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Autore: Kia Lao    01/05/2012    1 recensioni
La Stazione era gremita di cadaveri, lei era scomparsa e quell' ombra si ostinava a comparire nei miei incubi. Perchè? Non era solo una bufala quell' Apocalisse mediatico?
Genere: Angst, Avventura, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Heartless, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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Il tutto cominciò in una data anomala per gli umani di quel mondo, una data in cui si diceva che il mondo sarebbe finito. Come se Kia desse peso a qualche interpretazione fantasiosa su una civiltà di un continente estinto. Del resto, più volte si erano sentite notizie simili, tutte rivelate balle, ma tutte con un proprio giro di speculazioni. Certi santoni non aspettavano altro che un "rinnovo" per la data dell' Apocalisse per poter attrarre a se altri stolti dalle tasche tintinnanti di monetine. Sembrava quasi che l' umanità quasi ci prendesse gusto a fissare una data di fine causata da eventi sovrannaturali o, comunque, altamente improbabili seppur naturali. Tutto ciò lo stizzava e così facendo motivava la sua persona ad allontanarsi dalle trasmissioni televisive "giornalistiche" e di "informazione" e ad avvicinarsi sempre di più ad un mondo tutto suo che, in realtà, era soltanto un mero sinonimo della Rete. Dopotutto era un mondo sotto molti punti di vista più pratico e di certo meno ipocrita.

Era su uno dei più comuni Social Network quando Kia venne a sapere di una rimpatriata dei suoi vecchi colleghi, non di scuola, ma bensì di lavoro, come lui ostentava nel chiamarlo sebbene nella realtà si traducesse come un hobby ben lontano dal mondo lavorativo. "Oh, rabbia." Pensò parodiando un orsetto smielato che detestava della tv. Anche i suoi colleghi stavano programmando qualcosa per quella fatidica data e stavano contattando il "Boss"... cioè lui. Sarebbero stati persi senza di lui, ed in fondo era la pura verità, anche se quell' appellativo non gli faceva né caldo né freddo. Volevano coinvolgerlo in un qualcosa di socialmente attivo, qualcosa come una rimpatria davanti alla stazione della sua città, tanto per scaramanzia verso quel "nuovo" Apocalisse che avrebbero vissuto di li a poco. Lui repelleva questo genere di eventi, ma fù costretto dai suoi componenti più vicini a lui. Erano anche i suoi migliori amici, ma sapeva che sarebbero stati capaci di rompergli l' anima fino all' età della pensione se avessero voluto. Loro gli servivano ancora, quindi giurò di partecipare. Loro, soddisfatti della parola del "Boss", ritornarono alla discussione in cui stavamo partecipando prima, e anche nel mentre.
Fra i "traditori" che lo avevano costretto spiccava Rela, una sua amica. Solo amica? Si, solo amica. Forse poteva anche concederle un titolo di "Confidente" ma nulla di più. Era una sua amica d' infanzia, l' unica che sembrava sopportarlo senza fatica e la cosa era reciproca.

Nonstante detestasse altamente questo genere di cose, aveva promesso e si recò alla Stazione come da programma. Il piazzale era vuoto, nemmeno un' anima lo occupava, nemmeno il vento sembrava spirare. Inquetante se non fosse per il fatto che era del tutto normale a quell' ora della notte. Aspettò, aspettò e aspettò. Nessuno si degnava di arrivare. Nemmeno i suoi colleghi. Neppure uno sconosciuto. Deludente come cosa, gli avevano tirato pacco proprio in una cosa in cui erano stati loro ad insistere. Gli avrebbe fatto una bella lavata di capo a quelli. Arrivò la mezzanotte e, come prevedibile, nulla accadde, nessun Armageddon, nessun Giudizio Universale, nessun meteorite perforava la nostra Stratosfera. Mica ci si poteva aspettare altro, no?
Voleva andarsene da lì. Aveva perso la sera in quel luogo e oltretutto, cosa oltremodo riprovevole, il suo Mp3 si era scaricatò poco prima della Mezzanotte. Provò ad aspettare ancora e l' unica cosa che ci ricavò fù vedere la nebbia estendersi sulla Stazione e sulla città. Era stato un processo così lento e così snervante che non notò nemmeno che i minuti passati erano pochissimi. Un tempo record per la nebbia, di solito ci metteva molto più tempo e il processo era più graduale quando si posava sulle strade.

