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Autore: eilantha    26/11/2006    2 recensioni
Anni Malandrini. Sirius sfida Remus a dichiararsi alla persona che gli piace per dimostrare di non essere un codardo. Ma ancora non sa che questa dichiarazione porterà molto scompiglio nella loro amicizia.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini, Nuovo personaggio, Remus Lupin, Sirius Black
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Life is a game. Playing is life

 

La prima mossa: l’entrata in scena del Fante di Cuori.

 

Remus continuava a fissare la ragazza davanti a lui in biblioteca. Non che lo facesse apposta. Semplicemente era immerso nei suoi pensieri e nemmeno si accorgeva che qualcun altro oltre lui era in quel momento nella grande stanza.

Stava ancora ripensando alla litigata avuta proprio quella mattina con Sirius a causa… bhè, la causa di quella litigata nemmeno lui l’aveva capita a fondo, se non forse l’assurda convinzione di Sirius di essere al di sopra di tutti. E di potersi permettere qualunque affermazione.

 

Remus non si era quindi accorto che la ragazza lo stava fissando di rimando, chiedendosi cosa potesse passare nella mente pensierosa del Prefetto di Grifondoro. Infatti lei, Tassorosso, frequentando un anno differente da quello del ragazzo, sapeva ben poco di lui. A parte che era Prefetto. Che amava studiare, perché l’aveva visto spesso in biblioteca. Che aveva per amici i più grandi scavezzacollo di Hogwarts, ovvero Potter e Black – nessuno a Hogwarts si sognava di non conoscere quei due, tanti erano i guai che procuravano. Ma nient’altro. Nemmeno il nome.

Eppure quel ragazzo che la stava fissando intensamente, senza nemmeno vederla – di questo si era accorta subito, lui non fissava lei, ma il vuoto in realtà, probabilmente immerso in cupi pensieri a giudicare dall’ombra di tristezza nei suoi occhi – la incuriosiva molto. Non era uno di quei ragazzi decisamente carini. Era più un tipo particolare, diciamo. I capelli castani, tagliati in modo da lasciare una strana frangetta che gli coprisse a volte gli occhi, sembravano in ordine ma poco curati. Alcune strane cicatrici solcavano il suo volto, una delle quali gli scendeva proprio lungo il naso, un naso non regolare di suo, ma che diveniva decisamente ‘importante’ proprio a causa di quella cicatrice. Ma ciò che attirava di più in lui erano i suoi occhi grigi venati da pagliuzze dorate. Occhi che spesso erano tristi, ma che lei aveva visto assumere un’aria maliziosa e birichina quando era in compagnia dei suoi amici.

E lei, ultimamente, si era scoperta a fissare spesso quegli occhi. Proprio come in quel momento. Ma non osava avvicinarsi a lui. Qualcosa nel suo modo di fare, tanto calmo e posato, ma allo stesso tempo come se continuamente dovesse trattenersi, le impediva di sentirsi completamente tranquilla con lui.

E questo era uno di quei momenti.

Ed allora fece l’unica cosa che le venne in mente per distrarlo e per distrarsi. Mandò un leggero colpo di tosse, in modo da disturbare il ragazzo e fargli intendere che si sentiva a disagio perché lui la fissava.

Ma il risultato non fu quello sperato. Il ragazzo era talmente immerso nei suoi pensieri che non si accorse del colpo di tosse. Lei se ne stupì.

E provò con un altro metodo. Fece cadere un libro dal tavolo. E si affrettò ad abbassarsi per raccoglierlo, sperando che per quando si fosse raddrizzata il ragazzo avesse smesso di guardarla. Ma non solo non fu così. Addirittura ora il ragazzo la stava fissando volutamente. E lei si sentì ancora di più in imbarazzo.

 

Remus aveva notato ad un certo punto che la ragazza di fronte a lui lo osservava. Aveva finto di essere perso nei propri pensieri per poter continuare ad osservarla indisturbato, mentre lei osservava lui.

