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Autore: sayuri_88    01/05/2012    13 recensioni
« Senta… » iniziai raccogliendo tutto il coraggio « io avrei un paio di gruppi che vorrei davvero lei sentisse » ma mi bloccai quando vidi il suo sguardo esasperato mentre poggiava la tazza di caffè sul tavolo di vetro. Il rintocco che ne seguì risuonò come una marcia funebre nella mia mente.
« Ho i postumi della sbornia, sette linee telefoniche che suonano e una ragazza che non capisce che è stata solo una questione di una notte… »
«Ho afferrato il concetto » lo interruppi incassando il colpo e dandogli le spalle feci per uscire dalla stanza.
« Swan, » mi richiamò e io mi voltai speranzosa.
Il mio capo mi squadrò da capo a piedi prima di dire « sei carina » commentò facendomi arrossire, tanto da assomigliare a un peperone, a causa del complimento inatteso e soprattutto per l’inopportunità della cosa. « Slacciati un bottone e ti faccio partecipare alla scelta mattutina dei nomi ».
Lo guardai come se fosse pazzo e sperai con tutta me stessa di aver capito male.
« Un bottone e una canzone » ripeté confermando che avevo capito bene la sua richiesta.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Hola! Eccomi come promesso a postare l'ultimo capitolo^^ Chiedo perdono per eventuali errori ma non ho avuto molto tempo per correggere.
Buona lettura e ci vediamo sotto.





4 parte

 La musica è la tua propria esperienza, i tuoi pensieri, la tua saggezza. Se non la vivi, non verrà mai fuori dal tuo strumento.

( Parker Charlie )






L’orologio segnava le dieci del mattino e Edward dormiva tranquillamente a pancia in giù nel mio letto, completamente ignaro del fatto che Coca-Cola fosse placidamente appollaiata sulla sua schiena. La mia gatta non aveva preso bene quell’intrusione, quando si era vista rubare il posto nel mio letto la prima volta lo aveva graffiato sulla guancia e le sue imprecazioni non avevano minimamente scosso Coca-Cola che al contrario si era messa a leccarsi le zampe dopo aver ripreso possesso del suo cuscino. Avevamo dormito solo nel mio lato, dividendo il cuscino, anche se io ero comodamente sistemata sul suo petto. Da quella volta, Edward aveva iniziato a chiudere la porta lasciando la gatta fuori.

 

 

Stavo finendo di montare la panna quando due braccia forti mi cinsero la vita e un paio di labbra mi lasciarono un bacio leggero sulla spalla scoperta.

« Buon giorno, dormiglione » dissi girando solo il viso. Edward aveva gli occhi semiaperti e lo sguardo trasognato di chi si era appena alzato dal letto. Sorrise e mi lasciò un bacio leggero sulle labbra.

« Giorno » biascicò con voce impastata « Che combini? » mi chiese per poi puntare lo sguardo sulla ciotola davanti a me.

« Pancake » e indicai la torretta di frittelle vicino ai fornelli « con panna e fragole o sciroppo d’acero se preferisci… »

« Mmm… ho già l’acquolina in bocca ».

« Ma mica sono per te » dissi usando un tono serio e fuggendo dalla sua presa con la ciotola di panna in mano. In un primo momento mi guardò spaesato e fece correre lo sguardo per il salotto cercando l’ospite misterioso. Intanto io ero arrivata dall’altra parte del tavolo e lo guardavo divertita. Divertimento che scomparve per essere sostituito da uno sguardo tutt’altro che innocente.

Indossava solo i boxer dandomi così una perfetta visuale del suo torace ampio con una leggera peluria rossiccia che scendeva fino all’inguine sparendo dietro l’elastico delle mutande, le mani correvano tra i suoi capelli tirandoli indietro e mettendo in bella mostra le braccia toniche, i muscoli gonfi in tensioni.

Una dolce tortura per i miei ormoni.

Ebbi il tempo di alzare lo sguardo e togliermi l’espressione da depravata che certamente aveva preso possesso del mio viso e riacquistare un minimo di contegno prima che Edward si girasse per puntare i suoi occhi su di me. Sorrideva sornione.

« Ah sì, e per chi sarebbero? » chiese reggendomi il gioco.

« Beh… » iniziai mentre poggiai il contenitore sul tavolo e ci versassi dentro le fragole tagliate a pezzetti « per un ragazzo che qualche volta si presenta a casa mia di sera e con cui faccio del fantastico sesso ».

« Sesso fantastico? » mi chiede con tono malizioso. Io annuisco e per provocarlo ancora di più sensualmente, o meglio cercando di esserlo, porto il cucchiaio sporco di panna alla bocca per pulirlo.

Sorrise, consapevole che lo stavo spudoratamente provocando e la cosa sembrava piacergli perché continuò. « E chi sarebbe, no perché io sono sempre stato di la nel letto con te ».

« Tu, io sono venuta di qua e lo abbiamo fatto selvaggiamente sul piano dietro di te. È più eccitante con la finestra ».

Edward lanciò un’occhiata interessata dietro di se, prima di tornare a guardare me.

« Con la finestra? » chiese usando un tono basso e molto roco. Annuì riempiendo un altro cucchiaio e portandolo alla bocca.

Era un gioco che mi piaceva molto e non avevo nessuna intenzione di interrompere. Edward aggirò il tavolo senza rompere il nostro gioco di sguardi. I suoi lampeggiavano e può sembrare patetico e da romanzetto rosa da quattro soldi, ma in quel momento i suoi occhi sembravano un mare in tempesta.

« Sai il brivido di essere visti da qualcuno e denunciati per atti osceni ».

« E questa sarebbe una tua fantasia? » domandò quando ormai era un passo da me.

« Che fantasia, l’abbiamo fatto davvero! » obbiettai, fintamente indignata, prendendo un po' di panna con un dito e sporcandogli il naso e la bocca. Spalancò gli occhi sorpreso ma presto una luce quasi diabolica li attraversò come un lampo.

