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Autore: Phoenixstein    02/05/2012    4 recensioni
KURTOFSKY WEEK - DAY FOUR: Cartoon crossover
–Kurt è un ciuccellone! – urlacchiò Bart Simpson un attimo prima che l’amico David Karofsky spintonasse quel ragazzo contro gli armadietti. Hummel sbatté sull’acciaio con un gran baccano e scivolò giù, immediatamente soccorso dalla sorella gentile di Bart, Lisa.
–Tutto intero? –domandò premurosa, raccogliendogli i libri sparsi per terra.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dave Karofsky, Kurt Hummel | Coppie: Dave/Kurt
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Kurtofsky Week. YAY!'
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Sinceramente? Questa è la giornata per cui ho prodotto con più facilità.

L’unico cartoon che mi è sembrato adatto (e che adoro) è quello dei Simpson!

Siccome avevo proprio voglia di lavorare, ho fatto pure un disegnino scrauso x’D

Day Four – Cartoon crossover

 

 

 

 

 

Going on in Springfield

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–Kurt è un ciuccellone! – urlacchiò Bart Simpson un attimo prima che l’amico David Karofsky spintonasse quel ragazzo contro gli armadietti. Hummel sbatté sull’acciaio con un gran baccano e scivolò giù, immediatamente soccorso dalla sorella gentile di Bart, Lisa.

–Tutto intero? –domandò premurosa, raccogliendogli i libri sparsi per terra.

–Odio tuo fratello, e odio quel bestione del suo compare. Non bastavano le granite in faccia, ora anche gli spintoni! Non capisco che fastidio posso dargli! Credono che gli guardi il culo tutto il giorno?

–Lascia perdere, sono due deficienti. Abbiamo le prove del glee fra due minuti… Ci sei o preferisci che ti accompagni a casa?

–Andiamo da Mr Schue. Cantare mi farà distrarre. – disse Kurt, riassettandosi i capelli con tocco incerto. Gli tremavano le mani perché la paura che nascondeva premeva forte nel suo cuore. Inoltre, le cose non erano tanto semplici, gli accadeva qualcosa di realmente strano quando le mani di Karofsky finivano su di lui… era terrorizzato ma anche arrabbiato, dato che avrebbe fatto qualsiasi cosa perché quel bullo la smettesse di trattarlo così e lo invitasse ad uscire (certo, nei suoi sogni!). Lo trovava carino da sempre, anche se non l’avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura, eppure quello si comportava come uno scimmione stronzo e omofobo fino all’osso. Che vita di merda, quella nel liceo di Springfield, dove l’unico ragazzo i cui occhi riuscivano a farlo sciogliere era anche quello che lo odiava e lo spingeva ogni santo giorno contro gli armadietti! Kurt si detestava per essere così inerme e sciocco… Prima cosa, avrebbe dovuto affrontarlo un giorno o l’altro; seconda cosa, perdersi negli occhi di un altro ragazzo sarebbe stato un gran bel traguardo per la sua dignità.

Lisa gli prese il braccio e si avviarono verso l’aula di canto, dove il resto del glee li stava già aspettando.

–Che succede, star? – gli sussurrò Mercedes all’orecchio, mentre Schuester sistemava sul pianoforte qualche scartoffia da dare a Brad.

–Karofsky.

–Ti ha spinto? Ancora? – esclamò Mercedes, attirando l’attenzione di Rachel seduta una fila più in basso.

La brunetta si voltò immediatamente, preoccupata. –Kurt, dovresti andare a parlarne con il direttore Skinner!

–Humm… – mugolò il sopranista, sventolando la mano – Non preoccupatevi, sto bene in fondo.

Lisa, accanto a lui, si stringeva un libro al petto e borbottava qualcosa riguardo a suo fratello.

–Credo che sia questo quello a cui si va incontro scegliendo di essere dichiaratamente omosessuali. C’est la vie! – sospirò Kurt, alla leggera.

–KURT HUMMEL. Se ti conosco bene, non sei uno che ragiona così… – iniziò a obiettare Rachel, con il suo tono accusatorio e saccente.

Kurt si sentì colto in flagrante, certo che il suo piccolo segreto sarebbe andato in frantumi grazie allo spirito indagatore delle ragazze del gruppo, specialmente quello di Santana che ora lo guardava con fervido interesse. Fortunatamente, Schuester li interruppe. –Ragazzi? C’è qualche problema?

–Mio fratello e Karofsky tormentano ancora Kurt, Mr Schue. – intervenne Lisa, prima che Kurt potesse minimalizzare.

–Ne hai parlato con il preside, Kurt? – disse allora il professore, avvicinandosi agli spalti.

–Nah. – mormorò il sopranista, coprendosi la faccia con una mano. Non aveva voglia di discutere su quello, era già abbastanza problematico e non voleva occuparsene.

–Bè, dovresti! Mi meraviglio che tu non ti sia ancora lamentato! Nessuno fra queste mura può chiamarti “finocchio” o…

–…”ciuccellone”! – intervenne Lisa, sbuffando.