Era una ragazza minuta, con corti capelli corvini che le incorniciavano un viso dai tratti quasi orientali. Sembrava più piccola di lui, ma Remus sapeva bene che lei frequentava l’ultimo anno lì a Hogwarts. Avendo per amici i tre più grandi impiccioni di Hogwarts, lui conosceva i nomi, e spesso anche particolari che avrebbe volentieri evitato di conoscere, di tutte le ragazze della scuola. E di molti dei ragazzi.

Quella di fronte a lui era Melinda Bones, sorella minore di Amelia Bones, ex-capitano di Quidditch di Corvonero, uscita due anni prima, ed ora intenta a seguire il corso di Auror al Ministero della Magia.

Di Melinda lui sapeva anche che nessun ragazzo di Hogwarts era mai riuscito ad ottenere da lei un appuntamento, con la scusa di essere troppo impegnata con lo studio per potersi permettere “distrazioni”. O almeno, questo era quanto Peter Minus, uno dei suoi amici, era riuscito a scoprire.

Eppure Remus, osservandola, aveva la netta impressione che quella fosse solamente una scusa per nascondere un altro motivo, probabilmente più personale, ma di sicuro maggiormente ragionevole.

E Remus si accorse che questi pensieri lo riportavano alla litigata con Sirius.

 

Quella mattina, infatti, Sirius aveva tentato di convincere James che la Evans doveva essere di sicuro “deviata sessualmente” se non solo continuava a rifiutare tutti i ragazzi, ma soprattutto rifiutava gli inviti dello stesso James, considerato – e forse non a torto, pensò Remus – uno dei ragazzi più carini di Hogwarts.

Si ricordava ancora come si era infuriato a quelle parole. E come aveva sgridato Sirius.

 

- Che cavolo stai dicendo, Felpato? Non puoi davvero pensare che una persona, se decide di non frequentare altre persone, sia per forza per una… Come l’hai chiamata? Ah, sì, “deviazione sessuale”, qualunque cosa tu voglia intendere con questo termine. E no, non voglio che tu me lo spieghi! – Sirius aveva infatti sogghignato aprendo bocca per parlare – Voglio che tu capisca che ci sono persone che decidono di aspettare, di dare differenti priorità alle cose. Magari la Evans sta solo aspettando di completare gli studi. Oppure sta aspettando la persona giusta! –

Remus era rosso come un peperone. Si era molto infervorato in quel discorso. Probabilmente perché sentiva una strana affinità con il comportamento della Evans. E Sirius se ne accorse subito.

- E certo. La difendi solamente perché hai paura che dato che il TUO comportamento è simile, pensi che io possa dire certe cose anche di te. Ma io so che la tua è solo PAURA, Moony. Tu hai una maledettissima, strafottente PAURA di rivelare i tuoi sentimenti a qualcuno non sapendo quale possa essere la risposta. Ma per la Ev-  -

- SMETTILA! IO NON HO PAURA! – aveva gridato Remus, diventando, se possibile, ancor più rosso.

- Ah no? – commentò Sirius con un sogghigno, avvicinandosi poi a Remus con fare cospiratorio e facendogli passare un braccio sulle spalle. Remus arrossì maggiormente a quel gesto, non capendo dove l’altro volesse arrivare. – Ed allora perché non mi dimostri che non hai paura? Io so per certo – perché l’hai confessato a tutti e tre – disse Sirius mandando un’occhiata complice in direzione di James e Peter, che annuirono – che ritieni che ci sia una persona che ti piace. Dichiarati, allora. Così mi dimostrerai che non sei un codardo. –

Remus era impallidito. Non si ricordava di quella ammissione. Aveva cercato di dimenticarla, scordandosi che invece Sirius certi particolari non li dimenticava facilmente. Soprattutto se erano particolari che, come quello, stuzzicavano la sua fantasia e la sua curiosità. E quello di sfidarlo era per Sirius un modo veloce e, dal suo punto di vista, efficace per ottenere un’informazione che da un po’ non lo faceva dormire tranquillo. Ma questo Remus non poteva saperlo.

