[Dal capitolo terzo]
La signorina d'Armilly, abbandonato ogni contegno, le si avvinghiò contro, rispondendo appassionatamente all'amica. E non si curò del fatto che qualcuno potesse vederle dal finestrino della carrozza perché il suo mondo ora vorticava così velocemente attorno a quelle dolci labbra tanto che non si ricordava quasi di respirare. Perché quello che provava in quel momento, era la magica e vecchia favola che incendiava i cuori di tutte le fanciulle mentre sospiravano malinconiche guardando il tramonto da sole, era tutto ciò che ogni ragazza sognava di trovare nella propria vita e che lei aveva trovato nella persona che le era stata più vicina: quello era amore. E tutte quelle ragazze per bene che aspettavano ancora il loro principe azzurro non potevano disprezzarla poiché loro erano ancora ad attendere su un davanzale che i loro genitori la vendessero al migliore offerente e lei era lì a baciare la persona che amava. Ogni imbarazzo era ora sparito dal suo cuore e il solo rossore rimasto sul suo viso era quello della contentezza. Non voleva più vergognarsi del sentimento che provava nel petto, non voleva più celarlo ingloriosamente reprimendo la tristezza e soffrendo la solitudine: voleva solamente esprimerlo, gridarlo forte e chiaro, lasciarlo andare e lasciarsi travolgere dalla potenza di quelle emozioni. Perché non c'era nulla di male in quel piccolo, innocente, grande amore.
Una mia personale reinterpretazione dei capitoli 98 e 99. In mezzo troverete un pezzo in più che nel libro non viene indagato... ;)
La vera storia della fuga e delle passioni di Eugenia Danglas.