« Questo non dovevi farlo » disse prima di avventarsi su di me, coinvolgendomi in un bacio che sapeva di panna, fragole e lui.

Mi sollevò obbligandomi a cingere i suoi fianchi con le gambe.

« Adesso vediamo chi è più bravo » mormorò avviandosi verso il piano cucina su cui si affacciava la finestra.

Mi poggiò sopra e subito la mia pelle si riempì di brividi per il contatto freddo con la superficie ma subito sono sostituiti da quelli dovuti all’eccitazione e al desiderio che provocava la situazione.

« Edward, no, se ci vedessero »

La mia era una flebile protesta, al mio corpo non interessava che qualcuno ci vedesse. Uno strappo mi fece interrompere il nostro bacio, lui alzò le spalle, come se fosse stato normale strapparmi le mutandine. Un calore al basso ventre mi diceva che lo volevo da morire, la pelle bruciava contro la sua e ogni suo tocco corrispondeva a un mio tremito ma nonostante l’eccitazione, la mia mente ancora lucida mi urlava di darmi un contegno. Solo quando diventammo una cosa sola, tutte le reticenze uscirono dalla mia bocca assieme a un grido di sorpresa.

« Al diavolo tutto gli altri » mormorai e sorrisi prima di avventarmi su di lui. Anche la mia mente aveva ceduto.

Che guardino pure, mi dissi prima di eliminare tutto il mondo tranne l’uomo che mi stava amando con passione e seguendo solo l’istinto. C’era stata poca delicatezza e tenerezza a differenza della sera prima ma mi era piaciuto così tanto che quando ci fermammo ansanti e sudati avrei voluto ricominciare subito.

« Allora, questo tizio può reggere il confronto con me? » annaspò sorridendo in modo provocatorio. Mi strinse con forza contro il suo petto ed io gli cinsi il collo con le braccia.

« Nemmeno tra un milione di anni » risposi sapendo di spedire il suo ego fino ai confini dell’universo. Mi baciò ancora, con le labbra tese in un sorriso, vero, luminoso come poche volte gli avevo visto.

Nella mia mente si ripeteva una sola parola, o meglio due, “era geloso” e la cosa mi fece gongolare di felicità. Rose non avrebbe urlato come una matta per esserci ricascata e l’idea di non aver sbagliato a farlo entrare nel mio letto si faceva sempre più forte.

« Oh c’è una signora che ci guarda scioccata » esordì e io impaurita lanciai uno sguardo alle mie spalle. Sulla terrazza del palazzo opposto al mio, una signora di mia conoscenza che stava stendendo i panni e ci guardava paonazza.

« Oddio la Signora Morgan. Spostati, andiamo via da qui. Dio che imbarazzo, ma che ti è saltato in mente? » io ero nel panico e lui rideva come un matto. Lo schiaffeggia sul petto ma questo non fece altro che aumentare la sua ilarità. « Non c’è nulla da ridere ».

Perché non avevo reagito con più forza? Non avrei più il coraggio di guardarla in faccia quando l‘avrei salutata la mattina passando davanti alla sua panchina.

« Perché? » chiese lui serafico « Ha imparato qualcosa, solo perché non è più nel fiore degli anni, non vuol dire che non si possa divertire ».

« Edward! » gracchiai colpendola sulla spalla, tuttavia mi unì alla sua ilarità.

Lui sghignazzò e con me ancora ancorata ai suoi fianchi, raggiunse la camera da letto, mentre mi rigiravo tra le mani le mie mutandine, o meglio quelle che erano delle mutandine, con fare sconsolato visto che erano le mie preferite.

« Suvvia te ne comprerò altre uguali a quelle » disse quando si rese conto che il mio broncio era dovuto al piccolo intimo

« Erano un regalo delle ragazze » il mio tono sembrava quello di una ragazzina che non aveva ottenuto il regalo che voleva.

Arrivò al letto e lentamente si chinò per farmi sdraiare, Edward rimane sopra di me e poggiò i gomiti ai lati del mio corpo per non pesarmi e mi guardò con un piccolo sorriso sulle labbra che ricambiai felice. Senza guardare lancia il pezzo di stoffa a terra.

Si lasciò scivolare al mio fianco ed io che sentì la mancanza del contatto col suo corpo, mi girai a pancia in giù e gli cinsi la vita con un braccio poggiando la testa sul suo petto.

Edward, ci coprì con il lenzuolo e iniziò ad accarezzarmi la schiena.

« Se stai tentando di farti perdonare, sappi che ci stai riuscendo alla grande » mormorai e il suo petto fu scosso dalle risa.

« Perdonare? Credevo che ti fosse piaciuto, a meno che non abbia frainteso i tuoi gridolini e tutto il resto ».

« Si ma abbiamo fatto un film porno davanti a un adorabile vecchietta ottantenne… ci poteva rimanere secca ».

« O per favore non era un porno il nostro… »

« Certo perché tu sei un esperto ».

« Confesso di aver visto la mia dose di porno durante la fase adolescenziale come ogni adolescente che si rispetti dopotutto e poi quella signora Morgan ha solo da imparare da noi ».

« Questo è vero… » concordai. Ormai le sue carezze stavano avendo effetto e non riuscivo a rimanere arrabbiata dopo la sua scenetta. Un miagolio ci distrasse dal nostro teatrino. Coca- Cola fece il suo ingresso a passo felpato, saltando sul letto e piazzandosi tra di noi, dopo essersi strusciata su me e Edward, in attesa di coccole.

Si sistemò meglio sul letto alzandosi leggermente tanto da permettermi di abbracciarmi ed io mi ritrovai con il capo poggiato sulla sua spalla. Coca-Cola non perse tempo e si sistemò sul grembo di Edward pronta a godersi una buona dose di coccole.

