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Autore: RedJoanna    01/05/2012    6 recensioni
Sono passati sei anni dagli avvenimenti del 2x17 e del 2x18. Beckett viene coinvolta in una pericolosa caccia al tesoro che riaprirà ferite nel suo passato e avrà per qualcuno un esito fatale...
Genere: Thriller, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Kevin Ryan | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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I personaggi non sono miei. Non ho scritto questa storia a scopo di lucro, ma per puro divertimento.


Introduzione: Sono passati sei anni dai fatti degli episodi 2x17 e 2x18.

Note dell'autore(eventualmente): Questa One-Shot è da leggere ascoltando Time di Hans Zimmer, fantastico brano tratto dal film Inception. Ecco il link di YouTube: http://www.youtube.com/watch?v=srrAm9Eiqcw
 
 
 

TIME

Correre. Solo correre. Non c’era tempo per fare altro, se non correre.
 
ore 21.59
Il cellulare vibrò sul suo comodino.
Castle, lampeggiava sul display.
Premette il pulsante verde e portò il telefonino all’orecchio.
            -Castle, se vuoi ancora parlare di…
            -Detective. Che piacere sentirti.
Non era Castle. Conosceva quella voce, ma sicuramente non era di Castle.
            -Chi parla?
            -Come?! Non mi riconosci? Mi ritengo offeso.
Digrignò i denti e strinse i pugni. Avanti, di chi era la voce al telefono?
-Senti, mi piacerebbe rimanere qui a parlare per ore con te, ma devo finire di scrivere il mio libro e ho bisogno di te perché l’ultimo capitolo sia di mio gradimento.
Il mio libro… l’ultimo capitolo…
Una storia di sei anni prima le tornò alla mente. Quell’aspirante scrittore che si divertiva a giocare con Nikki Heat per dimostrare di essere migliore di lei doveva essere in carcere. Ma Castle l’aveva ferito. E forse per questo non era mai neanche entrato in prigione.
            -Scott?
            -Oh, sono contento che tu ti sia ricordata di me. Nikki.
Scott. Scott Dunn. Era proprio lui. Lui, per il quale Kate Beckett non esisteva. Lui, che nel suo viso riconosceva Nikki Heat. Lui, che aveva tentato di ucciderla in tutti i modi. Lui, da cui Castle l’aveva salvata.
            -Perché hai il cellulare di Castle con te?
            -Non ho solo il cellulare con me. C’è anche lui.
-Kate, non fare quello che…
-Sta’ zitto, incapace di uno scrittore!
Sentì il sangue gelarsi nelle sue vene. Un brivido le percorse la schiena.
            -Castle!
-Non essere così in ansia per lui, Nikki. Lo riavrai tutto intero se farai esattamente quello che ti dico.
Non era una negoziatrice e, in tutta la sua carriera di poliziotto alla Omicidi, sapeva che non bisogna dare all’assassino quello che vuole. Mai. Ma per Richard avrebbe fatto qualsiasi cosa. Se Dunn le avesse chiesto casa sua, lei gli avrebbe chiesto dove firmare per cedergliela.
            -Cosa vuoi, Scott?
            -Voglio che tu ci trovi.
Corse verso la porta, con l’intento di dirigersi verso il distretto e far localizzare la chiamata da Ryan.
            -Non ci provare nemmeno, Nikki.
Si fermò. Possibile che avesse sentito il rumore dei suoi passi? Era scalza. Si guardò intorno: ci doveva essere qualche telecamera nascosta da qualche parte. Qualcuno la teneva d’occhio, giorno e notte, da chissà quanto tempo.
            -Se fai parola di tutto questo a qualcuno, il tuo amico muore.
Si piegò sotto il tavolo: niente, nessuna microspia.
            -Se cerchi la telecamera, il tuo amico muore.
Si sollevò di scatto. Strinse i pugni e si morse la lingua. Riusciva a vedere Castle seduto sullo sporco pavimento di un bunker freddo e umido, con le mani legate dietro la schiena e una pistola puntata dietro la nuca.
            -Se fra due ore non sei qui, il tuo amico muore.
            -Due ore?! È troppo poco!
            -È una sfida fra me e te, Nikki. E io sono in vantaggio.
Silenzio, poi un suono ritmico nelle orecchie. Dunn aveva tolto la chiamata.
Lasciò cadere il cellulare sul tavolo. Sapeva di essere osservata, quindi avrebbe dovuto giocare secondo le regole. E due ore di tempo era dannatamente poco. Castle era in pericolo e lei non sapeva neanche da che parte cominciare per salvarlo. Tornò in camera da letto, strisciando i piedi e cercando di concentrarsi.
E, sulla coperta, trovò il fascicolo sul caso Dunn firmato da lei stessa.
 