Qualcosa, però, lo inquetava. La nebbia sembrava diversa, ma non sapeva spiegarsi il perchè.
E dulcis in fundo la temperatura si stava abbassando, intorpidendolo come non mai. Kia indossò una felpa in più che si era portato dietro. Nonostante la fredda atmosfera i suoi nervi si stavano lacerando a poco a poco.
Era davvero stressante il mondo senza la musica di sottofondo.


Si fecero le 3 di mattino e la notte sembrava solo più scura, impallidita dalla nebbia che ancora si ostinava a celare la vista degli oggetti lontani. In quella notte, sembrava particolarmente fitta e radente al suolo, come se qualcosa di immateriale stesse evaporando. La stanchezza e il sonno cominciavano a farsi sentire, per non parlare della rabbia montante che andava ad accumularsi dentro di lui per quella riunione fallita.
Comincia ad essere tardi. Mormorò, raccogliendo verso il ventre le gambe, mentre era seduto su un appoggio di cemento freddo come il ghiaccio. Meglio andare, altrimenti mi dovranno amputare il sedere. Effetivamente aveva perso un po' di sensibilità in quella parte del corpo. Dopotutto era rimasto seduto per le ultime quattro ore a fissare l' ambiente circostante. Si alzò, stufo di quel cielo blu. Sentiva che stare ancora li era solo una beffa per il suo orgoglio e si decise ad alzare i tacchi.

Proprio in quel momento udì un urlo, proveniente dall' interno della stazione. Tempismo perfetto. pensò un momentaneamente paralizzato Kia. Era incuriosito da quella cosa e quindi andò dentro all' edificio. Sapeva che quasi certamente era una cosa rischiosa, stupida e potenzialmente mortale, ma aveva bisogno di un po' di adrenalina per far tornare in fuzione quei suoi muscoli indolenziti. Ma chi sarà la dentro? A quest'ora poi... Tutta questa fretta e molto altro ancora, però, gli impedirono di notare un dettaglio : un' ombra dietro di lui.

Appena entrò sentì un tanfo orribile, quello che in molti film avrebbero chiamato "puzza di morte". L' intero atrio della stazione ferroviaria era sporco di rosso e ricoperto di cadaveri, alcuni massacrati in modo brutale e animalesco con ferite sanguinante ovunque. Nessuno stava dando un segno di vita, nessuno era svenuto o ancora vivo. Erano... morti. Ovviamente tutta la strage sembrava amplificata nella testa del ragazzo che faticava a collegare i volti delle persone a quelle che conosceva o che aveva solo visto di sfuggita. C'erano anche degli sconosciuti, anzi, erano il maggior numero. Tutto ciò era molto scioccante.
Notò solo dopo la presenza anche di Rela, viva. Era rannicchiata in un angolino, sporca di sangue sui vestiti e sull' intero corpo, ma non sembrava, apparentemente, ferita. Il suo sguardo vagava scosso dall' entrata all' uscita dello stanzone, come se il colpevole dovesse ritornare da un momento all' altro. Lui, dal canto suo, andò subito da lei, incurante del fatto che il sangue poteva farlo scivolare sul terreno meno freddo del cemento all' esterno.


Ma qualcos'altro in lei scattò e fissava con gli occhi spalancati nella direzione di Kia, gemendo terrorizzata e indicando con il dito la porta da dove era entrato. Era a metà strada da Rela, ma si bloccò al suono della sua voce. Così innaturale e così rassomigliante all' urlo che aveva già sentito in precedenza. Sapeva di aver fatto una stupidaggine a correre subito da lei. Furono proprio questi pensieri a farlo temporeggiare per un momento, ma si decise a voltarsi, capendo che la reazione era per qualcos'altro. Infatti, il ragazzo non aveva notato dei tonfi appartenenti ad una figura non definita, avvolta nella nebbia che era parzialmente entrata anche nell' atrio. Era una cosa agghiacciante, mostruosa, degna del più realistico film horror mai prodotto. Avrebbe tanto voluto che fosse solamente un incubo atroce. Ma la cosa continuava ad avanzare, respirando pesantemente di tanto in tanto, concretizzando ancora di più il suo terrore. I suoi movimenti erano snervantemente lenti, quasi volesse prendersi gioco della sua incapacità di reagire. Il cervello, poi, non sembrava voler collaborare, troppo occupato a incepparsi che ad elaborare un piano per la fuga o, come minimo, un comando per far muovere le gambe. Dannazione! Non è proprio il momento adatto per farsi prendere dal panico! Richiamò a se tutti i nervi saldi e il sangue freddo che era capace di ottenere dal suo corpo e agì d' istinto, in barba a un' utopistica ed elaborata azione evasiva.

