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Autore: Meme06    30/04/2012    1 recensioni
'Loro erano amici. Solo amici. Fino ai dodici anni aveva sempre risposto così agli altri. Senza pensare al peso che quelle parole avrebbero avuto in futuro.' Una ragazza che ha passato tutta la vita con il ragazzo di cui era innamorata senza rendersene conto. Poi quando finalmente se ne accorge e se ne rende davvero conto, in uno 'strano sbaglio' lo perde per sempre... di solito non scrivo ff romantiche, ma tristi si e durante questo periodo sul lato sentimentale sono terribilmente depressa. Doveva sfogarmi in qualche modo ^ ^ Spero che apprezzerete, fatemi sapere che ne pensate.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rise. Rise di gusto. Quel ragazzo era davvero fantastico. Quando le chiedevano se c'era qualcuno che era capace di farla ridere… si, avrebbe sicuramente risposto lui. Il suo migliore amico. Quel ragazzo con il quale era cresciuta e con il quale ancora rideva e scherzava come fosse una bambina di cinque anni.

Il ragazzo dai capelli neri, sempre pettinati - o meglio, spettinati - con una buona dose di gel. Dai profondi e grandi occhi grigi. Dalle maglie e i pantaloni strappati, stile punk, sempre degli stessi colori. Nero, bianco e verde. Lui e il suo sorriso l'avevano sempre accompagnata nel suo cammino. Camminavano fianco a fianco, aiutandosi quando qualche volta uno dei due inciampava. Consolandosi e anche sfottendosi. Perché non si può essere sempre seri, giusto?

Si erano conosciuti quando avevano entrambi sei anni. Andavano a scuola insieme, ma non erano nella stessa classe. Lei veniva spesso derisa dai compagni, ma non era un tipo che attaccava briga facilmente e, per non avere problemi, non reagiva mai alle provocazioni. Anche se queste diventavano fisiche. Lui, una volta l'aveva difesa. Certo, era passata una settimana prima che lei si decidesse a fidarsi di quel ragazzino così allegro, eppure a volte così malinconico. Però, erano riusciti lo stesso a diventare buoni amici e a passare tutti i momenti insieme.

Anche alle medie - nonostante lo avessero sperato con tutte le loro forze - erano stati messi in classi separate. Solo la ricreazione e gli appuntamenti programmati, dicendo all'insegnante di andare in bagno, facevano passare loro un po' di tempo insieme a scuola. Anche se poi non appena usciti da scuola passavano lo stesso tanto tempo insieme.

Molte persone, quando li vedevano, dicevano che sembravano fratello e sorella. Molte volte lei aveva pensato che lo dicessero per il fatto che avessero lo stesso colore di capelli. Mentre per gli occhi era tutt'altra storia. I suoi occhi di un verde limpido non avrebbero mai retto il confronto degli occhi di quel ragazzo. Inoltre, a lei non faceva molto piacere quando dicevano questo. Loro erano amici. Solo amici. Fino ai dodici anni aveva sempre risposto così agli altri. Senza pensare al peso che quelle parole avrebbero avuto in futuro. Perché verso i tredici, la speranza che quel ragazzo - a cui era così affezionata - iniziasse a pensare a lei in modo diverso, come lei stava iniziando a pensare di lui, le aveva accolto l'animo. In un abbraccio lieve, ma allo stesso tempo soffocante e terribilmente opprimente. Forte. Troppo forte per essere sciolto.

Ci aveva sperato. Passavano così tanto tempo insieme. Erano sempre stati vicini l'uno con l'altro. Prima o poi se ne sarebbe accorto e quando se ne sarebbe accorto avrebbe pensato a lei come una ragazza. Non più come un'amica.

Spesso era stata lì a raccontargli le trame dei racconti che scriveva o che aveva in mente di scrivere. Osservando il suo sguardo interessato e poi sentendo le sue labbra esclamare, quasi implorandola, di farglielo leggere. Allora lei annuiva sorridente. E il giorno dopo, dopo averlo stampato, glielo portava a scuola, a ricreazione.

Spesso era rimasta incantata, affascinata, mentre lo osservava suonare la chitarra. Cantando con la sua voce così profonda e melodiosa. E poi quando il pezzo finiva, ci rimaneva quasi male. Nonostante lui le avrebbe volentieri cantato - subito dopo - un'altra canzone, lei sentiva che non era la stessa cosa. Che quell'attimo in cui non aveva udito la sua voce aveva avvertito un vuoto immenso farsi largo tra le sue emozioni.

Tutte le volte che lui le restituiva i suoi racconti e le faceva i complimenti sul suo modo di scrivere, sulla storia. Sul fatto che le sue storie erano sempre avventurose e piene di azione. La sua gioia era sempre stata immensa.