            Non c’era tempo da perdere. Anzi, non c’era tempo, punto. Anche il vento correva, in senso inverso, cercando di impedirle di proseguire. Ma, anche se fosse arrivata la fine del mondo, lei avrebbe continuato a correre.
 
ore 22.31
Con il fascicolo del caso Dunn sul sedile del passeggero, si era diretta a tutta velocità all’appartamento di Scott. Aveva oltrepassato la fascia gialla che poneva a sequestro la casa ed era entrata. Era tutto esattamente come lo ricordava: un monumento dedicato al suo alter ego.
Era convinta che Scott aveva già progettato tutto. Si era introdotto in casa sua per lasciarle il fascicolo sul letto, probabilmente come aveva già fatto sei anni prima con la bomba predisposta ad ucciderla: travestendosi da poliziotto.
Il suo modo di pensare e di indagare era ormai descritto per filo e per segno nei romanzi di Castle, quindi Scott aveva previsto che la sua prossima mossa sarebbe stata tornare a casa sua. E lì le aveva lasciato un indizio.
Si avvicinò ad osservare il grande collage di ritagli di giornale e di libri colorati che componevano il suo viso. E, sui suoi capelli, era stato scritto a grandi lettere nere: una volta mi sono nascosto e non mi avete trovato. Pensi che accadrà di nuovo?
Ricordava bene dove si era nascosto mentre la polizia faceva un sopralluogo. Lei l’aveva capito solo giorni dopo. Ma adesso non avrebbe commesso lo stesso errore.
 
Era buio e la città che non dorme mai sembrava essersi assopita. Ma lei doveva continuare a correre, perché non c’era tempo.
 
ore 23.04
Casa di Donald Salt distava venti minuti dal condominio dove Dunn viveva. Scott aveva usato Donald per depistare le forze dell’ordine. Tutti credevano di aver trovato il colpevole degli omicidi volti a mettere alla prova Nikki Heat. Salt sembrò suicidarsi, ma Castle non ne fu mai pienamente convinto e riuscì a dimostrare che Donald era stato ucciso.
Da Scott Dunn.
Era inverno, a New York, e faceva freddo. Tirò su la zip del giubbotto fino alle labbra e, infranti i sigilli dell’appartamento di Salt, entrò. Aveva con sé la torcia d’ordinanza, ma avrebbe ricordato i passi da compiere verso il nascondiglio nella parete anche ad occhi chiusi.
            Sentì il respiro mancarle al pensiero che forse ce l’aveva fatta. Mancava poco meno di un’ora allo scadere dell’ultimatum e lei li aveva trovati. Non pensava alla vittoria della sfida, no. Non vedeva l’ora di stringere Richard fra le sue braccia.
            Martha era in tournée e Alexis si era trasferita in California per completare i suoi studi. Ringraziò il cielo che non fossero a New York e non sapessero niente del rapimento di Castle: lei non avrebbe potuto dare loro spiegazioni e sapeva quanto bruciasse riporre tutta la propria fiducia nelle forze dell’ordine e venire poi ignorati nel rivolgersi ad un poliziotto.
            Inspirò ed espirò ancora una volta. Impugnò la pistola e, pronta a fare fuoco, tirò un calcio al pannello che copriva la nicchia nel muro.
            Ma non c’era nessuno.
Tutto era totalmente buio, ma non si sentiva il suono e il calore del respiro umano. Lasciò scivolare il cono di luce della torcia all’interno. Sul pavimento c’era un biglietto: pensavi di avercela fatta? Non sai quanto mi dispiaccia deluderti. Temo che arderò nelle fiamme dell’Inferno per questo.
            Le fiamme dell’Inferno.
Questa era fin troppo facile per lei.
 
