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Autore: Dolcemaia    24/11/2006    3 recensioni
Sono passati alcuni anni. Bella ed Edward sono ancora insieme, ma la reticenza di lui a non voler condividere con lei la sua natura 'diversa' li porterà inevitabilmente a scelte difficili, forse sbagliate, forse irrazionali, ma dettate dall'amore...
Genere: Romantico, Malinconico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Volevo solo scusarmi per il ritardo con cui arriva questo capitolo e ringraziare tutte le perosne che hanno commentato.. grazie mille!! ^^


Capitolo 3


L’atmosfera era pesante, la tensione si poteva tagliare con il coltello. Per un attimo mi resi conto che l’uomo che avevo davanti era più simile ad Edward di quanto loro stessi non potessero rendersi conto. Chiaramente non era di certo per il colore degli occhi, della pelle, o quell’aura di leggiadria che li circondava. Era proprio una questione di sensazioni. Non credo che nemmeno il vero padre biologico del mio amato vampiro, avrebbe potuto essere più simile a lui, di quanto non lo fosse Carlisle. Forse era per questo che tutta la rabbia e la frustrazione che provavo, erano venuti fuori in maniera cos semplice, così disarmante, senza che io riuscissi a fermarle.
Sapeva perché ero lì. Sapeva cosa volevo, non l’avevo mai chiesto a lui, stupidamente mi ero illusa che un giorno o l’altro Edward avrebbe capito, si sarebbe reso conto, avrebbe sentito il mio desiderio dirompente di essere come lui, di essere unita a lui in un vincolo che era assai più forte di due fedi, un abito bianco ed una torta a più piani, ma non era accaduto. Non aveva capito, o meglio, non aveva voluto capire ed io, a quel punto, sapevo di non poter più aspettare. Ero stanca. Carlisle mi fissò in una maniera strana, non cattiva, assolutamente no; non credo nemmeno fosse in grado di provare sentimenti di quel genere, era troppo buono, ma leggevo nei suoi occhi pietà.. pietà per me. Se avessi ragione o meno, non ero nella condizione psicologica per poterlo capire, sentivo solo quello sguardo compassionevole su di me, e mi faceva sentire sbagliata, una povera anima da compatire. Ma io non ero da compatire, io volevo solo ascoltata. Per una sola volta e per davvero.
“Ti prego… ti imploro, non saprei nemmeno io cosa fare o che dire di più, ma ti prego…” le parole mi venivano fuori in maniera sconnessa e quasi incomprensibile, lo stavo pregando, lo stavo supplicando, avevo del tutto perso il senso della misura, sapevo di non avere vie d’uscita e sebbene, fossi troppo scossa per riuscire a dare un senso logico a quello che dicevo, lo scopo per cui ero lì era abbastanza chiaro a tutti quanti. Presenti nella stanza e non. 
“Qualsiasi cosa, sono disposta a fare qualsiasi cosa! Ho bisogno del tuo aiuto!” lo scongiurai ancora, quasi inginocchiandomi davanti alla sua scrivania. In un altro momento non l’avrei fatto, ero diventata più grande, più matura, più dura di fronte alle difficoltà, non mi sarei mai sognata di piegarmi così, di diventare patetica al punto da guardare quell’uomo con le lacrime agli occhi e supplicare, in modo così penoso, così fragile, così umano. Eppure, in quel momento, nonostante quasi riuscissi a vedermi dal fuori, non potevo farne a meno. 
Era davvero quello l’effetto che l’amore di Edward mi aveva fatto? Mi ero davvero ridotta al punto di diventare un ameba incapace di desiderare altro che la dannazione eterna pur di stare con lui?
Era come se estraniandomi dal mio corpo stesso, riuscissi ad osservare quel meraviglioso castello di cristallo fatto dai miei sogni, dal mio amore per lui ed il mio desiderio di stargli accanto, sbriciolarsi in mille piccoli pezzetti sotto il peso della disperazione più totale e spingermi a non pensare più all’orgoglio, alle buone ragioni, alla dignità. Dopotutto rispecchiava esattamente quello che ero… disperata.