« Sai, stavo pensando a quel cantante che mi avevi proposto e che avevo rifiutato per l’attricetta di James » disse di punto in bianco mentre accarezzava la gattina. Lo stavo facendo anch’io ma mi fermai alla sua affermazione.

Emisi un verso di disgusto al ricordo di quel giorno, ancora non avevo digerito la faccenda.

« Tu si che sai come rovinare un momento » lo canzonai per poi riprendere a coccolare la gatta. Mi strinse più a se e posò il capo sulla mia testa e potei percepire le sue labbra che si distendevano in un sorriso.

« L’ho contattato » disse a bruciapelo.

« D…davvero? » chiesi scostandomi da lui per osservarlo in viso. Era serio, quindi il suo non era uno scherzo. La speranza iniziò ad annidarsi nel mio cuore.

« Sì, ieri mi è arrivato il demo di una sua nuova canzone. È molto bella » continuò.

« Hai detto anche questo a tuo padre? »

Mi girai a pancia in sotto e sistemai le braccia sotto il mio petto e reggendomi sui gomiti gli prestai la mia totale attenzione. A nominare il genitore, il suo viso si rabbuiò e lasciò cadere la testa sul cuscino.

Era il primo segno di una brutta notizia…

Con il braccio mi strinse più a se e la sua mano non smise mai di accarezzarmi la pelle, come se cercasse qualcosa dentro di me che potesse dargli forza.

« Sì, » e sospirò pesantemente, senza guardarmi negli occhi, « non ne vuole sapere » e la sua risposta buttò il mio morale a terra.

Era amareggiato, proprio come me, non riuscivo a capire che cosa passasse per la testa di Edward Senior Masen. L’unica cosa che sembrava comprendere erano i soldi, i soldi e ancora i soldi. Io non potevo accettarlo e Edward, che, dopo anni in cui lo aveva assecondato, aveva iniziato a ricredere nella musica vera iniziava a ridar voce alle sue idee.

Poi parve rianimarsi, mi rivolse uno sguardo fiducioso e mi accarezzò una guancia.

« Così l’ho mandato a un mio amico. Recentemente ha messo in piedi una nuova casa discografica e sta cercando talenti. Dopo averlo ascoltato, ne era entusiasta e gli ho anche parlato di te, vuole incontrarci e chissà magari ti proporrà di lavorare per lui ».

« Ti vuoi liberare di me? » dissi con un tono divertito ma con il cuore che iniziava a sanguinare. Che avevamo fatto ieri sera e prima? Un sesso d’addio?

In ogni caso non avevo intenzione di mostrargli quanto la cosa mi ferisse, ero sicura che prima fosse geloso e gelosia è sinonimo d’interesse. Non dovevo arrivare a conclusioni affrettate.

Edward si raddrizzò facendo scappare la gatta ai piedi del letto, di cui in quel momento m’importava ben poco, e prese il mio viso tra le mani ghiacciandomi con uno dei suoi sguardi magnetici e ipnotici che neanche a volerlo potevi evitare.

« No, certo che no, ma puoi avere la tua occasione. Vuoi essere l’assistente dell’assistente per sempre? Questa è un’occasione più unica che rara e alla C-Major non potresti averla » disse amaramente. Sembrava aver letto dietro il mio falso sarcasmo, nemmeno le ragazze avevano ancora imparato a capirmi così bene. 

Circondai il suo collo con le braccia e lo obbligai ad abbassarsi su di me e lo baciai. Il nostro momento fu interrotto dal rumore stridente del suo cellulare.

« Dovresti cambiare suoneria, davvero » borbottai allontanandomi di mala voglia. Lui ridacchiò e usci dal letto per recuperare la sua giacca in salotto. Non si premurò di rivestirsi, andò in giro come mamma lo aveva fatto e non potei non sorridere a quell’intimità creatasi tra noi. Niente imbarazzo o disagio.

« Ehi… Aro, stavo giusto pensando a te » esclamò la sua voce allegra.

Incuriosita, mi alzai anch’io ma non usci nemmeno dalla stanza che Edward era già davanti a me con il telefonino all’orecchio e sghignazzava per qualche battuta fatta dal suo interlocutore.

« No mi spiace Aro… per quella questione del demo ne ho parlato con Bella… » assottigliai lo sguardo quando mi chiamò in causa « Sì, a pranzo, oggi? Vederci oggi a pranzo? » e la domanda era rivolta a me. Annuì e feci per recuperare qualcosa per fare una doccia, per iniziare a prepararmi, ma il braccio forte e caldo di Edward mi bloccò per la vita schiacciandomi contro di lui.

Dalla cornetta del telefono sentivo la voce squillante e allegra dell’uomo. Era la mia occasione? Edward ne era più che convinto ma per quando avessi voluto condividere il suo entusiasmo quattro anni passati a lavorare nella sua casa discografica mi avevano aperto gli occhi sul mondo della musica di oggi, strappando quel velo idilliaco con cui avevo coperto quel mondo durante la mia adolescenza. Quello non voleva dire che mi sarei fatta sfuggire l'occasione.

« A mezzogiorno è perfetto. Allora ci vediamo al Brighort. A dopo Aro e salutami tua moglie » aspettò la sua risposta e riattaccò.

« Bene, a pranzo incontreremo Aro, quello della Volturi. Contenta? » chiese vicino al mio orecchio.

« Sì, un po' nervosa » dissi.

« Non devi, Aro è una magnifica persona. Ora andiamo a farci una doccia » e detto ciò mi sospinse verso il bagno senza che io riuscissi a opporre alcuna resistenza.

« Rilassati, Bella » mi disse per quella che doveva essere la millesima volta da quando eravamo saliti in macchina per raggiungere il ristorante.

« Non ci riesco, okay? » risposi continuando a torturare le mie povere dita. Come aveva detto prima, alla C-Major non avrei avuto la mia occasione ed io volevo a tutti costi averne una, dimostrare quello che sapevo fare ma la mia determinazione non aveva impedito all’ansia di fare capolino della mia mente aprendomi scenari per me disastrosi.