            Il tempo continuava a correre, con la sua violenza impietosa. E lei lo rincorreva, in un disperato tentativo di trattenerlo, di fermarlo.
 
            ore 23.36
            Aveva superato il limite di velocità rischiando di provocare stragi almeno tre volte, ma non ci aveva dato peso. E adesso era arrivata in quel luogo che aveva sempre amato, ma che si sarebbe trasformato in una trappola mortale per lei, se non avesse avuto Castle.
            La sua vecchia casa.
Scott si era travestito da poliziotto e si era introdotto in casa sua per piazzare una bomba nel suo salotto. Ma Castle, che non aveva creduto al suicidio di Salt, l’aveva chiamata, mentre correva da lei. Aveva intuito che qualcosa di terribile stava per accaderle. Si era gettata nella vasca da bagno mentre l’ordigno riduceva il suo appartamento in fuoco che ardeva intorno a lei. E a Castle, che era riuscito a entrare in casa sua per portarla fuori.
            Per salvarla.
Le fiamme dell’Inferno. Era indubbiamente quello che Dunn intendeva. Con la torcia ad illuminarle il cammino, si fece strada fra i suoi ricordi e la sua vita di sei anni prima ormai inceneriti.
            Quella sera credeva di aver perso tutto. Ma Castle c’era. Castle non l’avrebbe mai abbandonata, avrebbe fatto di tutto perché loro due rimanessero insieme.
            E ora anche Castle probabilmente pensava di essere rimasto da solo con la morte. Ma lei non avrebbe mai permesso che Richard se ne andasse. Mai.
            Dov’erano? Dov’erano nascosti?
            -Scott! Scott, sono Nikki! Dove sei?
Inciampò in qualcosa. Puntò la torcia dove i suoi piedi avevano incontrato qualcosa di duro. La sua vasca da bagno. Quella nella quale era saltata durante l’esplosione. E, sul fondo, c’era scritto, con un pennarello nero: niente neanche qui. Nikki, stai perdendo a questo gioco dell’oca. Penalità: torna al punto di partenza.
            Il punto di partenza?
            Non era possibile.
           
Non c’era tempo. La notte era ormai del tutto calata, le luci della città si spegnevano e le stelle e la luna si nascondevano fra le nuvole. Continuava a correre, ma il tempo era sempre molto più avanti di lei. Non c’era tempo ora, neanche per correre.
 
