Da: il diario del vampiro l'alba
Elena ricordava la smania che l’aveva presa quando il suo tesoro se ne era andato, quando i suoi occhi si erano chiusi e non accennavano a riaprirsi, in quel momento avrebbe voluto togliere il grosso legno ingombrante che fuoriusciva dal petto e stringerlo a sé, ma aveva il terrore di vederselo scomparire senza avergli detto addio per l’ultima volta.
Così si era limitata a piangere e a pugnalare le sue spalle con i suoi piccoli pugni chiusi, e a maledirlo ad alta voce perché la stava lasciando sola, e lei odiava la solitudine. Era stato un sollievo sentire la sua voce nella sua testa: significava che c’era ancora tempo, ancora speranza, che non era morto del tutto. Aveva preso a baciarlo, sulle labbra, sul naso, sulla fronte, sulle guance, chiedendogli se li sentiva quei baci, sorridendo per quanto stupida fosse stata: Damon non poteva morire, lui era la sua certezza, ironica e tentatrice, ma la sua infallibile certezza.