Corse verso Rela e le prese la mano, facendola alzare a forza. Si diresse verso l' uscita, ma invece di ritornare all' aperto si diresse verso i binari, dove ogni santo giorno vedeva le stesse persone. Lungo il percorso notò altre persone morte nello stesso, atroce, modo. Dissanguamento da ferite. Non aveva la minima intenzione di analizzare meglio le ferite che percorrevano i corpi da lungo in largo, perchè doveva prendere il treno.
Difatti esisteva un treno abbandonato sul lato Est della Ferrovia, non molto distante da quel luogo. Nessuno ci andava mai, era più ruggine che ferro. Ma lui lo aveva visitato spesso insieme ai suoi colleghi. Era un luogo molto appartato, silenzioso e con molto spazio per sedersi. Il posto ideale per fuggire dal caos cittadino. La corsa lo stremava, dopotutto odiava con tutto se stesso la corsa e non eccelleva in questo. Ma la sua mente vagava, impedendogli di conservare al meglio il fiato e le energie. Che è successo? Chi è stato a fare il massacro? Di certo no quella... cosa. Era venuta da fuori, l' avrei vista. Tuttavia, al rigor di logica, avrebbe dovuto vedere anche tutte quelle persone entrare nella Stazione, no? E' pazzia. Ma ora dobbiamo preoccuparci di metterci al sicuro! Fortunatamente la loro carrozza preferita era ancora li, non si era sbagliato sull' ubicazione.
Aspettarono li, con l' ansia che li dominava e ancora con il fiatone tentando di ricollegare i frammenti di ricordo che corrispondevano agli eventi di quella serata. Arrivò la luce della mattina, ma la nebbia non si decideva ad alzarsi. Fortunatamente la cosa non si era fatta più vedere, che l' avessero seminata?

Chiese, poi, alla ragazza cosa era successo, forse troppo insistivamente, ma lei era troppo scioccato per poter ragionare utilmente. Non può andare così... Non può assolutamente finire così! le disse, cercando di farle coraggio. Poi aggiunse a denti stretti : Non mi va di fare la fine del topo. Di certo non potevano passare chissà quanto tempo nascosti li. Ma chi gli assicurava che avrebbe trovato aiuto? Il buon senso?
No, quello gli suggeriva che se c'era qualcosa in grado di compiere quella strage senza nemmeno far urlare le vittime voleva dire che era qualcosa di sovrannaturale... o qualcosa di fottutamente ben pianificato. Poteva andare dalla polizia, ma chi ci dice che loro fossero vivi? O che fossero utili in qualche modo.
No, aveva solo una speranza : tornare a casa e cercare qualcosa di utile per andarsene da lì.

Si alzò di scatto e Rela lo fissò con uno sguardo perplesso. Io vado. Resta qui, non uscire per nessuna ragione al mondo... Rimani al sicuro. Per favore. le disse mentre fissava fuori il territorio annebbiato. Ma cosa lo avrebbe aiutato? Cosa mai, se avesse trovato qualcosa, avrebbe potuto salvarli da quella situazione?
Era agitato per il fatto di lasciare Rela da sola, quindi optò per una scorciatoia per andare a casa sua. C'era un cantiere in mezzo, ma non avrebbe avuto problemi a riguardo.

Anche la zona di costruzione era deserta, non c'era anima viva, ma nemmeno un cadavere in compenso. In ogni caso la nebbia persisteva. Percorse tutto il terreno a perdifiato, ma ad un tratto inciampò su qualcosa e cadde sul terreno polveroso del cantiere. Si rialzò e guardò la causa della sua caduta : aveva una forma allungata e sottile, sembrava un ramo, ma era troppo cilindrico per esserlo. Lo raccolse da terra e scoprì che era solamente un bastone dentro una custodia. La confezione era pulita, ma l' "arma" sembrava rovinata. Si infilò la tracolla dell' arma improvvisata e continuò il suo tragitto. Arrivò al suo condominio e salì di corsa le scale che lo portavano al suo appartamento. Non sperava di trovarci i suoi, dopotutto erano in vacanza al mare per il resto della settimana. La cosa strana era l' assenza dei cadaveri nonostante le costanti macchie rosse presenti lungo tutti i pianerottoli e le scale. Anche alcuni muri presentavano imbrattamenti rossi che lui faticava a collegare al rosso del sangue umano.