“Bella non posso..” rispose Carlisle estremamente mortificato. Non metto in dubbio che per lui non fosse difficile, però in quel momento non lo capivo. Mi era estremamente difficile, comprendere gli altri. Egoisticamente udivo solamente il mio cuore subire l’ennesimo colpo. Ammettere l’ennesima sconfitta, per poi rendermi conto che lui era più forte di me. Edward era infinitamente più forte di me. In tutto e per tutto. Quasi riuscivo ad immaginarlo, lui, un bravo burattinaio che sistemava tutte le questioni irrisolte, che imponeva alla sua famiglia di non immischiarsi, di restarne fuori, di non rendermi parte di qualcosa che non desideravo per capriccio, ma per amore...
“Sai che ti considero come una figlia e provo un profondo affetto per te, ma..” disse cercando di giustificarsi in qualche modo, ma la frase che aveva iniziato la conclusi io.
“..ma non abbastanza per metterti contro di lui, vero?” gli domandai appena sarcastica. Era ormai chiaro, se non avessi convinto Edward, non avrei mai concluso nulla, tutti mi amavano, mi adoravano, ma non al punto di prendere una posizione contro l’unica persona che non mi avrebbe mai dato la sua approvazione. Sarebbe stato impossibile convincere Edward a fare di me una sua simile, ero rassegnata a questo, e adesso capire a chiare lettere che nessuno si sarebbe schierato dalla mia parte, che nessuno avrebbe dimostrato assieme a me che non era la via giusta da prendere la sua, mi faceva letteralmente impazzire e contemporaneamente mi atterriva.
“Io capisco come tu possa sentirti..” accennò lui, alzandosi dalla poltrona per poi venire ad accovacciarsi accanto a me, ma lo scacciai in malo modo, alzandomi furiosa.
“NO!!!” affermai decisa, scattando in piedi come se fossi una belva inferocita “Non dire che capisci. Tu non puoi capire. Nessuno di voi può capire! Né tu, né Esme, né Alice e nemmeno Edward.” urlai non so nemmeno io quanto forte, mentre una lacrima titubante, mi solcava il viso. “Voi siete sempre stati qualcosa di definito, siete stati umani, e siete stati vampiri. Avevate uno scopo, io no. Io non sono né carne, né pesce. Me lo sai spiegare tu come si fa a vivere così? Capisci davvero, Carlisle cosa significhi essere un ibrido? Condannata in questo limbo senza riuscire a trovare pace, senza riuscire a capire cosa sono, cosa voglio e dove posso arrivare? Non sono un vampiro, e probabilmente non lo sarò mai, e non è nemmeno questo a sconvolgermi, quanto il fatto che non riusciate a capire che non sono nemmeno umana! E’ chiaro come il sole, ma sembra che nessuno se ne accorga. Una parte di me umana non lo è più, da novant’anni e passa, e parlo di Edward perché lui è me. E’ la parte migliore di me, di quella di cui non potrei fare più a meno.” Ammetto in maniera disarmante, lasciando che la mia voce diventi quasi un sussurro.
“E’ come se mi fossi persa in mezzo al mare, provo a nuotare, annaspo, vengo sommersa dalle onde violente, ma non riesco a muovermi, resto sempre bloccata lì, perché c’è un macigno a cui sono legata che non mi permette di mettermi in salvo. E questo macigno non è Edward, contrariamente a quello che stupidamente lui continua a pensare, ma la mia natura. Credi ancora di poter capire cosa si prova?” domandai al povero medico davanti a me. Stavo degenerando e non riuscivo nemmeno a rendermene conto. Di colpo gli argini si erano rotti, ed il fiume che avevo sempre tentato di contenere, stava distruggendo tutto senza controllo.