Edward fermò la macchina davanti all'ingresso di un Club, uno tra i più prestigiosi della città e lasciò le chiavi a uno dei convergé, e entrammo. Lui era fresco come una rosa, tranquillo mentre io ero tutto l'opposto, sudore freddo scivolava lungo la mia fronte, mani ghiacciate e appiccicose. Al mio fianco percepivo il divertimento del mio accompagnatore e la cosa non faceva che irritarmi maggiormente.

Quando entrammo nella grande sala da pranzo, iniziai  a stirarmi il vestito nervosamente per eliminare possibili difetti e a prendere profondi respiri per calmarmi.

Sentì la mano del mio accompagnatore poggiarsi sulla mia schiena, in un certo senso mi rilassai a quel contatto - averlo a fianco mi dava una certa sicurezza -, si chinò verso il mio orecchio e automaticamente inclinai il capo verso di lui

« Tranquilla, sei bellissima e preparata. Non si farà sfuggire una come te » e mentre lo diceva, eravamo arrivati al tavolo, dove un signore distinto, dai capelli neri come gli occhi, un viso magro e appuntito, aspettava leggendo con attenzione il Chicago Tribute.

« Aro » lo salutò Edward. L’uomo alzò lo sguardo e sorrise affabile quando incrociò le nostre figure. Chiuse il giornale sistemandolo al suo fianco e si alzò venendoci in contro.

« Ragazzo mio che piacere vederti » e chiuse il mio accompagnatore in una stretta calorosa, accompagnato da diverse pacche sulla spalla.

« E questa deve essere Isabella » continuò dopo aver sciolto l’abbraccio. Prese la mia mano ed eseguì un perfetto baciamano. « Piacere di conoscervi ».

« Il piacere è mio Signor Volturi ».

« Oh, dammi del tu e chiamami Aro. Posso chiamarti Isabella? » mi chiese mentre mi scostava una sedia per farmi accomodare.

« Mi chiami pure Bella, tutti mi chiamano così ».

« Nome non fu mai più che azzeccato » disse con un’occhiata maliziosa a Edward che asserì con il capo. Lo scambio di battute non fece altro che imbarazzarmi ma ebbe anche l’effetto di tranquillizzarmi. Aro, sembrava una persona molto simpatica e alla mano. Sperai che la mia prima impressione fosse quella giusta.

« Bene, direi di ordinare qualcosa da mangiare e poi possiamo passare agli affari » e detto ciò aprì il menù che il cameriere aveva lasciato al suo fianco.

Il pranzo fu piacevole e il cibo ottimo così come la compagnia. Aro era un uomo dalla mente aperta e pronta a sperimentare qualsiasi cosa, fece domande sulla mia vita, i miei studi e i miei progetti. Poteva sembrare un ficcanaso ma il suo modo di parlare, di coinvolgerti, era così calmo e allegro che gli avresti detto anche il tuo peggior segreto senza accorgerti.

« Direi che possiamo passare alle cose serie ora » annunciò Aro dopo essersi pulito la bocca con il tovagliolo. « Ho ascoltato il demo che Edward mi ha mandato. Il ragazzo ha potenziale, un ottimo potenziale direi ».

« Sono felice che la pensi così Aro. Jasper ha un grosso seguito nel web e l’ho incontrato prima di presentare il demo alla C-Major. Sarebbe un grande cantante se solo gli si desse la possibilità ».

« Beh, non si può dire che tu non metta entusiasmo nel tuo lavoro. Vero Edward? »

Accennai una risata leggermente isterica. Il mio capo sapeva bene quanto potevo essere insistente una volta che mi ero impuntata un obbiettivo.

« Oh no. È molto testarda quando vuole qualcosa » e mi guardò con fare allusivo.

« Proprio quello che cerco per la mia casa discografica. Devi renderti conto che però siamo agli esordi, dobbiamo farci strada con le unghie e con i denti. Sei in questo ambiente da molto, quattro anni a detta di Edward e quindi sai di che parlo ».

Oh sì, che lo sapevo bene.

« Ma tu... » disse indicandomi con l'indice lungo e sottile, « tu sento che hai le carte giuste. Insomma hai scoperto due potenziali star e messo un po’ di giudizio nella testa di questo ragazzaccio » aggiunse sogghignando verso Edward che chinò il capo.

Ragazzaccio era la parola giusta per definire il mio capo. « Sai, sono un vecchio amico di famiglia, ho visto crescere questo ragazzo e ti posso dire che era da molto che non si dava una spolverata. Ti devo ringraziare » boccheggiai sotto quella sua accusa maliziosa e anche Edward si grattò la nuca imbarazzato.

Aro, non curante di ciò, ricominciò a parlare, spiegandomi i compiti che mi spettavano, l'organizzazione. Edward aveva ragione, rifiutando avrei sprecato una grossa opportunità.

« Alla luce di tutti questi fatti, sarei onorato di averti a bordo. Che te ne pare? »

« I... Io sono lusingata davvero. Sarà un onore lavorare con te » accettai senza nessun dubbio a offuscare la mia decisione.

Ci congedammo mezz'ora dopo con la promessa che mi avrebbe contattato entro una settimana per definire e firmare il contratto. Edward era raggiante, era forse più felice di me.

Mi propose di passeggiare un po’, prima di tornare a casa, e così ci ritrovammo a camminare sul lungomare, né troppo vicini da sembrare una coppia che si fa una passeggiata romantica, né troppo lontani da sembrare due perfetti estranei che si ritrovano a dividere lo stesso pezzo di strada.