Davanti alla porta gli batteva il cuore all' impazzata. La maniglia recava uno stampo rosso di alcune dita, ma l' ingresso non sembrava aver ricevuto alcuna manovra di scasso. Inserì le chiavi e girò, permettendo l' apertura della porta. Il rumore delle chiavi era pressochè lo stesso, ma l' atmosfera orribilmente quieta del palazzo lo amplificarono. La situazione davanti ai suoi occhi era disastrosa : i mobili erano stato buttati ai lati delle stanze ed erano danneggiati irreparabilmente, come se qualcuno in preda alla furia più cieca gli avessi presi e lanciati contro il muro. In quel momento lo stomaco gli brontolò, si ricordò solo allora delle provviste possibili di cibo. Purtroppo, tanto per sommarsi alla delusione già ottenuta, tutti il cibo era riversato sul pavimento davanti al frigorifero ed era ricoperto da una sostanza viscida simile ad una bava di qualche specie di lumaca. Che cosa disgustosa. Disse orripilato dallo "spettacolino" e dallo spreco.

Passò poi, casualmente, davanti alla sua camera e notò la porta spalancata e vide con la coda dell' occhio il suo computer portatile. Era acceso, stranamente. Eppure il ragazzo si ricordava di averlo spento prima della sera precedente. Lo schermo luminoso aveva una finestra aperta sulla posta elettronica collegata con il suo account. Tutto ciò è fin troppo strano. Mormorò, rivolto a se stesso.
C'era una mail non letta di un indirizzo sconosciuto. Meraviglioso, anche durante l' Apocalisse mi arriva dello Spam... Ma il contatto con il mondo telematico gli era mancato troppo e quindi aprì la mail, cercando di distrarsi un po' leggendo un banale messaggio pubblicitario ingannevole. Ma non si aspettava proprio di trovare quel testo :

"Sei un errore, stai attento.
Sei un errore, la chiave non ti apparterrà mai.
Il mistero doveva rimanere celato, il mistero passato.
Ma tu hai voluto sfidare inconsapevole del fatto che un errore si trascina altri errori con se...
In ogni caso sono state prese le dovute "precauzioni", non sperarne di uscirne sano.

Ps Corri a salvare la tua amichetta se ci tieni alla sua pellaccia.
Firmato Unknown
"

Tutto ciò era troppo strano, inquetante e misterioso per essere un errore.
Ma dopotutto era solo dello spam, probabilmente di un visionario che capitava a fagiolo... oppure no?
Tutto ciò lo metteva più in soggezione del normale e una morsa al cuore lo costrinse a ritornare di corsa al nascondiglio. Era solo per assicurarsi che lei stesse bene, che non fosse solamente una stupida e-mail di spam.
Ma... era troppo tardi. La ragazza era scomparsa quando lui ispezionò il vagone malandato. Era qualcosa di sconvolgente, terribilmente odioso il fatto di aver perso un amico da sotto il naso. La disperazione era tale che lo costrinse a vagare per la città, fino ad arrivare davanti alle porte, aperte, del museo mineralogico della città. Mineralogia, Petrografia, Paleontologia. Tre branche di una scienza assolutamente affascinante che lui valutava benissimo. Notò solo una volta dentro all' edificio che era calata la notte di nuovo. Il tempo passa proprio velocemente quando ci si diverte, eh? si chiese fra se e se, spingendo in fondo all' animo quell' impulso di urlare quella domanda nell' edificio del sapere.

Era già stanco... Sfinito oltre ogni dire. Perciò si addormetò in un corridoio, incurante dei possibili pericoli. 12 tocchi lo svegliarono. 12 rumori non molto familiari, ma il cui significato lo raccapricciava : era Mezzanotte.
Il suono lo svegliò di soprassalto, ma il suono che lo destò dal sonno definitivamente furono dei passi, troppo simili a dei tonfi per essere considerati umani. Tornato?
Silenzio. Solo il rumore dei passi provenienti da chissà dove. Kia impugnò il bastone e lo tolse dalla custodia di tessuto. Soppesò l' oggetto e lo tenne sulle spalle aspettando quella cosa. La mail aveva forse ragione? No, probabilmente. Dopotutto non si sarebbe lasciato "cancellare" così facilmente.

Poi... il Buio. Un vuoto assoluto nella sua memoria. Un buco di un tarlo dispettoso nella sua mente, forse per rimuovere degli orribili ricordi. Però... era vivo, no? Si svegliò in un letto sconosciuto. Rimuginando sugli eventi che aveva vissuto recentemente. Non posso stare fermo qui... Devo andare avanti!

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