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Autore: Shinra    22/11/2006    1 recensioni
Nuovi personaggi e nuove regole: si gioca in squadre. I giocatori vengono sorteggiati e divisi in due gruppi. Per ogni gruppo viene sorteggiato un re. Se il re cade, la partita è finita. Quale sarà il premio che attende i vincitori?
Genere: Drammatico, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'uomo in nero puntava la pistola verso di me.
Mi bloccai.
Tutto dentro di me si bloccò.
Fuori il tempo continuava a scorrere, mentre nella mia testa desideravo ardentemente che si fermasse.
La musica non la sentivo più.
Quella sagoma di uomo era immobile, sembrava un modellino di cartone a grandezza naturale.
Non volli calcolare il tempo. Mi rifiutai, nonostante fremessi dalla voglia di sapere se ne fosse passato troppo o ancora troppo poco perchè sparasse. Avevo paura che nello stesso momento in cui avessi realizzato che il tempo esisteva, esso avrebbe ricominciato a scorrere...
Finalmente respirai. Ancora vita. Respirai ancora. Presi un altro grande respiro, poi un altro..
Non so perchè mi voltai verso il quaderno sul quale stavo scrivendo fino a pochi minuti o secondi prima; i miei occhi si mossero da soli, senza sforzo o volere da parte mia. La mano nella quale era racchiusa la penna si mosse anch'essa e scivolò sul foglio. Segnai una linea breve e, a capo, cominciai a scrivere. Me l'aveva ordinato lui, di scrivere. Se così non fosse stato adesso sarei già morta. Ma non ero io, era il mio corpo che aveva captato il suo volere e agiva da solo, come una forza inerte segue una calamita.
Fu così che cominciai la storia...
La musica ormai doveva essere finita..

Capitolo 1: Buio

Era un pomeriggio-sera di fine novembre. C'era fresco nell'aria ma non così tanto dopotutto.. un anno fa faceva molto più freddo di adesso nello stesso periodo.
Avevamo appena finito di giocare a basket. L'allenamento, se così poteva essere definito, era terminato, e tutti erano liberi di tornarsene a casa loro.

Lui era rimasto indietro mentre io già mi apprestavo a prendere le mie cose accovacciata: le borse, la giacca.. In piedi dietro di me lui mi fece cenno con la mano tesa. Bevvi un sorso dalla bottiglietta prima di passergliela come mi stava chiedendo.
Lo sentii bere rumorosamente e asciugarsi le labbra col braccio intirizzito dal freddo, forse. Così dedussi dal lasso di tempo che intercorse tra la fine della bevuta e il ritorno della bottiglia, ormai quasi vuota, nelle mie mani.
Bevvi quello che ne era rimasto e la posai per terra, con l'intenzione di prenderla per ultima e andarla a riempire alla fontana.
Già la mia mente stava elaborando un'altra sega mentale..: io che riempivo la bottiglia e lui che aspettava lì accanto, guardando altrove. Quando finisco lui si volta e mi guarda avvitare il tappo. Fa un passo e aspetta che io lo segua. Dopodichè ci incamminiamo insieme verso l'interno dell'edificio.... il pensiero viene interrotto da una ventata di freddo mentre mi infilo la giacca nera rattoppata sopra la maglietta smanicata giallo-arancione. La giacca è fredda ma non fa lo stesso effetto del vento almeno..

Il sole era nascosto dai palazzi e non ce n'era più neanche un raggio che illuminasse il cortile della pallavolo.
Mentre alcuni ragazzi mettevano a posto la rete notai che lui non era più dietro di me ma era passato avanti con gli altri, e adesso stavano girando l'angolo scendendo subito dopo le scale.
Non mi affrettai. Mi misi la borsa blu-grigia in spalla sulla destra, strinsi le spalline del mio zaino nero di pezza e me le portai alla stessa spalla come un sacco. Mi chinai a raccogliere la bottiglia da terra e quando mi raddrizzai tirai un po' la giacca e i pantaloni rossi a quadretti e m'incamminai.
Io non lo chiamai, lui non mi aspettò. Continuò a camminare davanti a me e io dietro di lui, a circa cinque metri di distanza...

(sento una cosa fredda e dura sulla mia tempia destra.. quanto la cosa sia piacevole e giovi al mio malditesta è di poco conto.. devo sbrigarmi.)

