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Autore: Black ashes    01/05/2012    4 recensioni
«Vuoi la verità? Non so cosa succederebbe poi, come ci comporteremo domani. So solo che la vita è una sola, e la voglio vivere al massimo, e ne sono certo quanto sono certo che un poliziotto mi arresterebbe per guida in stato d'ebrezza se in questo momento mi mettessi al volante di qualunque veicolo presente a Londra. Farò in modo di amarti in una notte, e, molto probabilmente, anche per di più. Ma te l'ho detto che non mi piace fare piani.»
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Flashback
Più o meno una vita fa'.





La pioggia scorreva a veloce e fitta dal cielo londinese, mentre cercavo un maledetto pub dove rifugiarmi.
Fottuto ombrello.
Volato via dalle mie mani addormentate per il vento gelido che le investiva.
Finalmente, dopo una trentina di minuti sotto l'acqua, intavidi l'inesgna a neon di un pub.
Corsi dentro, e una folata calda avvolse le mie membra gelide. Mi avvicinai al bancone, sedendomi su uno sgabello scrostato. «Che ti porto?» Domandò il barista, sorridendo.
Era uno di quei tipi squallidi col sorriso untuoso e tanto gel nei capelli da farli sembrare immersi nella gelatina.
«Una Heineken.» Ordinai, iniziando a frugarmi nelle tasche alla ricerca del pacchetto di Winston.
«Come mai sei qui... tutta sola?» Domandò il tipo, senza accennare nemmeno lontanamente di aver sentito la mia ordinazione.
Alzai lo sguardo e sorrisi. «Insieme alla mia birra potresti aggiungerci un po' di cazzi miei? Caldi, per cortesia.»
Mentre il tizio se ne andava sbuffando, trovai il pacchetto di sigarette.
Ne sfilai una e quella si spappolò fra le mie dita, bagnata e molliccia.
«Vaffanculo.» Sbottai.
Un indice e un medio spinsero verso di me un pacchetto di Marlboro Rosse, arrestandosi davanti alla mia mano destra appoggiata al legno inciso del bancone.
«Serve aiuto?» Domandò una voce maschile al mio fianco. Era tranquilla, leggermente strascicata, profonda.
Mi voltai verso il proprietario: un ragazzo sui ventotto anni, occhi neri e capelli castani, abbastanza lunghi.
Il viso leggermente arrotondato gli dava un'aria vagamente infantile, ma anche, lo ammetto, sexy.
E stra maledettamente familiare.
«Grazie.» Borbottai, sfilando una Marlboro dal pacchetto dello sconosciuto.
Mentre mi porgeva l'accendino, il barista mi consegnò la birra.
«Come ti chiami?» Domandai, soffiando il fumo dalle labbra mentre parlavo.
«Julian.» Rispose quello.
«Sophie.» Presi un sorso di birra mentre anche lui si accendeva una sigaretta.
«Bel nome.»
Sollevai un sopracciglio. «"Bel nome?" Ci sono complimenti più originali per provarci con una ragazza.»
«Non ti ha sfiorato l'idea che io non voglia provarci con te?» Le sue labbra carnose s'incurvarono in un mezzo sorriso.
«Allora vuol ti servirà d'allenamento per le prossime volte.» Bevvi un altro sorso.
Silenzio.
«Perchè hai pensato che io volessi provarci con te? Forse perchè non ti sarebbe dispiaciuto?» Domandò, dopo una specie di pausa. Il suo mezzo sorriso si allargò un poco, diventando più malizioso.
Lo guardai con fare sarcastico. «Sono entrata in questo posto zuppa di pioggia, con i capelli terremotati e le scarpe sciaguattanti. Dopo aver attirato l'attenzione di mezzo locale con il mio imbarazzante squit squit delle suole hai deciso di offrire alla persona più in cattiva luce del locale una sigaretta così, per compassione?»
Altro silenzio.
«Comunque mi piace per davvero il tuo nome.»
«Comunque non mi sarebbe dispiaciuto se avessi voluto provarci con me.»
Fece per dire qualcosa, ma alzai una mano per bloccarlo.
Tesi le orecchie.
«Che c'è?» Bisbigliò sottovoce dopo qualche secondo.
"In many ways they'll miss the good old days, someday, someday..." Cantava la radio.
«Yeah it hurts to say but I want you to stay sometimes, sometimes» Completò Julian.
Lo guardai stupita. «Conosci questa canzone?»
Sorrise, il primo vero sorriso che vidi sulle sue labbra. «La conosco benissimo. Someday, del nostro primo album, Is This It, 2001.»
«Nostro? Stronzate.»
Si avvicinò un poco, e notai che i suoi occhi non erano neri come mi erano sembrati fino a poco prima, ma castani.
«Nostro.» Confermò. Prese la mia birra e la portò alle labbra.
Il dubbio iniziò a sorgermi. «Ce l'hai un documento, o qualcosa del genere?»
Corrugò le sopracciglia e tirò fuori una patente dalla tasca. «Perchè?»
Gliela strappai di mano e l'aprii: Julian Fernando Casablancas.
Porca troia.
Anche la firma era la sua.
Alzai lo sguardo e notai il suo sorrisetto compiaciuto.
Evidentemente il mio stupore si era stampato sulla mia faccia.
Cercai di recuperare un'espressione neutra e gli ridiedi la patente. «Oh, niente. Sei stato il mio cantante preferito per tipo due mesi, un due o tre anni fa.»
Sorrise. «Carino.»
Silenzio.