Stare con lui l'aveva aiutata - in un qualche modo - a riuscire ad aprirsi anche con alcuni compagni della sua classe. E un giorno aveva conosciuto quella che poi sarebbe diventata una cara amica. Non avevano un carattere simile. Neanche gli interessi erano in comune - almeno non sempre. Nonostante questo ci si trovava bene. Le trasmetteva felicità e, un termine che non avrebbe mai più usato, purezza. Era così infantile e ingenua che non potevi non volerle bene.

Forse era proprio questo il problema più grande.

Nonostante fossero amiche, non era mai riuscita a confidarle i suoi sentimenti verso quel ragazzo. Si vergognava. Tuttavia era intenzionata a farlo e un giorno lo avrebbe fatto. Dopo che glielo avrebbe presentato glielo avrebbe confidato.

Un pomeriggio infatti le aveva chiesto di uscire insieme a loro. Sapeva che non avrebbe avuto problemi ad accettare. Infatti la sua amica fu alquanto contenta di passare il pomeriggio in loro compagnia.

Forse fu proprio quello lo sbaglio più grande.

Quella ragazza è così pura che non puoi non volerle bene…

Dopo quel giorno, non appena torneremo insieme, le parlerò dei miei sentimenti verso quel ragazzo, siamo amiche dopotutto…

Siamo amiche, noi due siamo amiche…

Gli amici non si feriscono a vicenda, questo lo dicono tutti, come se fosse una legge che va rispettata…

I suoi pensieri urlavano nella sua mente e riflettevano nero sul suo cuore.

Quel pomeriggio non ci sarebbe mai dovuto essere…

Non mi sarei mai dovuta aprire… con nessuno…

Potevo starmene da sola e non sarebbe successo nulla…

Gli sguardi che le mandava, il modo in cui le parlava. Era palese.

Quando quella ragazza aveva letto i suoi racconti… molte volte le aveva chiesto di provare a scrivere un racconto d'amore. Con i pensieri profondi che faceva nei suoi brani, sarebbe di sicuro riuscita a rendere profondi anche quei sentimenti. Lei aveva annuito e risposto che ci avrebbe pensato. Ma dentro di lei sapeva che quel pensiero sarebbe stato abbandonato e non avrebbe mai preso forma su carta.

Come posso io scriverlo quando non so neanche cos'è…

Lo aveva provato solo su se stessa. Non lo aveva mai condiviso. Avrebbe solo potuto immaginarlo. Ma si sentiva stupida a fare così. Le sue storie sarebbero sempre rimaste prive di quel sentimento. Perché lei non lo aveva mai sperimentato.

Perché lei non era mai stata guardata in quel modo. Perché non le aveva mai parlato in modo così profondo da poter dire 'lui si che mi capisce'. 'Nessuno mi ha parlato in quel modo'. No, questo non avrebbe mai avuto la capacità di dirlo. Mai.

Lei in silenzio aveva sofferto. Sofferto terribilmente. Vedendolo rivolgere sguardi a quella ragazza - a quella sua amica - che lei aveva sognato su di lei. Vedere quelle piccole carezze. Quei piccoli gesti insignificanti su un'altra persona. Quando mille volte lei li aveva immaginati su di sé.


E ora se ne stava lì. A ridere con lui. A ridere con loro. Le loro giornate di solitudine erano finite. E la colpa era solo sua. I loro momenti di riflessioni, di pace, non ci sarebbero più stati. Il suo egoismo era stato talmente grande da preoccuparsi solo di quello. Da non pensare a quanto la sua amica era felice di stare con un ragazzo così. Non le aveva mai dato consigli su come comportarsi. Non le aveva mai detto niente su quel ragazzo. Quando le raccontava i pomeriggi che passava con lui e lei ascoltava, a volte rideva, a volte sorrideva e basta. In base a quello che faceva la ragazza. Era come parlare ad uno specchio. Solo che lei, oltre che riflettere, assimilava. Quelle cose. Quelle parole che le diceva. Immaginava che lui le avesse dette a lei. Senza ascoltare realmente quella ragazza, bensì sfruttandola per il suo piacere psicologico.

E ora…

Mentre lo osservava ridere e la sua amica poggiargli il capo sulla spalla, sorridendo. Distolse lo sguardo senza farsi notare.

Lui la guardò e le sorrise, circondando le spalle della sua ragazza.

Nessuno ha mai avuto la capacità di farmi provare cose simili… sarebbe proprio bello poterlo dire… almeno una volta sarebbe stato bello.

  
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