Sapeva solo che il fatto di non aver risposto all’amico per l’imbarazzo aveva fatto sì che l’amico prendesse sul serio quella sfida.

E lui di sicuro non poteva realmente dire alla persona che gli piaceva quello che provava, visto che si trattava proprio di…

 

Remus scosse la testa. Ma a quel punto un’idea gli era balenata nella testa. Quella ragazza che lo fissava intensamente da circa mezz’ora, proprio come lui fissava lei, poteva essere la soluzione ai problemi di Remus con Sirius.

Magari poteva dichiararsi a lei e zittire così l’amico, almeno ancora per un po’. Fino a quando, perlomeno, lui non avesse trovato il coraggio di dichiararsi alla persona giusta.

Ma in realtà quella idea era veramente assurda. Lui non poteva dichiararsi a qualcuno che nemmeno conosceva solo per zittire l’amico. Non era da lui.

 

- Te lo dicevo che non è in grado, Prongs. – un ragazzo dai capelli corvini era accucciato dietro uno dei grandi armadi della libreria e fissava il ragazzo e la ragazza seduti allo stesso tavolo.

- Dagli tempo, Padfoot. Cavoli, l’hai sfidato solo stamattina. Conoscendo Moony ci impiegherà almeno una settimana a decidersi… Sai che ha la mania di valutare i pro e i contro di qualsiasi cosa, anche di alzarsi dal letto la mattina in orario, invece di poltrire come facciamo noi. – gli rispose il ragazzo al suo fianco. Anche lui aveva i capelli neri, ma molto spettinati, quasi ribelli, e si contraddistingueva per un paio di occhiali tondi sul viso che incorniciavano due occhi nocciola. Entrambi i ragazzi erano nascosti da un mantello speciale, che impediva a chiunque di scorgerli: il Mantello dell’Invisibilità. Con loro vi era un terzo ragazzo, che però non si poteva scorgere. Questo perché la sua particolarità era di essere un Animagus non registrato e di potersi trasformare in un topolino. Ed ora stava squittendo a più non posso dalla tasca del secondo ragazzo.

- Zitto, Wormtail, vuoi che ci scoprano? – disse il primo ragazzo, che altri non era che Sirius.

- Se ci scoprono non sarà di certo colpa di Peter, Sirius, ma tua che stai urlando. – ribadì James al suo fianco.

Sirius lanciò un’occhiata di traverso all’amico, ma non rispose.

Era troppo concentrato su Remus. Erano orami due mesi che si stava arrovellando il cervello nel tentativo di scoprire chi era la ragazza che piaceva a Remus. Aveva fatto passare tutta la popolazione femminile di Hogwarts, scartandole tutte ad una ad una. E non perché non fossero carine. Ma perché, come lui ben sapeva, Remus era un tipo difficile e non si sarebbe certo innamorato solo di un bel faccino.

Le uniche che erano rimaste nel dubbio, nel cervello di Sirius, erano la Evans – che però continuava a scartare perché loro tutti sapevano che piaceva a James e uno come Moony non avrebbe mai fatto uno smacco simile ad un amico – e questa ragazza che ora si trovava davanti a Remus.

- Ridimmi ciò che sappiamo di lei, Prongs.

James sbuffò leggermente, ma rispose: - Tassorosso del settimo anno, quindi più grande di noi di un anno, sorella di Amelia Bones, il suo nome è Melinda. Non ha frequentato nemmeno un ragazzo a Hogwarts, nonostante i continui inviti, perché “deve dedicarsi allo studio per ora e non può permettersi distrazioni”. Non ha vere amiche tra i Tassorosso, anzi, nel suo anno si chiedono come abbia fatto a finire tra di loro quando sembra maggiormente una Corvonero, come la sorella. La sorella era una Cacciatrice a Quidditch, Melinda non si avvicina nemmeno ad un manico di scopa, dicono che soffra di vertigini. Sembra che voglia entrare al Ministero della Magia e che stia studiando sodo per quello. Ma non è diventata Prefetto e nemmeno Caposcuola. Segue le regole della scuola, ma solamente perché le fa comodo farlo.