Julian ordinò una bottiglia di vodka, liscia. E un bicchiere.
«Due.» Precisai io.
Julian mi guardò di sottecchi con un sorrisetto fugace, poi annuì. «Due.»
La vodka arrivò, e dopo un paio (o forse di più) di bicchierini la conversazione iniziò a sciogliersi.
«Che lavoro fai?» Domandò, poggiando il bicchierino sul legno del bancone.
«Per ora lavoro in una libreria, nella sezione musica. Vendiamo anche album.»
«E precisamente che fai nella tua sezione... di musica?» Domandò, dopo altri tre bicchierini. Erano circa sette o otto, ormai. La sua voce iniziava a farsi leggermente più strascicata.
«Metto a posto gli album. Sai, quando arrivano i tizi che mettono la M al posto della G e la G al posto della Q e cose del genere...»
«Sexy.»
«Nah.» Sfilai un'altra sigaretta dal suo pacchetto e lui l'accese direttamente dalle mie labbra.
«Ti va di uscire? Inizia a girarmi la testa.» Domandai, dopo un po'.
Lui afferrò la bottiglia e la finì, bevendo a canna. Poi uscimmo.
«Dove vuoi andare?» Chiese, guardandomi.
«Portami da qualche parte.» Risposi.
«Dove?»
«Che ne so... ok, ho capito. Siediti qui.» Mi sedetti sul marciapiede bagnato e battei la mano di fianco a me.
Si accomodò di fianco a me e si accese una sigaretta.
«Che hai intenzione di fare, se mai smetterai con la musica?» Domandai.
«Niente. Non esisto senza la musica.»
«Nessun progetto?»
«Odio pianificare. La vita viene come viene, e la devi prendere così, al volo. Carpe diem, o quelle stronzate del genere.»
L'acqua cominciò a scendere dal cielo di nuovo, e lui si voltò verso di me.
«Fottuta pioggia...» Mormorò, aggiustandomi una ciocca dietro l'orecchio.
Le sue dita si posarono sul mio mento con fermezza, e sentii il suo fiato caldo che si avvicinava, l'aroma di alcol e sigarette sempre più vicino, sempre più invitante dietro quelle labbra carnose e perfette...
«Aspetta.» Con gentilezza scostai la sua mano con la mia. «Se io ti baciassi, finirei a letto con te. Di sicuro. E cosa succederebbe dopo? Cosa faremmo domani?»
Rimase in silenzio, così, ad un millimetro da me.
Infine, quelle labbra perfette si posarono sulle mie, che si schiusero.
Il bacio fu breve ma intenso, dolce e ardente di passione contemporaneamente, mozzafiato.
Le sue labbra si scostarono dalle mie e si accostarono al mio orecchio, la sua guancia poggiata contro i miei capelli, il suo profumo m'invase le narici.
«Vuoi la verità? Non so cosa succederebbe poi, come ci comporteremo domani. So solo che la vita è una sola, e la voglio vivere al massimo, e ne sono certo quanto sono certo che un poliziotto mi arresterebbe per guida in stato d'ebrezza se in questo momento mi mettessi al volante di qualunque veicolo presente a Londra. Farò in modo di amarti in una notte, e, molto probabilmente, anche per di più. Ma te l'ho detto che non mi piace fare piani.»
Si scostò e mi guardò negli occhi.
Ok, probabilmente quelle erano un mucchio di stronzate rifilate ad un sacco di ragazze che, come me, aveva conquistato con una Marlboro Rossa al bancone di un pub.
Il punto, però, è che non m'importava.
E fu per questo che posai di nuovo le labbra sulle sue.







Angolo Autrice

Ciao a tutti. Prima di tutto voglio ringraziarvi per aver letto questa shot fino alla fine, spero di non essere stata noiosa o/e scontata.
Accetto tutti i consigli e le annotazioni, ovviamente.
Che dire, recensite, recensite, recensite!
Alla prossima,
Black Ashes.
  
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