–Quello! – annuì mr Schue, continuando – Soprattutto se questi insulti sono accompagnati da gesti violenti come le granite in faccia o le spinte sugli armadietti!

–Vuoi che ci pensiamo noi, Kurt? – s’intromise Puck, indicando con fare battagliero sé stesso e tutta la cricca… Finn, Sam, Mike…

–VI RINGRAZIO TUTTI. – disse Kurt, alzando decisamente la voce – Ma sono venuto qui per… distrarmi! E voi non fate altro che parlarmene? È un problema mio, passerà.

Mr Schue sembrò esser stato colpito nell’orgoglio e rispose, con sguardo ferito. –Kurt, noi siamo solo preoccupati per te… Lo sai che sei importante per tutti noi, e…

–Okay, basta così. Vado a casa a riflettere… – sbottò il sopranista – …da solo! – aggiunse, appena vide che Mercedes si stava alzando insieme a lui. Prese la sua tracolla, scese le scale e camminò impettito fino alla porta. –Vi chiedo scusa.

Il professor Schuester, basito, scosse la testa. Il glee rimase in silenzio per qualche minuto, almeno finché Puck non si fece di nuovo avanti. –Io continuo a pensare che dovremmo dargli una lezione. A Karofsky e Bart, intendo.

Kurt intanto camminava svelto lungo i corridoi, fino a quando delle voci che provenivano dall’ufficio di Skinner non lo incuriosirono. Di solito si faceva gli affari suoi, ma insieme al timbro nasale del direttore aveva riconosciuto anche la voce di David Karofsky e… non era tagliente come quando lo chiamava “finocchio” o cose simili prima di spingerlo addosso agli armadietti. Accertandosi che Bart Simpson non fosse nei paraggi, si fermò accanto alla porta dell’ufficio e ascoltò qualche spezzone di conversazione.

–…di volerlo fare?

–Ci ho pensato molto.

–…con il football?

–Anche lì, credo…

–…bravo studente.

–Grazie.

–…nel pomeriggio…

–Certo… mio padre…

Kurt non riusciva a cogliere il senso di quel che stessero dicendo, così abbassò lo sguardo e notò che per terra era adagiato lo zaino di Karofsky… lo riconosceva perché sopra c’erano appiccicate delle toppe decorative, una dei Titans e una di un gruppo metal tedesco che aveva solo sentito nominare.

Era aperto. La zip dello zaino era abbassata, e Kurt si sentì un po’ uno stalker per il desiderio improvviso di spiare cosa contenesse. Si chinò, la sua tracolla strusciò sul pavimento, e lui con mani tremanti frugò nello zaino. Un libro con la copertina rigida e nera stuzzicò ulteriormente la sua curiosità. Lo prese e, rendendosi conto che fosse una agenda da ufficio, fece per rimetterla al suo posto. Ma qualcosa, chissà cosa, gli suggerì di darci un’occhiata. Fece scorrere velocemente le pagine ma non sembrava esserci scritto niente di interessante… compiti, appunti di fisica… qualche scarabocchio. Un foglietto giallo scivolò leggero dal mezzo, e Kurt lo raccolse. Sentì il cuore accelerare di botto, dolendogli fra le costole. Doveva aver letto male! Ma no, rilesse, e continuava ad esserci scritto “Linea Rainbow – Numero verde per LGBT in difficoltà” seguito da una serie di cifre. Lo infilò di nuovo fra le pagine e chiuse l’agenda all’istante, rimettendola al suo posto fra i libri di scuola. L’ovvietà dei fatti gli sembrava impossibile da credere. L’ipotesi che David Karofsky potesse essere gay non l’aveva mai sfiorato nemmeno di striscio (anche se l’aveva sperato, ma quello era un altro conto), ed era strano, davvero strano, che il suo gay-radar avesse fatto cilecca, o meglio… non avesse mai osato lampeggiare in direzione del piazzato difensore dei Titans.

Eppure in quel caso capì chiaramente perché quello ce l’avesse costantemente con lui, perché lo chiamasse con nomi poco carini e gli facesse del male ogni volta che se lo trovava davanti. Evidentemente era una sorta di mascherata per rafforzare il suo stereotipo eterosessuale, un classico. Oppure cosa? Kurt sentiva la testa girargli vorticosamente, e si allontanò prima che Karofsky uscisse dall’ufficio di Skinner. Quando udì il rumore della porta che si apriva e si chiudeva, si voltò per vedere che l’atleta aveva messo a posto un foglio nello zaino, se l’era caricato in spalla e stava camminando nell’altra direzione, spedito verso gli spogliatoi. Ci pensò su qualche secondo, mangiandosi le mani per l’ansia, poi decise di seguirlo. Dove l’avrebbe portato quel gesto avventato? Non ne aveva idea, sperava solo di non uscirne malconcio con la faccia imbrattata di sangue.