            ore 23.57
            Un incidente sulla Lexington. Ci mancava solo quella.
Una colonna di auto impediva il passaggio anche alla Crown Vic nera che cercava di farsi strada a sirene spiegate. Non c’era tempo, mancavano pochissimi minuti alla mezzanotte. Pochissimi minuti prima che Richard sentisse il freddo della canna di una pistola sulla nuca e poi la sua testa si dissolvesse in una nuvola di sangue.
            In macchina non sarebbe andata da nessuna parte.
Accostò al marciapiede, spalancò la portiera e si scaraventò fuori, all’inseguimento del tempo che, nonostante le sue preghiere, non sembrava intenzionato a fermarsi.
            E il pensiero che Dunn l’avesse tenuta d’occhio per chissà quanto tempo raddoppiava il battito del suo cuore. Non era mai stata al sicuro, neanche fra le mura di casa sua. Scott aveva preparato tutto sotto i suoi occhi. Probabilmente, quando le aveva telefonato, era nascosto in casa sua, come era accaduto con Donald Salt. E Richard era con lui. Si sentì una totale idiota mentre la paura le stringeva le caviglie cercando di bloccarla.
            Il telefono vibrò nella sua tasca.
            Castle.
            -Scott, sto arrivando- urlò nell’altoparlante, con l’affanno che impastava le sue parole, senza smettere di correre verso casa sua.
            -Il tempo sta per scadere, Nikki.
            -No, arriverò in tempo. Sono qui, Scott.
Svoltò nella traversa di casa sua.
            -Bisogna imparare ad accettare di aver perso.
            -Ma io non ho perso! Sono qui, sto arrivando!
            -Manca un minuto alla mezzanotte, Nikki. Te lo concedo per dire addio all’uomo che ha pianto per te tutto il tempo.
            -Scott…
            -Kate.
Castle. Dalla voce trasparivano le lacrime che continuavano a scendere lungo le sue guance e i singhiozzi che gli squassavano il petto.
            -Richard!
            -Kate, non venire qui. Ti prego, non farlo.
            -Non ti lascio morire. Io non ti lascio più.
Sfondò con un calcio il portone del suo condominio e si lanciò su per le scale.
            -Ti ucciderà se metti un passo in casa tua! Nei suoi libri è sempre lui il detective migliore. E per lui non c’è differenza tra la fantasia e la realtà.
            -Questo sarà il suo ultimo libro. E avrà un finale diverso dal solito.
            -Kate, non abbiamo tempo. Ti amo. Te l’ho già detto, ma tu stavi morendo e non te lo ricordi e…
            -No. Io lo ricordo perfettamente.
Era arrivata. Non prese fiato, non respirò. Aveva quasi raggiunto il tempo, tese una mano per afferrarlo… tirò un calcio alla porta ed entrò in casa, con la pistola spianata. Scott era in piedi, al centro del salotto. Richard era accovacciato sul pavimento, con le mani legate dietro la schiena. E, in ginocchio dietro di lui, con la pistola puntata alla sua nuca, c’era un uomo che non si sarebbe mai aspettata di vedere.
            -Kevin…- mormorò.
            -Un colpo basso, eh, detective Heat? Lui è sempre stato dalla mia parte.
Kevin Ryan si alzò in piedi. Aveva gli occhi colmi di lacrime e non riusciva a guardare negli occhi la sua collega.
            -Kate… mi dispiace. Mi dispiace da morire. Lui mi aveva detto che, se non l’avessi fatto, Jenny sarebbe morta e mia figlia…
            -Non c’è tempo per spiegare, Kevin. Avanti, sparagli!
            -Ryan, non farlo!
            -Tua moglie e tua figlia- gli ricordò Dunn.
            -Kate… mi dispiace- sussurrò ancora Ryan, prima di puntare la pistola contro la testa di Castle. Lui non provò neanche a rotolare via. Aveva le spalle curve, ma i suoi occhi erano rivolti a quelli della donna che amava.
Lei gettò la pistola e il cellulare a terra e si lanciò verso Richard.
            -No!
Uno, due, tre colpi fendettero l’aria, rimbombando nelle orecchie dei presenti. Lei strinse forte fra le mani la testa dell’uomo che amava, che aveva sempre amato e che avrebbe amato per il resto della vita.
            -Ti amo, Richard. Ti amo- mormorò, prima di sentire la testa improvvisamente pesante e vuota. Avvertì altri due colpi sfrecciare accanto a lei. La microcamera che Ryan aveva piazzato fra i suoi capelli scivolò sul pavimento. Intravide Scott Dunn accasciarsi senza vita accanto a lei. Delle voci chiamavano il suo nome, ma solo la loro eco confusa arrivava alle sue orecchie. Le mani di Richard erano libere, la stringevano contro il suo petto. Le sue labbra si muovevano, ma lei non sentiva cosa stesse dicendo.
            -Ti amo e ti amerò. Per sempre- sussurrò Kate.
L’ultima cosa che vide furono gli occhi azzurri di Richard riempirsi di lacrime.
Poi fu il buio.
 
   
 
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