Passeggiamo in silenzio, persi nei nostri pensieri, interrotto qualche volta da qualche frase stupida o osservazione sul paesaggio o sulle persone. Edward sembra nervoso e più di una volta l'ho visto aprire bocca per poi ripensarci, come se non sapesse come iniziare un discorso. La cosa mi metteva in agitazione. In un certo senso sentivo che c'entravo io e temevo di scoprire quello che voleva dirmi.

« Scusami se sono stato un perfetto stronzo » alla fine decise di iniziare il sui discorso con una frase che fece nascere il sorriso sulle mie labbra. Pensai che non dovesse essere una cosa brutta, almeno per me.

Passammo davanti a un piccolo chiosco di gelati e Edward comprò due coni, si rifiutò di accettare la mia parte e si allontanò a passo svelto obbligandomi a corrergli dietro, leggermente instabile sulle zeppe.

Avevamo percorso qualche metro e ci eravamo seduti a una delle tante panchine che davano sul mare quando Edward prese a parlare.

« Questa settimana sono successe un sacco di cose e avevo bisogno di rimanere da solo ma non è stato corretto ignorarti. Ti dovevo almeno qualche spiegazione ».

« Non fa nulla, infondo non sono certo la tua ragazza a cui devi delle spiegazioni... » risposi nascondendo l'amarezza che provavo. Perché era quello che volevo ma sapevo che non sarebbe mai successo. Edward non era un Don Giovanni - lui stesso lo aveva ammesso - erano poche le donne con cui era stato, ma non amava i legami seri e che richiedevano un certo impegno da parte sua.

« Prima ti sarei piaciuto. Ero simpatico, molto socievole, piacevo a tutti, anche grazie al mio aspetto aitante... ».

« e soprattutto per la tua modestia... » lo schernì. Edward ridacchiò.

« Anche... Ero un bravo ragazzo, poi mio padre fece di tutto per smontare i miei sogni e le ragazze di cui mi innamoravo mi piantavano per lo stronzo di turno... »

« E cosi sei diventato tu lo stronzo di turno... » conclusi per lui.

« Già, patetico, vero? »

« Molto ».

« Ehi, dovresti dire di no e rassicurarmi... »

« A volte la verità fa male » affermai con un sorriso sornione stampato in faccia.

« Ma mi piaci anche così » ammisi, consapevole di entrare in un campo minato. « Non sei male quando ti lasci conoscere ».

Il sorriso che mi riservò era raggiante e splendente come il sole che capeggiava sulle nostre teste.

« Che ne dici di provarci? Tu ed io » disse di punto in bianco lasciandomi completamente stupita. La bocca aperta, la lingua fuori per leccare il gelato che aveva iniziato a gocciolarmi sulle mani.

« Come? » ero certa di aver capito male.

« Di provare a frequentarci apertamente, alla luce del sole. Ora che lavorerai con Aro non sei più una mia dipendente » sembrava teso, come se la mia reazione lo avesse spiazzato, ma era più che legittima. Le sue parole insinuarono in me un grande dubbio.

« Quindi mi prende solo perche io possa uscire con te e non per quello che so fare? » tutte quelle belle parole erano bugie?

Edward spalancò gli occhi e si rizzò a sedere piantando i suoi occhi nei miei.

« No, certo che no. Quello che Aro ha detto, è tutto vero. Anche se devo dire che quello di poterci frequentare apertamente è stato il mio primo pensiero. Dopo, però » specificò. Si girò per buttare il gelato non ancora finito nel cestino poco distante e tornò di fronte a ma con dare serio.

 D’improvviso, la voglia di gelato era sparita lasciando un senso di vuoto d aria. Il battito schizzò alle stelle e la panchina aveva iniziato a essere scomoda.

«Bella, credo... anzi no. Tu mi piaci, molto. Non so se è amore, credo sia presto per dire ciò ma mi piacerebbe darci una possibilità » e si fermò per farmi digerire le sue parole. Il cuore batteva sempre più forte. Una parte di me sapeva a che si riferisse, l'altra, più tragica e negativa diceva che era impossibile.

« Stai scherzando? » fu la mia uscita dopo diversi minuti di silenzio.

« No, non scherzo su una cosa del genere ma se per te non è lo stesso e la cosa è rimasta al piano puramente fisico. Lo accetto, prometto che non t’infastidirò pi...  »

Non lo la sciai finire. Lascia cadere il gelato a terra e prendendolo per le guance lo obbligai a spingersi verso di me e gli chiusi la bocca con la mia.

« Zitto, stai dicendo un mondo di cavolate » mormorai a pochi centimetri dalle labbra. Edward sorrise e quella volta fu lui a eliminare le distanze. Non incontrò nessuna resistenza da parte mia, anzi, artigliai i suoi capelli per spingerlo ancora di più vero di me.

« Credo sia il caso di andare in un posto più appartato » disse con voce roca e gli occhi lucidi di eccitazione. Si guardò attorno e continuò. « Stiamo dando spettacolo ».

Effettivamente tutti i passanti ci lanciavano diverse occhiate, chi maliziose, chi divertite o infastidite.

« Già, meglio andare prima che ci arrestino per atti osceni in luogo pubblico » concordai.

Mi porse la mano e abbracciati riprendemmo a camminare parlando della grossa opportunità datami da Aro e del mio sogno di aprire una casa discografica tutta mia.

« Cosa facciamo ora? » gli chiesi quando arrivammo alla macchina.

« Potresti invitarmi a casa tua » propose ammiccante.

« Non so se voglio » risposi con tono dubbioso.

« Beh… posso sempre lasciarti davanti a casa tua e io ti potrei seguire » ribatté con un sorriso che non lasciava nulla di sotto inteso.

« Vedremo » mormorai quando salì in macchina. Il viaggio fu silenzioso. Edward non la smetteva di alternare lo sguardo tra me e la strada, dal canto mio, imperterrita, osservavo il panorama sfrecciare dal finestrino ma il suo sguardo era così penetrante che non potevo non percepirlo e la cosa mi divertiva parecchio. C’era qualcosa di frizzante in questo nostro gioco di silenzi e sguardi nascosti, il tutto avvolto dall’alone del desiderio.