“Si sta nascondendo dietro un falso buonismo e questo lo sai anche tu. Edward non vuole perdere la mia anima, non vuole che viva il suo stesso inferno, ma non si rende conto che mi sta condannando ad un purgatorio assai peggiore, del quale non vedo l’uscita. Amo un uomo che mi è permesso avere solo per metà, vivo una vita che è solo per metà come la vorrei, credi davvero di poter capire? E’ solo un suo atto di egoismo, non di amore! Sono io a chiederglielo, sono passati anni, ed il mio desiderio di diventare come lui, di poter finalmente vivere una vita ‘vera’ con lui, non si è attenuato affatto, eppure continua ad evitare, a temporeggiare, a negare!! Finirò per odiarlo. Odiarlo perché lo amo troppo, e non mi permette di farlo come vorrei…” e abbasso lo sguardo prendendo fiato e asciugandomi con rabbia le guance con le maniche della mia t-shirt ancora umida. 
“Questo lo rende davvero felice? Questo quieta davvero la coscienza? Perché per me non è così! E’ un inferno. Un inferno fatto di cristallo. Sono affamata, e ho davanti a me la torta più grande e deliziosa del mondo, ma posso solo vederla, perché c’è una spessa lastra di vetro nel mezzo che mi impedisce di toccarla. E non so quante volte ho provato a romperla, ma non c’è verso… Nessuno può capire, nemmeno Edward..”
“Bella..” era proprio la sua voce quella che mi aveva appena chiamata?
Non ebbi bisogno di voltarmi per accertarmene. Sapevo che Edward era lì, e sapevo anche con che sguardo mi avrebbe guardata, se mi fossi voltata. Un sorriso sarcastico solcò il mio viso.
“Avrei dovuto immaginarlo, no?” sussurrai a voce bassissima, mentre con il dorso della mano, cancellavo ancora una volta le tracce delle lacrime. Non volevo che le vedesse, non volevo che sapesse quanto in realtà ero debole. Non sarebbe cambiato niente, anzi, probabilmente questa mia fragilità l’avrebbe convinto ulteriormente di aver ragione. Fu lui però ad avvicinarsi, feci in tempo solo a scorgere che con il capo faceva un cenno a Carlisle, che a sua volta raggiunse Esme sulla porta. Dopodiché più nulla. Sentì solo le sue braccia circondarmi la vita e poi il suo petto gelido contro il mio viso.
Mi strinse, mi strinse forte, come forse aveva fatto solo in situazioni davvero brutte, ed io a quel punto non riuscì a mantenere più il minimo di autocontrollo che fino a quel momento mi ero illusa di avere. Piansi. Non saprei nemmeno per quanto tempo, ma versai fino all’ultima lacrima singhiozzando come una bambina.
Il perché di una reazione così forte, non lo conoscevo e non lo conosco nemmeno adesso. Forse è sempre stato tutto più grande di me. Prima dovevo fare da madre a Renèe a Phoenix, poi badare a Charlie a Forks, e adesso affrontare una storia così complicata con Edward. Mai nulla è stato facile nella mia vita. Certo, c’è di peggio, c’è sempre di peggio, ma non volevo qualcosa di così assurdo dopotutto. Per la prima volta desideravo davvero essere normale, avere una famiglia normale, con i pranzi della domenica ed il tacchino il giorno del ringraziamento, ed un amore normale. 
Quello era solo il botto finale.
Edward mi sollevò tra le braccia, mentre mi rifugiavo nascondendo la testa nell’incavo del suo collo, e poco importava se sentivo freddo fin dentro le ossa, era lì che volevo stare. Mi portò nella sua stanza e mi posò delicatamente sul divano, per poi coprirmi con una coperta. Carlisle, contrariamente a quanto avevo pensato, non era andato via. Ci seguiva silenzioso, ma non ne ebbi la certezza che quando mi porse un bicchiere d’acqua con delle pilloline colorate. Provai a protestare, a dirgli che non volevo niente, una tranquillità chimica non avrebbe cambiato le cose, non avrebbe cambiato Edward. Ma la mia forza di volontà era pressoché nulla, perciò ad un secondo cenno di insistenza, mandai giù tutto senza emettere suono.
Non appena Edward mi si avvicinò di nuovo, afferrai il suo braccio e lo costrinsi a sedersi accanto a me sul divano. Lo odiavo, eppure lo amavo da morire. Un’altra delle mie contraddizioni, di certo la peggiore. Quindi tutta arrotolata nella coperta mi addormentai tra le sue braccia, scivolando in un sonno profondo, pesante, senza sogni.

  
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