La McGonagall ha commentato che è un’ottima studentessa, ma che se si lasciasse andare un po’ di più sarebbe ancor più brava. Sloughorn non la sopporta perché contesta tutte le ricette delle sue pozioni, non si limita ad impararle, ma vuole anche sapere come sono state create e perché. E tu sai quanto lui odi la parola “perché”. I Serpeverde hanno provato al quinto anno a farle un brutto scherzo con una pozione che le ha bruciato la maggior parte dei capelli – e quello credo sia il motivo per cui continua a tenere i capelli corti, nonostante a scuola tutte le ragazze lo sconsiglino caldamente – e la settimana dopo sono stati costretti tutti ad andare in giro completamente calvi. Ma nessuno è riuscito a risalire a lei, e siccome anche Amelia frequentava ancora Hogwarts, non si è scoperto se si sia vendicata da sola o se abbia coinvolto la sorella. -

- Wow, in gamba, però. Ma come può un tipo così solitario e taciturno piacere a Remus? So per certo che lui adora stare ad ascoltare anche per ore le persone… -

- Diciamo piuttosto che è veramente bravo a sopportare i tuoi sproloqui per ore senza addormentarsi, Sirius. Ma questo non significa che una tipa silenziosa non possa piacergli, sai, quella cosa conosciuta anche come “il fascino del mistero”? -

Sirius rispose solo con un grugnito all’amico. Perché la sua attenzione era stata nuovamente catturata dai due e dal fatto che la ragazza avesse fatto cadere un libro e si fosse abbassata per raccoglierlo.

 

Melinda si trovò spiazzata nel vedere che il Prefetto non aveva smesso di fissarla, ma che anzi, ora fissava proprio lei. La sua normale reticenza le diceva di lanciargli uno sguardo infuocato e di rimettersi a studiare, ma non ci riusciva. Quegli occhi… insomma, era stata catturata da quel paio di occhi tristi e voleva capirne il motivo.

All’improvviso vide il ragazzo sobbalzare ed alzarsi allungando una mano verso di lei. Non capiva che voleva, perché si comportava in quel modo e ne rimase un po’ spaventata fino a quando non lo vide catapultarsi sull’angolo del tavolo dove c’era lei e tentare di afferrare…

- AHHH!

Melinda era scattata in piedi. Proprio davanti ai suoi libri c’era ora un topolino che, ergendosi dritto sulle zampette posteriori, la fissava, mentre con le zampe anteriori andava a pulirsi e lisciarsi il pelo del musetto lungo. E poi la fissava.

- Wormtail, vieni qui. Brutto cattivo, non si fanno certi scherzi.

Non si era accorta che il Prefetto le fosse così vicino. Era proprio alla sua destra e stava allungando il braccio per prendere il topo, che però sembrava non essere della stessa idea, visto che fuggiva zampettando a destra e a manca del tavolo.

- E’ tuo? – gli chiese infine.

Lui si voltò a guardarla, come sorpreso della domanda o del fatto che lei si fosse decisa a rivolgergli la parola. Ma così facendo si distrasse e il topo gli sfuggì dalla mano, dirigendosi a passo veloce verso di lei.

Che con mano ferma lo prese in mano e addolcendo gli occhi lo accarezzò amorevolmente con un dito. Il topo sembrava gradire il trattamento, tanto da accucciarsi sulla sua mano, permettendole così di fargli maggiori carezze.