 

 

Quando finalmente parcheggiò sotto casa mia, lo guardai trovando proprio quello che mi aspettavo.

Sorrisi, provocandolo e scesi dalla macchina lanciandogli una veloce occhiata maliziosa. Non se lo fece ripetere due volte e scese anche lui seguendomi a pochi passi di distanza mentre aprivo il cancello e percorrevo il piccolo vialetto d’ingresso.

A metà strada mi fermai e di riflesso anche i suoi passi cessarono, girai la testa guardandolo di sottecchi e lui era lì a sorridermi sghembo e, desiderosa di continuare quel nostro gioco, mi voltai e ripresi a camminare per poi fermarmi solo quando ebbi raggiunto la porta d’ingresso giusto il tempo di aprirla e senza preoccuparmi di tenerla per lui e iniziai a salire le scale. La porta non si chiuse subito, segno che era riuscito a entrare e quando i suoi passi risuonarono sugli scalini, iniziai a correre fermandomi a ogni pianerottolo per guardarlo mentre con scatti degni di un velocista recuperava terreno. Ridevo quando la mancanza di fiato me lo permetteva e gioì quando finalmente raggiunsi il mio piano. Presi in considerazione la possibilità di iniziare a praticare jogging per migliorare la mia pessima resistenza ma il pensiero com’era venuto se ne andò. Ero troppo una scansafatiche per farlo davvero.

Edward fu dietro di me in poco tempo, solo che lui, a differenza di me, sembrava appena uscito dalla doccia, se non per quel lieve strato di sudore sulla fronte e il viso un po' accaldato.

Beh, lui ogni mattina andava a correre ed era più allenato di me che al contrario preferivo dormire il più possibile.

« Sembriamo due ragazzini » dissi mentre riprendevo fiato.

« Lo siamo ancora, non siamo poi così vecchi » disse in risposta. Mi appoggiai alla porta e con le mani dietro la schiena lo osservai squadrando ogni centimetro del suo corpo.

« Le piace quello che vede Signorina Swan? » iniziò mentre lentamente eliminava l’esigua distanza che ci separava. Alzai il viso per osservarlo e sorrisi mentre gli circondavo il collo con le braccia.

« Molto, Signor Masen » soffiai sulle sue labbra prima che queste si avventassero fameliche sulle mie.

 

 

Era passata una settimana e mezza da quando avevo firmato il contratto e avevo dato le mie dimissioni. Avevo cercato una nuova assistente e l’avevo istruita su quelli che sarebbero stati i suoi compiti. Si chiamava Jane, era appena uscita dall’università ed era più che entusiasta di iniziare quel lavoro gramo. Per certi versi mi ricordava me il primo giorno di lavoro, esaltata e con l’idea del mondo ancora innocente e fiabesco.

La C-Major mi sarebbe mancata. Per quattro anni era stata la mia casa, certo anche causa di profonde crisi depressive ma mi aveva vista crescere, maturare ed era sempre li che avevo incontrato l'uomo più importante della mia vita in quel momento. Edward.

Quell'uomo cinico e disilluso che aveva ricominciato a credere nella musica.

Ringraziavo ogni giorno Jessica per avermi dato la possibilità di andare a casa sua e di iniziare così la nostra storia.

"Ti amo" spesso quelle due parole erano state sul punto di uscire dalla mia bocca ma mi ero sempre morsa la lingua in tempo. Avevo paura di spaventarlo pronunciando quelle parole che significavano un coinvolgimento profondo e una visione ben definita del nostro futuro. Certo non eravamo più come all’inizio, in cui non sapevo come definirci, avevamo chiarito che lui mi piaceva ed io piacevo a lui e che avremmo provato, ma da qui a dire quelle due paroline credevo che da parte sua ci fosse ancora molta strada.

Solo una volta glielo confessai, quando eravamo tornati dall’incontro con Aro, Edward era rimasto da me e mentre lo osservavo dormire quelle parole mi erano scivolate fuori. In risposta lui si era girato dandomi le spalle e aveva iniziato a russare piano. Confesso che in un primo momento c’ero rimasta male e quando lui si era svegliato la mattina dopo, non gli avevo rivolto la parola per un po'.

 

 

Subito dopo l'incontro con James, le voci di una nostra possibile relazione erano iniziate a girare e spesso giungevano alle mie orecchie frammenti di discorsi interrotti proprio quando facevo il mio ingresso. Certo mi dava fastidio ma cercavo di non curarmene proprio per non dare loro la conferma che cercavano e quel viscido poteva dire quello che voleva ma Alice se lo era guadagnato ed io avevo lavorato sodo per ottenere quello che avevo e in ogni caso, entro breve non lo avrei più rivisto, lui e tutta la schiera di oche e comare che popolavano l’ufficio e non sarebbe più stato un mio problema.

Quello che non avevo calcolato era il fatto che queste potessero giungere alle orecchie del capo. Dovetti confessargli tutto, anche dell'incontro nel bagno con James e delle sue allusioni.

Dire che era indiavolato non spiegava tutta la rabbia che trasudava da ogni poro. " Gli spacco il muso" aveva affermato in un impeto di rabbia. Alla fine non aveva fatto gesti pericolosi ma dal giorno seguente aveva dato inizio all'operazione “torturare James”. Lo aveva tartassato di lavoro, togliendogli quasi tutti i privilegi di cui aveva goduto fino a quel momento, e gli stava sempre con il fiato sul collo per mettergli ansia.

Per quanto potesse sembrare abuso di potere, e quindi era una cosa scorretta, non potei negare di aver gioito nel vederlo andare nel panico e ascoltare i rimproveri di Edward davanti a tutto lo staff, a volte anche per un motivo che non dipendeva direttamente da lui.

