sporcata le guance di tintura blu, quel giorno che ho voluto provare a dipingere col mio nasino delicato: che tela fantasiosa avevo composta!

Era una bella composizione, colorata come non ne avevo mai fatto!

Giro su me stessa e un'innaturale risata argentina risale su dai miei polmoni, facendo perire lo stesso silenzio che aveva conquistato la stanza con tanta fatica.

Essendo di spalle, inclino indietro la testa per osservare la mia schiena: ho un corpicino esile, piccolo piccolo; mi hanno sempre detto che “con me non ci viene nemmeno il brodo”, e io l'ho sempre preso come un complimento: infatti, sono abituata a vedere il mio fisico molto magro, non riuscirei a vedermi un po' più in carne.

Fermo le mie iridi curiose, solo per analizzare la folta chioma rosso fuoco, cremisi: solitamente raccolti in una treccia, i miei capelli sciolti ricordano un cespuglio incolto; quante ciocche scompigliate, quanti ricci indomabili!

La mia mamma, ormai esasperata dalla mia folta massa di capelli, cerca sempre di sfoltirmi quando non me ne accorgo: mi giro, tzak! Distolgo lo sguardo, tzak! Quando dormo, tzak!

Ogni tanto mi ritrovo con qualche ciocca in meno, ma non mi interessa: d'altro canto, ricresceranno sicuramente!

Ritornando al mio riflesso, precisamente al mio volto, osservo nuovamente le mie guance; ho sempre adorato il mio visetto, così pallido e delicato.

Improvvisamente, all'angolo del mio braccio riesco a scorgere i miei pennelli e la tela che stavo dipingendo, prima di dedicarmi alla mia immagine; non fraintendetemi, io non sono una ragazza vanitosa, però spesso amo osservare come mi muovo. Insomma, l'armonia stessa dei miei gesti!

Quando sono con gli altri, vorrei sapere come mi vedono: come sono quando cammino? Come mi vedono quando giro su me stessa? E quando sbadiglio? O invece quando mangio?

Per rispondere a questi interrogativi, arriva dubito in aiuto il mio bellissimo specchio; l'ho sempre amato, perché l'ho fatto io: la cornice composta da tanti piccoli prismi, quando viene attraversata dalla luce riesce a comporre una miriade di arcobaleni strabilianti.

L'ho costruito insieme a mio padre, ne son tanto orgogliosa.

Continuo ad osservare quei pennelli che sono alle mie spalle, ma senza voltarmi: è anche a questo che servo uno specchio, no? Non mi va di voltarmi!

Ma tu guarda, devo dare una pulita ai miei attrezzi, sono pieni di pittura secca; e io che pensavo di essere ordinata, sto prendendo da Pervinca!

Uhm! Mi è appena venuta un'idea: cosa succederebbe se ritraessi me stessa allo specchio? Che disegno pazzo verrebbe mai fuori?!

Beh, l'unico modo di saperlo è dipingere, dopo aver pulito i miei pennelli.

Grazie specchio; grazie, mia immagine riflessa: adesso, ho una nuova ispirazione.

Piccolo angolo dedicato a me:

Allora, questa storia è dedicata ad Emma Wright (adesso la “r” c'è ).

E' la seconda che le dedico, ma non so davvero come ringraziarla per tutto quello che fa per me.

Credo che Flox sia uno dei suoi personaggi preferiti, quindi questa è tutta sua.

Spero le piaccia, e spero apprezziate anche voi!

-Hummingbird-