- E’ carino e dolce. Anche se mi sembra ti faccia disperare un poco. – gli disse ancora lei, fissando i suoi occhi sul ragazzo che ancora stava semi-sdraiato sul tavolo, con il braccio allungato, nella stessa posizione di quando il topo gli era sfuggito. E sembrava non volersi decidere a muoversi.

Rimasero in quella posizione, entrambi, per un tempo che a loro sembrò infinito, ma che fu scandito dagli squittii dell’animaletto, che cercava in quel modo di risvegliare il ragazzo dal suo torpore.

Finalmente sembrò che ci riuscisse, perché lui si alzò dal tavolo, ricomponendosi e facendo scorrere le mani sulla divisa, nel tentativo di spolverarla da immaginaria polvere.

- Scusa. – disse guardando la ragazza. – Non volevo disturbare il tuo studio. – ed abbassò gli occhi a fissarsi la punta dei piedi.

- Perdonato. Ma ora è meglio se entrambi ci dedichiamo a quello, visto che è più di un’ora che non lo facciamo. – commentò la ragazza avvicinandosi a lui e porgendogli il topo che teneva con entrambe le mani.

Lui allungò la mano per prenderlo e nel farlo toccò quelle della ragazza. Entrambi si bloccarono ed avvamparono per l’imbarazzo, mentre i loro occhi si fissavano. Fino a che lei non iniziò a ridacchiare, prima sommessamente e poi, quando vide sorridere anche lui, di gusto.

- Sei buffo, Prefetto.

- Grazie mille, Melinda.

- Come sai il mio nome? – chiese lei tornando immediatamente seria e con un pizzico di ansia negli occhi.

- Bhè, ho le mie spie nel castello…

- Potter e Black? – stavolta il tono era maggiormente calmo. E di nuovo i suoi occhi sorridevano.

- Loro. E Peter Minus. I miei amici.

- Lo so. Tutto il castello vi conosce voi quattro. Almeno come facce. Ma non per i nomi. A parte i due…

- Scavezzacollo? Piantagrane? Completi disastri? Pazzi furiosi? Rompiscatole all’ennesima potenza? Impiccioni sopra ogni altra cosa? Stramaledettisimi cospiratori? … - il ragazzo sembrava non fermarsi più nel trovare aggettivi per descrivere la coppia di amici, mentre con le mani contava gli epiteti che stava affibbiando loro.

- Calma! – gli disse lei appoggiandogli una mano sul braccio, gesto che oltre che attirare la sua attenzione, lo fece anche arrossire, nuovamente. – Ho capito. E per fortuna sono tuoi amici, altrimenti chissà come li avresti definiti. –

Lui sbuffò, abbassando rassegnato le braccia e lasciandole pendere lungo il corpo. Poi le rispose sommessamente.

- Hai ragione. E’ solo che ogni tanto mi fanno veramente arrabbiare con il loro modo di fare. Cercano sempre di spingermi a fare cose che non sono ancora pronto per fare e… -

- Basta, Prefetto. Non voglio sapere i fatti tuoi. Non mi piace impicciarmi. – Melinda aveva bruscamente interrotto il ragazzo. Come bruscamente aveva cambiato espressione. Non c’era più l’aria dolce che l’aveva caratterizzata fino a poco prima. Né l’ombra del precedente sorriso. Le sue labbra erano ora sottili e incurvate verso il basso. E non guardava più il ragazzo. Anzi, si era addirittura allontanata per tornare al proprio posto.

Remus c’era rimasto di sasso. Non che gli importasse veramente. Ma si era trovato, per la prima volta in sei anni, a suo agio con una ragazza. E gli dispiaceva che lei avesse così bruscamente cambiato atteggiamento. Soprattutto perché non capiva se aveva detto o fatto qualcosa di male, per farla cambiare a quel modo.

Per cui si mosse lentamente per tornare al proprio posto e ai propri libri. Senza guardarla più.

Ma continuando a pensare a lei.

 

  
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