 

Venerdì arrivò in fretta, così il mio ultimo giorno di lavoro, e a sorpresa i miei, ormai ex colleghi, avevano organizzato una piccola festicciola dopo l'orario di chiusura per salutarmi come si deve. C’erano tutti, persino quelli della sicurezza e il custode, che più di una volta mi aveva visto stare in ufficio fino a tarda ora per completare quello o quell’altro progetto.

Non ero riuscita a non piangere quando, uno a uno, i miei amici erano venuti a salutarmi.

Con Rose, Angela, Jessica, e forse anche Jake, avrei certo mantenuto i contatti ma altri li avrei persi, come Lauren o Mike, certo, loro ero invece felice di lasciarmi alle spalle. Primo tra tutti, James.

 

 

« Ecco l'ospite d’onore. Perché te ne stai nascosta? »

Jake fece il suo ingresso nella sala registrazione, dove mi ero rifugiata per stare un po' da sola. La stessa sala che aveva visto me e Edward lascarci andare senza preoccuparci del pericolo di essere scoperti. Quella mi sarebbe certamente mancata.

« Stanno tutti  bevendo e divertendosi, non avranno notato la mia assenza ».

« Io si, » affermò avanzando di qualche passo nella sala. « Mi mancheranno i tuoi manicaretti alla mattina e il non vederti schizzare per tutto il piano ». Entrambi liberammo una leggera risata.

« Beh, per la seconda parte a me un po’ meno » dissi ripensando alle maratone che avevo dovuto fare.

Ero attratta da Jake ma nulla in confronto a quel sentimento totalizzante e unico che prepotente mi spingeva verso Edward. Guardai il mio amico e solo un leggero formicolio allo stomaco fu quello che provai. No, non c'era confronto.

« Ma la C-Major mi mancherà moltissimo e anche voi mi mancherete » gli dissi mentre mi spostavo tra gli strumenti, sfiorandoli e provocando di tanto in tanto qualche suono sconnesso.

« Bella… » la voce di Jacob mi arrivò vicino all’orecchio e il suo alito caldo. In quel momento non ci diedi peso e onestamente non mi ero accorta della sua vicinanza e così il mio stupore era giustificabile quando una volta che mi girai per ascoltare quello che aveva da dire, trovai il suo viso a pochi centimetri dal mio e non ebbi nemmeno il tempo di spostarmi che le sue labbra furono sulle mie.

Quante volte lo avevo sognato quel momento nell’ultimo anno ma dopo ciò che era successo, non c’era nulla di peggiore di Jacob che mi baciava.

No, non doveva succedere.

Non ci misi molto a riprendermi dallo stupore e con garbo lo allontanai. In bocca avevo il suo sapore, dolce e fruttato. Non era quello che volevo, io volevo sentire solo quello speziato e pungente di Edward.

Edward! Con terrore realizzai che lui era fermo dall’altra parte del vetro con espressione ammutolita e non si premurava di nascondere la delusione. Lo vidi uscire a passo di carica e sebbene il primo istinto era quello di corrergli dietro e dirgli che non lo avevo tradito visto che non mi passava nemmeno per l’anticamera del cervello, rimasi ferma davanti all’altro ragazzo.

Dovevo chiarire con Jake, dovevo chiudere la questione.

« Jacob senti… » iniziai senza nemmeno conoscere le parole giuste per servirgli un due di picche. Anche lui aveva visto il suo capo uscire furibondo e dalla sua espressione era chiaro che aveva capito.

« Avevo notato che le cose erano cambiate nell’ultimo periodo » mi bloccò lui con tono amareggiato. « Ho tergiversato per timore e ora ho perso il treno » disse rivolgendomi un sorriso amaro.

« Mi spiace » fu l’unica cosa che riuscì a dire.

« No, non scusarti. Vai da lui e chiarisci o mi renderà la vita impossibile sul lavoro » aggiunse per stemperare la tensione. Abbozzai un sorriso e lo abbracciai riconoscente.

« Vado » mormorai. Mi alzai in punta di piedi e gli lascia un bacio sulla guancia. Magra consolazione per lui ma era tutto quello che potevo offrirgli. « Grazie per aver capito ».

Liquidai il più velocemente possibile i colleghi che mi si piazzavano davanti con la scusa di non stare bene e ignorai le domande sul perché il capo era uscito come se fosse un toro scatenato. Non si prospettava facile spiegargli quello che aveva visto.

Come una furia spalancai la porta d’ingresso e lo cercai nel parcheggio, con la giacca in mano si era incamminato lungo il marciapiede, lasciando la macchina parcheggiata al suo solito posto.

« Edward! Aspetta! Lasciami spiegare ».

Una risata amara arrivò dalla sua direzione. Non si fermò e non si degno nemmeno di girasi verso di me.

« Non c’è nulla da spiegare, Isabella » mi fece male il fatto che usò il mio nome per intero come aveva fatto per quattro anni, mi faceva tornare indietro a quei momenti quando eravamo due competi estranei, « ci vedo benissimo e so quello che stavate facendo, grazie » fu la sua risposta sarcastica.

« No, è stato lui a baciarmi » dissi prendendolo per un braccio e obbligandolo a girarsi verso di me « quando mi sono girata me lo sono trovato davanti e mi ha baciato. Io non ho potuto fare nulla, ma l’ho allontanato subito ».

« Oh, si, ho visto » sempre più sarcastico.

«  È vero. Okay? Ero… mi ha preso in contro piede e non ho reagito subito ma questo non vuol dire che abbia ricambiato o apprezzato » terminai ansante. Avevo messo tutta l’enfasi e la determinazione che avevo. Doveva credermi.

« Basta stupidaggini. Torna dal tuo bello » ringhiò strattonando e liberandosi dalla mia presa. Riprese a camminare sempre più lontano da me.

Una fitta di dolore mi attraversò il cuore, perché non aveva fiducia in me dopo che avevamo deciso di provarci seriamente?