Dave sbatté il portello di un armadietto dopo aver recuperato la sua bottiglia di Powerade. E fu allora che Kurt fece la sua silenziosa comparsa, appoggiandosi contro la fila di freddi armadietti.

–Cosa vuoi, checca? Hai sbagliato spogliatoio? – grugnì Karofsky, scontroso come al solito, facendo per superarlo e uscire. Ma la presa delicata della mano di Kurt sulla spalla lo fece trasalire. –Non toccarmi, hai polvere di fata dappertutto.

–Molto poetico per essere un bullo omofobo senza cervello… – disse Kurt, piegando maliziosamente la testa di lato.

–Si può sapere che vuoi? Bart mi aspetta.

–Cosa facevi da Skinner? Bart lo sa che eri con lui?

Merda. Si pentì immediatamente di averlo detto. Aveva praticamente rivelato di aver origliato. Infatti l’espressione del giocatore di football s’indurì ulteriormente.

–Che c’è? Mi spii? Vuoi ciucciarmi qualcosa, fatina? Spiacente, per te non ce n’è. – sibilò, cattivo, prima di afferrarlo per la collottola e sbatterlo con forza contro l’acciaio. Aveva fiamme negli occhi e Kurt pensò di poter soccombere, o per il colpo che quello gli avrebbe sferrato, o per la cruda bellezza del suo sguardo inferocito.

–N-non ti ho… ho fatto niente, sm-mettila di trattarmi così. – balbettò il sopranista, recuperando un briciolo di coraggio dagli insegnamenti dei guru online.

–Tanto fra poco mi trasferisco al liceo di Shelbyville, femminuccia. Sono stufo di vedere il tuo stupido grugno! – lo canzonò l’atleta, mollando la presa ma continuando a guardarlo fisso con finto disprezzo.

–È perché non sai come affrontare la cosa? – azzardò Kurt. Se doveva morire, tanto valeva togliersi ogni dubbio.

David colpì la dura superficie degli armadietti con il palmo delle mani, bloccando Kurt da molto vicino. Gli respirava praticamente addosso. E Kurt si maledisse perché, dio, era bello da togliere il fiato e la sua bocca era troppo vicina per non guardarla senza desiderare ardentemente di possederla. –Di cosa parli?

Il sopranista cercò un barlume di spaesamento in quelle iridi color del muschio, e lo trovò. Trovò un tremolante spiraglio di timore, timore di essere stato scoperto, probabilmente. Non osò parlare, ma vide che dopo poco l’espressione sul viso del ragazzo era cambiata di nuovo. I lineamenti erano meno tesi, ma sembrava stesse combattendo con se stesso, come se stesse soffrendo e non avesse modo di porre fine al tormento.

Kurt fu sicuro, non aveva idea del come, che il bullo voleva essere baciato, liberato della bestia che lo graffiava dall’interno. Premette semplicemente le labbra sulle sue, pregando ogni dio in cui non aveva mai creduto, di averci visto giusto. Karofsky si mosse appena al suo tocco, prima di staccarsi, e lo guardò come un assetato guarda una fonte miracolosa di acqua crepitante. Kurt non ebbe il tempo di imprimere nella sua mente quell’immagine, che il suo ex-bullo appena uscito dall’armadio assaggiò con fame la sua bocca, baciandola in maniera poco casta, tutto fuoco e saliva, esplosione detonata a sorpresa. Kurt si lasciò andare al bacio, rispondendogli con viscerale passione e aggrappandosi a quelle -che pura goduria!- spalle di marmo. Non avrebbero smesso mai. Non c’era bisogno di parole, non in quel momento.

–Amico, sei q…– Bart Simpson affacciato all’ingresso dello spogliatoio, rimase con un palmo di naso.

A Kurt e David occorse qualche istante prima di capire che erano stati interrotti. Si voltarono contemporaneamente verso il loro osservatore, e Karofsky spostò immediatamente le mani dagli armadietti, liberando Kurt dal suo peso. Il sopranista guardava il pavimento col respiro corto e le guance infuocate, incapace di spiegare la situazione, mentre l’unica cosa che il giocatore di football fu in grado di dire fu: –Prova a dirlo a qualcuno e ti faccio assaggiare la Furia, Bart!

–Cacchio, dovrò andare in terapia per dimenticare questa cosa. Che schifo! – mugolò Simpson, disgustato, prima di scappare via da loro con il suo skate sottobraccio.

–Mi dispiace, mi dispiace per tutto. Devo stare lontano da te, fatina… – disse David in fretta, sfiorando il viso di Kurt con delicatezza. Il tono di voce straziante con cui il suono si era piegato su “fatina”, convinse Kurt di avere una nuova parola preferita. Ma prima che avesse potuto rendersi conto che il bullo gli aveva appena posto le sue scuse con occhi incupiti dalle lacrime, lui si era ritrovato solo in uno spogliatoio freddo e desolato che odorava di spray per le scarpe.

 

 

 

 

 

 

 

 

Nota finale: hm, sì. Dave ha sullo zaino una toppa dei Rammstein. Gnè :3

   
 
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