Guardavo per terra.
Così li sentii scattare e correre, ma lì per lì ignorai la cosa perchè dovevo fare l'essere superiore e quindi non dovevo mostrarmi interessata a quelle cose da bambini.. tuttavia, affinchè il mio fare distratto riuscisse dovevo almeno mostrare un minimo di curiosità, per non sembrare del tutto fuori dal mondo.. allora alzai lo sguardo. Vidi lui corrermi in contro, l'espressione un po' più seria di quella che mi aspettavo. Alzai ancora lo sguardo e vidi qualcosa che non capii, perchè non c'entrava assolutamente niente con quel posto..
Erano degli uomini vestiti tutti uguali, militari mi parevano, e avevano dei fucili e dei cani al guinzaglio. Non capivo...
Sentii una mano stringersi sul mio avambraccio e tirarmi indietro. Anche io cominciai a correre. Ma subito dietro di me c'erano le scale, e incespicai. Mi ripresi con un balzo. Lui non mi mollava. Era serio? A quel punto non mi sentivo neanche più viva. Lasciai andare le borse, che pensavo non avrei abbandonato per nulla al mondo. Una non era neanche mia.. mia cugina l'avrebbe riavuta? pensai.. e pensai a molte altre cose in quei momenti di fuga dall'incognito... al perchè ancora non sparavano.. al perchè stavavamo scappando e da che cosa.. al perchè lui mi stesse tirando in quel modo e al perchè quelle persone fossero lì, nella nostra scuola...
Stavano cercando qualcuno e c'eravamo noi in mezzo e rischiavamo di essere coinvolti nel fuoco? Ci avevano fatto un qualche segnale di evacuazione che io non avevo visto perchè troppo distratta a pensare a come essere figa?
Scendemmo per le scale di emergenza. Lui saltava i gradini a quattro a quattro e si tirava me dietro senza neanche voltarsi. Sentivo il profumo dei suoi capelli sparso nell'aria.. in futuro avrei ripensato a quei momenti.. quando la sua testa giaceva sulla mia spalla avrei sentito ancora quel profumo.. e mi si sarebbe stretto il cuore.. o lo stomaco...
Guardò in alto solo quando giungemmo alla fine della scala. Probabilmente per controllare che non ci fosse nessun militare a fucile spianato. Anche io alzai lo sguardo ma non vidi nulla perchè fui tirata via subito e ricominciammo a correre verso la porta chiusa che portava all'ingresso buio dell'entrata laterale, e ad un'altra porta chiusa, quella d'emergenza. Furbo, come mettere i bagni per disabili al primo piano senza ascensore...
Diede un calcio alla porta. Un altro e poi un altro. La porta barcollò ma non si aprì. Guardammo di nuovo in alto. Non ricordo i rumori che sentimmo, niente urla né spari. Forse voci concitate, sì.. erano dei nostri compagni. Ma non sarei tornata indietro a controllare la situazione per niente al mondo.
Mi voltai quando sentii la sua mano mollare il mio avambraccio, e lo vidi caricare una spallata alla porta. Al secondo tentativo lo aiutai con un calcio e finalmente le ante si spalancarono. Era una porta debole, che solo col vento ondeggiava da chiusa. Lui quasi cadde, ma riuscì ad equilibrarsi e ci lanciammo verso l'uscita d'emergenza, giù per i quattro gradini. Ci fermammo contemporaneamente dopo pochi passi, mentre lui mi tendeva la mano e io allungavo la mia nella sua direzione, vidimo quello che ci si parava davanti, e il tempo di realizzarlo frenammo contemporaneamente la corsa. La mia mano finì sulla sua spalla, il suo palmo sulla mia coscia.
Altri militari, schierati, fucili in mano ma non puntati.
Pensai ad un gioco di quelli che facevano dei miei conoscenti nei parchi comunali, ad un'esercitazione...
Ilai strinse la mano sul mio fianco, facendo pressione col palmo come per dirmi di stare indietro. Io gli strinsi la spalla, tirandolo a mia volta.
Entrambi tenevamo lo sguardo fisso sui militari ma io neanche li vedevo. Il mio cervello era troppo occupato a fare ipotesi per rispondere alle confusissime e infinite domande che mi affollavano la testa, per raccogliere gli stimoli visivi...
Non so quanto tempo passò né come facemmo a non accorgerci di quelli che scendevano le scale e ci arrivavano alle spalle.. ci presero con forza e ci spinsero verso lo schieramento di fronte. Io persi il suo contatto. Allungai disperatamente la mano e feci quanta più resistenza potevo. Ma più resistevo, più aumentava la forza che mi spingeva in avanti. Una mano mi stritolò la mascella mentre cercavo di voltarmi. Non so come poi ci riuscii e vidi che anche lui stava opponendo resistenza a due di loro. Lo sentii pronunciare un “bastardi” a denti stretti e mascella contratta per lo sforzo, mentre si contorceva per cercare di liberarsi dalle loro strette. Subito dopo ne arrivò un terzo e riuscirono a spingerlo in avanti. Nel frattempo io per resistere mi ero buttata a terra, e mentre il soldato mi tirava su incrociai il suo sguardo agitato mentre veniva spinto nella mia direzione. Ci guardammo impauriti.
Mi sentii scagliare all'indietro, incespicai ancora nelle scale ma urtai gli altri soldati e così non caddi. Mi sentii bloccare da tutte le parti e la porta si aprì. La luce di fuori era bianchissima a confronto con la penombra della sala. Poteva sembrare la luce della salvezza, ma non lo era. Fino a quanto non fui fuori non osai guardare quello che ci aspettava.. ma non c'era proprio niente. Il marciapiede era ancora costeggiato dalle macchine posteggiate la sera prima, ma i militari spuntavano da tutti i lati...
Sentii degli spari e mi voltai nel panico. Vidi solo la sua testa e i suoi capelli, perchè poi una mano nera e dura mi coprì gli occhi e io mi agitai, cercando di scacciarla e di scacciare le altre che mi serravano polsi e caviglie, e urlando a quegli schifosi di lasciarmi. La mano nera sugli occhi se ne andò solo per essere sostituita da una benda che mi strinsero forte sulla nuca. Mi sentii presa di peso e trasportata chi sa dove. Poi mi spinsero e scivolai su qualcosa di duro che sembrava legno. Sentii altri due tonfi e degli scatti, poi il buio più totale.
Mi sollevai a fatica a causa di quelle che credo fossero manette che mi bloccavano mani e piedi.
Persi l'equilibrio e dovetti contrarre gli addominali per mantenerlo. Sentivo una ventola girare, tipo impianto di condizionamento, e mi attanagliò la paura di morire assiderata. Ma non sentivo freddo.. non ancora almeno...
Feci per chiamare il suo nome ma dalla gola uscì solo un suono rauco.. sprofondai velocemente in uno stato di torpore, e non riuscii a pensare più a nulla. Pensieri vaghi, confusi e senza senso mi passavano per la testa, come quando si cerca di pensare a qualcosa ma si è troppo stanchi e allora la testa si affolla di pensieri sconnessi..
Ma in quel momento non riuscivo più neanche a pensare...
  
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