Lo detestavo per quello che aveva insinuato. Perché doveva essere così idiota’

« Edward Masen! » urlai mentre con le lacrime agli occhi lo rincorrevo per prenderlo a sberle. Letteralmente.

« Bella! » disse stupito quando il primo schiaffo raggiunse il suo braccio e continuò a chiamarmi per smetterla mentre io prendevo di mira il suo petto, la sua testa, il collo, insomma tutto quello che potevo raggiungere e presto si aggiunsero anche i calci. Sfogavo la mia amarezza, il mio dolore e anche il mio amore deluso.

Edward cercava di difendersi come meglio poteva, braccia alzate, testa bassa e indietreggiava per allontanarsi da me. Solo che io non ero d’accordo dal lasciarlo stare.

« Perché devi essere così stupito, scemo! » urlai lanciando l’ultimo schiaffo sull’avambraccio dell’uomo che avevo di fronte. Stanca, mi fermai per riprendere fiato anche se i singhiozzi non mi davano tregua.

Alzò lo sguardo esitante quando capì che non avevo più intenzione di colpirlo.

« Anzi no, » aggiunsi alzando le bracci al cielo, « sono io la stupida, la scema che s’innamorata un’idiota di nome Edward Masen. Dio, non avevo detto ti amo a nessuno ma l’ho detto a te! Dormivi quando l’ho fatto, ma è irrilevante. L’ho comunque fatto ».

L’avevo fatto, l’avevo confessato ma che serviva se lui mi credeva capace di andare con il primo che capita nonostante quello che c’eravamo detti nell’ultima settimana?

Progetti buttati al vento e parole vuote.

« Cosa? » disse incredulo, alzando la testa di scatto. Non ci badai ripresi possesso di me, decisa a rinchiudermi in casa con uan grossa quantità di gelato a farmi compagnia.

Lo amavo ma in quel momento me lo stava rendendo difficile.

« E ora me ne vado. Quando avrai ritrovato il tuo cervello, chiamami » lo avvisai e a testa alta girai i tacchi per tornare al parcheggio e recuperare la mia Vespa.

Con il senno di poi avrei capito la sua reazione, era vero che ci frequentavamo da mesi ma era stato senza impegno, solo da una settimana c’eravamo messi in gioco ma in quel momento non ci pensavo nemmeno, quello che pensavo era solo che lui era saltato subito alle conclusioni sbagliate senza esitazione.

Passai una mano sulla bocca per pulirmi, il sapore di Jacob era ancora nella mia bocca e non faceva altro che ricordarmi cosa era successo. Lo avrei strozzato assieme al suo compare.

Ero quasi all’ingresso del parcheggio quando mi sentì strattonare indietro.

« Ehi, ma che diamin… » la mia protesta venne soffocata da un paio di labbra carnose che conoscevo fin troppo bene e anche quel sapore speziato e pungente che volevo.

Mi lasciai andare ma la consapevolezza di quello che c’era stato prima, mi ricordò le sue parole e tentai di divincolarmi ma la sua presa me lo impediva.

« Ti amo » disse quando si staccò da me. « Scusami se sono stato idiota, ma vederti con Black. Non credevo di essere così geloso ».

Tutta la rabbia si scioglie di fronte alla sua confessione per essere sostituita da un calore che cresceva a ogni battito del mio cuore.

« Edward, io non ho… » mi interruppi cercando di ricacciare indietro il magone ma non ebbi bisogno di continuare perché lui capì.

« Lo so, lo so,… » ripeteva come una litania, annuendo. « Non ne saresti capace » mormorò infine con dolcezza.

« Quelle due paroline » perché non avevo più il coraggio di dirle ora che l’adrenalina era scesa sotto i livelli della norma, « non devi dirle perché l’ho fatto io ».

Edward sorrise dolcemente e mi accarezzò le gote arrossate.

« Ti amo ed è un dato di fatto e non ti lascerò a nessun Jacob Black del mondo » confessò facendomi nascere un sorriso estatico. « Ora dammi le chiavi della tua Vespa che devo farmi perdonare e convincerti a farmi restare » continuò alzando la mano con il palmo aperto e uno sguardo che prometteva molte cose.

Alzai la mano, lasciando che le chiavi penzolassero in aria e ondeggiassero come un pendolo. Pochi attimi e le lascia andare.

 

 

Facemmo l’amore, con calma, Edward, si muoveva sopra di me mormorando parole dolci mentre il mio corpo reagiva a ogni contatto. Per la prima volta facemmo l’amore con la consapevolezza di quello che provavamo l’uno per l’altra. E quando lui ci accasciò al mio fianco con un sorriso smagliante, mi accoccolai contro di lui, godendo delle sue carezze, parlando, ridendo e scherzando per poi ricominciare tutto daccapo.

 

 

« Sì, direi che puoi restare ».




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Ed eccoci all'ultimo capitolo di questa breve storia. Spero che vi sia piaicuta e che l'abbiate amata come l'ho amata io mentre la scrivevo. I vostri commenti mi hanno sempre riempito di gioia e vi ringrazio una a una per le bella parole che mi avete lasciato.
Ringrazio anche chi ha letto in silenzio e anche chi in futuro leggerà di questi due e magari deciderà di lasciare un pensierino del suo passaggio. GRAZIE INFINITE!

All'inizio parlavo di extra, che li avrei fatti solo se la storia fosse stata apprezzata e visto il rande numero di recensioni degli scorsi capitoli : ) molto probabilmente un primo extra arriverà presto, è solo abbozzato e forse sarà anche l'ultimo visto da diversi punti di vista - non so bene devo ancora organizzarlo. Ce ne saranno altri? Dipende da voi, se c'è qualche episodio che volete che sia raccontato o altro fatemelo sapere in un commento o sulla pagina
FB.

Credo di aver finito, spero di leggere qualche vostro commento a questo ultimo capitolo^^


 

   
 
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